sabato 31 marzo 2012

Fiat Viaggio: ecco la Dodge Dart "Made in China" (anche per l'Europa?)


Sbarcherà in Cina fra meno di un mese e si chiamerà Fiat Viaggio. È una berlina costruita sulla piattaforma della Dodge Dart, da cui deriveranno altri due modelli per l'Europa. Verrà prodotta con il partner Guangzhou Automobile Group e la sua architettura è totalmente italiana (la C-Wide, la stessa della Giulietta). Nel nome scelto c'è la «missione» della vettura: sarà questa quella del vero «viaggio» del Made in Italy automobilistico in Cina e nel continente asiatico (dove Torino è già presente con il lusso di Ferrari e Maserati). Accantonate le strategie di alleanze e fusioni, Fiat-Chrysler è concentrata sui progetti concreti. Il Lingotto, con Auburn Hills, ha raggiunto la taglia necessaria per poter giocare un ruolo attivo nel consolidamento del settore. E mentre procedono i piani per la Russia - confermata la costruzione di un impianto per la produzione di 120 mila Suv vicino a San Pietroburgo, investimento da 1,1 miliardi di dollari in alleanza con Sberbank - affronta il mercato cinese, il primo nel mondo, producendo sul posto questa berlina a tre volumi in un sito che ha la capacità di 350 mila veicoli l'anno. La Cina «in proprio» è un altro tassello (come la Russia) dell'integrazione Fiat-Chrysler. Integrazione che continua a provocare tensioni e polemiche in Italia, ma continua in parallelo a essere celebrata negli U.S.A. . Nuova puntata domenica, in un lungo servizio dedicato al gruppo e a Sergio Marchionne da 60 minutes. Ai microfoni della trasmissione della Cbs, registrata tra Torino e Detroit, l'amministratore delegato il cui look è definito «più da regista che da manager dell'industria dell'auto, della quale è invece una star», ripercorre i tre anni del salvataggio riuscito, dice Marchionne, «grazie all'impegno dei lavoratori: la strada è stata lunga, ma ora la paura dai volti delle persone è scomparsa». E riconosce Steve Rattner, lo «zar» della task force voluta da Barack Obama per il bailout delle case U.S.A.: «Senza Marchionne Chrysler sarebbe stata probabilmente liquidata». Anche in Italia l'alleanza marcia. La cassa integrazione straordinaria chiesta per Mirafiori segna, come già fu per Pomigliano, l'avvio del processo di ristrutturazione della fabbrica. Un investimento di un miliardo di euro per produrre dal 2013, sulla piattaforma small, piccoli Suv a marchio Fiat e Jeep destinati a sostituire la Fiat Sedici e lanciare il brand americano nel segmento dei Suv compatti. Il problema di tutti i costruttori rimane l'Europa. Marchionne, da presidente di turno dell'ACEA, l'associazione continentale, ha suonato l'allarme convinto che non ci siano altre soluzioni se non ristrutturare profondamente le fabbriche. Il settore affronta una sovracapacità produttiva del 20-30%: la vera ragione per cui nessun generalista guadagna nel Vecchio continente. L'esperienza U.S.A. ha invece dimostrato che, riducendo la capacità degli stabilimenti, le industrie sono tornate a produrre profitti e occupazione.
(Fonte: http://motori.corriere.it - 28/3/2012)

venerdì 30 marzo 2012

Abarth 500 Venom, concept per gli U.S.A.


Si chiama Venom, "veleno", ed è una concept mostrata dalla Fiat negli U.S.A. in occasione del lancio della 500 Abarth. E' un esercizio di stile che rivela che cosa può diventare la piccola torinese sottoposta a una cura intensiva di "ormoni". Pur non essendo destinata alla produzione, la vettura mostra una serie di dotazioni che potrebbero entrare a far parte della futura lista degli accessori.
Partnership con Magneti Marelli - Sulla Venom hanno lavorato anche gli specialisti di elettronica dell'azienda italiana del Gruppo Fiat, insieme con la divisione Mopar della Chrysler. Gli interventi riguardano la riduzione del peso, ottenuta con un largo impiego di fibra di carbonio e con l'adozione di nuovi cerchi più leggeri. Cofano, spoiler anteriore, fasce laterali, plancia e sedili anteriori sono tutti stati alleggeriti. Mopar e Magneti Marelli hanno poi lavorato sul propulsore, un 1.400 turbo, portando la potenza dagli originari 160 a 200 CV, grazie all'elettronica e a un nuovo sistema di scarico (molto simile a quello chiamato "Record Monza" e adottato sulle 695 Tributo Ferrari e sulla 695 Competizione).
Kit - In futuro lo scarico ad alte prestazioni e un kit per le sospensioni saranno forse resi disponibili, attraverso Mopar, per le 500 Abarth americane. Mopar, del resto, offre già un kit elettronico per incrementare le prestazioni della Dodge Dart GTS 210 Tribute Concept, versione elaborata della recente berlina Chrysler e lanciata sotto l'egida del Gruppo Fiat.
(Fonte: www.quattroruote.it - 22/3/2012)

giovedì 29 marzo 2012

WSJ: il singolare successo della 500 in Texas


Addio a Suv e Pick up. In Texas, regno indiscusso dei pachidermi su quattro ruote dotate di motori pazzeschi, si sta facendo strada un gioiellino italiano: la Fiat la 500. Lo rivela l'autorevole quotidiano americano The Wall Street Journal, in un ampio articolo firmato negli scorsi giorni da Angel Gonzalez. Tra le chilometriche freeways dello Stato dell'ex Presidente George W. Bush, adesso il nuovo must assoluto è guidare una vettura di piccole dimensioni, meglio se made in Italy. Secondo gli ultimi dati di vendita negli USA la Fiat 500, icona incontrastata dello stile e del design italiani, ha trovato il suo terzo mercato proprio in Texas, dopo California e Florida. Stando a quanto riporta la bibbia dell'economia americana, "un afflusso crescente di persone nella grandi città texane sta facendo aumentare la richieste di utilitarie; e sempre più guidatori stanno aggiungendo una seconda, o anche terza, auto al loro garage che già ospita un SUV o un pick up". Certo - continua il Wall Street Journal - vedere una Fiat 500 sfrecciare su una strada a sei corsie come la I-10 di Houston circondata da Cadillac Escalades sembra un po' fuori posto, un po' come vedere Marcello Mastroianni ad un raduno di studenti della Texas A&M University. Tuttavia, sempre più texani decidono di guidare alcune fra le auto più piccole sul mercato, come l'italiana Fiat 500.
(Fonte: http://online.wsj.com - 29/2/2012)

mercoledì 28 marzo 2012

Alfa Romeo: allo studio un V6 su base Pentastar?


Parlando dei motori Alfa Romeo bisogna mettere subito in chiaro una cosa, perché è inutile alimentare false speranze: il V6 Busso è morto e sepolto e non ritornerà; allo stesso modo non vedremo più il 3.2 JTS di origine General Motors. Il prossimo candidato per le versioni più sportive della casa del Biscione è invece il V6 Pentastar da 3,6 litri che viene attualmente montato su numerose vetture Chrysler, Dodge e Jeep (ma anche sulla Fiat Freemont e sulla Lancia Thema). Secondo diverse fonti, gli ingegneri di Chrysler e quelli della Fiat Powertrain starebbero collaborando allo sviluppo di due versioni del V6 Pentastar dalla cilindrata ridotta, pari a 2,7 e 3 litri. Questi due nuovi motori saranno anche dotati della tecnologia MultiAir e saranno sviluppati sia in versione turbo sia in versione aspirata. Questo lavoro è in realtà il proseguimento di un progetto di sviluppo iniziato a fine 2009 dalla stessa Alfa Romeo; evidentemente, al fine di ridurre i costi, la Fiat ha poi deciso di unire il lavoro della casa di Arese e quello degli ingegneri statunitensi. Questi nuovi motori non saranno montati soltanto sulle nuove Alfa, ma verranno utilizzati anche dalle Lancia, dalle Maserati e da qualche vettura della gamma Jeep. Resta da scoprire, adesso, entro quanto tempo saranno pronti e quanto ancora dovremo attendere per vedere un’auto con questi nuovi motori. Nel frattempo non possiamo far altro che sperare che la collaborazione italo-americana produca un degno erede del tanto rimpianto V6 Busso e, visto che tutti parlano molto bene del V6 Pentastar, ci sono ottime ragioni per poterlo fare.
(Fonte: http://motoriblog.net - 20/3/2012)

martedì 27 marzo 2012

Fiat riapre Rivalta, ma per gli impiegati


Riapre un pezzo dello stabilimento di Rivalta, anche se non si tratta di produzione ma di logistica legata ai componenti. Il reparto Officina '82 di Mirafiori si trasferirà, nel giro di un anno, da Mirafiori nel vecchio stabilimento chiuso alla fine degli anni '90, rimasto in gran parte di proprietà del Lingotto. Ora Fiat ha bisogno di spazi dentro i muri del sito di corso Agnelli per trasferire, entro due anni, i 1.800 dipendenti di Fiat Service, la società che si occupa dei servizi amministrativi, come la compilazione delle buste paga, per tutto l'universo che fa capo al gruppo guidato da John Elkann e Sergio Marchionne. L'idea è quella di traslocare gli uffici, oggi in corso Ferrucci, in due nuove palazzine che verranno costruite dove ora si trova l'Officina '82, magazzino in cui si concentra parte della componentistica per le linee di Mirafiori, tra via Plava e strada della Manta. La proposta è stata avanzata al Comune di Torino in un incontro pochi giorni fa, un faccia a faccia tra dirigenti Fiat e il vicesindaco Tom Dealessandri in cui si è fatto il punto della situazione sulle diverse partite aperte. E il vice di Fassino ha poi illustrato ai consiglieri della Commissione lavoro il quadro, comprese le novità dell'ultima ora. "Fiat conferma gli investimenti e i due modelli, il Suv a doppio marchio a fine 2013 e la Jeep nel 2014, su Torino - sostiene Dealessandri - gli interventi sulle linee di montaggio di Mirafiori dovrebbero concludersi entro la fine di settembre 2013 per iniziare a realizzare le pre-serie della prima vettura in tempo per il lancio sul mercato". La costruzione delle nuove palazzine uffici per il Comune rappresenta "un nuovo impegno di Fiat sulla città, oltre ad una riorganizzazione degli spazi a Torino". Edifici che ospiteranno i colletti bianchi di Fiat Service, spostamenti che coinvolgeranno un vecchio sito, ormai chiuso da più di dieci anni. Un pezzo di Rivalta, nel 2001, è stato ceduto all'Avio, mentre le vecchie presse sono state cedute alla Turinauto. Il resto è rimasto vuoto e il Lingotto vuole spostare il magazzino della componentistica Officina '82, dove si raccolgono i pezzi che non entrano "just in time" in linea a Mirafiori, nel reparto ex verniciature di Rivalta, costruito alla fine degli anni '60. Occupando così più di 60 mila metri quadri del vecchio sito, a dieci chilometri di distanza dalla fabbrica di corso Agnelli. Rivalta era uno stabilimento simbolo: si estendeva per oltre 2 milioni di metri quadri. Da qui nel '68 è uscita la 128 berlina, la prima auto popolare a trazione anteriore. Dieci anni dopo, nel '78, entra in funzione il Robogate, sistema robotizzato e flessibile di assemblaggio delle scocche. Dalla frazione Tetti Francesi hanno visto la luce vetture come la Ritmo, la Tipo, la Dedra e poi i modelli eleganti, quelli di nicchia degli ultimi anni: la Lancia "K", l'Alfa 166 e la Lancia Lybra, che segnano però la fine della produzione e il trasferimento nel 2001 delle ultime 3.500 tute blu a Mirafiori. Il recupero dell'ex verniciatura non significa una ripresa della produzione nel vecchio sito. Il magazzino ha una funzione logistica rispetto a Mirafiori e occupa circa 100 persone, che secondo il vicesindaco Dealessandri "potrebbero poi aumentare perché sono previste lavorazioni affini legate ai pezzi che entrano poi in linea di montaggio".
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 15/3/2012)

