venerdì 30 gennaio 2009

Marchionne: "Il 2009 l'anno più duro di sempre"


Alla fine di questo 2009 niente sarà più come prima. Sergio Marchionne lo ha detto ai membri del consiglio riuniti la scorsa settimana nel salone del quinto piano del Lingotto e lo ha ripetuto nel pomeriggio agli analisti e successivamente ai sindacati. «Sarà l'anno più duro di sempre, che metterà alla prova la nostra capacità di leadership, renderà necessaria un'interazione tra l'industria e i governi con obiettivi condivisi, cambierà in maniera significativa e per sempre lo scenario dell'auto». La «rivoluzione», temuta e annunciata, è cominciata. E' tutto in movimento e la Fiat, uscita miracolosamente dalla sua crisi, è nella corrente di un'altra crisi: quella globale che sta scuotendo dalle fondamenta l'industria mondiale dell'auto. Se è vero dunque che tutto cambierà, il Lingotto sta in questo cambiamento. Con il suo "braccio" storico, ovvero con l'auto, ma anche con il resto. Perché la crisi, come si sta constatando, non risparmia né i camion né i trattori. Al di là delle dichiarazioni dei suoi vertici è difficile dire come ne uscirà. Per adesso ha messo a segno un colpo, quello dell'alleanza con la Chrysler, un'operazione ancora da perfezionare. Ma è un segnale importante, tale da scuotere persino i colossi dell'auto del Sol Levante. Lo scambio di tecnologia contro azioni, con la possibilità per i torinesi di portare a casa "a buon mercato" il 55% (dopo aver esercitato un'opzione del 20 per cento) di Chrysler e di sbarcare in U.S.A. con Alfa Romeo e 500 è stato ben commentato. Ma si è subito capito che la mossa strategica non chiude la partita delle alleanze. Le grandi manovre sono in corso già da alcune settimane. «Se sui mercati tornerà la normalità entro il 2009, il gruppo Fiat sarà in grado di confermare gli obiettivi fissati per il 2010». Quando, sabato 17 gennaio, Sergio Marchionne ha fatto questa affermazione nel corso di un convegno organizzato in Svizzera da Bank Am Bellevue, l'intesa di massima tra Fiat e Chrysler, salvo qualche dettaglio, era già stata raggiunta. Ma essa rimane il punto di partenza dal quale muovere per poter comprendere la mossa del Lingotto e, attraverso questa, provare a entrare nel futuro del gruppo torinese oltre la fine dell'annus horribilis 2009. Ancor meglio se si fa un passo indietro. Poco dopo l'inizio di questo decennio la Fiat entrò nella crisi più dura della sua storia. Fu allora che, tra le tante ipotesi che circolavano sul superamento delle difficoltà, si fece strada anche quella che voleva la separazione del settore auto da quelli dei camion e dei trattori. Come dire che per la prima volta si sarebbero divisi i destini di Fiat Auto da Iveco e CNH, con la possibilità non del tutto sgradita alla famiglia Agnelli di trovare un nuovo padrone, pubblico o privato, che fosse disposto ad acquistare il braccio storico del gruppo, mantenendo gli altri due asset finanziariamente più in salute. Con l'arrivo a Torino di Marchionne non se ne fece più nulla anche perché la cura adottata per la "grande malata" ovvero l'auto capovolse la prospettiva ricollocando il settore al centro degli interessi della società. L'uscita dal guado fu possibile, oltre che per il buon andamento della "provincia" brasiliana, anche per l'apporto dell’Iveco e della CNH. A partire dall'estate scorsa, la grande crisi venuta dall'America ha rimescolato le carte del Lingotto, ha finito per coinvolgere, a differenza del passato, tutti e tre i settori in cui opera il gruppo e ha costretto Marchionne a rivedere ancora una volta la sua strategia. Cosa che ha fatto abbandonando la strada degli accordi industriali e commerciali mirati (ne ha sottoscritti circa trenta in poco più di tre anni) per riprendere quella delle alleanze più globali. Con quali obiettivi? Fare in modo di trovarsi entro i prossimi due anni nel gruppetto ridotto dei sei players mondiali dell'auto in grado di produrre non meno di cinque milioni e mezzo di automobili all'anno: fuori da questo club ristretto, concordano quasi tutti gli analisti, non ci sarebbe alcuna possibilità di sopravvivenza. Al momento, assieme a Chrysler, il conto del nuovo gruppo italo americano, stando alle previsioni di produzione per l’anno appena cominciato, si fermerebbe sotto la soglia dei 4 milioni di cui 2,2 sono le auto prodotte dai torinesi ivi compresi i veicoli commerciali e 1,7 quelle degli alleati di Detroit. Dunque la partita non è chiusa. L'intesa con Chrysler è, come dice Marchionne, una "pietra miliare" ma non basta. Il prossimo passo potrebbe essere quello dell'alleanza con un importante marchio di fascia medio-alta in grado di completare la gamma del nuovo gruppo. Se si trattasse, ad esempio, dei tedeschi di Bmw, nascerebbe un produttore molto forte nel settore delle utilitarie (con l'eredità Fiat), dei fuoristrada (con l'eredità Chrysler) e delle auto sportive e di lusso (con i marchi Bmw, Alfa e Lancia). Un gruppo davvero generalista, che con il milione di auto vendute dai tedeschi raggiungerebbe la soglia critica dei 5,5 milioni di pezzi. Lo scenario sarebbe destinato a mutare in modo significativo se il Lingotto decidesse invece di percorrere la strada che porta in Francia realizzando finalmente un'alleanza di cui si parla da tempo, quella con PSA. In questo caso si arriverebbe a un gruppo da 7 milioni di pezzi venduti anche se si creerebbero non pochi problemi di sovrapposizione di modelli. Un secondo ostacolo da superare sarebbe quello del rapporto con il governo di Parigi. Il piano di aiuti pubblici per 6 miliardi di euro, annunciato di recente da Sarkozy, sembra la premessa per la creazione di un unico produttore francese che nasca dalla fusione tra Renault e PSA.
(Fonte: www.repubblica.it - 26/1/2009)

