domenica 31 luglio 2011

Fiat 500 e Lancia Ypsilon: come "reinventare" due miti


Due city car italiane che rappresentano, probabilmente, le massime espressioni di un intera tipologia di auto e di due marchi che hanno fatto la storia dell’automobile italiana. Fiat 500 e Lancia Ypsilon sono due auto diverse ma accomunate da un lungo percorso, spesso simile, che le ha portate ad attraversare, negli anni tante mutazioni e tanti cambiamenti, senza però mai abbandonare la strada, adeguandosi, giorno dopo giorno, ad ogni ostacolo e trovando soluzione sempre nuove per affrontare le sfide del mercato dell’auto. Oggi le nuove versioni della 500 e della Ypsilon si sono aggiornate, confermandosi, cosi come era stato in passato, i pezzi da novanta del mercato delle city car, utilitarie e super utilitarie. La nuova 500 incarna oggi l’essenza del marchio Fiat, la sua capacità di rappresentare il Made in Italy, riscuotendo successi e approvazioni non solo in Italia ed in Europa, ma anche nel mondo e negli U.S.A. . La 500, anche sfruttando la partnership tra i marchi Fiat e Chrysler, si sta creando, pian piano, il suo spazio. Oggi la 500 è un’auto dalle mille sfaccettature, che pur incarnando l’essenza della city car sa proporsi al mercato in tanti modi diversi, rappresentando una soluzione valida per clienti con possibilità economiche e anche gusti personali differenti. Da 11.750 Euro a 21.550 Euro, in versione base o cabrio, la 500 è uno spunto costante di fantasia ed è capace di adeguarsi a più soluzioni, unire più funzionalità e soddisfare desideri differenti, siano essi prestazionali o legati maggiormente al comfort di guida. Un’auto destinata a differenti fasce di mercato che porta tra le utilitarie un nuovo livello di design e funzionalità senza tuttavia perdere lo spirito che col tempo la 500 ha fatto suo.
La nuova Lancia Y rappresenta la massima espressione della Lancia, la vera punta di diamante di un marchio che, come Fiat, rappresenta l’italianità al 100%. Più giovane della 500, anch’essa si è adeguata al passare degli anni e al mutare dei gusti, mostrando un carattere elegante e deciso, un segno distintivo di un auto che, creata per pensare giovane, colpisce l’attenzione di tante, e diverse, fasce di potenziali clienti. La Ypsilon continua il suo processo di crescita rinnovandosi proprio quest’anno con una nuova generazione che fa dell’incredibile capacità di personalizzazione il suo punto di forza. Con 600 combinazioni derivanti da 3 allestimenti (Silver, Gold e Platinum), 17 colorazioni esterne, 6 rivestimenti interni, 3 disegni di cerchi e 3 motorizzazioni (2 a benzina ed un diesel), conferma la sua capacità di reinventarsi costantemente senza perdere l’essenza che, da sempre, l’ha caratterizzata. La nuova Ypsilon parte da 12.500 Euro, ma per poter sfruttare al massimo tutte le sue potenzialità, anche grazie alla vasta gamma di scelte ed optional che l’auto offre, il prezzo finale è destinato ad aumentare.
(Fonte: www.automobili10.it - 15/7/2011)

sabato 30 luglio 2011

Fiat-Chrysler lancia "Fiat Source" per iPad


Fiat e Chrysler Group hanno appena lanciato un'applicazione per iPad che è sia un catalogo dei prodotti dell'azienda italiana, sia al contempo una rivista di arti e stili di vita. Una specie di libro interattivo animato sulla Fiat e sugli ultimi artisti e tendenze emergenti. Fiat Source è gratuito per iPad e permette agli utenti di studiare la celebre Fiat 500 da tutte le angolazioni e in tutte le sue configurazioni, con angoli di visuale a 360° gradi, immagini, video e specifiche tecniche. L'applicazione resterà viva e continuamente aggiornata attraverso Twitter, i blog degli artisti ed altri social media. E' anche presente una linea temporale sulla storia dell'azienda italiana. I prossimi aggiornamenti riguarderanno invece intrattenimento musicale, moda, viaggi e arte. Per la realizzazione artistica Fiat ha selezionato quattro talentuosi artisti emergenti:
- un giovane "writer", un autore di graffiti che ha già lavorato per molti eventi marchiati Fiat;
- un fotografo professionista di 17 anni;
- un artista emergente il cui stile si è evoluto dallo studio di animazioni al disegno, dalla scansione a computer alla pittura e scultura;
- un artista nato ad inchiostro e penna che ha messo il suo talento a disposizione per uno degli arti delle vetture Fiat.
Josh Donnelly, impiegato nel settore marketing del marchio Fiat, ha dichiarato che l'obiettivo era creare un'applicazione che entrasse nel cuore e nella routine quotidiana della gente, non un fuoco di paglia. "Quando ci siamo seduti con il team creativo, la mia missione era quella di creare un'applicazione che la gente desidera aprire frequentemente. L'idea è di dare ai nostri fan – le persone interessate ad imparare di più sulla Fiat – una ragione per voler aprire l’applicazione più e più volte.
(Fonte: www.ipaddisti.it - 24/7/2011)

venerdì 29 luglio 2011

Marchionne presenta la nuova squadra di Fiat-Chrysler e spinge per l'integrazione


Nasce la squadra di comando di Fiat-Chrysler, con Sergio Marchionne alla guida del gruppo ma anche del mercato nordamericano. Gianni Coda, che era numero uno degli Acquisti e di Fiat Powertrain Auto, diventa responsabile dell’Auto in Europa, Africa e Medio Oriente, Cledorvino Belini seguirà l’America Latina e Michael Manley l’Asia. «Oggi è il momento giusto per accelerare nell’integrazione Fiat-Chrysler», commenta Marchionne, amministratore delegato delle due società, che parla di leader capaci di fare «un gruppo multinazionale efficiente in grado di competere nell’industria automobilistica mondiale». Nella nuova struttura composta da 22 top manager, si mischiano nomi Fiat e Chrysler. Accanto a Marchionne ci sono dodici uomini del Lingotto, nove di Detroit. Tra gli italiani spicca l’assenza di Andrea Formica, attuale amministratore delegato del marchio Fiat che viene affidato a Olivier Francois, mentre sarà un uomo di Detroit, Saab Chehab, a guidare il brand Lancia/Chrysler. Lo stile resta a un italiano, Lorenzo Ramaciotti, le risorse umane vanno a una donna, Linda Knoll. Il più alto organismo decisionale, dopo il cda, sarà il Gec (Group Executive Council) analogo alla struttura esistente in Fiat prima dello scorporo delle attività di Fiat Industrial. Sarà coordinato da Alessandro Baldi e avrà la supervisione dell’andamento dei business, definirà gli obiettivi, le decisioni strategiche e gli investimenti del gruppo. Il Gec avrà quattro strutture principali. La prima sarà composta dai quattro gruppi operativi regionali che si occuperanno della produzione e vendita di automobili; di ricambi e assistenza (Mopar), affidata a Pietro Gorlier; di componenti per auto (principalmente Magneti Marelli), guidata da Eugenio Razelli e di sistemi di produzione e fonderie (Comau e Teksid) con Riccardo Tarantini responsabile. La seconda struttura rifletterà la focalizzazione del gruppo sui marchi. Lorenzo Sistino continuerà a guidare i Veicoli Commerciali, Harald Wester l’Alfa Romeo, Michael Manley la Jeep, Reid Bigland la Dodge. La terza struttura sarà composta da manager che, «operando in modo traversale rispetto alle quattro regioni, guideranno con rigore e coerenza i processi industriali, ottimizzando le scelte della localizzazione dei capitali che il gruppo dovrà operare nei prossimi anni». I nomi sono Wester, che oltre a numero uno Alfa sarà anche Chief Technology Officer, Ramaciotti, Stefan Ketter (Manufacturing Technology & Coordination), Vilmar Fistarol (Vendite gruppo), Doug Betts (Qualità), Bob Lee (Powertrain Coordinator) e Mark Chernoby (Product Portfolio Management). La quarta struttura sarà composta dalle funzioni Corporate di supporto, affidate ad Alfredo Altavilla (Business Development), Baldi (Fiat Services & Holdings), Richard palmer (Chief Financial Officer) e Knoll.
(Fonte: www3.lastampa.it - 28/7/2011)

giovedì 28 luglio 2011

Marchionne: Fiat non sta trattando l'acquisto del 41% di Chrysler nelle mani di Veba/UAW