lunedì 26 marzo 2012

Barron's: Marchionne tra i 30 migliori a.d. del mondo


Sergio Marchionne, amministratore delegato di Chrysler e Fiat, è uno dei 30 amministratore delegati migliori del mondo. Il verdetto è del settimanale Barron’s, punto di riferimeto dell’editoria finanziaria americana. “Risollevare le sorti di Fiat non era abbastanza per Marchionne, che ha raccolto la sfida di rimettere in sesto anche Chrysler”, spiega il magazine. “E i risultati non tardano ad arrivare: le vendite di Chrysler sono in crescita e l'azienda è tornata in utile nel 2011, due anni dopo aver superato il fallimento". Barron’s sottolinea poi che Marchionne ha tagliato i costi e ottimizzato i processi per guadagnare quote di mercato e aumentare i guadagni. Oltre al numero uno di Fiat e Chrysler, spiccano molti grandi nomi nell’elenco stilato dal settimanale economico: da Jamie Dimon di JPMorgan a Larry Fink di BlackRock, passando per Larry Ellison di Oracle e Alan Mulally di Ford. Non poteva mancare Warren Buffett, colonna portante di Berkshire Hathaway dal 1965, che “è sempre ben focalizzato su un unico obiettivo: ottenere un buon bilancio annuale”.
(Fonte: http://online.barrons.com - 24/3/2012)

domenica 25 marzo 2012

Dudenhöffer (C.A.R.): "Il segreto dei produttori tedeschi? Investire nei prodotti"


Il gruppo Volkswagen annuncia l’ennesimo record, con un giro d’affari cresciuto lo scorso anno del 25,6% a quasi 160 miliardi di euro, Audi festeggia il miglior anno della sua storia, con 1,3 milioni di auto vendute, mentre Bmw si prepara ad assumere altri 4.000 dipendenti. L’industria automobilistica tedesca macina un successo dietro l’altro. Come fa? E dove si differenzia da quella italiana? Lo abbiamo chiesto al “Papa dell’auto” Ferdinand Dudenhöffer, professore all’Università di Duisburg-Essen e direttore del C.A.R. (Center of Automotive Research).
Professor Dudenhöffer, cosa si nasconde dietro gli ultimi successi di Volkswagen?
L’industria automobilistica tedesca è posizionata globalmente. Gli utili di VW non vengono dall’Europa, bensì per la maggior parte dalla Cina, nonché, in parte, dall’America Latina, dagli Stati Uniti e dall’Europa settentrionale. Nell’Europa meridionale, invece, Volkswagen continua ad avere problemi e lo si vede da Seat (marchio del gruppo Volkswagen, ndr), che resta in rosso, per cui non è tutto oro quel che luccica.
Anche il gruppo Fiat, dopo l’acquisizione di Chrysler, è posizionato globalmente.
Certo, anche se in questo caso Chrysler guadagna soldi, mentre Fiat no. Il punto decisivo è che i tedeschi investono molto nei prodotti, mentre Marchionne no, perché non ha abbastanza soldi per farlo: i margini di guadagno di Fiat sono stati molto scarsi negli ultimi anni, Chrysler ha avuto il Chapter 11.
Quali sono gli altri punti di forza del sistema tedesco?
Il sistema tedesco è plasmato dall’engineering, dal prodotto: i tedeschi hanno un grosso interesse a investire nella tecnica, un po’ come Toyota, e investono effettivamente tantissimo sul prodotto. Nel lungo periodo tali investimenti rendono. Credo che sia proprio questo l’aspetto decisivo: puntare sul prodotto, perché alla lunga si vince solo con esso. VW ha puntato per vent’anni soltanto sul prodotto, BMW lo fa da oltre vent’anni e Mercedes ha ricominciato a farlo in modo più sostenuto da circa dieci anni. Nell’industria automobilistica le operazioni finanziarie possono contribuire temporaneamente a una certa ripresa, ma il “core” sono gli investimenti nei nuovi prodotti, nella qualità e negli stabilimenti.
Che ruolo giocano le relazioni tra aziende e lavoratori nel mondo automobilistico tedesco? I dipendenti di VW incasseranno un bonus-record di 7.500 euro lordi.
Bene, ma in questo caso è perché gli utili di Volkswagen sono molto elevati. In linea di principio in Germania i dipendenti hanno imparato a moderare le loro richieste in tempi difficili, mentre in tempi in cui gli utili sono buoni le aziende versano extra-bonus. Ciò porta alla comprensione reciproca tra aziende e lavoratori e non allo scontro, come fa a volte Marchionne.
La sua strategia è un errore?
Credo di sì: si può entrare in rotta di collisione con qualcuno per affrontare problemi davvero gravi, ma Marchionne è già da 3-4 anni in permanente rotta di collisione, questo è un errore.
Cosa potrebbe imparare dal numero uno di Volkswagen Martin Winterkorn?
In primo luogo potrebbe imparare a dare maggior peso all’engineering invece che ai dati finanziari, cioè ad ascoltare di più gli ingegneri. In secondo luogo che la strada da fare è molto lunga: non è una corsa dei 100 metri, bensì una maratona. E in terzo luogo Marchionne parla molto di “mergers”, ma in realtà non si trova poi nessun costruttore – tranne Chrsysler, che era insolvente – che voglia intraprendere la strada di una fusione con lui. E questo credo dipenda un po’ anche da lui: forse non è molto prevedibile per gli altri costruttori.
Winterkorn guadagna più di tutti gli altri manager tedeschi: 17,4 milioni di euro. Un compenso giustificato?
Difficile da dire: ha fatto un ottimo lavoro, ma è una cifra veramente molto alta, secondo me sarebbe meglio limitare tali compensi.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 13/3/2012)

sabato 24 marzo 2012

Nuovo spot per la Fiat 500 negli U.S.A.: "Tira fuori l’italiano che è in te"


Ideato e prodotto dall’agenzia di Chrysler, la Doner di Detroit, “Baby” è andato in onda per la prima volta la scorsa settimana sulle emittenti americane. Lo spot mostra due ragazzi e un bimbo in una nuova Fiat 500. I due si lamentano perché incastrati a fare da baby sitter al bambino perché è “la serata delle ragazze” (“It’s girls night out”). La 500 rallenta d’improvviso a causa dell’auto che la precede, una vecchio modello tipicamente americano (l’Imperial 1967/68) guidata da un uomo anziano. La 500 inizia il sorpasso, durante il quale l’uomo inizia a fissare il bambino che, con un tipico gesto “all’italiana“, dice: “Che cosa guardi?”. Con il suo nuovo spot, Fiat non tenta solo di stimolare l’acquisto della nuova 500, ma più in generale di diffondere lo stile italiano. Lo slogan “Let your Italian out” non è rivolto esclusivamente agli italiani trapiantati in U.S.A., ma a tutti i cittadini americani, invitandoli a tirar fuori l’italiano che c’è in loro. Ma gli americani saranno d’accordo? E soprattutto, è giusto ricondurre ancora una volta il popolo italiano ad uno stereotipo forse troppo a lungo perpetuato nel tempo?
(Fonte: www.ninjamarketing.it - 20/3/2012)

venerdì 23 marzo 2012

Fiat: firmata con i sindacati l'intesa per il rilancio di Mirafiori


Fiat e le organizzazioni sindacali Fim, Uilm, Fismic e Ugl Metalmeccanici di Torino, l'Associazione Quadri e Capi e le rappresentanze sindacali aziendali dello stabilimento di Mirafiori hanno firmato l'accordo per la ristrutturazione e il conseguente rilancio dello storico stabilimento torinese. L'intesa, secondo quanto emerge dal documento, è stata firmata sulla base dell'accordo del 23 dicembre 2010, con cui sono state poste "le basi per assicurare allo stabilimento il necessario livello di competitività in termini di utilizzo degli impianti, della flessibilità, di produttività e di governabilità di Mirafiori", e nel corso di un incontro, quello odierno, durante il quale le "parti hanno esaminato il piano per il "rilancio produttivo dello stabilimento che, confermando le attuali produzioni di Alfa Romeo MiTo e, in relazione alla richiesta di mercato, Lancia Musa, prevede la predisposizione dello stabilimento per la realizzazione di nuovi modelli destinati ai mercati internazionali". Il piano di rilancio rende necessaria "un'ampia ristrutturazione dello stabilimento" attraverso una serie di interventi che riguarderanno le strutture, gli impianti e i fabbricati e in particolare l'unità di lastratura con "una nuova linea di produzione e aree dedicate alle produzioni di sottogruppi", l'unità verniciatura con la "ristrutturazione delle attuali linee per adeguarle agli standard qualitativi attesi" e un aggiornamento dei processi produttivi, l'unità montaggio con una nuova linea e un nuovo layout predisposti nell'ottica del World Class Manufacturing e l'area logistica con l'adozione di nuove soluzioni per la movimentazione dei materiali. Il piano prevede inoltre un periodo di formazione con programmi specifici "volti all'incremento della professionalità del personale". Per permettere la realizzazione del piano il 5 marzo scorso è stata avviata la procedura per la richiesta di intervento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) per ristrutturazione aziendale, che riguarderà 5.315 lavoratori (4.863 operai, 362 impiegati e 90 quadri) dello stabilimento per il periodo dal 2 aprile 2012 al 30 settembre 2013.
(Fonte: http://borsaitaliana.it - 21/3/2012)

giovedì 22 marzo 2012

Marchionne: l'Europa dell'auto è "troppo facile e ingessata"