giovedì 29 gennaio 2009

Jim Press: "Fiat-Chrysler potenza globale"


L'alleanza della Chrlysler con la Fiat rafforzerà le probabilità della casa automobilistica Usa di ricevere ulteriori 3 miliardi di dollari in aiuti statali mettendola nelle condizioni di diventare "una potenza globale". E' con segnali ottimistici che il presidente di Chrysler, Jim Press, ha voluto illustrare martedì scorso ai giornalisti il progetto approntato con il gruppo del Lingotto. Sebbene riconosca che alcuni aspetti restano da determinare, come la condivisione di tecnologie e piattaforme produttive, l'intesa consentirà di dare vita a "una vera potenza globale". Secondo Press l'accordo renderà il governo federale americano "molto più fiducioso che la restituzione dei prestiti avverrà nei tempi previsti". Negli Usa, un fattore critico dell'erogazione di aiuti pubblici alle case automobilistiche è proprio nella capacità che sono in grado di dimostrate sulla successiva restituzione. "Pensiamo che l'alleanza con Fiat non solo ci darà molta fiducia - ha proseguito Press, incontrando i giornalisti all'aeroporto internazionale di Baltimora - ma ancor più di questo ci farà davvero puntare verso un piano di prosperità, sarà una vera potenza globale". Dal governo Usa Chrysler ha già ricevuto aiuti per 4 miliardi di dollari. "Sono fiducioso che con questo piano il 31 marzo saremo in grado di dimostrare di poterci aggiudicare" anche i 3 miliardi supplementari, per prestiti complessivi pubblici che così salirebbero a 7 miliardi di dollari. Press respinge le critiche di chi sostiene che gli aiuti statali Usa andrebbero a vantaggio del gruppo italiano. "I fondi prestati non andranno alla Fiat, ma alla Chrysler che è una società americana". Piuttosto il Lingotto "sta facendo una scommessa assieme ai contribuenti americani per sostenerci e rilanciarci nel futuro". "Così facendo stanno aiutando a salvare l'industria dell'auto Usa", ha detto Press, sottolineando che tecnologie e i modelli della casa italiana consentiranno a Chrysler di impartire una decisa accelerazione sui cruciali piani di sviluppo nei modelli piccoli, più economici nei prezzi e nei consumi.
(Fonte: www.tendenzeonline.info - 28/1/2009)

Les Echos: "Fiat eterno miracolo italiano"