Sergio Marchionne non ha ancora deciso su quale sponda dell'Atlantico avrà sede la futura Fiat-Chrysler. Ma il suo cuore, di questi tempi, è più a Detroit che a Torino. E se verranno confermate le indiscrezioni sulla nomina di Gianni Coda a responsabile per l'Europa nella nuova struttura di comando, con lo stesso Marchionne alla guida del gruppo ma anche del mercato nordamericano, il manager potrebbe iniziare a passare ancora più tempo Oltreatlantico. Ieri ha inviato una lettera di felicitazioni ai dipendenti Chrysler per i risultati del 2° trimestre: «È un risultato storico per Chrysler» ma «non possiamo fermarci. L'alternativa è essere lasciati indietro e essere oscurati dalla concorrenza». Il problema dell'eventuale fusione è però ancora lontano nel tempo. Fiat è salita al 53,5% di Chrysler e arriverà al 58,5% entro fine anno, con l'omologazione di una "piccola" Dodge da oltre 40 miglia per gallone. Resta un socio di minoranza: il fondo Veba, gestito dal sindacato Uaw, che fornisce le prestazioni sanitarie ai pensionati Chrysler. Il fondo ha bisogno di monetizzare prima o poi le azioni, cedendole a Fiat o sul mercato. Ma Marchionne mette le mani avanti: «Fiat non ha intenzione di trattare con il fondo Veba per acquistare la loro quota». Torino ha la possibilità di bloccare un'Opa Chrysler fino a fine 2012, e Marchionne intende sfruttarla per strappare le condizioni migliori: tanto più che «abbiamo idee diverse sul valore della quota». In ogni caso, la liquidità di oltre 20 miliardi di euro (compresa quella di Chrysler) permette a Fiat la massima flessibilità: Marchionne vuol essere in grado di comprare anche domani, qualora si presenti l'occasione. Non ha caso ha citato proprio la fine del 2012 come data in cui «la liquidità tornerà verso livelli più normali». Solo quando verrà risolta la posizione del Veba si potrà pensare a un'eventuale fusione, che permetterebbe a Fiat di consolidare anche la liquidità di Chrysler. Per ora i rapporti finanziari tra le due entità sono ancora delicati. Da un lato, Fiat ha ribadito ieri di non essere impegnata in alcun modo a finanziare la controllata americana; dall'altro, il Veba e le banche che hanno concesso prestiti a Chrysler due mesi fa vogliono essere sicuri che dall'azienda U.S.A. non vengano convogliati fondi verso Torino. Chrysler, per esempio, non potrà pagare dividendi troppo presto: le condizioni dei prestiti sono «molto severe» su questo punto, ha detto Marchionne. Il messaggio del manager è però un altro: l'integrazione industriale procede secondo i piani. Sul piano dei prodotti, Marchionne ha citato il successo della Fiat Freemont «Made in Dodge» come esempio; 13mila ordini finora e 20mila vendite previste per l'anno. Dal lato manageriale, ha detto l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, la nuova struttura di «sarà resa nota tra qualche giorno: stiamo apportando gli ultimi ritocchi». Quella che nei bilanci è già Fiat-Chrysler avrà dunque la sua squadra di comando al massimo entro i primi di agosto. Adesso che Chrysler non ha più soci pubblici, teoricamente i suoi manager potrebbero guadagnare molto di più: finora infatti era in vigore il tetto di 500mila dollari annui imposto da Washington alle aziende che hanno ricevuto aiuti di stato nel 2009. Marchionne ha risposto con un secco no: «Non ci saranno aumenti generalizzati, perché non sono più i tempi degli sprechi nel settore auto».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 27/7/2011)

mercoledì 27 luglio 2011

Marchionne illustra per la prima volta i dati trimestrali consolidati di Fiat-Chrysler


Il Gruppo Fiat ha chiuso il secondo trimestre con numeri più grandi. Dal mese di giugno, nel bilancio ci sono anche quelli di Chrysler, la casa automobilistica U.S.A. controllata al 53,5%. Insomma si è passati dalla taglia Media a quella Large. Ricavi netti a 13.153 milioni di euro (+40%), utile della gestione ordinaria 525 milioni (+218%), utile operativo a 1.583 milioni (+1.301%). Utile netto a 1.273 milioni rispetto alla perdita di 17 milioni del corrispondente periodo dello scorso anno. Il gruppo, a seguito del consolidamento di Chrysler, che ha aumentato il fatturato del 30%, e del miglioramento dei risultati delle altre attività di Fiat, ha rivisto al rialzo i target per il 2011. A fine anno ricavi per oltre 58 miliardi di euro, utile gestione ordinaria a circa 2,1 miliardi, utile netto a circa 1,7 miliardi, indebitamento netto industriale tra 5 e 5,5 miliardi. In Borsa il titolo Fiat ha perso il 4,4%, i risultati sono stati in linea con le previsioni e la mancanza di sorprese positive ha spinto gli operatori a monetizzare i profitti. Un copione scontato, le azioni Fiat valgono 7,17 euro rispetto ai 5 euro della metà marzo. Insomma quando il mercato scendeva, il titolo Fiat saliva, prima o poi doveva arrivare anche la retromarcia. Dopo i numeri, la conference call con gli analisti nella quale Sergio Marchionne, Ad di Fiat e Chrysler, ha risposto alla domande degli analisti. Confermata l'intenzione di salire in Chrysler al 58,5% entro fine anno e soddisfazione per i risultati della controllata U.S.A. ("ha fatto un grande passo avanti"). Sul target del debito netto del gruppo posto tra 5 e 5,5 miliardi, "non escludo un numero più basso", ha detto il top manager. Quest'anno il mercato europeo dell'auto darà comunque poche soddisfazioni: "siamo ritornati sui livelli del 1996, bene invece i veicoli commerciali", ha spiegato Marchionne. Il "cash-cow", la vacca da mungere, resta L'America Latina. In Brasile il mercato dell'auto cresce del 9,5% all'anno e quello dei veicoli commerciali tra il 3 e il 5%. "Bene anche l'Argentina", ha sottolineato Marchionne, annunciando a breve una riorganizzazione manageriale che porterà a semplificare ed unificare l'attuale struttura. Doccia fredda sulla Fiom-Cgil per quanto riguarda il contratto di lavoro relativo allo stabilimento di Pomigliano e quello relativo a tutti gli altri stabilimenti italiani, la cosiddetta Fabbrica Italia. "Non ci faremo coinvolgere in continue negoziazioni. Va applicato ciò che è stato convenuto ed approvato dalla maggioranza dei lavoratori. Sull'Italia non possiamo fare di piu", ha spiegato Marchionne, ricordando come gli accordi sindacali con i lavoratori di Chrysler abbiano permesso di rilanciare un'azienda moribonda. Il numero uno del Lingotto ha infine ridabito che Fiat continuerà ad investire in Italia, "poi se qualcuno non ci vuole stare...", e qui si è fermato.
(Fonte: www.asca.it - 26/7/2011)