Il giorno dopo il confronto con il premier Mario Monti, Sergio Marchionne si è nuovamente imbattuto nella politica: in veste di presidente dell’ACEA (l’associazione dei carmaker europei), l’ad del Lingotto ha incontrato a Bruges, in Belgio, il commissario europeo al commercio Karel de Gucht. In questa sede, come portavoce dell’industria automobilistica del Vecchio Continente, il numero uno del Gruppo Fiat-Chrysler ha definito il mercato continentale come un "pesce grosso" per i competitor mondiali, che possono sfruttare gli accordi di libero mercato per spartirsi una torta da 500 milioni di consumatori mentre fuori dal continente (come in India) sono ancora in vigore politiche protezionistiche.
LIBERISMO VS. PROTEZIONISMO - La richiesta fatta da Sergio Marchionne affinché l’Unione Europea si adoperi per garantire alle case automobilistiche condizioni eque in cui competere a livello mondiale parte da considerazioni sulla globalizzazione, definita dal manager italo-canadese “dirompente, ma anche sinonimo di trasformazione, nonché di nuove opportunità di vendere e di crescere”. Il presidente dell’ACEA ha quindi chiesto che l’Europa tuteli maggiormente l’economia dell’automobile, favorendo la struttura interna dei mercati nei Paesi dell’eurozona per guadagnare in competitività verso l’esterno. Ecco perché si suggerisce un cambio di rotta nelle politiche comunitarie del commercio, in modo da incrementare il livello delle vendite e degli investimenti sui mercati globali.
LA PRUDENZA NON E’ MAI TROPPA - Marchionne ha infatti rilevato come "ci troviamo nella situazione bizzarra in cui l'Europa sta stipulando un accordo di libero scambio dopo l'altro e non sempre con vantaggi reciproci. A livello interno, invece, siamo affetti da rigidità e vincoli esterni che limitano la nostra competitività". Il rappresentante dei costruttori automobilistici ha poi spostato l’attenzione dei vertici dell’UE sulla necessità di monitorare le regolamentazioni dei singoli mercati domestici, con un monito: “il modo in cui l'UE ha affrontato la Corea del Sud è un esempio di come non dovrebbero essere gestiti gli accordi commerciali, gettando imbarazzo nei rapporti con Giappone e India, dove la posta in gioco è ancora più elevata”. A margine dell'appuntamento di Bruges, Sergio Marchionne ha infine parlato di Fiat e dell'Italia, a proposito del piano industriale che farà nascere a Mirafiori due SUV di segmento B marchiati Fiat e Jeep: il giorno dopo l’incontro con Mario Monti l’ad del Lingotto ha riconosciuto come il nuovo Governo sia stato elemento decisivo per decidere di continuare ad investire in Italia.
IL RUOLO DELL'AUTO NELL'ECONOMIA - Per comprendere meglio il ruolo dell’ACEA nelle dinamiche fra le economie mondiali, ricordiamo che i membri dell’associazione sono BMW Group, DAF Trucks, Daimler, Fiat S.p.A., Ford Europe, General Motors Europe, Hyundai Motor Group, Iveco S.p.A., Jaguar-Land Rover, MAN Truck & Bus, Porsche, PSA Peugeot-Citroen, Renault Group, Scania, Toyota Motor Europe, Volkswagen Group, Volvo Car Corporation, Volvo Group. Globalmente danno occupazione ad oltre 2,3 milioni di persone e alimentano supportare altre 10 milioni di posti di lavoro nell’indotto. Ogni anno, i membri ACEA investono oltre 26 miliardi di euro in ricerca e sviluppo (il 5% del fatturato cumulato).
(Fonte: www.omniauto.it - 20/3/2012)

mercoledì 21 marzo 2012

Yann Chabert (Jeep): "Ecco la baby-Jeep che nascerà in Italia"


Una volta si chiamavano General Purpose e Campagnola, domani saranno conosciute come "B-Suv" e "B-Cuv": sono questi i nomi ufficiosi con cui gli addetti ai lavori identificano i SUV compatti di Fiat e Jeep che nasceranno a Mirafiori nel 2013 e 2014 sulla piattaforma della nuova Fiat Punto. Al Salone di Ginevra abbiamo incontrato Yann Chabert, responsabile del marketing per il brand Jeep in Europa, Medio Oriente e Nord Africa, con cui abbiamo esplorato i retroscena dell’auto che sostituirà la Fiat Sedici (sviluppando in chiave off-road la 500L) e darà vita alla sorella minore delle Jeep Compass e Patriot.
INCLINE ALLA CONVIVENZA - “Integrare Jeep in Fiat è stato un processo del tutto naturale”, esordisce Chabert parlando del SUV di poco più di 4 metri che nascerà a Mirafiori. Il marchio americano, in effetti, nel corso della sua storia ha periodicamente cambiato assetto proprietario e nel recente passato l’azionista Chrysler ha avuto difficoltà ad adattare la linea di prodotti Jeep all’Europa. La chiacchierata con il responsabile europeo del marketing di prodotto conferma invece come l’unione con Fiat stia migliorando questo scenario: per la prima volta, una Jeep sarà basata su una Fiat e costruita in uno stabilimento italiano.
DALLA PUNTO NASCE LA 500 SUV - La piattaforma comune svilupperà il pianale “Small” dell’attuale Fiat Punto per evolvere nella “B-wide”, conforme ai requisiti richiesti per superare i nuovi crash test. Nel 2013 le linee di Mirafiori produrranno 280 mila 500L fuoristradate all’anno (la B-Cuv appunto, alias Compact Utility Vehicle di segmento B), seguite nel secondo semestre del 2014 da altrettante Jeep (B-Suv, Sport Utility Vehicle di segmento B).
UNA TORTA APPETITOSA - Proprio nel 2014, l’uomo del marketing Jeep ci illustra come le analisi di mercato prevedano saranno 400.000 in Europa i clienti che acquisteranno vetture di segmento B “suvvizzate”. Come Fiat-Chrysler, tutti i costruttori si sono mossi per essere presenti in questa nuova nicchia, ora presidiata dalla Nissan Juke, dalla Opel Mokka e dalla Mini Countryman. In agenda sono previsti gli arrivi della Ford Ecosport, della Peugeot 2008 (variante SUV della 208), della Hyundai ix25, dell’erede della Honda HR-V, della Renault Captur e, fra le esponenti premium, Audi sta preparando la Q1, Mercedes la GLC e Volvo la XC40.
I NUOVI PROPOSITI DELLE GENERAL PURPOSE - Il nostro incontro con Yann Chabert a Ginevra si è concluso proprio sul tema dell’auto premium: “Jeep è ormai un brand a valore aggiunto, e lo sviluppo della linea di prodotti punterà sulla B-Suv per presidiare nuovi segmenti e incrementare l’efficienza consumi”. Ecco la risposta che ha escluso la nostra curiosità sulla nascita di una Jeep essenziale, fedele alle sue origini di off-road essenziale e oggi declinata alla mobilità di massa nei mercati trainanti di India e Cina.
(Fonte: www.omniauto.it - 16/3/2012)

martedì 20 marzo 2012

Consob: ascoltato il direttore finanziario Fiat


Il direttore finanziario della Fiat, Richard Palmer ha avuto un'audizione il 16 marzo in Consob. Negli uffici dell'Authority si è parlato di una serie di temi all'ordine del giorno con impatto sul mercato: i possibili sviluppi dell' aggregazione Chrysler, l'esposizione finanzaria del gruppo, l'andamento delle vendite, l'allocazione dei siti produttivi. Palmer, accompagnato dal responsabile delle relazioni istituzionali del gruppo, Fabio Spirito, secondo quanto si apprende non ha incontrato i vertici delle Consob né i membri della commissione, ma è stato ascoltato dagli uffici tecnici.
AGGIORNAMENTO SULLE PROSPETTIVE DEL GRUPPO - L'audizione, avvenuta proprio nel giorno in cui i vertici del Lingotto hanno incontrato il premier Mario Monti a Palazzo Chigi, è servita per fare il punto su vari temi all'attenzione del mercato, a cominciare dalle prospettive di sviluppo del gruppo su vari mercati, italiano ma anche estero, BRICS in testa.
I CHIARIMENTI CHIESTI DA CONSOB - L'audizione Fiat è arrivata dopo le sollecitazioni Consob dell'autunno 2011 in cui l'organismo di vigilanza aveva sollecitato il Lingotto a dare maggiori informative al mercato sulla politica di investimenti, così da avere più elementi di valutazione sulla società e, di conseguenza, sull'andamento del titolo.
IL DISAPPUNTO DEL LINGOTTO - Fiat a fine ottobre aveva risposto con un certo «disappunto» a queste richieste, confermando gli impegni assunti con Fabbrica Italia su investimenti e prodotti, ma sottolineando di non essere «in condizione di fornire informazioni circa il proprio piano finanziario ad un livello di dettaglio tale da consentire un riscontro nei termini richiesti da Consob». «Ancora maggiore», spiegava l'azienda all'epoca, «è il disappunto di Fiat nel constatare come tale richiesta, la cui natura ed i cui scopi non possono che essere squisitamente tecnici, sia stata da più parti interpretata e, in alcuni casi strumentalizzata, come una richiesta intesa a verificare nel dettaglio lo stato di attuazione del progetto Fabbrica Italia». Consob è tornata alla carica anche alla luce delle ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato Sergio Marchionne, che ha evocato l'ipotesi della chiusura di alcuni stabilimenti in Italia, subordinatamente all'andamento del mercato, e che non si è voluto esporre riguardo alla futura scelta della sede legale del gruppo.
(Fonte: www.lettera43.it - 16/3/2012)

lunedì 19 marzo 2012

Marchionne: "Con Monti incontro perfetto"


Le prime parole di Marchionne al termine del colloquio con il premier Monti, a cui ha partecipato anche il presidente John Elkann, sono state incoraggianti: un incontro "perfetto", ha infatti esclamato l'amministratore delegato della Fiat. Resta l'incognita su cosa effettivamente si siano detti i tre, in un giorno, tra l'altro, in cui tutti gli stabilimenti Fiat erano chiusi, tra cassa integrazione (Melfi e Mirafiori) e sciopero delle bisarche (Pomigliano, Cassino e Sevel). A chi gli ha chiesto di rilasciare un commento, Monti ha risposto con un secco e determinato "no".
Gli argomenti - Molti comunque gli argomenti sul tavolo, come si è potuto intuire sin dai giorni scorsi: dall'impegno in termini di impianti e investimenti della Fiat in Italia, soprattutto dopo le voci di spostamenti con le relative smentite, fino alle novità nella trattativa con le parti sociali sul mercato del lavoro, con in testa i problemi dell'articolo 18. Marchionne, preceduto dalla scorta su una Maserati Quattroporte, ha fatto il suo ingresso a Palazzo Chigi al volante della nuova Panda che sta ottenendo lusinghieri risultati in termini di vendite su tutti i mercati, entrando nella top ten delle dieci vetture più richieste (quasi 16mila vetture nel solo mese di febbraio). Una scelta che non ha lasciato indifferenti i sindacati, che hanno commentato con entusiasmo – come Giovanni Sgambati, segretario generale della Uilm Campania – l'iniziativa dell'amministratore della Fiat.
L'audizione del ministro Fornero al Senato - Non più tardi di giovedì il ministro Fornero, in un'audizione in Senato, spiegava che "il Governo ha avuto dalla Fiat rassicurazioni sul mantenimento dell'attuale piano di investimenti e sulla permanenza in Italia". "In ogni caso non spetta al Governo dire alle imprese cosa devono o non devono fare. Non spetta al Governo aiutare le imprese a tirare avanti magari galleggiando", ha precisato Fornero. Il leader della Cgil, Susanna Camusso, non ha mancato di far sentire la sua voce: "Chiediamo al governo che la Fiat investa in Italia, che faccia dei modelli per essere concorrenziale sul mercato europeo, non consideri l'Italia la ruota di scorta delle produzioni degli altri Paesi". Questo anche alla luce dei dati non confortanti sulle immatricolazioni Fiat in Europa, che si sono ridotte del 16,5% a febbraio.
I precedenti - Non è la prima volta che i vertici della Fiat incontrano il Governo: l'ultimo appuntamento di questo tipo risale a 13 mesi fa, con Silvio Berlusconi a Palazzo Chigi. Un altro alla vigilia del Natale del 2009, quando Marchionne - subito dopo l'acquisizione di parte della Chrysler - presentò un piano per i due anni successivi con la proposta di portare la Panda a Pomigliano. Un anno fa si è parlato invece di Fabbrica Italia, che avrebbe fatto salire la produzione in Italia a 1,25 milioni di vetture con un incremento delle esportazioni. Piani sconvolti dalla crisi: nel 2011 dagli impianti italiani sono uscite circa 500mila vetture, con una tendenza verso il basso dovuta a una serie di fattori negativi concomitanti tra cui hanno giocato un ruolo non secondario la fine degli incentivi, la sovrapproduzione europea e lo sbarco in massa dei coreani. E lo sciopero delle bisarche sta facendo il resto.
(Fonte: www.quattroruote.it - 16/3/2012)