Gli italiani non smettono mai di stupire i cugini d'Oltralpe: «Fiat o l'eterno miracolo italiano» titola Les Echos. In un'analisi dai toni piuttosto positivi il quotidiano economico francese esamina le prospettive aperte dall'accordo con l'americana Chrysler, senza dimenticare le voci sui negoziati con la francese Psa, la casa di Peugeot e Citroën: «Il costruttore italiano lancia il ballo delle alleanze». «Il miracolo italiano avrà sempre la forma di un vasetto di yogurt», la 500, esordisce l'articolo. Negli anni '60 è stata la Cinquecento a permettere a tutta una generazione di «giovani transalpini» di emanciparsi e al Paese di avviarsi verso la modernità. Oggi è ancora la piccola 500, scrive les Echos, che sembra tirare la Fiat fuori dall'impasse e autorizzarle ogni audacia. Un'audacia «come quella di acquistare Chrysler, per esempio!» esclama il quotidiano, iniziativa ambiziosa «per un'impresa di cui a intervalli regolari si prevede la sparizione». Citando un saggio sulla «lenta decomposizione» della dinastia Agnelli di Pierre de Gasquet, l'articolo ricorda che dalla fine degli anni ‘90 la maggior parte dei dirigenti dell'azienda e dei banchieri italiani si pongono il problema della vendita del costruttore automobilistico a un concorrente straniero. «Troppo piccola, troppo italiana, Fiat è da tempo condannata da tutti gli specialisti, compreso il clan Agnelli». Eppure, «con il suo cocktail di nuovi prodotti e di muscolosa ristrutturazione», Sergio Marchionne è riuscito a «ridare fiato e speranza alla vecchia signora di Torino». Fiat esce con onore, grazie alla 500, perfino da una fine 2008 catastrofica per l'industria automobilistica mondiale. «Resta da vedere quale sia la solidità di un tale ritorno in forma», continua Les Echos, ricordando che l'indebitamento della Fiat è in rialzo e i profitti sono in calo. «Fedele a una certa teatralizzazione degli affari», Marchionne ha dichiarato, in una «stupefacente» intervista ad Automotive News, che la Fiat non ha un avvenire da sola e che un costruttore automobilistico per avere un futuro deve poter produrre almeno 6 milioni di veicoli all'anno. Il mondo dell'automobile sta già attuando la condivisione di piattaforme. La novità di Marchionne, secondo Les Echos, è che «introduce l'idea che questo modello si generalizzerà a tutta la gamma e che la crisi accelera il fenomeno, obbligando tutti coloro che sono al di sotto della massa critica a raggrupparsi». Di qui l'alleanza con Chrysler e «le voci sempre più insistenti» di negoziati con Psa, partner regolare della Fiat. Per Les Echos, la crisi ha rivelato «una sorta di bolla dell'automobile»: si sono costruite troppe capacità produttive, troppe fabbriche. Con un consumo rallentato, più sensibile ai vincoli ambientali e in cerca di prodotti più personalizzati, «bisogna massificare dal lato della produzione e frammentare dal lato della vendita». Di qui, continua il quotidiano, la possibile comparsa di «costruttori quasi senza fabbrica», che si accontentano di fare del design, del marketing e della vendita. E' quello che Marchionne chiama «il modello Apple». L'aspetto doloroso dello schema è che implica chiusure di fabbriche. Marchionne, conducendo il ballo, tenta di avvantaggiarsi «appoggiandosi paradossalmente sulle sue debolezze». La Fiat, spiega Les Echos, è uno degli ultimi al mondo a essere un conglomerato meccanico, come erano i suoi concorrenti una ventina d'anni fa. L'automobile rappresenta solo metà del giro d'affari, il resto si divide tra macchine agricole e di lavori pubblici (Case, New Holland) e i mezzi pesanti (Iveco) – «due attività cicliche per ora redditizie» - la componentistica auto (Magneti Marelli), i motori e le macchine (Comau). E anche nell'automobile ha separato la filiera generalista – con i marchi Fiat, Alfa Romeo e Lancia – dalle «pepite di lusso», Ferrari e Maserati (queste ultime rappresentano il 7% delle vendite e il 30% del risultato operativo e non sono toccate dal grande gioco). Il gruppo Fiat, secondo il quotidiano francese, può quindi più facilmente di altri sacrificare il suo ramo auto sull'altare della modernizzazione del settore. Per di più, ha il vantaggio di controllare il 25% del mercato brasiliano, un punto di forza per parlare con gli americani come Chrysler, «anche se la crisi rallenta seriamente le vendite in questo promettente Paese». Ultimo vantaggio nei negoziati, la sua specializzazione nelle "piccole". I segmenti A e B rappresentano oltre il 60% delle sue vendite, «a lungo considerata una tara, oggi è un vantaggio». «Fiat può essere una piattaforma mondiale di fabbricazione di piccole vetture». Inoltre, ha un portafoglio di marchi di prestigio come Alfa Romeo. In conclusione, con «l'aureola del successo della bella 500», confrontato con il baratro del crollo del mercato, Marchionne «sa che gli resta poco tempo per salvare l'ultimo costruttore italiano dal disastro e che non sarà mai così ben piazzato come oggi per fare delle sue debolezze un vantaggio» e per fare dei suoi «vasetti di yogurt» la promessa di giorni felici.
(Fonte: www.lesechos.fr - 28/1/2009)