martedì 26 luglio 2011

Fiat Industrial: ricavi in crescita nel secondo trimestre


Buone notizie dal pianeta Fiat: l'indebitamento netto di Fiat Industrial è sceso a 1,7 miliardi di euro (2,1 miliardi di euro al 31 marzo 2011), principalmente per effetto del forte cash flow operativo. La liquidità è salita a 3,9 miliardi di euro, in crescita di circa 400 milioni di euro rispetto al 31 marzo 2011. Tutto questo grazie al fatto che Fiat Industrial ha chiuso il secondo trimestre con ricavi pari a 6,3 miliardi di euro (5,7 miliardi di euro nel secondo trimestre del 2010), in crescita del 10,6% per effetto dell'incremento dei volumi di tutti i settori. L'utile della gestione ordinaria, pari a 530 milioni di euro, è aumentato di 184 milioni di euro (346 milioni di euro nel secondo trimestre 2010) "trainato - spiega la società -dalla significativa performance di cnh che ha realizzato un margine sui ricavi a due cifre (10,5%)". L'utile netto è salito da 130 a 239 milioni di euro. Complessivamente quindi nei primi sei mesi dell'anno, i ricavi del gruppo sono stati pari a 11,6 miliardi di euro, in aumento del 14,4% rispetto all'analogo periodo del 2010. L'utile della gestione ordinaria è stato di 807 milioni di euro (margine sui ricavi del 6,9%), con un miglioramento del 72,4% mentre l'utile netto è salito da 96 a 353 milioni di euro. Così Fiat Industrial ha rivisto al rialzo gli obiettivi per l'anno con ricavi di circa 24 miliardi di euro, utile della gestione ordinaria superiore a 1,5 miliardi di euro, indebitamento netto industriale di circa 1,6 miliardi di euro e liquidità superiore ai 4 miliardi di euro circa. "Un trimestre buono e nessuna cattiva notizia": questo il commento di Sergio Marchionne, ad di Fiat Industrial. "Di tutti i dati forniti ai mercati - ha spiegato Marchionne - questi erano i più facili da ottenere. E' stato un trimestre molto buono grazie anche a un miglioramento del mercato che è ora in buona salute. Questo ci ha dato la fiducia necessaria per alzare già in questo trimestre i nostri target per l'intero anno 2011". Marchionne ha anche detto che Fiat Industrial è "in grado di pagare dividendi regolari". E che, sorpratutto, vede rosa per il futuro: "Ci attendiamo un buon secondo semestre, sicuramente in linea con le nostre previsioni. Alla fine del terzo trimestre rivedremo le nostre stime, e c'è il potenziale di un ulteriore upgrade delle proiezioni rispetto a quelle attuali".
(Fonte: www.repubblica.it - 25/7/2011)

lunedì 25 luglio 2011

Il prodotto ha sempre ragione: Lancia al 5% del mercato grazie alla nuova Ypsilon


Lancia in festa: nel primo semestre 2011 la marca ha raggiunto il 4,7% del mercato italiano delle auto (contro il 4,6% dell'anno precedente) e nel solo mese di giugno la percentuale è stata del 4,8% (contro il 4,5% di giugno 2010). Basterebbe questo per brindare, ma c'è dell'altro grazie all'arrivo della nuova Ypsilon: "La nuova vettura - ha spiegato il responsabile marchi di Lancia e Chrysler, Olivier Francois - ha raccolto già 13mila ordini che rappresentano il 50% dell'obiettivo di volumi 2011". "Già la Ypsilon a versione 3 porte ha fatto da traino per tutta la casa - ha detto Francois a margine della presentazione del progetto 'ypsilon for you' promosso in collaborazione con il comune di Riccione - perché le vendite si sviluppano molto bene. In italia siamo molto vicini al 5% di quota di mercato che è un traguardo psicologico, importante". "Lancia Musa va bene e la Delta continua a crescere - ha aggiunto -. La versione precedente di Ypsilon ha fatto veramente scintille e miracoli, perché piace tantissimo. Adesso arriva il modello a 5 porte, completamente nuova, che va a completare la gamma, penso ci aprirà le porte a nuovo pubblico: giovani famiglie, giovani coppie, ragazzi... Sarà per lancia lo strumento della riconquista del mercato europeo, che entro fine anno continuerà a svilupparsi con la nuova Thema e Voyager, l monovolume uscito dalla partnership con Chrysler".
(Fonte: www.repubblica.it - 22/7/2011)

domenica 24 luglio 2011

Il sindaco Bing: "Il sogno di Detroit? Diventare la Torino degli Stati Uniti"


Da queste parti lo chiamano "restringimento delle città". Basta venire a Detroit per capirlo. Negli anni '60 aveva 1,6 milioni di abitanti e oggi viaggia intorno ai 900 mila. Era grande come Milano, Novara e Alessandria messe insieme e oggi ha gli stessi abitanti di Torino. Gli effetti sono clamorosi: il sole tramonta dietro i vetri rotti dei grattacieli del centro e una parte del territorio urbano è invaso dalle sterpaglie. Le strade sono evidentemente sovradimensionate e per questo quasi sempre semideserte. Il sindaco, Dave Bing, è stato eletto con un programma ambizioso: "Ridare densità al centro". Abbattendo le costruzioni non più recuperabili e in questo modo ricreando la massa critica per ridare slancio alla città. In questi giorni il programma potrebbe subire una battuta d'arresto: il bilancio piange e Bing rischia di dover tagliare servizi essenziali, come gli autobus alla domenica, piuttosto che incrementarli. In più il nuovo governatore repubblicano del Michigan non dà una mano e segue alla lettera la dottrina di cui la destra è orgogliosa, non solo da queste parti: è meglio avere le sterpaglie e le tasse basse piuttosto che aumentare il prelievo fiscale ai ceti abbienti e tagliare l'erba. Per uscire da questo scenario apocalittico molti osservatori a Detroit indicano quello che chiamano "il modello Torino". A quel modello il sindaco di Detroit crede molto. "Ho visitato recentemente Torino e ho visto che anche voi avevate gli stessi problemi. In parte stiamo cercando di imitarvi". Ma, va detto, nel momento più difficile della sua crisi, Torino ha avuto a disposizione più soldi pubblici. E' possibile ripopolare il centro di Detroit solo con i denari dei privati? "Non credo proprio, non voglio immaginare uno scenario di questo genere", risponde Bing. Sarà. Ma intanto sul palco dell'annuale festa dei ragazzi, nello splendido parco di Belle Isle, l'isola che guarda direttamente la frontiera canadese, tutti applaudono un manager della At&t che arriva con un grande cartellone su cui è riprodotto un assegno da 25.000 dollari. "Tutti speriamo in un futuro migliore per la nostra città", dice il presentatore nell'entusiasmo generale. Il sindaco stringe mani e prende in braccio i bambini come i suoi colleghi di ogni latitudine. Come far rivivere il centro? "Il centro di Detroit è già oggi il cuore degli affari della città, non è un deserto. Dovremo trovare il modo di tornare a popolarlo, spingere più persone a venire ad abitarlo". Un programma che in Europa si chiamerebbe di ricucitura sociale. Un programma di cui si valutano soprattutto gli effetti pratici: "In questo modo - spiegano gli amministratori di Detroit - si risparmierebbero anche una parte degli investimenti pubblici". Perché radunare la popolazione in centro significa ridurre la rete dei servizi, ancora oggi estesa come all'epoca della massima estensione della città in quartieri attualmente semiabbandonati. In alcune parti di Detroit alla sera non c'è l'illuminazione. Ma spingere le persone a spostarsi non è facile: "Uno dei problemi - dice il sindaco - è quello del mercato immobiliare". Prima della grande crisi molti hanno acceso mutui per acquistare case che oggi valgono la metà. Chi può continua a pagare il mutuo e non si trasferisce sperando che la ripresa di valore della case gli consenta di recuperare almeno una parte del denaro. Nonostante queste grandi difficoltà, alla sua rinascita Detroit crede con entusiasmo. Nel mezzo del suo tentativo di rinascita propone un volto contradditorio che può certamente affascinare per l'indubbia vitalità che sprigiona come certi scorci di archeologia industriale torinese. A Royal Oak, uno dei sobborghi a nord della città dove i bianchi sono fuggiti dopo la rivolta dei neri nel 1967, la libreria Barnes & Noble ha una nutrita sezione sulla storia e i problemi dell'area urbana. Se capita di acquistare uno dei molti testi sui moti razziali del 1967, il commesso propone con un sorriso anche un piccolo libro: "Legga anche questo, riguarda il futuro". In "Ricostruire Detroit" l'autore, John Gallager, suggerisce alcune soluzioni e dedica diverse pagine a Torino: "La Fiat era quasi morta, la città aveva perso negli ultimi vent'anni il 25 per cento della sua popolazione - scrive Gallager - e fabbriche abbandonate deturpavano il paesaggio cittadino". Sembra la fotografia di Detroit negli ultimi decenni. "Poi Torino si è tirata su le maniche, si è scossa dalla sua depressione e si è messa al lavoro". Il libro racconta la storia delle Olimpiadi, attribuisce grande importanza al lavoro della Film Commission per ricostruire l'immagine della città "che oggi non si immagina più pesante e vecchia, ma giovane e piena di nuove speranze". In conclusione una dichiarazione di Valentino Castellani: "Paradossalmente la crisi più profonda si è trasformata in una grandissima opportunità per cambiare e innovarsi". Il commento finale è però affidato a Beth Ardisana, presidente e amministratore delegato della Asg Renaissance, membro del direttivo della Camera di Commercio della città: "Una volta la gente chiamava Torino la Detroit italiana. Oggi sarebbe un bel risultato che Detroit venisse soprannominata la Torino degli Stati Uniti". Un obiettivo che potrebbe essere favorito proprio dall'arrivo della Fiat a Auburn Hills. I vertici di Chrysler sono ancora molto impegnati nel rilancio della società ma non escludono, nel prossimo futuro, di impegnarsi direttamente per dare una mano a Detroit a ricostruirsi intorno al suo centro storico. In fondo lo slogan della campagna pubblicitaria del rilancio Chrysler, quello che campeggia sul grande palazzo del centro direzionale, è un omaggio alla città: "Imported from Detroit".
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 16/7/2011)

