venerdì 31 dicembre 2010

Fiat protagonista del 2010 dell'automobile


Il 2010 dell’automobile è stato un anno all’insegna della Fiat e, più precisamente, dei mutamenti fatti al suo interno che hanno avuto un riflesso importantissimo sia sul mondo del lavoro italiano sia nella vita stessa del Paese. Le nuove regole introdotte dal suo amministratore delegato, Sergio Marchionne, hanno infatti coinvolto sindacati, imprenditori e politica. Ma procediamo con ordine. Il 2009 si era chiuso con l’anticipazione al Governo del nuovo piano industriale della Fiat. L’annuncio fu di un investimento di 8 miliardi di euro in due anni e della produzione di 11 nuovi modelli di auto tra le quali il nuovo Fiat Doblò, l'Alfa Romeo Giulietta, la nuova Fiat Panda e la nuova Lancia Ypsilon. Sugli impianti italiani Marchionne annunciò che a Mirafiori sarebbero state confermate le attuali linee di produzione, lo stesso sarebbe accaduto a Melfi, mentre a Cassino si sarebbe aggiunta la realizzazione della Giulietta. Su Pomigliano Marchionne accennò ad alcune difficoltà ed alla "necessità di programmare una nuova piattaforma". Termini Imerese sarebbe stata abbandonata dalla Fiat alla fine del 2011. L’inizio del 2010 vede anche la nascita del secondo polo automobilistico italiano. Il prestigioso e storico marchio Pininfarina, leader del design automobilistico italiano, si è smembrato ed ha ceduto un suo importantissimo ramo alla De Tomaso Automobili. L’accordo fu firmato proprio il 31 dicembre 2009 da Paolo Pininfarina e Gian Mario Rossignolo. L’affare fu concluso sulla base di 2 milioni di euro necessari per il rilancio dell’azienda. L’attenzione ritorna subito su Termini Imerese poiché sin da gennaio si comincia a discutere alle alternative. L’iniziativa parte da Simone Cimino, presidente fondo di private equity Cape Natixis, per riconvertire il complesso per la produzione di veicoli di piccole dimensioni con alimentazione ecologica che sarebbero usati in zone che richiedono un’alta valenza ecologica o turistica. Una settimana dopo, a metà del mese di gennaio, l’allora ministro per le Attività Produttive Claudio Scajola crea un "tavolo dell’auto" con la creazione di una task force per esaminare le soluzioni legate al futuro dell’insediamento industriale di Termini Imerese. Nel frattempo i lavoratori protestano in maniera anche clamorosa. Alcuni di loro, 14 della Delivery Email, azienda dell'indotto, salgono per cinque giorni e quattro notti sul tetto del capannone dello stabilimento, a 20 metri di altezza. Nei primi giorni di febbraio arriva una vera e propria doccia fredda per l’intero settore dell’auto: al vertice europeo di San Sebastian in Spagna si decide che nessun incentivo sarà più disponibile per l’acquisto delle automobili nel 2010. Nei primi giorni di marzo l’advisor incaricato per Termini Imerese, Invitalia, annuncia che sono 18 le proposte di interesse giunte. Comincia la preparazione una short list, cioè la selezione delle offerte più affidabili. A fine mese trapelano le prime indiscrezioni sul piano di sviluppo della Fiat, che prevederebbe un graduale spostamento della produzione dall’Italia verso l’estero. Un piano che Marchionne avrebbe ufficialmente presentato il 21 aprile. Scoppiano le prime polemiche. La presentazione del piano industriale della Fiat viene preceduto, nei primi giorni del mese di aprile, dalla nomina di John Elkann presidente della Fiat al posto di Luca Cordero di Montezemolo. Dopo una lunga attesa, finalmente, l’amministratore delegato Sergio Marchionne espone il piano: gli obiettivi del 2010 prevedono ricavi per 50 miliardi di euro, un margine operativo fra 1,2 e 1,3 miliardi, un utile netto intorno al pareggio e un indebitamento industriale netto intorno ai 5 miliardi. Sul fronte della produzione in Italia si prevede un investimento di 26 miliardi di euro, ai quali ne vanno aggiunti quattro in ricerca e sviluppo. Un impegno di 30 miliardi di euro, due terzi dell’investimento globale della Fiat e, di questi, 700 milioni di euro per Pomigliano d’Arco. La produzione chiuderà a Termini Imerese