mercoledì 28 gennaio 2009

Case New Holland: un precedente di successo per Fiat negli U.S.A


Un'aquila testa bianca appollaiata su un mappamondo segnala la potenza globale. Una trebbiatrice in legno in bella mostra tra i pezzi pregiati del museo aziendale racconta le origini. Il simbolo degli Usa dal 1872 e la storia di una lunga evoluzione industriale sono il biglietto da visita all' ingresso del quartier generale della CNH di Racine, cittadina affacciata sulle rive del Lago Michigan a metà strada tra Chicago e Milwaukee, in quel crocevia americano che introduce alle sterminate praterie della «Corn Belt» per dire la cintura del mais che oggi può guardare con aria di superiorità i dirimpettai dell' impero mondiale dell' auto in decadenza. Qui il Lingotto è padrone di casa da quando nel 1999 Fiat è arrivata dopo aver acquisito la Case Corporation attraverso la New Holland NV. Ma non è stata una grande partenza tant'è che oggi Sergio Marchionne, ripercorrendo quei nove anni, tiene a sottolineare subito che i primi sei furono poco più che un disastro. «Erano stati spesi 5 miliardi di dollari per l'acquisizione ma si era fatto poco per rimettere a posto la baracca. Le macchine avevano perduto competitività sui mercati, la clientela era confusa e si è continuato per molto tempo a bruciare cassa». Insomma sei anni di purgatorio per mettere assieme quella che ora l'ad della Fiat può esibire come «il più grande business del Gruppo». Col rimpianto di «non aver chiamato tutto questo Fiat». Perché almeno così si sarebbe saputo che quell' azienda di Torino, che fatica a riportare l'Alfa Romeo in un paese dove il suo prestigio è affidato alla Ferrari e alla Maserati, è ai primi posti della top ten mondiale dei produttori di trattori e macchine movimento terra. Un colosso che, dopo aver conquistato le Americhe, l'Europa Occidentale e parte dell'Asia guarda al resto del mondo e lo fa rapidamente. Guadagnando ovunque. Anche per questo, vista dai piazzali di Burr Ridge, poco lontano da Racine, affollati di giganteschi trattori, la crisi finanziaria che si sta abbattendo sull'industria dell' automobile, senza risparmiare i grandi nomi del settore, non sembra il mostro ingovernabile contro il quale combattono governi e istituzioni di tutto il mondo. «Queste macchine» assicura Marchionne «sono tutte vendute e se ne avessimo di più le venderemmo. Perciò dobbiamo darci da fare per rispondere alla domanda del mercato». Con l'aria che tira, anche da queste parti, sembra veramente che parli di un pianeta sconosciuto che lui però conosce bene perché passa parecchi giorni al mese in questi uffici e in queste fabbriche per occuparsi da vicino dell' isola felice della Fiat dove gli stabilimenti lavorano a pieno ritmo e gli affari vanno bene sfidando il vento che spira da Wall Street. «Perché l'auto sarà più sexy di una mietitrebbia» scherza Marchionne «ma queste macchine hanno messo assieme un fatturato che è passato da 12 a 20 miliardi di dollari tra il 2004 e il 2008 e nei prossimi cinque anni potrebbero puntare al raddoppio». L'ad della Fiat tende sempre a cominciare dal 2005 perché è da quella data che prende avvio il risanamento del Gruppo. Anche qui in America parte dal riordino del 2005 ovvero dalla vasta operazione che ha messo in tiro un impero governato da Torino e formato da oltre 28 mila dipendenti, 39 stabilimenti, 27 centri di ricerca e sviluppo in cinque continenti con una rete di oltre 11 mila concessionari. Insomma una realtà globale in 160 paesi con un fatturato 2008 prossimo ai 20 miliardi realizzato per un 37% in Nord America, 33% in Europa Occidentale, 12% in America Latina e 18% nel resto del mondo. Dopo la riorganizzazione che l'ha riportata all'onore del mondo oggi la CNH può operare con sei diversi marchi di cui quattro (New Holland Agriculture e Case IH Agriculture, New Holland Construction e Case Construction) a livello globale e due (Steyr per le macchine agricole e Kobelco per le costruzioni) a livello regionale. Questa globalità Marchionne la riassume ricordando che «un trattore su tre venduti nel mondo reca il marchio della CNH e lo stesso vale per le mietitrebbia». Che poi vuol dire che CNH è il numero due al mondo nel settore delle macchine agricole e il numero tre in quello della macchine per costruzioni. Non è un caso che in uscita dalla crisi e ancora adesso che è alle prese con la flessione dei mercati auto il Lingotto abbia nella CNH una solida rete di protezione. Un'azienda che va e promette di andare meglio. Con un trend che fa dire a Marchionne che «bisogna fare di tutto per stare dietro alla domanda». Del resto che ci sia questa urgenza lo si capisce benissimo a Grand Island, cuore agricolo degli Usa nelle pianure del Nebraska dove a fare gli onori di casa è Rinaldo Tondelli, un ingegnere di Parma che gira il mondo occupandosi del migliore funzionamento delle fabbriche CNH. Tondelli si presenta dichiarando tutto il suo «orgoglio di lavorare per l'agricoltura, produrre macchine che servono per lavorare la terra che dà da mangiare all'uomo». Come dire che i «derivati» e le altre magagne dell' ingegneria finanziaria sono altra cosa. Il suo problema è di far salire la produzione in questo stabilimento che lavora tutto l' anno senza pause, orari di 89 ore al giorno, a volte anche al sabato. Erano 22 le macchine prodotte giornalmente, sono salite a 33 e Tondelli è qui perché vuole alzare l'asticella fino a quota 50, forse anche 60. La media dei salari nell' America rurale è sui 1200 dollari ma la Fiat paga meglio e può chiedere di più a questi lavoratori, molto motivati ma «free union» (in pratica non c'è sindacato). Ottenendo risultati che nessuno dei suoi settori è in grado di assicurare.
(Fonte: www.repubblica.it - 3/11/2008)

martedì 27 gennaio 2009

La 500 per gli U.S.A. prodotta in Messico?


Secondo indiscrezioni saranno sette i modelli, frutto dell'alleanza tra Fiat e Chrysler, destinati ad essere commercializzati negli U.S.A. . Si tratta di tre vetture con marchio Fiat o Alfa Romeo e di quattro con brand del gruppo Chrysler. Tutti i veicoli verrebbero assemblati negli stabilimenti Chrysler e distribuiti attraverso concessionari Chrysler, Dodge e Jeep. Non sono ancora stati decisi né i tempi di attuazione del programma né i volumi di vendita previsti. La novità più interessante riguarderebbe la nuova 500, che potrebbe essere prodotta da Chrysler nell'impianto messicano di Toluca, dove attualmente si costruiscono la Dodge Journey e l'originale PT Cruiser (quest'ultima dovrebbe però essere alla fine del suo ciclo di vita liberando di fatto le linee per la 500). Sempre nel segmento delle utilitarie, si parla di una nuova cinque porte derivata dalla futura generazione della Fiat Panda e da commercializzare come Chrysler o Dodge. L'Alfa Romeo potrebbe debuttare negli U.S.A. con la MiTo, ma anche con la futura 149 (o Milano), costruita sulla stessa piattaforma Fiat sulla quale sarà sviluppato un nuovo veicolo Chrysler che sostituirà la Dodge Caliber. Su una variante allungata della stessa piattaforma dovrebbero vedere la luce le eredi della Chrysler Sebring e della Dodge Avenger. L'alleanza dovrebbe inoltre consentire a Chrysler di avere accesso ai motori Fiat a quattro cilindri a benzina di 1.4 litri (forse anche 1.8), che il Gruppo americano potrebbe trasformare in versioni turbo da produrre in un suo impianto.
(Fonte: www.autonews.com - 26/1/2009)

lunedì 26 gennaio 2009

"To all Chrysler employees, dealers, suppliers and other stakeholders..."