sabato 23 luglio 2011

Il successo della Freemont spiazza Fiat


Da quando non accadeva? La Fiat oggi ha un modello che non è prodotto quanto la richiesta pretende e sta già diventando un caso: la Freemont. Al lancio la casa torinese per il 2011 aveva previsto 13.000 vetture destinate a diventare a pieno regime 33 mila nel 2012. Ma dopo appena un mese gli ordini sono già a quota 16 mila, tremila in più di quanto previsto, e adesso la Fiat sta facendo pressioni sullo stabilimento di Toluca in Messico per avere altre vetture anche se non sarà per nulla facile riuscirci. Il rischio, è chiaro, è di un ripetersi dei problemi di Kia con la Sportage e Hyundai con la ix35 che hanno grandi ritardi nelle consegne perché la domanda ha ribaltato tutte le previsioni. La richiesta della Casa torinese è di arrivare a una produzione dedicata di almeno 4 mila veicoli al mese (almeno 45 all’anno), però a Toluca debbono fronteggiare anche la produzione della versione americana, la Journey, che nella sostanza è molto differente dalla Freemont per quello che sta sotto la carrozzeria, dagli interni al motore Multijet oltre che alle sospensioni, e non sarà facile combinare le due esigenze. Oggi la Freemont vola a numeri che stridono con il precedente della Journey in Italia che un anno fa si era fermata nelle vendite a poco più di 6 mila unità, e sta viaggiando ad un ritmo travolgente anche rispetto all’Ulysse che di fatto va a sostituire, ma ci sono spiegazioni chiare sul perché questo succede. Prima di tutto c’è allora la rete dei concessionari che in Europa, e in special modo in Italia, è molto più estesa. E poi c’è il prezzo che è a dir poco allettante: di questi tempi 5 mila Euro in meno della concorrenza (lo stesso Ulysse partiva da oltre 30 mila!) fanno gola ad ogni acquirente. Infine c’è la proposta che tocca un tipo di clientela che la Fiat non aveva in casa e che adesso può avvicinare, tanto che dopo i dati del primo mese si è visto che l’80% degli ordini sono di clienti soffiati alla concorrenza, un numero esagerato e assolutamente nuovo per la rete Fiat abituata da sempre agli stessi acquirenti. Insomma, la Fiat che paventa crisi di prodotto sorprende assai. Si parla di un solo modello e nemmeno di larga diffusione (ma di buoni margini per la rete!), però in tempi di crisi nera del mercato in tutta Europa, Germania compresa, è una sprazzo di luce. Beneaugurante.
(Fonte: http://viamazzocchi.quattroruote.it - 15/7/2011)

venerdì 22 luglio 2011

Fiat sale al 53,5 % di Chrysler: rilevate le quote di U.S.A. e Canada


Gli Stati Uniti e il Canada escono da Chrysler e Fiat diventa il primo azionista della casa automobilistica americana con il 53,5%. L’obiettivo è ora salire al 58,5% entro la fine dell’anno, con il raggiungimento dell’ultimo "performance event" previsto dall’accordo con Chrysler, la produzione di una vettura ecologica con tecnologia Fiat. L’operazione è un ulteriore passo nell’avvicinamento di Fiat e Chrysler: a breve, il 26 luglio, il Lingotto presenterà per la prima volta i conti consolidati con Chrysler e l’amministratore delegato, Sergio Marchionne, dovrebbe presentare al consiglio di amministrazione la nuova struttura di governo del gruppo, con quattro manager regionali e uno "steering committee" per la supervisione delle attività. Fiat ha acquistato la quota del Canada per 125 milioni di dollari e quella del Tesoro americano per 500 milioni di dollari. Il Dipartimento guidato da Timothy Geithner ha accettato di cedere a Fiat tutti i diritti che gli spettano in forza dell’Equity Recapture Agreement per 75 milioni di dollari. «Con la chiusura di oggi, il governo americano esce dal proprio investimento in Chrysler almeno sei anni prima del previsto. È un risultato importante e un’ulteriore prova del successo delle azioni dell’amministrazione - afferma il Tesoro - per assistere l’industria automobilistica americana, che hanno aiutato a salvare milioni di posti di lavoro nella peggiore crisi dalla Grande Depressione». L’acquisizione dell’1,5% del Canada e del 6% del Tesoro consentono a Fiat di salire al 53,5% su base diluita. «In seguito all’acquisizione del 16%» in Chrysler «il 24 maggio 2011, Fiat ha il diritto di scegliere quattro membri del consiglio di amministrazione. La Fiat ha comunicato l’8 giugno 2011 di non voler esercitare il diritto di nominare un ulteriore direttore ma di riservarsi il diritto di farlo in qualsiasi momento. Con l’acquisizione della maggioranza» di Chrysler, «Fiat ha il diritto di scegliere la maggioranza dei direttori del consiglio di amministrazione». La Fiat ora guarda avanti, a salire al 58,5% entro la fine dell’anno. Marchionne sta preparando una nuova struttura di management per le due case automobilistiche con la quale delegherà parte del potere a dei manager regionali. Marchionne sta valutando al creazione - secondo indiscrezioni - di quattro aree - Europa, Nord America, Asia-Pacifico e America latina - ognuna con un manager. I numeri uno dei singoli marchi dovranno lavorare a stretto contatto con i manager regionali e sarà creato uno "steering committee" di 25 persone per guidare Fiat e Chrysler.
(Fonte: www3.lastampa.it - 21/7/2011)

giovedì 21 luglio 2011

Fiat: cresce la rete di vendita negli U.S.A.


Ai piani alti del Lingotto lo sanno bene: per affrontare con convinzione e buoni risultati un mercato ampio e difficile come quello americano serve una rete di vendita il più capillare possibile, oltre ovviamente ad una gamma di modelli adeguati per i gusti di quel pubblico, è ovvio. E se la Fiat con la 500 ha iniziato con il piede giusto, meno sicurezza è finora arrivata dalla rete di concessionarie. L'obiettivo era quello di arrivare ad avere almeno 130 concessionari monomarca entro fine anno, un obiettivo da raggiungere anche e soprattutto grazie all'aiuto della consociata Chrysler, che non solo sta mettendo a disposizione parte della propria rete di vendita a cui si aggiungeranno marchi italiani in capo a Fiat, ma sta cercando anche di stringere accordi con altri imprenditori del settore attualmente non legati alla casa di Detroit. Fino al mese di aprile Fiat poteva contare su una rete composta da 40 concessionari in tutto il territorio americano, tanto che secondo alcuni osservatori l'obiettivo di fine anno sembrava difficilmente raggiungibile, ma nelle ultime settimane pare esserci stata una crescita consistente, arrivando a inizio giugno a contare 59 showroom, che sono aumentati fino a 70 alla fine del mese. In questo modo il gruppo italo-americano si è rimesso in linea con il target di fine anno, che dovrebbe consentire a Fiat di poter contare su una rete in grado di portare la propria gamma presso tutte le principali aree del Nordamerica.
(Fonte: www.motori.it - 27/6/2011)