entro la fine del 2011 mentre a Mirafiori aumenterà da 100.000 a 170.000 unità ed a Cassino saranno prodotte entro il 2014 oltre 400.000 vetture. L’impegno è quello di mantenere le radici della Fiat in Italia anche se l’integrazione operativa con Chrysler è importantissima. Un piano B è pronto qualora governo e sindacati si opponessero ai progetti della Fiat ma, ha precisato Marchionne, «non è un piano molto bello». In ogni caso non è previsto alcun taglio al personale. L’obiettivo è quelli di produrre in Europa, tra Fiat, Lancia e Alfa Romeo, 34 nuovi modelli e 17 restyling. Una nuova city car sarà presentata nel 2013 e un modello di segmento B arriverà nel 2012. Nel 2013 toccherà ai restyling di Croma, Multipla e Ulisse. Ci sarà un incremento della produzione italiana dalle attuali 650.000 auto a quasi 1 milione e mezzo del 2014, insieme a 250.000 veicoli commerciali. Di queste ne verrà esportato il 65% a fronte del 40% attuale. L’obiettivo è vendere in Italia 6 milioni di auto, «il minimo richiesto per essere un global player competitivo». Alfa e Lancia sono rimaste al di sotto degli obiettivi e, quindi, entro il 2012, l'Alfa Romeo sarà presente sul mercato americano, probabilmente con una spider. L'obiettivo della Fiat è arrivare a un totale di 3,8 milioni di vetture prodotte: 2,2 milioni di Fiat, 0,5 milioni di Alfa, 0,3 milioni di Lancia, 0,5 milioni di veicoli commerciali; 0,1 milioni di Jeep e 200mila di contract manufacturing. Per raggiungere questi obiettivi di produzione la Fiat intende attuare il pieno utilizzo degli impianti. Marchionne ha infatti precisato: «I sei stabilimenti Fiat italiani hanno funzionato ben al di sotto della loro capacità» e quindi occorrono «misure correttive» a partire dagli accordi sindacali che «non sono più adeguati, dobbiamo ridefinirli». Nel giro di sei mesi avverrà il tanto atteso scorporo. Il settore delle auto sarà diviso dal resto delle attività del gruppo. Da un lato Fiat e Chrysler, dall’altro Iveco, CNH e motori e cambi di FPT. Nasceranno due diverse aziende, anche se saranno messe in atto una serie di sinergie per tutta una serie di attività. In entrambe le nuove società l’azionariato rimarrà immutato e, dunque, il controllo resterà alla famiglia Agnelli. A maggio la Sata di Fiat Group Automobiles a San Nicola di Melfi in provincia di Potenza, una delle fabbriche di automobili più produttive del mondo, sforna la 5 milionesima vettura prodotta nello stabilimento, una Punto Evo 1.4 da 105 CV Emotion, 5 porte, di colore rosso. Nello stesso mese suona il campanello d’allarme per lo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco. Marchionne lancia infatti un ultimatum: «I tempi stanno diventando stretti. Il protrarsi della trattativa con i sindacati ha già provocato lo slittamento degli investimenti necessari per l'avvio della produzione. In assenza di un accordo che offra adeguate garanzie potrebbe diventare inevitabile riconsiderare il progetto per la produzione della futura Panda. Nei giorni successivi si susseguono gli incontri e, alla fine, Fim, Uilm, Fismic e Ugl firmano il documento sullo stabilimento di Pomigliano d’Arco proposto dalla Fiat. Il successivo 22 giugno si sarebbe tenuto il referendum di ratifica tra i lavoratori. La Fiom ribadisce invece il suo netto rifiuto alle proposte della casa torinese. Prosegue intanto nell'Unione Europea la flessione delle vendite di automobili, che è del -9,3% rispetto all’anno precedente. La Fiat ha venduto, sempre a maggio, poco più di 90 mila vetture pari a -7,8%. Poco dopo la metà di giugno i lavoratori di Pomigliano d’Arco si esprimono in linea generale a favore dell’accordo siglato il 15 giugno tra la Fiat e Fim, Uilm, Fismic e Ugl con questi risultati: 2888 si per una percentuale del 62,2 %, 1673 no con una percentuale del 36%, 59 bianche e 22 nulle. Le urne si erano aperte alle 8,00 e chiuse alle 21,00. Le sezioni erano 10. Hanno espresso la loro preferenza 4642 lavoratori su 4881 aventi diritto, circa il 95%. Il referendum non risolve tutti i problemi e nel mese di agosto in diverse fabbriche