Ecco il testo integrale della lettera inviata il 23 gennaio scorso da Bob Nardelli, CEO di Chrysler LLC, a dipendenti, venditori e fornitori:
With this week’s announcement of our nonbinding agreement for a strategic alliance with Fiat, I want to update you on where we stand in our continuing efforts to manage our business through the current economic downturn and put Chrysler on a path to long-term success. This potential alliance has the opportunity to greatly benefit America by preserving American jobs, stabilizing the economy including the important domestic auto industry and expanding the availability of small, fuel efficient automobiles. Throughout this process we will work with the U.S. government to ensure Chrysler meets all the terms of the U.S. Treasury loan agreement, including the submission of a restructuring plan that assures Chrysler’s long-term viability, timely loan repayment and energy efficiency. It is important to note that no U.S. taxpayer funds would go to Fiat.
Our Vision, Mission and Strategic Framework Continues
One year ago, we began our first full year as an independent company with a three-part strategic framework to help focus our efforts and align our resources toward our goal of returning to profitability. The framework is comprised of three basic principles:
- Enhance our core: invest in product enhancements; strengthen our customer focus; improve our relationship with our dealers; and recommit the entire organization to a new level of quality.
- Extend our business: develop or establish partnerships to provide new products; build off of existing products to extend into new segments; explore new and adjacent market opportunities; and accelerate new technologies and innovation.
- Expand our market: pursue global alliances to fill gaps in our product portfolio and open new geographic opportunities; increase global sales by building from our existing dealer network; and invest closer to our global customers by enhancing regional business operations and global engineering centers.
As the economy declined through 2008, Chrysler responded quickly and aggressively by making further reductions in manufacturing schedules to keep production and dealer inventory aligned with shrinking U.S. market demand. The extensive restructuring, cost reduction and productivity enhancements served to support our competitive position in the continuing economic downturn. By executing our business plan, reducing our fixed costs and working to continually improve our operational performance, we were ahead of our targets to return to profitability through the first half of 2008. But in the second half of the year, our nation’s financial meltdown and a freeze in credit led to a devastating automotive industry depression. On a Seasonally Adjusted Annual Rate (SAAR) basis, vehicle sales fell to their lowest level in 26 years.
Bridge Loan Required for Short-term Viability due to Economic Factors
As a result, we went before the U.S. Congress last November to testify for the need for a $7 billion bridge loan to sustain our business. We presented data showing the likely devastating effect of a domestic automaker bankruptcy to the overall economy. We explained how the freezing of credit markets prevented average hard-working Americans from getting access to competitive vehicle financing and reduced our dealers’ ability to get market competitive funding to place wholesale orders. Those factors combined to constrict cash inflows to auto manufacturers including Chrysler. In fact, 20 percent of our revenue disappeared overnight when our finance company was unable to offer leases to our customers. In December, we returned to Washington, D.C., and presented a plan for viability and accountability to the U.S. Senate, House of Representatives and the Treasury Department. We reiterated our request for a $7 billion bridge loan from the federal government. Our plan was supported by extensive financial data laying out a clear case on how Chrysler would manage through the current global credit crisis and generate adequate cash to begin repayment of the loan in 2012. We also shared our long-term product plan, which is central to our return to sustainable profitability. The U.S. Treasury granted us the first $4 billion of our request, signaling its confidence in our plan as well as recognizing the importance of the automotive industry to our national economy. The bridge loan supports our operations as we continue our process of restructuring and transformation, and we are working hard to meet all requirements for the receipt of the balance of $3 billion, for a total of $7 billion – the amount of our original request.
Aggressive Restructuring Already Showing Positive Results
So far in our restructuring efforts, we have reduced fixed costs by more than $3.4 billion, have taken out 1.2 million units or 30 percent of our production capacity and stopped building four models to simplify our product line. We’ve made significant enhancements in our products and, in the last 12 months, we achieved the lowest warranty claim rate in our company’s history – a 30 percent improvement compared with the prior year. Reflecting the Company's focus on designing and building in quality from the beginning, Chrysler had the industry's lowest number of recalls in 2008 as reported by NHTSA – a total of 360,000 units, down from 2.2 million units in 2007. For the 2009 model year, over 88 percent of Chrysler’s vehicles achieved five stars for frontal crash tests, 86 percent achieved the highest rating for side-impact protection and 73 percent of our product line up offers improved fuel economy compared with last year’s models. Altogether, we are leaner, more nimble and focused on customer first and quality period. We continue to invest in new products, with 24 new-vehicle launches during the next 48 months. That means the Company will renew more than 60 percent of its total sales volume, including the next-generation Jeep® Grand Cherokee, Dodge Charger, Dodge Durango, Chrysler 300 and several exciting new small cars. We’ll continue to improve overall fuel economy with these new small-car entries and our all-new Phoenix V-6 engine. Through our internal ENVI organization, we’re focused on electric as our primary clean-vehicle technology. Our product plan includes the introduction of a full-function electric-drive model in 2010, and three additional models by 2013. We focused our resources and funding on electrifying our existing models to achieve speed to market. We also selected this technology because it is the least disruptive to the existing infrastructure and the most consumer-friendly. Our vision is to build cars and trucks people want to buy, will enjoy driving and will want to buy again. And we’re doing just that. Just this week, we earned two top honors at the annual Polk Automotive Loyalty Awards. The 2009 Chrysler Town & Country earned the “Automotive Loyalty Award – Minivan” for the eighth year in a row, and Jeep Grand Cherokee took “Automotive Loyalty Award – Mid-size SUV.” The all new 2009 Dodge Ram truck is another prime example of the customer focus and innovation that’s part of the Chrysler DNA. In addition to overwhelmingly positive customer response, the all-new Ram already has earned nine industry awards including the 2009 International Truck of the Year, Truckin’ magazine’s Truck of the Year, Texas Auto Writer's Association (TAWA) 2009 Full-Size Pickup Truck of Texas and Edmunds.com Inside Line Editors Most Wanted for 2009.
Alliances Support Long-term Success in Local and Global Markets
We are actively building on our strategy of alliances and partnerships in order to create value and enhance our ability to meet customer needs. Chrysler is currently engaged in more than two dozen alliances and partnerships around the world, including our joint-venture with GM, Daimler and BMW to develop two-mode hybrid powertrain technology, and our GEMA alliance with Hyundai and Mitsubishi, which produces the advanced technology, four-cylinder World Engine in Dundee, Mich. Our manufacturing agreements with Volkswagen and Nissan further illustrate our strategy of partnering to win. This week, Cerberus, Chrysler and Fiat announced a preliminary nonbinding agreement to establish a long-term global strategic alliance. Upon completion of a due diligence process and meeting all of the U.S. Treasury requirements and required approvals, the agreement could be completed as early as April. This alliance would further enhance the fuel-efficiency of our product portfolio, support our ability to build a long-term profitable enterprise and preserve American jobs. The alliance would give us access to substantially all Fiat group vehicle platforms, which would complement our current product lineup with fuel-efficient, environmentally friendly small cars and powertrain technology – including clean diesel. Using Fiat’s distribution system, we’d be able to greatly increase the global reach for the Chrysler, Dodge and Jeep brands in markets outside of North America. Fiat would benefit from product and technology sharing, with access to our vehicle platforms and our manufacturing capabilities in North America. In addition, Chrysler would help Fiat bring its brands to the U.S. market. Fiat has successfully executed its own restructuring during the past several years, and Chrysler could benefit from Fiat’s restructuring expertise.
Fiat Alliance Consistent with all Government Loan Conditions
The potential Fiat alliance is consistent both with our strategic plan and with the long-term viability plan required under the U.S. Treasury loan. The alliance would help us provide a return on investment for the American taxpayer by securing the long-term viability of Chrysler brands in the marketplace. It’s important to note that no U.S. taxpayer funds would go to Fiat. The alliance is based on an exchange of equity for assets. Fiat would acquire an equity stake in Chrysler by giving us access to substantially all its vehicle platforms and technologies. This access is of high value to Chrysler, saving us significant costs and years of development time.
Many Components Work Together to Make Chrysler Viable
For Chrysler, this alliance is a key milestone on our path to viability. But it is just one piece. Our viability still depends on receiving the remaining $3 billion in government funding and concessions from each of our constituent groups: lenders, employees, unions, dealers and suppliers, so that we’re in position to benefit when the automotive market recovers. A healthy Chrysler Financial is another important component of our recovery. Chrysler Financial recently qualified for $1.5 billion in federal Troubled Assets Relief Program (TARP) funds. This money will immediately be put to work assisting our customers in securing the credit they desperately need. We all understand the critical interdependence between Chrysler LLC and Chrysler Financial. Our success is linked with theirs. Our viability depends on customers having access to affordable credit for loans and our dealers having access to competitive credit to finance their floor plan costs. Meanwhile, we continue to meet with constituents as we seek to achieve shared sacrifice and required concessions to be included in our U.S. government long-term viability plan. Let me be clear: we don’t underestimate the challenges before us. We also recognize that the financial crisis, which has brought hardship to Chrysler, has created similar challenges for our suppliers, dealers and other constituents. But we continue to make important strides toward restructuring our company, leveraging strategic partnerships and developing innovative new products. We are committed to working together to find ways to reduce costs while maintaining the business operations that will support our mutual and sustained viability for the long term. We are committed to work with all our company stakeholders, including our employees, unions, dealers, suppliers, lenders and owners to identify the concessions required as a condition of our loan. We recognize we have a unique bond with the American public, and we are fully committed to meeting our obligations by developing high quality, fuel-efficient vehicles. I appreciate your continued support as we seek to return Chrysler to its rightful place as an industry leader.
Bob