mercoledì 20 luglio 2011

Gli analisti: utile Fiat a 110 milioni di Euro nel secondo trimestre


Fiat ha comunicato sul sito del gruppo le stime di consensus di una ventina di analisti finanziari per il secondo trimestre, in preparazione al consiglio di amministrazione del 26 luglio. L'utile netto previsto è di 110 milioni di euro, in una forchetta che va da un minimo di 80 milioni ad un massimo di 160. Il risultato operativo dovrebbe attestarsi a 485 milioni di euro, mentre l'utile ante imposte è stimato per 290 milioni di euro. Le stime per l'intero 2011 prevedono un utile netto di 570 milioni di euro, un utile operativo di 2,22 miliardi ed indebitamento netto industriale di 4,83 miliardi. La società ha precisato che le stime per il secondo trimestre includono un mese di risultati di Chrysler, le previsioni per il 2011 ne includono 7. Nel 2012, secondo gli analisti, l'utile netto dovrebbe sfiorare gli 1,6 miliardi di euro. Per quanto riguarda Fiat Group Automobiles è stimato un utile di gestione di 175 milioni di euro, di 155 per Chrysler e di 95 per Ferrari e Maserati. Intanto il Lingotto, alle prese con le polemiche sugli investimenti negli stabilimenti italiani, cerca un sito per l'assemblaggio di automobili in Russia. Il ministro dello Sviluppo economico russo, Elvira Nabjullina, ha annunciato nelle scorse settimane accordi con Fiat, lasciando intendere maggiori agevolazioni grazie al rapporto di lunga data tra Torino e Mosca. L'accordo con il gruppo Gaz che avrebbe dovuto portare la produzione a Nizhny Novogord pare sfumato, perchè VW e GM hanno già siglato un'intesa per gli impianti della città sul Volga. La banca russa Sberbank ha così proposto alla casa torinese il sito di Cherkessk, nel Caucaso, dove ha sede la Derways, produttore russo in joint venture con due case cinesi. Il lingotto dovrebbe produrre otto modelli in Russia, in particolare Fiat e Chrysler.
(Fonte: www.firstonline.info - 18/7/2011)

martedì 19 luglio 2011

Automotive News: Marchionne pronto a delegare poteri ai manager regionali


Fiat e Chrysler avranno presto una struttura di management comune, guidata da uno "steering committee" e con ampi poteri per quattro manager regionali. Lo afferma Automotive News, newsletter americana del settore automobilistico solitamente bene informata sulle vicende delle grandi case di Detroit. Citando fonti informate dei piani di Sergio Marchionne, a.d. di entrambe le case automobilistiche, Automotive News scrive che del comitato faranno parte 25 persone e che i quattro manager regionali (responsabili per Europa, Nordamerica, Asia-Pacifico e America Latina) avranno in delega parte dei poteri oggi direttamente in mano a Marchionne. Un annuncio in tal senso da parte di Marchionne potrebbe arrivare già la settimana prossima, alla presentazione dei risultati trimestrali Fiat il 26 luglio a Belo Horizonte in Brasile. In ogni caso l'annuncio di Marchionne non sarà quello della fusione tra Fiat e Chrysler, che secondo le fonti sentite da Automotive News questa non arriverà prima del 2012.
(Fonte: www.autonews.com - 18/7/2011)

lunedì 18 luglio 2011

Fabbrica Italia: investimenti a rischio dopo la "sentenza-Fiom"?


Sergio Marchionne, in viaggio verso Torino proprio mentre il giudice Vincenzo Ciocchetti apporta gli ultimi ritocchi alla sentenza su Pomigliano, non prende bene il verdetto, almeno nella parte che riapre le porte della fabbrica alla "odiata" Fiom. Ai suoi dice – a botta calda, pochi minuti dopo la sentenza - che gli investimenti su Fabbrica Italia, ed anche su Pomigliano dove si lavora alla nuova Panda, sono sospesi. Congelati in attesa di capire quale sarà l´impatto sulla vita aziendale del rientro delle tute blu della Cgil. Fin dalla presentazione di Fabbrica Italia, l´ad della Fiat e della Chrysler va ripetendo che il suo obiettivo è quello di «rispondere ai mercati così come avviene in tutti i Paesi del mondo» e cioè senza che ogni decisione debba trasformarsi in una vertenza nuova. Aggiungendo, anche che, in caso contrario, la Fiat sarà costretta ad andare là dove ciò sarà possibile. Conclusasi in perfetto stile italiano, la vicenda giudiziaria di ieri riconosce le ragioni della Fiat ma lascia in parte aperta la questione Fiom di cui stabilisce la riammissione in fabbrica. La Fiat deve prendere atto di un giudizio che, nel darle ragione, può avere un effetto diretto sui suoi piani in Italia. Per quanto possa sembrare ninfluente - ma non lo è per niente - non è secondario che ora Marchionne debba fare le sue mosse quando mancano dieci giorni al cda sulla semestrale di un gruppo integrato che si terrà, per la prima volta, in Brasile e nel corso del quale è assai probabile venga annunciata la semplificazione della struttura organizzativa. Che poi vuol dire la creazione di un team unico per Fiat e Chrysler corresponsabili per ognuna delle tre aree più importanti. Una struttura studiata per rispondere alle esigenze di un gruppo avviato comunque verso quella fusione oltre la quale potrebbe farsi strada la decisione di spostare l´asse del gruppo dall´Italia agli Stati Uniti. Ieri qualcuno scherzava, ricordando l´anagramma di Sergio Marchionne che circola da qualche giorno e che suona «non emigrerò, chissà». Proprio così: chissà? E´ noto che delle tre aree, nelle quali il Lingotto intende creare altrettante headquarters, Europa, Stati Uniti e Sud America, il Vecchio Continente ancora conta di più n termini di produzione e lavoratori occupati, con 45.939 contro 39.552 addetti. Questo vuol dire che Marchionne non intende rinunciare all´Europa. E non può rinunciare alla permanenza in Italia dove, oltre a quelle produttive e occupazionali, ci sono ragioni storiche che renderebbero assai problematica la scelta di un disimpegno. Ora che cosa potrà accadere? Marchionne ha più volte ha ricordato che le tre operazioni, Pomigliano, Mirafiori, Bertone di Grugliasco, lui le ha sempre pensate in funzione del salvataggio di circa 12 mila posti. Dopo questa sentenza, il manager batte il pugno. Si ritira a riflettere. Certo, al di là della (parziale) delusione, assai difficilmente Fiat potrà fare retromarcia per quanto riguarda lo stabilimento campano. Per la riconversione di Pomigliano ha investito 700 milioni e, con qualche problema nei rapporti con i sindacati polacchi, vi ha trasferito la produzione della Panda. I piani prevedono 270 mila vetture all´anno di questo modello, che tra l´altro è il più venduto tra quelli Fiat (al Salone di Francoforte tra meno di tre mesi sarà presentata la nuova versione). Ciò che è importante è che ora si mette in moto l´iter per Mirafiori e Grugliasco con una sentenza che sancisce, in fondo, una tregua che può contare molto.
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 17/7/2011)

domenica 17 luglio 2011

Quanta "qualità" ci vuole per essere leader?