domenica 18 marzo 2012

Unione Europea: allo studio un piano di sostegno per il settore automobilistico


La crisi dell'auto entra a far parte delle priorità dell'UE. La Commissione Europea, infatti, avrebbe in agenda un piano d'azione per consentire al settore, che impiega oltre 2,3 milioni di addetti, di uscire al più presto dallo stato di depressione in cui si trova attualmente. Lo ha comunicato Antonio Tajani, vicepresidente e responsabile di industria e imprenditoria dell'esecutivo comunitario.
Comparto strategico - "Stiamo moltiplicando gli sforzi - ha dichiarato Tajani - per rafforzare gli strumenti già in campo. Per uscire dalla crisi, evitare il declino e affermare la nostra leadership tecnologica non possiamo abbandonare la nostra base industriale in settori chiave quale l'auto. Credo invece - ha continuato Tajani - che tale settore debba essere protagonista per rilanciare la crescita. Per questo, nelle prossime settimane, Bruxelles metterà a punto un piano d'azione condiviso con i protagonisti del settore".
Limitare la delocalizzazione - L'intervento dell'Unione Europea, d'altra parte, negli ultimi tempi era stato sollecitato da molti costruttori. Anche Sergio Marchionne, nella sua veste di presidente dell'ACEA (Associazione Costruttori Europei di Automobili), aveva evidenziato la necessità che l'UE mettesse in campo azioni per contenere l'impatto socio-economico in particolare per limitare una sovraccapacità produttiva stimata, per gli impianti europei, in circa il 20%. A tal proposito Tajani ha ricordato di aver dato mandato alla direzione generale industria della Commissione di "attuare una moratoria regolamentare per evitare nuovi costi e limitare le delocalizzazione".
Auto più efficienti e sostenibili - "Sono anche convinto - ha detto ancora Tajani - della necessità di rafforzare il sostegno del processo d'innovazione verso auto più efficienti e sostenibili con un rilancio della Green Car Initiative, un argomento che sarà all'ordine del giorno del mio prossimo incontro col presidente della BEI il 29 marzo". In ogni caso, la "Commissione Europea - ha concluso il ministro - continuerà a sostenere il settore che resta essenziale e strategico per la competitività.
(Fonte: www.quattroruote.it - 8/3/2012)

sabato 17 marzo 2012

Fiat 500L: intervista a Giolito sugli interni


Fiat ha diffuso una breve video-intervista a Roberto Giolito, responsabile del design Fiat e Abarth e dunque anche della nuova 500L, recentemente svelata al Salone di Ginevra, e già "padre" di modelli fondamentali come la 500 e la Panda. Il video ci permette di osservare anche gli interni della 500L, rimasti sino a oggi in secondo piano sia per il numero limitato di scatti ufficiali, sia per l'impossibilità di visionare l'abitacolo degli esemplari esposti all'evento svizzero.
Tra modernità e tradizione - La 500L unisce elementi di stile molto recenti, come il volante simile a quello della nuova Panda, a citazioni del mondo 500, come la verniciatura delle finiture della plancia in colore carrozzeria. La strumentazione non si limita allo strumento singolo della 500, ma propone un più classico schema a due quadranti, mentre il sistema multimediale guadagna uno spazio dedicato al centro della plancia.
Abitacolo a colori - Lo spazio disponibile nell'abitacolo ha inoltre permesso di posizionare la leva del cambio sul tunnel centrale, in una torretta completamente separata dalla console centrale, ben più distante dal volante rispetto alla 500. La casa italiana ha disseminato l'abitacolo di vani portaoggetti, come da "capitolato" di ogni buon Mpv, mentre le finiture colorate degli interni sono direttamente derivate dallo stile fresco e giovane delle ultime Fiat.
Visibilità e vivibilità - Della 500L colpiscono lo spazio in altezza, garantito dalla forma del tetto, e la luminosità delle superfici vetrate; inoltre, sarà interessante valutare la visibilità nel tre quarti anteriore, vista la scelta di utilizzare un cristallo triangolare per unire stilisticamente fiancata e parabrezza, arretrando la parte più massiccia del montante.
(Fonte: www.quattroruote.it - 12/3/2012)

venerdì 16 marzo 2012

VW e Suzuki divorzieranno nel 2013?


Il rapporto di collaborazione tra Volkswagen e Suzuki potrebbe terminare nel 2013, quando verranno valutate in tribunale le ragioni della Casa giapponese, che ha citato in giudizio il Gruppo Volkswagen. I tedeschi hanno contrattaccato e i due gruppi industriali si accusano a vicenda di aver rotto i rapporti di collaborazione prestabiliti dal novembre 2011. In pratica, Suzuki avrebbe dovuto favorire la presenza dei tedeschi sul mercato indiano, cedendo in cambio importanti tecnologie di ultima generazione. Volkswagen possiede attualmente il 19,9% di Suzuki, avendo ceduto in cambio il 2,5% delle proprie azioni, ma mantiene un profilo riservato sulla delicata questione, come confermato dalle dichiarazioni di Winterkorn alla presentazione dei bilanci 2011 che ha descritto gli eventi come "una questione riservata, su cui le parti hanno l'obbligo del silenzio".
(Fonte: www.quattroruote.it - 15/3/2012)

giovedì 15 marzo 2012

I perché del no di GM e PSA a Marchionne


Sergio Marchionne si è visto chiudere la porta in faccia dalla General Motors e, crediamo, anche dai francesi di PSA (Peugeot-Citroën). Gli approcci dell’amministratore delegato di Fiat-Chrysler non hanno avuto, come si sa, esito positivo. Piuttosto che mettersi insieme al gruppo italo-americano, i candidati partner di Detroit e Parigi hanno preferito unire le rispettive forze e annunciare, a tempo di record, un’alleanza industriale. E Marchionne? Di sicuro, essendo un vincente per natura, non l’ha presa bene. Ma più che a rimanerci male per il «no thanks», ricevuto da Dan Akerson, numero uno del colosso GM, Marchionne deve aver compreso che la sua battaglia contro la sovraccapacità produttiva in Europa probabilmente la combatterà da solo. Come presidente dell’ACEA, l’Associazione dei Costruttori Europei di Automobili, Marchionne ha infatti ripreso in mano il problema allertando tutto il settore e le autorità di Bruxelles: o si corre ai ripari o per il Vecchio continente saranno guai serissimi. Ridisegnare il sistema produttivo mettendo in conto anche tagli e chiusure non è cosa piacevole e probabilmente a bloccare Akerson e Philippe Varin, al vertice del gruppo PSA, è stato proprio un ragionamento del tipo: se ci mettiamo con Marchionne inevitabilmente dovremo condividere, oltre alle piattaforme, anche la volontà del capo della Fiat di tagliare, esponendoci in questo modo a una serie di mal di pancia con i governi di Berlino (GM ha Opel in Europa) e Parigi nonché agli inevitabili scontri con i sindacati (e Marchionne ne sa qualcosa). Potrebbe essere questa, dunque, la vera ragione del fallito accordo tra Fiat-Chrysler, GM e, di riflesso, PSA. Non è un segreto che sia la General Motors sia il gruppo francese abbiano problemi di sovraccapacità in Europa e, per questo, ci siano impianti a rischio. La Fiat, dal canto suo, ha già avviato la razionalizzazione dei propri stabilimenti italiani con il sacrificio del sito di Termini Imerese. In più, al Salone di Ginevra lo stesso Marchionne ha presentato la ricetta anti-sovraccapacità: utilizzare le fabbriche europee per l’esportazione. Tutte cose che ad americani e francesi devono essere entrate in un orecchio e uscite dall’altro. Meglio prendere tempo, dunque, evitare tensioni e tentare la carta dell’alleanza, con l’aggravante che le situazioni di Opel e Peugeot-Citroën, nonostante le gamme rinnovate, siano tutt’altro che positive. Un gioco pericoloso.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 12/3/2012)

mercoledì 14 marzo 2012

La strategia di espansione di VW in rotta di collisione con i punti di forza di Fiat-Chrysler