venerdì 23 gennaio 2009

Financial Times: "L'alleanza Fiat-Chrysler è una scossa per il mondo dell'auto"


L’alleanza tra Fiat e Chrysler “ha scosso il mondo dell’automobile”. Lo sottolinea il Financial Times in un articolo dedicato all’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne. Secondo il quotidiano britannico “il mercato ha dato una risposta chiaramente fredda alla notizia” delle nozze tra “uno dei gruppi industriali maggiori italiani” e quello che detiene “uno dei piu’ conosciuti marchi automobilistici”. Chrysler, ricorda FT, “e’ in effetti sotto tutela dello stato e opera grazie a un prestito governativo d’emergenza di 4 miliardi di dollari (3,1 miliardi di euro)”. Grazie all’acquisizione del 35% di Chrysler, Marchionne e’ diventato “il primo capo di un’azienda automobilistica, da quando e’ iniziata la crisi, ad aver stretto quella che molti prevedono sia la prima di una serie di alleanze”. E se l’alleanza dovesse riuscire, osserva ancora il Financial Times, “sara’ un nuovo successo per Marchionne, considerato ‘un outsider’ nell’establishment industriale italiano”. Al manager FT riconosce infine il merito di “aver trasformato Fiat da ‘malato’ a uno dei leader delle utilitarie” in Europa.
(Fonte: www.ft.com - 23/1/2009)

giovedì 22 gennaio 2009

Dopo Chrysler, PSA (o BMW)?