italiane della Fiat i lavoratori entrano in stato di agitazione: quelli di Mirafiori, della Magneti sospensioni di Rivalta, dell'Iveco di Pregnana Milanese a Rho. Nel resto del mondo automobilistico, nei primi giorni di agosto, la Volvo diventa ufficialmente “cinese”. La Ford, precedente proprietaria del marchio svedese, consegna tutti gli asset della Volvo alla Geely Holding Zheijang, per un controvalore di 1,8 miliardi di dollari. La Chrysler, intanto, chiude il secondo trimestre del 2010 con un utile operativo di 183 milioni di dollari, in crescita del 28% rispetto ai primi tre mesi dell'anno. In aumento anche i ricavi, +8% a 10,5 miliardi di dollari. Nel secondo trimestre Chrysler ha ridotto le perdite a 172 milioni di dollari contro i 197 milioni del primo trimestre. La disponibilità di cassa è salita, alla fine di giugno, a 7,8 miliardi di dollari, grazie al contributo positivo del cash flow del secondo trimestre di 474 milioni di dollari. «L'utile operativo nel secondo trimestre – dichiarò un soddisfatto Sergio Marchionne - conferma che il Gruppo Chrysler sta procedendo in linea con gli obiettivi annunciati il 4 novembre 2009, fermo restando il fatto che uno straordinario lavoro si prospetta davanti a noi. Secondo le attese, il 2010 si sta concretizzando come un anno di transizione e stabilizzazione. Il gruppo deve continuare il proprio percorso di crescita con rigore, massima disciplina e focalizzazione sugli obiettivi. Tutto procede secondo le attese per un aumento della quota Fiat in Chrysler al 35%». E sempre ad agosto la Pininfarina rafforza la sua presenza in Cina attraverso la definizione un accordo per l’apertura di un Centro Sviluppo Prodotto a Shanghai. Due accordi preliminari prevedono anche collaborazioni con la Tsinghua University di Pechino e la Tong Ji University di Shanghai. A settembre avviene il tanto atteso scorporo della Fiat: da un lato, in Fiat ci sono Fiat Group Automobile, Maserati, l’85% della Ferrari, la partecipazione in Chrysler, la componentistica (Magneti Marelli, Teksid e Comau) e i motori prodotti da Powertrain; dall’altro, in Fiat Industrial, ci sono invece CNH (macchine agricole), Iveco (camion) e FPT Industrial & Marine (attività di motori e trasmissioni per autovetture e veicoli commerciali leggeri). Le aziende Fiat riprendono l’attività all’insegna della cassa integrazione, il direttivo di Federmeccanica da mandato al presidente Pierluigi Ceccardi di comunicare il recesso dal contratto nazionale dei metalmeccanici che avverrà l’1 gennaio 2012. Mentre le relazioni tra Fiat e sindacati cominciano a rasserenarsi la frase di Sergio Marchionne «La Fiat potrebbe fare di più se potesse tagliare l’Italia, nemmeno un euro dei 2 miliardi di utile operativo previsto per il 2010 arriva dal nostro Paese», pronunciata nella trasmissione di Rai 3 "Che tempo che fa" condotta da Fabio Fazio, fa scoppiare un diluvio di proteste e scatena mille preoccupazioni. Marchionne, però, aggiusta velocemente il tiro: «Quello che ho cercato di fare è molto semplice: parlare con chiarezza. Quando dico che l'Italia, per il gruppo Fiat, è un'area in perdita, non significa che vogliamo andarcene dal Paese, come molti hanno voluto interpretare. Lo sforzo che stiamo facendo va esattamente in direzione opposta. Ignorare i problemi, o peggio ancora nasconderli sotto un facile ottimismo, è il rischio più grande che possiamo correre». Intanto le vendite della auto in Italia e in Europa calano ancora. Le ultime del mese di dicembre riguardano Termini Imerese che, grazie ai progetti della De Tomaso di Gian Mario Rossignolo, che produrrebbe auto di lusso, e della Cape Rev di Simone Cimino, che punterebbe sulle macchine elettriche. L’incontro finale avverrà il prossimo 15 gennaio. E riguardano anche lo stabilimento Fiat di Mirafiori dove, dopo una lunga trattativa ed una serie di scioperi, il 23 dicembre l’accordo viene siglato. Anche questa volta senza la partecipazione della Fiom e con le critiche della Cgil.
(Fonte: www.automania.it - 28/12/2010)

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