Presentando nei dettagli i conti record del 2011, già preannunciati settimana scorsa, il presidente di Volkswagen Martin Winterkorn ha mandato un chiaro messaggio all'intero mondo dell'automobile: la casa di Wolfsburg sta rispettando pienamente la tabella del piano decennale lanciato nel 2007 e punta a essere nel 2018 il principale gruppo automobilistico sotto tutti gli aspetti. Sia in termini di auto vendute (l'obiettivo è fissato a 10 milioni), sia a livello di solidità finanziaria, senza dimenticare il rispetto dell'ambiente e i volumi di emissioni di CO2. All'intertempo del suo piano decennale, insomma, la casa di Wolsburg si trova in condizioni di grande salute: l'utile netto nel 2011 è più che raddoppiato toccando quota 15,4 miliardi e i ricavi sono cresciuti di oltre il 25%, a oltre 159 miliardi, grazie a un numero delle immatricolazioni che ha superato la soglia record di 8,2 milioni di vetture a livello globale. Forte di questi numeri, Volkswagen punta ad aumentare gli sforzi per accelerare il suo percorso di crescita nei prossimi anni. La casa tedesca ha in programma investimenti per 64 miliardi di qui al 2018 e, solo quest'anno, Wolfsburg intende lanciare 40 nuove vetture tra modelli inediti, rielaborazioni e nuove versioni di veicoli già esistenti. Tra queste figura la nuova Golf, la vettura icona del gruppo, che sarà commercializzata in autunno. “E' come una partita di calcio”, ha spiegato Winterkorn a Wolfsburg , “il secondo tempo è sempre quello più affascinante, quello un po' più difficile” . Una battuta che, secondo alcuni osservatori, era un chiaro riferimento allo spot Chrysler dell'ultimo Super Bowl, spot in cui Clint Eastwood esortava gli americani a proseguire “nel secondo tempo” sulla strada del risanamento del settore auto iniziato con la cura Obama. La strategia di espansione di Volkswagen, infatti, passa attraverso l'erosione di alcuni punti di forza dei concorrenti. Con Fiat in particolare i punti di frizione sono più di uno. Il primo è rapppresentato dal fatto che - dopo aver raggiunto la posizione numero uno in Europa, Cina e America Latina - Volkswagen ora punta decisamente al Nord America, mercato che sta sorreggendo al momento (grazie a Chrysler) le vendite del Lingotto. A febbraio le vendite del brand Volkswagen sono cresciute del 42% negli Stati Uniti (miglior risultato in 40 anni) e il gruppo sta costruendo un nuovo impianto per la produzione di motori in Messico per continuare ad aggredire quell'area. Infine verrà deciso nei prossimi mesi se il brand premium Audi costruirà propri stabilimenti negli U.S.A. per sfruttare al meglio la ripresa sul mercato americano. In secondo luogo, la strategia del gruppo tedesco si scontra con quella della società guidata da Marchionne nel segmento delle vetture medio-piccole. In questa prima fase l'offensiva veste soprattutto i panni della nuova Up, l'utilitaria che punta a erodere quote dei mercato ai leader di questi segmenti nei vari mercati europei. “La Up guarda soprattutto a Italia, Francia, Germania e Regno Unito e quindi in Italia l'avversario principale è Fiat”, ha spiegato Christian Klingler, Responsabile Sales & Marketing del gruppo e membro del cda di Wolfsburg. La Up sarà inoltre protagonista della guerra in corso da anni tra Fiat e Volkswagen per la leadership sul mercato brasiliano. Nel Paese sudamericano l'obiettivo di Wolfsburg è di arrivare a vendere 150mila vetture l'anno e bisognerà capire quali saranno le armi con cui il Lingotto cercherà di contrattaccare. Le bocche, invece, sono rimaste cucite per quanto riguarda eventuali acquisizioni o alleanze internazionali. Alla domanda se si fosse riaccesso l'interesse per Ducati o Alfa Romeo, Winterkorn ha preferito svicolare l'argomento con una battuta. A Volkswagen “piace qualsiasi cosa sia rossa , purché non siano le cifre del bilancio”, ha sorriso Winterkorn facendo riferimento alle livree delle due marche italiane quando sono impegnate in competizioni motoristiche. Mentre per quanto riguarda l'arbitrato internazionale con Suzuki, di cui Wolfsburg detiene una quota superiore al 19%, Winterkorn ha assicurato che bisognerà aspettare il 2013. Molte più parole invece sul cosiddetto "modular system", un nuovo sistema di piattaforme che richiederà un investimento di circa 15 miliardi nei prossimi anni, ma che dovrebbe garantire a Volkswagen un notevole risparmio di tempo e di denaro in quanto rappresenterà la base produttiva per oltre 40 modelli.
(Fonte: http://finanza.tiscali.it - 12/3/2012)

martedì 13 marzo 2012

Marchionne sul prossimo incontro con Monti: "Non gli chiederò nulla"


"A Monti non chiederò nulla. Non voglio assolutamente nulla. Confermerò quanto già abbiamo detto per Mirafiori e Pomigliano: andiamo avanti con i nostri investimenti secondo i programmi". A pochi giorni dall'incontro a Palazzo Chigi con il premier Mario Monti, in agenda venerdì 16 marzo, l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, ribadisce che "non ci sono novità" e che tutto procede come stabilito. All'assemblea della società elvetica di certificazione SGS, di cui Exor detiene il 15%, è presente anche John Elkann: "L'incontro con Monti - afferma il presidente della Fiat - era programmato da tempo, assolutamente niente di specifico all'ordine del giorno. Lo aggiorneremo su ciò che stiamo facendo". Le richieste a Monti arrivano invece dal fronte sindacale. "Mi aspetto che il governo spinga la Fiat a dare ancora più velocità ai suoi investimenti e mi aspetto che la Fiat dia al governo rassicurazioni in tal senso", afferma il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, mentre Rocco Palombella, numero uno della Uilm, sostiene che bisogna risolvere "una volta per tutte le ambiguità sul piano Fabbrica Italia". Per Maurizio Landini, leader della Fiom, quello che serve è "un tavolo con la Fiat e le parti sociali, per discutere di difesa del lavoro, di investimenti e di diritti". Marchionne, che arriva a Ginevra direttamente dagli U.S.A., taglia corto sull'annosa questione della sede futura del gruppo: "L'unica cosa che conta sono gli stabilimenti, i lavoratori che abbiamo e se le auto vengono vendute. Andiamo dove si fanno affari, siamo nomadi". L'amministratore delegato della Fiat si sofferma anche sulla situazione del mercato dell'auto, già affrontata una settimana fa sempre a Ginevra, in occasione del Salone e ribadisce che il gruppo raggiungerà il "break-even" in Europa per l'auto nel 2014. Il primo trimestre per la casa torinese "è stato debole in Europa, i volumi sono giù, anche i prezzi non sono un granché". Marchionne non si sbilancia sui conti, dopo la perdita di 500 milioni registrata nel 2011: "Abbiamo dato una forchetta - spiega - che include una perdita di mezzo miliardo nella parte più bassa. E' difficile fare previsioni adesso". Bene invece Chrysler e l'America Latina. I primi dati di marzo per la casa di Detroit "sono buoni: la cosa importante è vedere come chiudiamo il mese. Sono rimasti 15 giorni, fateci lavorare", dice il manager del Lingotto. Sui rapporti con GM per un'eventuale fusione con Opel, poi, afferma: "Ho avuto una discussione di tre secondi, classici discorsi tra amministratori delegati. Abbiamo parlato per vedere cosa si poteva fare, non c'è nulla in questo momento". Marchionne ribadisce che ci vuole "una serie di azioni per ridurre la capacità produttiva in Europa o rindirizzarla. Non importa se siamo noi o qualcun altro a farlo, l'importante è che qualcuno lo faccia". Quanto a un partner asiatico "non risolverebbe il problema della sovracapacità in Europa, nessuno entrerebbe in un mercato sovraccarico". L'amministratore delegato della Fiat sottolinea che in piazza con la Fiom "non erano operai nostri, la percentuale di adesione nelle fabbriche del gruppo è stata sotto il 6%". E all'accusa di assumere a Pomigliano solo non iscritti al sindacato di Landini, Marchionne replica: "Assumiamo gente sulla base delle capacità, non controllo se hanno la tessera". Una critica alla Fiom arriva dal segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, che l'accusa di "avere la sindrome di Peter Pan" e di "non assumersi le proprie responsabilità".
(Fonte: www.ansa.it - 12/3/2012)

lunedì 12 marzo 2012

CDA di Fiat-Chrysler e Fiat Industrial: ora meno consiglieri e spazio alle donne


Taglio netto dei consiglieri: da quindici a nove. A lasciare sono però in otto: per far spazio a due donne in ciascun board e anticipare di qualche mese la legge su quelle che, un po' burocraticamente, vengono definite «quote di genere». John Elkann e Sergio Marchionne avevano in qualche modo anticipato l'una e l'altra novità. I dettagli e i nomi. Sia Fiat sia Fiat Industrial snelliscono, e parecchio, i rispettivi Consigli. E tanto nella società dell'auto quanto in quella che raggruppa Iveco e Cnh esordiranno - svolta assoluta nei 112 anni di storia del Lingotto - due signore. Per Fiat-Chrysler, all'assemblea del 4 aprile, il socio di maggioranza Exor proporrà l'inglese Patience Wheatcroft: Elkann (presidente della holding e della controllata) ha scelto di puntare su un nome poco noto in Italia, ma non nella comunità editoriale e finanziaria internazionale, con un passato di giornalista (è stata tra l'altro direttore del Wall Street Journal Europe) e un presente che tra i vari incarichi la vede sedere alla Camera dei Lord. Con lei arriverà, come indipendente su proposta degli investitori istituzionali, l'italo-americana Joyce Victoria Bigio, partner di International Accounting Solution e, da noi, membro del board di Europa Donna - Fondazione Umberto Veronesi. Saranno loro gli unici due volti nuovi del Consiglio che, oltre a Elkann e Marchionne, confermerà Andrea Agnelli, Tiberto Brandolini D'Adda, Luca Cordero di Montezemolo «in quota» Exor e René Carron e Gian Maria Gros-Pietro in qualità di indipendenti. Stesso schema per Fiat Industrial. Anche qui Elkann per le «quote di genere» (due quinti del board da luglio, imporrà la legge) ha guardato all'estero. La scelta è caduta sull'olandese Jacqueline Tammenoms Bakker, una lunga serie di alti incarichi pubblici nel suo Paese e oggi consigliere dell'Agenzia del Territorio, ma anche della Van Leer Group Foundation, della francese Vivendi e della britannica Tesco. Al suo fianco, all'assemblea del 5 aprile, gli investitori istituzionali proporranno una figura più nota nella business community italiana, la numero uno di Olivetti Patrizia Grieco. Anche in Fiat Industrial il «taglio» a nove consiglieri vede per il resto tutte riconferme: accanto a Marchionne (presidente) ed Elkann ci sarà Gianni Coda su proposta di Exor, con Alberto Bombassei, Roberto Glenn Liberatore, Libero Milone, Giovanni Perissinotto, Guido Tabellini e John Zhao in veste di indipendenti.
(Fonte: www.corriere.it - 10/3/2012)