Secondo alcuni, l'alleanza con Chrysler non impedirà di concludere ulteriori accordi globali, se non addirittura fusioni, con altri player automobilistici internazionali. I maggiori candidati sembrano essere PSA e BMW.
Prima di Natale c'era chi scriveva: "L’alleanza con i transalpini potrebbe essere più facile da un punto di vista finanziario per gli azionisti di maggioranza del gruppo torinese, poiché la capitalizzazione borsistica di Fiat Group è circa doppia rispetto a quella di PSA Groupe; rimangono tuttavia dubbi circa il lato industriale di una simile alleanza. In primo luogo la stessa PSA è forte solo sul mercato europeo, come Fiat, e vende circa l’85% delle vetture su tale mercato; i transalpini non sono presenti negli Stati Uniti e hanno una quota del 3,5% nel mercato cinese. La gamma dei due gruppi è sovrapposta e c’è il rischio di “cannibalizzazione” di molti modelli; inoltre non sarebbe coperto l’alto di gamma essendo entrambe le case automobilistiche focalizzate sui segmenti meno elevati. Possono queste debolezze essere più importanti del fatto che si creerebbe comunque un gruppo produttore di 5,5 milioni di veicoli l’anno con il ruolo di leader sul mercato europeo? La risposta non è automatica e nel caso sarà mai effettuato tale merger, sarà lo stesso mercato a dare la sentenza.
La seconda ipotesi di fusione è quella con i tedeschi di BMW Group. In questo caso la dimensione del nuovo gruppo sarebbe inferiore alle stessa che l’amministratore delegato di Fiat ha detto necessaria per poter sopravvivere in un mercato globale; insieme i tedeschi e gli italiani produrrebbero circa 4 milioni di veicoli l’anno e probabilmente questo dimensionamento non sarebbe sufficiente ad avere le economie di scala sufficienti per competere. L’aggregazione con BMW Group avrebbe però dei punti di forza; il gruppo tedesco è forte laddove Fiat è debole, in particolare nell’alto di gamma. Attualmente Lancia e Alfa Romeo sono in crisi e hanno insieme una quota di mercato europea pari ad un terzo di quella di BMW o Mercedes. Il fatturato dei due gruppi è simile e supera i 50 miliardi di euro l’anno, ma il settore auto di Fiat è circa il 60% di quello di BMW. Ci sarebbe inoltre il problema della capitalizzazione borsistica, che risulta essere più che doppia per il gruppo tedesco rispetto a quello italiano"
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Parole ancora attuali? Chi vivrà vedrà!...
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 22/12/2008)

mercoledì 21 gennaio 2009

Un po' di cifre per iniziare...



L'accordo preliminare siglato tra Fiat e Chrysler, che sarà completato entro il mese di aprile, darà vita ad un gruppo automobilistico da circa 240.000 occupati (185.000 nel Fiat Group Automobiles e 55.000 in Chrysler) che, globalmente, nei 208 impianti industriali che i due costruttori possiedono nel mondo (30 di Chrysler e 178 di Fiat) costruisce oltre 4 milioni di unità. Per la precisione, secondo le prime stime di PriceWaterhouseCoopers, la produzione globale dei due costruttori ammonterebbe nel 2008 a 4.389.889 unità, a fronte delle 2.478.210 unità stimate per il gruppo Fiat e delle 1.911.679 unità stimate per il gruppo Chrysler. Con queste cifre, se i due gruppi automobilistici fossero gia uniti si aggiudicherebbero nella top ten globale il sesto posto mondiale, subito dopo il gruppo Volkswagen-Porsche (con 6.436.507 unità stimate nel 2008) e prima del gruppo Hyundai (con 4.168.937 unità). E' quanto si desume dalle stime diffuse da PriceWaterhouseCooper. Nella classifica stilata dall'autorevole istituto di analisi del settore al primo posto nel 2008 c'è il gruppo Toyota (con 9.793.862 unità), seguito da Gm (8.641.231 unità) e Renault-Nissan (6.944.531) che soffia il terzo posto a Ford (6.887.318). Sempre secondo le stime di PriceWaterhouseCooper, il gruppo Psa Peugeot Citroen nel 2008 è all'ottavo posto tra i principali produttori mondiali (con 3.379.982 unità), mentre la Daimler, che ha superato la rivale Bmw, è dodicesima (con 1.630.132 vetture) e la casa di Monaco è tredicesima (a quota 1.438.490). Nel grafico queste posizioni risultano stravolte perché immaginiamo già Fiat e Chrysler come un'unica "famiglia"...
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 20/1/2009)

martedì 20 gennaio 2009

Benvenuti!