Il decennio trascorso a cavallo del nuovo millennio è stato segnato da cambiamenti nell’approccio al mercato delle Case automobilistiche. Le joint venture industriali e le alleanze finanziarie si sono infatti susseguite senza sosta, con l’obiettivo unico di crescere costantemente, delineando la classifica mondiale dei migliori costruttori in base al parametro del numero di automobili vendute. Il meccanismo è ormai talmente ben oliato da essere divenuto, in un certo senso, abitudinario. Ci riferiamo all’atteggiamento critico con cui analizzare l’assetto economico del “pianeta automotive”, che può far tuttavia scaturire una riflessione: la qualità costruttiva e l’affidabilità delle automobili deve tenere il passo con il tasso di crescita aziendale imposto dai manager. E’ il punto chiave del lavoro degli ad delle Case: da Marchionne (Fiat-Chrysler) a Winterkorn (Volkswagen), passando per l’avanzata del Gruppo coreano Hyundai Motor Group (di cui fanno parte i marchi Hyundai e Kia) e la strategia dei giapponesi di Toyota e Nissan.
IL GIAPPONE HA INSEGNATO. ORA IMPARA - Lo spunto più recente di riflessione l’ha fornito proprio il CEO del Gruppo Renault-Nissan, Carlos Ghosn, in occasione della presentazione dei piani strategici Nissan per il periodo 2011-2016. “Abbiamo conseguito negli anni molti miglioramenti - ha detto Ghosn - ma abbiamo ancora un grosso potenziale da sviluppare”. Il concetto di qualità dei metodi di lavoro, dei processi e di conseguenza dei prodotti è dunque l’aspetto su cui le Case devono investire. D’altronde, proprio l’ingegneria gestionale giapponese ha imposto in tutto il mondo la filosofia Kanban e l’approccio Just in Time, esportando la cultura industriale nipponica in occidente e permettendo a Toyota di insediarsi al vertice come primo costruttore automobilistico globale. Le campagne di richiamo indette negli anni dalla Casa delle Tre Ellissi e i tagli alla produzione causati dallo tsunami in Giappone si inseriscono ora nella "gara" per la successione, in cui il Gruppo Volkswagen, per stessa ammissione dell’ad Martin Winterkorn, dovrà raggiungere la leadership respingendo la crescita qualitativa dei competitor emergenti, come i costruttori coreani.
STRATEGIA GLOBALIZZATA, PRODUZIONE DELOCALIZZATA - In questo quadro si inseriscono poi le strategie industrilai di delocalizzazione dei siti produttivi, o "glocalizzazione", per usare un termine che enfatizza i concetti di progettazione globale e produzione sui mercati locali. A non passare mai di attualità sono infatti i piani delle Case che individuano nei mercati emergenti di Brasile, Cina, India e Russia - elencati in ordine cronologico di “acquisizione d’importanza” - ma non dimentichiamo che l’Europa dell'Est ha avuto nell’ultimo decennio un ruolo fondamentale nel garantire ottimi livelli qualitativi in uscita dalle linee produttive. Abbiamo in mente in particolare i siti slovacchi dove nascono C1, 107 e Aygo, gli stabilimenti Hyundai in Repubblica Ceca o la fabbrica polacca che realizza la 500 e la Panda, uno dei modelli di maggior successo della Fiat in termini di qualità appunto. La Casa torinese ha poi investito anche in Serbia per l’assemblaggio di modelli low cost e della prossima monovolume compatta. Il tema è più che mai d’attualità, dunque, come dimostra proprio l’evoluzione filosofica e industriale della nuova Panda. La prossima citycar nascerà infatti nel 2012 a Pomigliano d’Arco, e non più in Polonia, nel rispetto del programma “Fabbrica Italia”. La sfida della competizione globale coinvolge dunque tutti i costruttori, poggiando inevitabilmente sul seguente pilastro: trovare l’equilibrio tra crescita delle vendite e qualità dei prodotti.
(Fonte: www.omniauto.it - 5/7/2011)

sabato 16 luglio 2011

Ferrari: solo il 45% della produzione è rosso


In Ferrari hanno ormai dimenticato il suono del vecchio adagio “cinc sghei püssè ma russ” (qualche lira in più ma di colore rosso). La produzione attuale, rispetto a quanto non avvenisse quindici anni fa, ha smarrito l’ovvia monocromia in favore di nuove soluzioni bicolori: a cavallo degli anni ’90 ben l’85% del volume prodotto era di colore rosso, mentre attualmente la percentuale è scesa fino al 45%. I nuovi acquirenti scelgono infatti soluzioni bi-colore, di matrice più classica e con il padiglione a contrasto, richiamando le verniciature delle Gran Turismo più note. A tal proposito sono disponibili i colori su campione oppure le livree Challenge, che prevedono l’installazione di strisce longitudinali in stile 430 Scuderia. I progressi in tema di verniciatura coincidono con l’apertura del nuovo impianto di trattamento, dov’è possibile ottenere colori storici oppure le nuove varianti tristrato: la vernice è applicata in tre fasi così da aumentare la profondità del colore e il senso di brillantezza. L’introduzione di nuove tecnologie ha permesso alle finiture “extra campionario” di aumentare dall’1% dei primi anni 2000 fino ad oltre il 10% nel 2010.
(Fonte: www.autoblog.it - 27/6/2011)

venerdì 15 luglio 2011

Sistino: "In Cina abbiamo sprecato 3 anni"


Si chiama “First Edition” ed è l’edizione della Fiat 500 con cui il marchio torinese entra sul mercato automobilistico più grande al mondo, la Cina. In occasione del lancio della vettura, l’ad di Fiat Automobiles, Lorenzo Sistino, è stato intervistato dal sito cinese Auto163, che riporta la strategia del Lingotto per il Paese asiatico e una frase del manager italiano, secondo cui la mancanza di un partner industriale negli ultimi tre anni ha determinato per Fiat un ritardo nella presenza del marchio in Cina.
DOPO LO STOP DEL 2007, SI RIPARTE NEL 2012 - La causa di questo empasse risale proprio al 2007, quando saltò l'alleanza tra Fiat e Nanjing e non venne più portato avanti lo sviluppo industriale sul territorio cinese, dove non fu perciò più costruito nessuno stabilimento produttivo. Il CEO di Fiat Automobiles, tuttavia, ritiene che la crescita del mercato in Cina continuerà ancora per molto tempo e che il Gruppo Fiat-Chrysler abbia ancora un grande potenziale da sfruttare. Le basi della strategia industriale e commerciale si basa in primis su una nuova alleanza con GAC (Guangzhou Automobile Group), partner autoctono con cui verrà lanciata nel 2012 una nuova berlina, prodotta interamente nello stabilimento di Changsha.
CHRYSLER DA SOLIDITA’, LA 500 L’IMMAGINE - D’altro canto, i vertici Fiat ritengono anche che l’assetto attuale, finanziario e industriale, dell’alleanza con Chrysler sia più solido rispetto allo scenario di tre anni fa. Ciò alimenta la fiducia per penetrare efficacemente nel mercato cinese, grazie al know-how della Casa torinese nelle auto piccole e alla disponibilità di tecnologie green a livello di powertrain, con riferimento alla gamma Natural Power e ai motori TwinAir. L’introduzione della 500, infine, servirà per far conoscere agli automobilisti cinesi il marchio Fiat, in previsione dell’arrivo di nuovi modelli, capitanati proprio dalla berlina costruita con GAC nel 2012. D’altro canto, lo stabilimento messicano in cui è prodotta 500 per gli U.S.A. è già attrezzato per esportare la citycar in Asia, creando una sorta di ponte tra Oceano Atlantico e Pacifico per far sbarcare Fiat in Estremo Oriente.
(Fonte: www.omniauto.it - 13/7/2011)

giovedì 14 luglio 2011

Elkann e Marchionne da Fassino: "Fiat manterrà una presenza strategica a Torino"


La Fiat vuole mantenere «una presenza strategica» a Torino. E anche assicurare «il suo contributo all’interno del tessuto economico cittadino». Lo hanno ripetuto al sindaco John Elkann e Sergio Marchionne, presidente e ad Fiat, nel corso di un incontro di un’ora organizzato all’improvviso ieri a Palazzo Civico. Fassino e Marchionne avevano deciso di incontrarsi subito dopo le elezioni di metà maggio. Ma il turbine di impegni nazionali e internazionali dell’ad Fiat e del sindaco aveva fatto slittare la riunione. Però nella notte di festa di San Giovanni, durante i fuochi d’artificio in riva al Po, i due si erano rivisti e avevano deciso di accelerare i tempi. Così ieri mattina, appena atterrato, di ritorno dagli U.S.A., Marchionne ci ha provato. Un lavoro attento di agenda tra le segreterie ha consentito di trovare il luogo e l’ora giusta: le 14,30. Marchionne ed Elkann sono arrivati entrambi in Grand Cherokee, l’auto che viene usata nelle ultime settimane - insieme al Freemont - per le uscite pubbliche. Fassino, accompagnato dal vice sindaco Tom Dealessandri, lo ha detto subito chiaro: c’è l’impegno dell’amministrazione comunale al «mantenimento degli attuali livelli produttivi e direzionali Fiat a Torino e la piena collaborazione istituzionale con un’azienda che è parte irrinunciabile dell’identità e della storia della città». In sostanza, è il tormentone che agita da anni la vita economica torinese: il futuro di Mirafiori, della testa del gruppo e da due anni anche della ex Bertone. I due manager hanno rassicurato il sindaco, informandolo sulle strategie e sugli sviluppi di partnership con la Chrysler. E probabilmente si è parlato anche dell’imminente sentenza - prevista per sabato - della causa intentata dalla Fiom contro la newco di Pomigliano. Fassino ha risposto illustrando il documento sulle linee di indirizzo programmatico presentato lunedì al Consiglio comunale, che dovrebbe essere approvato oggi. Non è ancora, ovviamente, l’amicizia cameratesca consumata giocando accanitamente a scopa che legava Marchionne e Chiamparino, ma sicuramente l’inizio di una collaborazione che in tempi recenti ha avuto il suo punto più alto nel 2004. Allora, dopo la spaventosa crisi aziendale, Regione, Provincia e Comune avevano rilevato aree dismesse per garantire una produzione a Torino. Quelle aree affidate a una società mista, Tne, sono ora al centro di un contenzioso tra Fiat e città. A fianco del nuovo centro del design del Politecnico, che ospiterà i corsi di Ingegneria per l’auto, dovrebbe sorgere una cittadella commerciale per fornire servizi agli studenti. L’azienda, però, teme che l’insediamento interferisca con le attività industriali che restano a Mirafiori e si è rivolta al Tar impugnando la variante urbanistica approvata dal Consiglio comunale pochi giorni prima delle elezioni. Il vertice di ieri è servito anche per tentare di ricucire senza dover attendere il pronunciamento dei giudici.
(Fonte: www3.lastampa.it - 13/7/2011)