domenica 11 marzo 2012

Bousquet (UNRAE): ecco la ricetta contro la crisi del mercato italiano dell'auto


Per le Case è arrivato il momento di reagire. I dati del mercato italiano dell'auto, in calo a febbraio del 18,94%, dimostrano che servono interventi immediati e strutturali e l'UNRAE  (Unione Nazionale Rappresentanti Autoveicoli Esteri) ha deciso di sottoporre al Governo la propria ricetta per uscire dalla crisi: incentivi all'acquisto progressivi in base all'emissione di CO2, aggiornamento del trattamento fiscale in chiave europea per le auto aziendali, modifica dei criteri per l'applicazione del superbollo, maggiore accesso al credito bancario delle concessionarie e recupero della tassa di possesso evasa.
Perdita per l'erario e per la filiera - Le 161.194 immatricolazioni del mese di febbraio devono far riflettere. "Considerata la stagionalità del mercato italiano, questi dati - ha dichiarato il presidente dell'UNRAE, Jacques Bousquet - proiettano una tendenza annua molto più bassa di ogni precedente previsione, a 1.370.000 unità, con un impatto fiscale, occupazionale e sociale che lo Stato non potrà più ignorare". Una situazione che si tradurrà, secondo l'UNRAE, in un minor introito per le casse dell'erario pari a circa 2,3 miliardi di euro di IVA e un calo del fatturato per le aziende di 13 miliardi. Le conseguenze per il settore dell'auto saranno devastanti: sarà colpita l'intera filiera, dalle Case ai concessionari, dai riparatori ai produttori di componentistica sino ai fornitori.
Posti di lavoro a rischio - Le reti ufficiali di vendita perderanno nel corso del 2012 circa 350 mandati e con essi circa settemila addetti, che avranno difficoltà a trovare nuove collocazioni lavorative. Considerando le necessarie riorganizzazioni anche nelle concessionarie virtuose, l'UNRAE stima un totale di 10.000 persone che perderanno il lavoro senza accesso agli ammortizzatori sociali. Il crollo della domanda, e quindi delle vendite di nuove auto, porterà con sé anche minori investimenti pubblicitari, impattando negativamente sulla carta stampata, ed è altresì ipotizzabile un minor interesse dei lettori per i giornali che trattano di automobili. "Pur valutando positivamente un'attesa, moderata crescita del Pil a +0,2%, se nel 2013 non avremo un miglioramento delle aspettative e del clima di fiducia delle famiglie, il mercato italiano dell'auto continuerà ad esprimere numeri tendenzialmente bassi come quelli dell'anno in corso, senza dimostrare, quindi, significative inversioni di tendenza. È, pertanto, indispensabile intervenire subito". Vediamo nel dettaglio come.
Piano di incentivi - Per agevolare il rinnovo del parco circolante si chiede un piano strutturale, articolato in tre anni, basato su incentivi all'acquisto. In linea con gli obiettivi dell'Europa sull'abbattimento delle emissioni di CO2, l'UNRAE propone tre livelli di sostegno all'acquisto con alienazione di vetture con oltre 10 anni di età (Euro 2, 1, 0), basati sui bassi livelli di emissioni di CO2: 800 euro per vetture che emettono fra 120 e 96 g/km di CO2, 1.200 euro fra 95 e 51 g/km e 5.000 euro sotto ai 50 g/km. Secondo le stime, questa misura dovrebbe consentire il recupero di circa 230.000 vendite aggiuntive nel corso dei prossimi 12 mesi. Il costo sopportato per l'operazione (circa 507 milioni di euro) sarebbe totalmente ripagato dal maggiore introito fiscale e, quindi, a costo zero per il bilancio dello Stato.
Fiscalità europea per le aziende - Per le auto aziendali è necessario applicare un trattamento fiscale che si allinei a quello del resto d'Europa. Nel nostro Paese, infatti, l'ammortamento è in quattro anni contro la media europea di due, la quota di spese deducibili è il 40% contro il 100% dell'UE, la detraibilità IVA è del 40% a fronte del 100% degli altri Paesi, c'è un tetto ammortizzabile fino a 18.076 euro contro il no limit dei nostri vicini.
No al superbollo - L'UNRAE sottolinea, poi, come il cosiddetto superbollo applicato in base alla potenza ha generato una vera e propria "fuga di clienti delle auto di lusso, destinata a rendere poco credibile la previsione di incasso della super-tassa di possesso che lo Stato indica in 168 milioni di euro. Il calo delle vendite stimato al 40% determinerà un minor gettito da IPT, IVA e bollo valutato attorno ai 105 milioni di euro e un aumento degli stock di vetture usate con deprezzamenti stimati del 30%, con conseguente notevole danno per gli operatori commerciali. Gli accertamenti sono giusti, ma la criminalizzazione generalizzata sta allontanando proprio quel tipo di clientela che, avendo disponibilità economica, può meglio alimentare le entrate dello Stato".
Credito e bollo evaso - Importante, poi, è che le banche liberino risorse per il credito indispendabili per la vitalità delle concessionarie, aumentando la fiducia verso l'affidabilità delle imprese virtuose. Infine, l'ultima ricetta riguarda un allarme lanciato più volte dall'UNRAE: l'evasione della tassa di possesso, valutata in 1 miliardo di euro. Gli evasori sono facilmente rintracciabili attraverso i sistemi informatici esistenti e le risorse recuperate potrebbero essere utilizzate per il rilancio del settore. 
(Fonte: www.quattroruote.it - 3/3/2012)

sabato 10 marzo 2012

Charlie Sheen e la 500 Abarth: lo spot (scartato) del Super Bowl


Charlie Sheen è il bad boy di Hollywood per eccellenza: erede di una famiglia di attori (ricorderete il padre Martin in Apocalypse now di Coppola), gran connoisseur di droghe varie, amante dell'alcol e orgoglioso cliente di signorine dalla dubbia moralità e dalle indubbie forme, è riuscito a farsi cacciare dalla più popolare sitcom americana ("One and a half man") per la sua patologica tendenza a piantar grane e per la "way of life" non propriamente monastica. Il testimonial pubblicitario più improbabile, si direbbe. Eppure la Fiat l'ha scelto come protagonista di uno spot americano per la 500 Abarth che è l'apotetosi del "politically uncorrect". L'auto sgomma per la villona, affollata di procaci ragazze, fa i "doughnut", sprinta fino a fermarsi fra stridii di gomme. E la prima cosa che si vede scendere dall'auto è la caviglia di Sheen, cinta dal braccialetto elettronico che negli States è affibbiato a molti condannati agli arresti domiciliari (gli "house arrest" a cui fa riferimento l'attore). Roba forte, insomma, forse troppo. Infatti c'è un retroscena: il commercial, mostrato per la prima volta a una riunione di concessionari Fiat degli U.S.A., sarebbe dovuto andare in onda il mese scorso durante il Super Bowl di football, ma poi qualcuno a Detroit ha ritenuto che fosse troppo provocatorio per un evento così nazional-popolare e ha preferito usare un altro spot, quello con la modella Catrinel Menghia adorata da un nerd. La stessa Menghia, peraltro, che nello spot contestato accoglie Charlie Sheen sceso dalla 500...
(Fonte: www.quattroruote.it - 2/3/2012)

venerdì 9 marzo 2012

Mahindra vicina all'acquisto di Saab?


Saab potrebbe uscire presto dal buio del procedura di fallimento in cui si trova attualmente. Si fanno sempre più insistenti, infatti, le voci di un interessamento da parte di Mahindra la quale, secondo indiscrezioni, nelle ultime ore avrebbe fatto qualche passo avanti.
Vendita globale - Il sito SaabsUnited, molto vicino alla Casa svedese, sostiene che martedì scorso la Casa indiana avrebbe sottoposto ai curatori fallimentari un'offerta d'acquisto di tutta la società nel suo complesso. Soluzione che solleverebbe la Saab dal rischio di smembramento, ossia dalla vendita separata di singoli settori di business.
Avanti anche senza licenze - Secondo fonti interne, ritenute dal sito più che affidabili, Mahindra è convinta di poter far ripartire la Saab anche senza le licenze ancora in possesso di GM, ex proprietaria del marchio, che finora ha posto il veto all'acquisto da parte della cinese Youngman. Nelle ultime settimane si erano fatte avanti anche la Volvo e, in maniera sibillina, "una Casa con sede a Monaco", che altri non sarebbe che la BMW.
(Fonte: www.quattroruote.it - 2/3/2012)

giovedì 8 marzo 2012

Ginevra 2012: Mopar arriva in Europa


Mopar, il marchio americano della galassia Chrysler che dal 1937 produce parti speciali, si prepara a sbarcare anche in Europa. Con il brand americano saranno marchiati tutti i nuovi prodotti e ricambi delle vetture Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia, SRT e RAM. Il debutto europeo è previsto al Salone di Ginevra (8-18 marzo), dove verranno presentate alcune show car personalizzate con la componentistica Mopar che prefigurano un possibile lancio delle personalizzazioni Mopar anche in Italia. Sullo stand Fiat il pubblico potrà ammirare una selezione di accessori dedicati ai modelli Fiat Panda, Alfa Romeo Giulietta, la gamma Lancia (con focus particolare su Ypsilon) e le Jeep Grand Cherokee, Compass e Wrangler.
FIAT - Il marchio Fiat presenta su Panda barre e calotte colorate, tappini valvole pneumatici in acciaio con logo Fiat, tappeti in moquette con logo del modello, tasche retroschienale e appendigiacca posteriore.
ALFA ROMEO - Il marchio Alfa Romeo presenta sul modello Giulietta un esclusivo kit sportivo caratterizzato da spoiler e calotte specchi in carbonio, cerchi in lega da 18", pomello cambio in carbonio con piastrina marce in alluminio, inserto plancia in carbonio, tappeti in moquette con logo, pedaliera, appoggia piede e tappo carburante in alluminio, tappini pneumatici in acciaio con logo Alfa Romeo.
LANCIA - Il marchio Lancia presenta una gamma completa di personalizzazioni per tutte le proprie vetture: minigonne laterali nere, tappeti in moquette con logo della vettura, codolini di scarico cromati, battivaligia nero lucido, cerchi in lega da 16" bicolore. Specifico per ciascun modello, invece, il navigatore "Blue&Me Tom Tom LIVE" (per Ypsilon); tappeti in moquette e batticalcagno in alluminio, entrambi con logo della vettura, e protezione vano baule (per Delta); batticalcagno e tappeti in moquette, sempre con logo della vettura, per Voyager e Thema.
JEEP - Il marchio Jeep propone sul Grand Cherokee terminali di scarico neri e dam posteriore integrato. Particolare anche un serie speciale dedicata al Wrangler, denominata Mountain, caratterizzato da un cover motore di colore nero, da maniglie appiglio specifiche, tappetini in gomma e "rock rails" per affrontare tutte le condizioni stradali off-road. Completa la line up del marchio Jeep il Compass Overland, presentato con sensori di parcheggio posteriori e batticalcagno in acciaio inossidabile.
(Fonte: www.omniauto.it - 1/3/2012)