COMUNICATO CONGIUNTO FIAT GROUP, CHRYSLER LLC E CERBERUS CAPITAL MANAGEMENT L.P. ANNUNCIANO PIANI PER UNA ALLEANZA STRATEGICA GLOBALE
Fiat S.p.A., Chrysler LLC (Chrysler) e Cerberus Capital Management L.P., l’azionista di maggioranza di Chrysler LLC, hanno annunciato oggi la firma di una lettera d’intenti non vincolante per la creazione di un’alleanza strategica globale. L’alleanza, che rappresenterà un elemento chiave del piano di ristrutturazione di Chrysler, potrà consentire alla società americana l’accesso a piattaforme competitive per veicoli a basso consumo, motori, trasmissioni e componenti che saranno prodotti negli stabilimenti Chrysler. Fiat fornirà a Chrysler accesso alla propria rete di distribuzione in paesi di importanza fondamentale per la crescita, oltre a significative opportunità di contenimento dei costi. Fiat offrirà inoltre servizi di management a Chrysler, a supporto del piano di ristrutturazione che sarà sottoposto al Dipartimento del Tesoro americano. Fiat è riuscita con grande successo a portare avanti e completare il proprio risanamento negli ultimi anni. L’alleanza potrà permettere inoltre al Gruppo Fiat e a Chrysler di trarre beneficio dalle rispettive reti commerciali e industriali e dai rispettivi fornitori globali. La proposta di alleanza è coerente con i termini e le condizioni del finanziamento concesso dal Dipartimento del Tesoro americano alla Chrysler. In base questo contratto di finanziamento, ognuno degli stakeholders di Chrysler - finanziatori, dipendenti, sindacato UAW, dealers, fornitori e Chrysler Financial - dovrà contribuire agli interventi messi in atto da Chrysler per il proprio risanamento. Tali passi potranno contribuire in modo significativo al piano di ristrutturazione a lungo termine di Chrysler. La finalizzazione dell’alleanza è soggetta a due diligence e approvazione da parte delle autorità regolamentari, tra cui il Dipartimento del Tesoro americano. In base all’intesa raggiunta, Fiat contribuirà all’alleanza con attività strategiche, tra le quali: condivisione di prodotti e piattaforme, inclusi quelli destinati ai veicoli dei segmenti city e compatti, per ampliare l’attuale gamma dei prodotti di Chrysler; condivisione di tecnologie, comprese quelle relative a motori ecologici ed a basso consumo; accesso a nuovi mercati, compresa la distribuzione di veicoli Chrysler in paesi al di fuori del Nord America. Come corrispettivo Fiat riceverà una quota iniziale del 35 percento del capitale di Chrysler. In base all’intesa, non sono previsti per Fiat alcun esborso di cassa verso Chrysler né impegni a finanziare Chrysler in futuro.
“Questa iniziativa rappresenta un passo fondamentale nello scenario del settore automobilistico, che sta vivendo una fase di rapido cambiamento, e conferma l’impegno e la determinazione di Fiat e Chrysler a ricoprire un ruolo importante in questo processo globale. L’accordo permetterà ad entrambe le società di accedere a importanti mercati automotoristici con un’offerta di prodotti innovativi ed ecologici, campo in cui Fiat è un leader mondiale riconosciuto, oltre che di beneficiare di ulteriori sinergie sui costi. L’accordo fa seguito a numerose alleanze mirate e partnership concluse dal Gruppo Fiat con i principali produttori automobilistici e di componenti negli ultimi cinque anni, con l’obiettivo di sostenere le aspettative dei partner coinvolti in termini di crescita e volumi” ha commentato l’Amministratore Delegato di Fiat, Sergio Marchionne.
"Una partnership tra Chrysler e Fiat è la combinazione ideale in quanto crea il potenziale per un nuovo e forte concorrente a livello globale, dando a Chrysler numerosi benefici strategici, tra cui l’accesso a prodotti che completano il nostro attuale portafoglio prodotti; una rete di distribuzione al di fuori del Nord America e risparmi sui costi nella progettazione, ingegnerizzazione, produzione, acquisto, vendita e marketing," ha commentato Bob Nardelli, Presidente e Amministratore Delegato di Chrysler LLC. "Questa operazione permetterà a Chrysler di offrire ai nostri dealers e clienti una gamma più ampia e competitiva di veicoli che rispettino i limiti di emissioni e di consumo, e al contempo rispetterà le condizioni del finanziamento del Governo. L’alleanza potrà dare anche un ritorno sull’investimento per il contribuente americano, garantendo la continuità dei marchi Chrysler sul mercato, supportando lo sviluppo futuro di prodotti e tecnologie per il nostro Paese e ricostruendo la fiducia dei consumatori e al contempo preservando posti di lavoro in America."
"Queste sono ottime notizie per il team UAW Chrysler e siamo pronti a dare il nostro supporto e a lavorare per garantire la continuità a lungo termine di Chrysler,” ha detto Ron Gettelfinger, Presidente United Auto Workers (UAW).
“Condividiamo questa importante iniziativa strategica in quanto aiuterà a preservare la continuità a lungo termine della nostra grande società, dei suoi marchi e ovviamente dei posti di lavoro UAW-Chrysler,” ha commentato General Holiefield, Vice Presidente, United Auto Workers (UAW). [Torino – Auburn Hills, MI, 20 gennaio 2009]
Oggi nasce FiatChryslerBlog. Seguiteci: vi aggiorneremo quotidianamente su questa grande avventura!