mercoledì 13 luglio 2011

Alleanza Volkswagen-Suzuki a rischio?


Per esporre il suo pensiero ha addirittura utilizzato un blog, scrivendo un articolo dai torni amari e disillusi che non può certo nascondere l’ormai evidente frustrazione. Osamu Suzuki, 81enne presidente dell’omonimo gruppo, ha utilizzato parole aride e concetti taglienti per descrivere l’alleanza stipulata nel 2009 fra Suzuki e Volkswagen, evidenziando le criticità di un accordo che stenta a decollare. Tutto ebbe inizio lo scorso mese, quando il numero uno Volkswagen Martin Winterkorn definì l’accordo come una “totale delusione”. “Suzuki pretende le nostre più raffinate tecnologie, ma senza fornire in cambio alcunché. I giapponesi hanno forse bisogno di essere educati sul come gestire rapporti di lavoro”, commentò Winterkorn dalle colonne del tedesco Der Spiegel. Questo punto di vista al vetriolo ha suscitato la reazione di Suzuki, che risponde al collega stilando un elenco di contro-accuse. Questi i punti:
- Poiché le società si differenziano per dimensioni e fatturato, i dirigenti Volkswagen magari ritengono che Suzuki sia sotto il loro controllo. Così non è.
- L’accordo iniziale sembra vacillare.
- Abbiamo tratto insegnamento dalle tecnologie Volkswagen, ma non una si è rilevata tanto meritevole da essere utilizzata immediatamente.
- Nel caso fossimo privi di nuove tecnologie, allora potremmo allora rivolgerci a società nostre partner.
Questo battibecco non potrà certo ristabilire una serenità mai sbocciata.
(Fonte: www.thetruthaboutcars.com - 7/7/2011)

martedì 12 luglio 2011

L'Italia arranca dietro l'Europa, scarseggiano le multinazionali


L'Italia è composta da milioni di piccole e medie imprese. E' un dato di fatto e, forse, un punto di forza dell'economia tricolore, che certo non brilla quando si parla di grandi multinazionali. L'azienda Italia non figura neanche fra i primi dieci gruppi, tenendo conto della graduatoria complessiva, ma vede entrare in lizza l'Eni e l'Enel nei comparti energetico e delle utilities e Fiat in quello dell'auto, grazie al contributo di Chrysler. Eppure, il Bel Paese non fa che perdere terreno nei confronti del resto del mondo, non solo in termini di crescita complessiva, ma anche considerando il tessuto imprenditoriale. In effetti, il Presidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha ripetutamente lanciato l'allarme sui ritardi accumulati dall'Italia, chiedendo a più riprese le Riforme e nuove misure che stimolino l'innovazione e favoriscano la competitività. L'aumento del gap dell'Italia nell'ultimo biennio è stato confermato ieri anche dal rapporto R&S Mediobanca, che evidenzia come la crescita delle nostre multinazionali resti ben al di sotto della media europea. Il rapporto, che copre 375 grandi gruppi mondiali ed analizza le dinamiche di fatturato e redditività, oltre alla loro capitalizzazione, evidenzia come le multinazionali tricolore vantino tassi di crescita più modesti delle colleghe europee quanto a vendite e utili. Il giro d'affari dell'azienda Italia evidenzia un aumento ai appena il 9,3%, contro l'11,4% vantato dall'Europa, inferiore ai tassi evidenziati da Francia e Germania. Se poi si osservano i profitti, la situazione non cambia ed evidenzia un'incidenza degli utili netti rispetto a fatturato e mezzi propri nemmeno paragonabile a quella degli altri Paesi del Vecchio Continente. Un'altro fattore sconfortante riguarda la presenza dello Stato nelle multinazionali, decisamente più forte che nel resto d'Europa. Ergo, l'Italia non brilla per grandi imprese e, soprattutto, la presenza pubblica appare determinante e prioritaria rispetto all'iniziativa privata quando si parla di multinazionali. L'identikit dell'azienda italiana appare sempre più simile ad un gruppo asiatico che ad una multinazionale dei Paesi industrializzati. L'attenzione non è sull'innovazione, sull'alta tecnologia o sull'espansione all'estero, né si guarda all'aumento del valore aggiunto per addetto, che resta ben al di sotto della media europea, mentre gli sforzi si dirigono principalmente al risparmio del costo del lavoro, che induce ad una sempre più forte "delocalizzazione" nei paradisi della manodopera low cost.
(Fonte: http://finanza.repubblica.it - 8/7/2011)

lunedì 11 luglio 2011

Mediobanca: Fiat-Chrysler settimo gruppo automobilistico al mondo


Il Gruppo Fiat-Chrysler è il settimo al mondo per importanza a livello finanziario. A sostenerlo è una classifica che è stata recentemente stilata dal Centro Ricerca e sviluppo di Mediobanca per l’anno 2011, dove il Gruppo Fiat-Chrysler si distingue per un netto passo in avanti, che ha porta la casa automobilistica Fiat dalla trentaduesima posizione del 2010 alla diciannovesima di quest’anno, con un guadagno netto di tredici posizioni. Se si considera la classifica dei soli gruppi automobilistici Fiat-Chrysler riesce a fare meglio, arrivando ad occupare il settimo posto, da sola, senza gli americani, Fiat sarebbe nona, scavalcando realtà consolidate come General Motors e Renault e arrivando quasi alla pari con i giapponesi di Nissan. Si tratta ancora di anticipazioni non ufficiali che devono essere confermati. Questi numeri, che sono stati calcolati da Mediobanca, dimostrano però, qualora fossero confermati, e molto probabilmente lo saranno a breve, che la politica di Sergio Marchionne, che ha voluto più di tutti l’unione con Chrysler, per dare una dimensione più forte sui mercati mondiali al costruttore italiano, si è rivelata una mossa vincente. I risultati non sono tardati ad arrivare e nonostante le polemiche iniziali su questo accordo e qualche altra arrivata in seguito, soprattutto in merito all’americanizzazione della casa del Lingotto, sono stati abbastanza positivi. Fiat senza Chrysler avrebbe rischiato di essere eliminata dalla crisi economica mondiale che ha investito anche il settore dell’auto. In questo modo si è sicuramente salvata e potrebbe anche essere ulteriormente rafforzata.
(Fonte: www.allaguida.it - 9/7/2011)

domenica 10 luglio 2011

Chrysler: lo spot con Eminem trionfa al Festival della Pubblicità di Cannes


La strategia aggressiva del Gruppo Fiat-Chrysler per far conoscere i nuovi prodotti inizia ad essere apprezzata anche dalla critica. Lo spot della Chrysler 200, che ha visto protagonista il rapper Eminem, è stato premiato con quattro Leoni d’oro al Festival della Pubblicità di Cannes: miglior regia, miglior sceneggiatura, miglior uso della musica e miglior commercial televisivo. Inoltre, si è aggiudicato anche un Leone di bronzo per il miglior editing. L’anteprima mondiale di questo spot, in occasione del Super Bowl a febbraio 2011, ha lanciato il nuovo slogan “Imported from Detroit” che viene ora utilizzato negli spot di tutti i modelli della Chrysler. In ambito comunicativo il gruppo Fiat Chrysler continua a raccogliere premi ed elogi. Già lo spot dell’Alfa Romeo Giulietta il 3 giugno 2011 aveva vinto NC Awards, il premio dedicato alle migliori campagne pubblicitarie dell’anno. La giuria ha decretato che lo spot con Uma Thurman è il migliore spot tv 2011. Un altro punto a favore della strategia del CEO Marchionne e del suo team.
(Fonte: www.zeroventiquattro.it - 28/6/2011)

sabato 9 luglio 2011

Tra Torino e Windsor (Canada) una laurea "transoceanica" all'ombra di Fiat-Chrysler