mercoledì 7 marzo 2012

Salone di Ginevra: intervista a Marchionne


Il numero uno del Gruppo Fiat-Chrysler, Sergio Marchionne, ha organizzato una conferenza stampa a porte chiuse al Salone di Ginevra, prima del suo intervento ufficiale allo stand Fiat, per incontrare i giornalisti del settore. L'attesa per il suo intervento era grande, soprattutto alla luce delle recentissime polemiche relative al futuro degli stabilimenti italiani. "La risposta l'abbiamo data già ieri - ha esordito Marchionne - ed era chiara: abbiamo preso un impegno per Pomigliano. Molti di voi hanno visto la stabilimento. Abbiamo confermato l'impegno di Mirafiori per un modello Fiat e uno Jeep dal 2013. Gli altri due stabilimenti hanno già prodotti e non c'è niente da dire: i prodotti saranno rinnovati nei tempi richiesti dal piano sviluppo. Nessuna minaccia per gli stabilimenti, come confermato nel comunicato di ieri".
A proposito degli altri stabilimenti, Punto e Bravo stanno andando male: avete intenzione di accelerare il rinnovo?
"Prima di criticare l'andamento della Punto guardate al segmento B in Europa. Il fatto di rinnovare il prodotto non aiuterebbe la domanda, i numeri sono quelli che sono. Stiamo lavorando sulla nuova Punto per avere un prodotto competitivo. Ancora non c'è una data precisa di lancio, stiamo lavorando soprattutto sui costi. Dobbiamo trovare una soluzione per avere un prodotto competitivo rispetto ai concorrenti: questo è il segmento più importante come misure, ma come margini è ridotto brutalmente. Le perdite dei nostri concorrenti sono dovute a questi segmenti, persino per la Volkswagen. La situazione è delicata: dobbiamo lavorare per ottenere un prodotto competitivo, anche dal punto di visto del costo, per rimanere a galla".
Ci dà un giudizio sull'accordo PSA-GM?
"Non sono spiazzato, è un accordo che abbiamo già vissuto in passato. Si tratta di un accordo diverso, sono cambiati i tempi, è cambiata la struttura della GM. E sono più forti.  Dal punto di vista del Gruppo PSA, hanno un partner forte (non come per Fiat, ai tempi). E' tutto da vedere, l'impegno è a lungo termine, i benefici si vedranno con il tempo, non c'è niente di immediato... vediamo come si sviluppa. Sono tutti e due capaci per averci pensato bene. Noi non abbiamo perso niente... per noi non si chiude nessuna pista, l'accordo non ha chiuso niente alla Fiat, tecnicamente potremmo fare accordi con ambedue".
Parlando del settore auto, al Salone ci sono molte novità, ma i numeri sono preoccupanti anche nei paesi emergenti?
"Nessuno mette in dubbio che il mercato europeo sia in crisi, il fatto che abbiamo una mancanza di equilibrio tra domanda e offerta sta incidendo su prezzi e margini, un problema che nel resto del mondo non c'è. Non toccatemi il Brasile: vista la nostra performance siamo leader in un mercato che continua a crescere. Vanno bene anche Canada, America, Messico, Asia... non disperiamo".
Accordo con i sindacati e news in merito?
"Gli accordi sono chiari, capitolo chiuso, non vogliamo fare ulteriori dibattiti. L'accordo modello per tutto il gruppo è la base su cui andare avanti. Ovviamente stiamo operando in un mercato molto difficile: abbiamo una sovracapacità produttiva in Europa. Il problema va risolto a livello europeo, non nazionale. Il governo italiano può solo collaborare con gli altri Stati europei. La Comunità Europea aveva già ribilanciato in passato il settore dell'acciaio. Speriamo che qualcuno a Bruxelles ci ascolti presto: anche Tavares, Renault, e Varin, PSA e GM, dicono la stessa cosa".
Oggi la Fiat sta andando molto in fretta in U.S.A. e lentamente in Europa: questo squilibrio crea difficoltà nell'integrazione del gruppi?
"No, il sistema di gestione è disegnato per dare autonomia alle zone e cercare di condividere le scelte strategiche di sviluppo. La parte europea della Fiat è la più debole, quindi inciderà sulle valutazioni quando ci sarà la eventuale fusione, ma non abbiamo urgenza nei tempi. Sono cose che si possono fare quando vogliamo, siamo in una posizione chiara per quanto riguarda il nostro interesse a Chrysler. Gestionalmente le aziende sono già integrate, la vita continua...".
Come vede lei lo sviluppo impetuoso dei coreani? Dovranno fare accordi con qualcuno?
"Hanno abbastanza forza per andare avanti, sono più grandi di Fiat-Chrysler. Hanno enormi capacità di sviluppo, quello che hanno fatto negli ultimi tre anni è impressionante. C'è da imparare: hanno rimpiazzato i giapponesi. Li stiamo seguendo, ma non credo faranno fusioni, non è nel loro DNA".
Tolta la possibilità di accordarsi con PSA, chi è il possibile partner?
"Tutti... scelga uno lei. Sono tutti accettabili come partner, siamo aperti. Alcuni non sono compatibili, come Volkswagen, per tantissime ragioni. Daimler non è compatibile per il prodotto, BMW non è compatibile con Fiat... Renault è tecnicamente compatibile... Adesso non mettetemi parole in bocca non vere: non ho parlato con Ghosn, tranquilli".
Torniamo al Brasile: a febbraio 2012 avete riconquistato la leadership rispetto a GM. E' stupito dalle 1.568 Fiat 500 vendute in un mese?
"Vendiamo quattro milioni di vetture l'anno, non so cosa rispondere, non conosco questi dati nel dettaglio; forse questi numeri sono dei complimenti e li accetto. Ma non lo sapevo neanche: sono preso a vedere cosa vendiamo in America rispetto a Mini, è quello che voglio. Nel frattempo stiamo trattando con gli istituti finanziari per sviluppare lo stabilimento nel Pernambuco. Abbiamo fatto questi investimenti proprio perchè ci sono interessanti agevolazioni".
Le Alfa prodotte in Cina per l'Europa: è sempre vero?
"Lo devo aver detto anni fa: non vale più, preferisco produrre in America perchè abbiamo risolto i problemi strutturali".
L'Alfa negli Stati Uniti?
"Confermo che produrremo negli Stati Uniti. Stiamo nel frattempo esportando in Cina, producendo in Europa. L'importante sarà il segmento D per Alfa, lo faremo in U.S.A. su architettura condivisa".
Come sta andando la Panda?
"35.000 vendute, sta andando bene".
Dopo due mesi, con la crisi europea, come vede il bicchiere?
"La crisi è quella che avevamo previsto. Nessuno ci credeva, ma ora è palese".
Di un partner come Suzuki o Mazda, cosa ne pensa?
"Non ho opinioni in particolare: sono complementari a Fiat, parliamo con tutti. Siamo universali, ci sono riunioni in corso anche qui al Salone".
La produzione in Italia dipenderà dal mercato U.S.A.?
"Dipenderà da tutti i mercati esteri: ho preso l'esempio degli U.S.A. perchè finalmente possiamo esportare prodotti là, come la Jeep da Mirafiori".
Alfa Romeo: il punto sulla Giulia e sulla Suv?
"La Giulia è abbastanza definita. La produzione avverà in America, tutto già stabilito. Abbiamo "sgelato" il design e ci abbiamo lavorato ancora. La macchina c'è".
E la Kubang?
"Ritocchi di stile, in produzione nel 2013 e non si chiamerà Kubang".
Cosa le piace e cosa non le piace del governo Monti?
"Mi piace tutto".
Che cosa è cambiato con la trattativa GM-PSA per la Fiat?
"S'è creato un livello di complicazione che non esisteva prima. Sul discorso dei veicoli commerciali non ci sono problemi: era già tutto ben chiaro con PSA e continuerà fino al 2017. L'accordo tra GM e PSA non prevede un ridimensionamento produttivo di Opel o Peugeot, quindi non intacca noi. Si tratta di un accordo a lungo termine, che non serve a risolvere il problema attuale europeo: quindi non cambia molto".
Vuole spostare il quartier generale a Detroit?
"Ho detto che si potrebbe fare, non che lo faremo".
E' inevitabile che le fabbriche vadano chiuse? E' la cosa che tutti vogliono evitare, ma potrà succedere oppure c'è un altro modo?
"L'unica altra soluzione che c'è è quella di utilizzare la base produttiva europea per esportare: a parte i tedeschi, non lo ha fatto nessuno. Per questo gli stabilimenti italiani devono competere a livello internazionale, per proteggersi... Se poi questo basta a risanare la crisi non lo so: nel caso della Fiat il problema è gestibile".
Ma non è il caso che il governo italiano intervenga per supportare gli imprenditori, per produrre in Italia?
"Abbiamo fatto una scelta chiara e sappiamo benissimo che l'Italia ha un problema finanziario. Per questo non chiediamo nulla al governo per lo sviluppo industriale. Sappiamo che sarebbe una richiesta che graverebbe su una situazione troppo difficile. Anche quando ho parlato ieri con la Fornero l'ho ribadito. Abbiamo agevolazioni in Brasile e le stiamo sfruttando. Abbiamo appena fatto accordo per sviluppo del marchio Jeep in Russia con Sberbank. Sono esempi chiari di governi che vogliono tenersi gruppi industriali. La Fiat ha scelto di non spingere su questo tasto in Italia, non sarebbe capito... La Fiat non può imporre quello che sta ottenendo altrove: verrebbe vista come l'ennesima richiesta. La Fiat è solida finanziariamente senza l'assistenza del governo italiano. Non lo faremo mai: non voglio incentivi, voglio solo operare bene nel Paese. La Fiat si oppone agli incentivi sul mercato, ci interessa zero qualunque forma di incentivo, perchè portano alla crisi. Cerchiamo di staccare la spina agli incentivi, che falsano il mercato e basta".
(Fonte: www.quattroruote.it - 6/3/2012)

martedì 6 marzo 2012

Fiat e Governo smentiscono le indiscrezioni sulla chiusura di Pomigliano e Mirafiori


Arriva a breve giro di posta una doppia smentita alla notizia circolata nei giorni scorsi circa una possibile chiusura degli stabilimenti Fiat di Pomigliano e Mirafiori. Nell'arco di pochi minuti, infatti, sono giunte due dichiarazioni analoghe, rispettivamente dal Ministro del Lavoro e dallo stesso Lingotto. Entrambe bollano tale informazione come priva di fondamento.
Impegno confermato - Il titolare del dicastero del Welfare, Elsa Fornero rassicura di aver parlato in merito direttamente con Sergio Marchionne e John Elkann. "Sia il presidente sia l'amministratore delegato del gruppo Fiat - ha dichiarato in una nota la Fornero - mi hanno ribadito che l'impegno assunto verso il nostro Paese è confermato e rafforzato anche dall'operazione Chrysler. Da parte mia ho espresso fiducia verso questo impegno e ho rinnovato l'auspicio che la Fiat possa continuare a rappresentare uno dei principali attori del nostro sistema industriale garantendo almeno gli attuali livelli di occupazione".
La smentita della Fiat - Pochi minuti dopo è arrivata anche la nota del Lingotto che smentisce categoricamente che ci sia un piano di chiusura di stabilimenti italiani. "Articoli di stampa apparsi in questi giorni - si legge nella nota - hanno attribuito a Fiat l'intenzione di chiudere gli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano d'Arco. In particolare, il sito Affaritaliani.it ha pubblicato oggi una tabella che riguarderebbe le future produzioni della Fiat in Italia e dalla quale si desumerebbe l'esistenza di un piano di Fiat riguardante la chiusura degli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano. Tale tabella non riflette in alcun modo né i piani né le intenzioni di Fiat".
Nessun piano di chiusura - "Lo stabilimento di Pomigliano - continua la nota della Casa - produce da circa quattro mesi la nuova Panda, vettura di punta del marchio Fiat. Per Mirafiori il piano, che è stato stabilito e annunciato, prevede la produzione di due modelli: una vettura del brand Fiat a partire da fine 2013 ed una del brand Jeep a partire dal secondo trimestre 2014. Come già più volte sottolineato l'azienda da tempo ha deciso di comunicare le produzioni future stabilimento per stabilimento, in relazione all'andamento dei mercati internazionali. Non esiste alcun piano di chiusura di impianti automobilistici in Italia. La Fiat - conclude la nota - si riserva ogni opportuna iniziativa di tutela in merito ad illeciti connessi alla diffusione di notizie o documenti falsi".
(Fonte: www.quattroruote.it - 5/3/2012)

lunedì 5 marzo 2012

Accordo GM-PSA: analogie e differenze con l'accordo GM-Fiat del 2000


L'accordo General Motors con PSA (Peugeot-Citroën) non è una fusione, su questo i due presidenti Dan Akerson e Philippe Varin hanno insistito molto al momento della firma. In alcuni punti rivela similitudini con l'alleanza che era stata siglata tra il colosso americano e Fiat il 13 marzo 2000. Alcuni dirigenti sono gli stessi di allora: per esempio Bob Socia, responsabile degli acquisti di GM, rimasto nella stessa posizione. L'azienda torinese era in quel momento in una pessima situazione finanziaria, uguale a quella in cui si trova oggi PSA. La sintesi di quel rapporto vedeva una stretta cooperazione per ridurre i costi ma una indipendenza assoluta nella commercializzazione dei distinti marchi, concentrandosi su Europa e America Latina, gli stessi mercati considerati nel rapporto GM/PSA. Identiche regole sembrano condizionare questa nuova convergenza: ogni azienda continuerà a costruire e vendere i suoi veicoli in modo indipendente, nella più libera concorrenza. È stata contemplata la condivisione di piattaforme e componenti, ma verrà costituita solo una joint venture per gli acquisti, finalizzata a risparmiare, nell'arco di cinque anni, un miliardo di dollari all'anno per ciascuna delle due case (il risparmio è comunque basso visto che, insieme, contano 125 miliardi di euro di acquisti totali). Si tratta dell'analogo obiettivo e stesso arco di tempo che si prefissavano GM e Fiat, che però avevano formato subito un'alleanza al 50% per produrre motori. PSA e GM, invece, al momento non hanno alcun accordo relativo ai propulsori, che costituiscono il 30% del valore di una piattaforma. Di conseguenza, lo scambio dei pianali perde gran parte dei suoi vantaggi. PSA acquista da BMW motori a benzina, collabora con Ford per i diesel, con Fiat e la turca Tofas per i veicoli commerciali leggeri, con Mitsubishi per i Suv e i veicoli elettrici, con Toyota per le piccole auto cittadine e Renault per motori e componenti meccanici. Robert Peugeot, presidente della finanziaria a cui fa capo la partecipazione della famiglia Peugeot nel gruppo ha dichiarato: «Tratteremo caso per caso e in modo estremamente razionale i rapporti in corso con altri costruttori». Dal punto di vista finanziario GM aveva comperato il 20% delle azioni Fiat, i torinesi avevano acquistato il 5%, con un'opzione put di GM che consentiva di acquisire la totalità di Fiat Auto. GM ha rilevato il 7% di PSA, per un valore stimato tra 400 e 470 milioni di dollari, ma PSA non entrerà in possesso di azioni americane. Viene a mancare, quindi, lo scambio e GM non ha richiesto in contropartita nessun diritto di «governance» in PSA, come avvenne nel 2000 con Fiat. Pare, a questo punto, che nessuno degli errori del passato sia stato corretto. Per avere successo, inoltre, un'alleanza deve dipendere da un unico capo carismatico ed esecutivo - per Fiat-Chrysler Sergio Marchionne, per Renault-Nissan Carlos Ghosn - capace di intuire, organizzare e gestire con tempestività cambiamenti ed evoluzioni, senza dare spazio a conflitti personali all'interno della società. Una componente non prevista nel progetto franco-americano, che riporta alla ragione di fondo che ha disgregato l'alleanza GM-Fiat. Inoltre la natura dell'accordo non risolve il problema dell'eccesso di capacità produttiva dei due gruppi in Europa: un tema che non è neppure contemplato.
(Fonte: www.corriere.it - 3/3/2012)

domenica 4 marzo 2012

Fiat: omaggio a Lucio Dalla, cantore dei motori


Per ricordare Lucio Dalla, l'amato cantautore-polistrumentista scomparso giovedì scorso a Montreaux, la casa automobilista torinese ha pensato di rendergli omaggio concordando con le principali emittenti televisive nazionali un'iniziativa prevista per il 4 marzo 2012, data in cui Bologna darà l'addio al suo menestrello, nato nella città emiliana proprio il 4 marzo di 69 anni fa. Durante la giornata andrà in onda lo spot pubblicatario concepito nel 1992 per promuovere la Fiat Uno Fire. Lo spot aveva come colonna sonora Il motore del 2000, una delle sei canzoni dell'album Automobili che Lucio Dalla pubblicò nal 1976 con la collaborazione del poeta-paroliere Roberto Roversi. Il lavoro, monotematico, fu concepito come sviluppo dello spettacolo teatrale Il futuro dell'automobile e altre storie, del quale il 33 giri riprendeva alcuni pezzi musicali, tra i quali, oltre alla canzone dello spot, anche la celeberrima Nuvolari. L'iniziativa di Fiat è un commosso tributo a un artista le cui opere contengono spesso richiami al mondo delle auto e dei motori, che erano le sue passioni. Famosa è rimasta (e rimarrà) "La casa di Lucio", una particolarissima Porsche Cayenne che Dalla, da affezionato cliente Porsche, volle personalizzare con tanto di letto e doccia. Oltre al disco già citato, ricordiamo anche Un'auto targata «TO» e Grippaggio, dall'album del 1973 Il giorno aveva cinque teste; Camion, da 1983 e, infine, Ayrton, dall'album Canzoni del 1996, che testimonia dell'amicizia del musicista con il pilota Brasiliano Ayrton Senna, scomparso tragicamente due anni prima durante il Gran Premio di San Marino.
(Fonte: www.sicurauto.it - 3/3/2012)

sabato 3 marzo 2012

Delocalizzare non conviene più, ma l'Italia non è all'altezza della sfida


E' convinzione diffusa che la competizione globale imponga l’abbattimento dei costi di produzione, tra i quali figura in maniera rilevante il costo del lavoro. E se mercati del lavoro protetti, come quelli delle economie avanzate, implicano salari relativamente alti, negli scorsi decenni molte aziende hanno delocalizzato parte del processo produttivo verso i cosiddetti paesi emergenti, dove la legislazione a tutela dei lavoratori è spesso carente, i sindacati deboli o inesistenti e si ottiene manodopera a costi molto bassi. La Cina è stata in questo senso una delle mete preferite. In effetti, nel 2000 il costo del lavoro nella regione cinese del delta del fiume Yangtze era di 0,72 dollari orari, contro un salario medio che, in uno stato americano come il Mississippi, raggiungeva i 14,94 dollari all’ora. Dato l'ampio differenziale a livello di salari, la scelta di delocalizzazione può essere considerata, e per molti versi è stata largamente considerata, come semplicemente attinente a un puro ragionamento economico e non come espressione del cambiamento dei rapporti di forza tra lavoratori e datori di lavoro, spostatisi con decisione a favore dei secondi a partire dagli anni '80. Il costo del lavoro, tuttavia, è solo una parte, a volte persino marginale, dei costi di produzione totale: il costo del lavoro negli stabilimenti Fiat, ad esempio, contano - per ammissione dello stesso Marchionne - solamente per il 7-8% dei costi totali, così che occorre considerare tutta una serie di altri fattori per valutare la redditività di tale scelta (nel caso della delocalizzazione verso la Serbia della Fiat una motivazione molto più rilevante era la disponibilità, oltre l'Adriatico, di consistenti aiuti di Stato a disposizione dell'azienda torinese). Il costo del lavoro, dunque, va ponderato per la produttività dei lavoratori e per gli schemi di incentivi locali e vanno, inoltre, aggiunti i costi di trasporto delle merci, i costi di manutenzione dei macchinari, i costi di difesa dei diritti di proprietà, i costi di reperimento dell’energia necessaria al funzionamento degli impianti e infine i rilevanti costi "burocratici" rappresentati dalle tasse, dai dazi e dalla corruzione. Anche sommando tutti questi fattori (ma escludendo i costi di trasporto e i dazi), nel 2000, secondo i dati del Boston Consulting Group, trasferire la produzione dal Mississippi al fiume Yangtze avrebbe comportato un risparmio totale di circa il 21%: quota rispettabile ma, a dire il vero, nemmeno così elevata, considerati i costi a cui un impianto è sottoposto in fase di avviamento, prima cioè di raggiungere una economia di scala, che permette di risparmiare esponenzialmente all’aumentare dei volumi produttivi. Senza contare che, dall’inizio del nuovo millennio, i salari cinesi nelle zone più sviluppate hanno iniziato ad aumentare ad un ritmo del 15-20% l’anno, mentre la produttività dei lavoratori non sempre riesce a tenere il passo. A causa del progressivo esaurimento dell’esercito di riserva di manodopera agricola, si calcola che nel 2015 il salario orario nella nostra zona di riferimento, il delta dello Yangtze, sarà pari a 8,16 dollari all’ora, mentre il salario dei lavoratori del Mississippi non sfonderà i 24 dollari orari: si tratta di un aumento di oltre 8 volte nei salari cinesi contro un aumento di poco più della metà di quelli americani, nello stretto giro di 15 anni, a fronte di una produttività attesa che, fatta 100 quella statunitense, fornirà un input pari a solo il 38% per un lavoratore cinese. Il risparmio di produrre in Cina nel 2015 è dunque destinato a scendere dal 21% al 10%, una quota che non copre nemmeno i costi di trasporto: è per questo che numerose aziende americane stanno già iniziando a rimpatriare la produzione. Il secondo decennio del XXI secolo può dunque essere quello dell’inversione di tendenza: sempre più aziende torneranno a produrre in Europa e Stati Uniti. Questa è una buona notizia per l’Italia? Purtroppo no. Il nostro Paese, infatti, non fornisce alcuna garanzia in termini di capacità d’innovazione, formazione della manodopera, abbattimento dei costi burocratici, creazione di infrastrutture. AILOG (Associazione Italiana di LOGistica e supply chain management) ha calcolato che i costi di logistica per le piccole e medie imprese italiane rappresentanto un elevatissimo 9% dei costi totali, a causa principalmente di ritardi infrastrutturali. Un Paese che impone costi così elevati alla spina dorsale del proprio sistema produttivo è un Paese destinato alla progressiva marginalizzazione nella competizione economica internazionale. E’ su questi temi che i buoni amministratori dovrebbero iniziare a confrontarsi pubblicamente per decidere, senza aspettare necessariamente l’intervento del Governo, come fare in modo che le nostre imprese escano dall’impasse che le sta facendo soffocare, perché con loro entra in crisi una vasta fetta del sistema di produzione della ricchezza nazionale. Romano Prodi ha proposto su Linkiesta la costituzione, "(...) anche con l’aiuto del “digitale”, di una larga “supply chain” per le nostre produzioni che non si limiti certo al livello nazionale ma si espanda da una base europea ad un accesso globale. Solo costruendo uno scenario complesso di questo tipo, possiamo, in Europa, competere con i sistemi produttivi asiatici che su questo aspetto, e non più sul basso costo del lavoro, rafforzano il loro crescente successo". Resta da capire precisamente come, in quali tempi e con quali modalità, giocare questa fondamentale sfida nelle dinamiche produttive dell'economia globale del futuro.
(Fonte: www.linkiesta.it - 10/2/2012)