Attraversa il ponte di buon mattino guidando una cabriolet verde: "Una delle quattro automobili che ho in garage. E' una passione". Peter Frise, 53 anni, dirige la facoltà di ingegneria dell'automobile di Windsor, a due chilometri dal centro di Detroit, la lunghezza del ponte sospeso che separa la sponda U.S.A. da quella canadese. Sarà lui ad occuparsi degli studenti che da settembre parteciperanno al primo corso di laurea transoceanico per futuri ingegneri delle quattro ruote. Cinque torinesi arriveranno al nuovo campus, 30 mila metri quadrati di aule e laboratori. Negli stessi giorni altri cinque studenti partiranno dal Canada per andare a Mirafiori, nell'area TNE destinata ad ospitare la facoltà dell'auto del Politecnico di Torino. Il prossimo anno i due gruppi si scambieranno le facoltà in modo da tornare in quella di provenienza. "Non c'è solo la collaborazione tra università - fa osservare Frise - perché contemporaneamente c'è un forte legame tra le nostre facoltà e la nuova alleanza tra Fiat e Chrysler". Il corso transoceanico di ingegneria dell'auto diventa così un altro dei passaggi nell'integrazione tra Torino e Detroit. "L'idea di realizzare il progetto - ricorda Frise - ci è venuta lo scorso anno", nei colloqui con il rettore del Politecnico, Francesco Profumo, e con le due aziende. A Windsor le possibilità di collaborazione tra atenei e aziende dell'auto sono molto più numerose che a Torino. In un'area di 450 chilometri al confine tra Ontario, Ohio, Michigan e Illinois hanno sede e stabilimenti produttivi le principali case automobiliste del mondo: non solo le tre di Detroit (Ford, Gm e Chrysler) ma anche i produttori europei e giapponesi. "Il legame con il territorio è molto importante - osserva Frise - anche se ormai lavoriamo con il computer e dialoghiamo con tutto il mondo dalla nostra scrivania. Nell'industria, e in quella dell'auto in particolare, i rapporti umani, la trasmissione dell'esperienza da persona a persona sono essenziali". Per questo far dialogare gli studenti all'interno di un'unica facoltà sulle due sponde dell'oceano può essere decisivo. Qual è lo scopo? "Con le aziende abbiamo diversi obiettivi comuni sia per quel che riguarda la ricerca sui nuovi prodotti e sui nuovi materiali, sia per quel che concerne le innovazioni di processo". Gli indirizzi di studio in comune tra le due facoltà saranno per ora quattro: l'ingegneria dell'autoveicolo, quella dei motori, l'organizzazione del processo produttivo e il processo di ingegnerizzazione dei nuovi modelli. Il rapporto tra facoltà e aziende è molto stretto ma non esclusivo. Frise propone una metafora: "E' come nel matrimonio: facciamo molte cose insieme ma ciascuno mantiene la sua autonomia". Così il centro il centro di ricerche realizzato del 1996 in collaborazione tra l'Università di Windsor e la Chrysler è stato edificato su terreni e negli edifici di proprietà dell'ateneo. L'azienda ha pagato e mantiene i laboratori e definisce i progetti di studio: "Ma è molto importante - fa osservare il professore - che tutto questo avvenga in casa dell'università. Poi è giusto che Chrysler stabilisca chi entra e chi esce perché ci sono dei segreti industriali da tutelare". Lo dice mentre estrae dal taschino un pass con il marchio della casa di Auburn Hill. "Un rapporto di questo genere tra pubblico e privato deve essere basato sull'onestà e sulla chiarezza". Nel centro di ricerca Chrysler la mappa riflette l'importanza degli investimenti in ricerca. L'edificio più corposo è il tunnel per lo studio dei nuovi sistemi di illuminazione, fari e fanali: 110 metri, il più lungo al mondo. Così non ha eguali l'area destinata alla studio delle nuove vernici. Quali novità dobbiamo attenderci dai fari e dalle vernici del futuro? Frise sorride: "Non posso dirlo. C'è un segreto industriale e siamo vincolati a quello". Così come, pare di capire, sono molto avanzati gli studi sui materiali per rendere totalmente riciclabile l'automobile al momento della rottamazione. Come sarà la vita degli studenti torinesi in Canada? Avranno a disposizione un nuovo campus con palestre, attività comuni e un centri commerciali lo shopping. Ma dovranno anche dimostrare capacità di adattamento. "Ci sono alcune differenze - dice Frise - ma ci consideriamo sotto ogni aspetto parte della stessa facoltà. Anche il livello delle attrezzature di Windsor e Torino è sostanzialmente analogo". Le differenze sono soprattutto culturali: "Voi italiani tendete a dare molta importanza alla parola, alla parte orale dell'esame. Da noi gli esami orali non esistono. Tutto è fatto su computer. E poi c'è un'altra differenza significativa". Per farsi capire meglio il professore usa una mimica particolarmente significativa: "Io concordo con te che ti esaminerò il 10 dicembre alle 10 del mattino. Tu questo lo sai con largo anticipo e hai tutto il tempo per prepararti a dovere. Se quel giorno ti presenti senza conoscere la materia, io semplicemente" e traccia con il pollice una linea sulla gola: ti taglio la testa. "Deve essere chiaro che non è come da voi: chi sbaglia l'esame non avrà una seconda possibilità". Differenze culturali ancestrali: nella cultura protestante non esiste la confessione. Chi sbaglia paga e non avrà una seconda possibilità per evitarlo. Quel che ci guadagnano le aziende dalla nuova facoltà è chiaro. Ma che cosa si portano a casa in più gli studenti? "Intanto la possibilità di lavorare in Fiat e Chrysler e dunque un probabile sbocco lavorativo. Anche se non c'è obbligo. Se la Ford, per fare un esempio, vuole fare una poposta a uno studente, può farlo. C'è il mercato, vince il migliore". In secondo luogo "un tipo di insegnamento ad ampio raggio, non limitato a una sola specializzazione. Un ingegnere deve lavorare quarant'anni e deve essere in grado di adattarsi a lavori diversi. Io ho lavorato in Nigeria sulle piattaforme petrolifere e ora sono qui in Canada a occuparmi di automobili. Dobbiamo offrire i ragazzi tante chiavi diverse per aprire le tante porte della vita".
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 2/7/2011)

venerdì 8 luglio 2011

Il successo della Jeep Wrangler potrebbe saturare la capacità dell'impianto di Toledo


Il presidente del marchio Jeep Michael Manley ha espresso una lieve preoccupazione. “Le vendite della Wrangler continuano a crescere, crescere e ancora crescere, soprattutto in Europa”. Postilla: questa situazione rischia di essere insostenibile, soprattutto nel medio periodo quando debutterà la versione aggiornata. Infatti lo stabilimento Chrysler di Toledo, nell’Ohio, rischia di non aver la capacità necessaria per tollerare un aumento della produzione: da inizio 2011 le vendite del fuoristrada sono aumentate del 13% a 42.000 veicoli, mentre la produzione è cresciuta del 19% (71.000 veicoli/anno) su un totale annuo di 150.000 vetture. Questi numeri si rivelano superiori alle aspettative ed esprimono la strategia di rilancio dell’intero gruppo Chrysler, affidata ai muscoli Dodge e in particolare al fascino burbero della Wrangler. Il fuoristrada, come detto, verrà sottoposto ad un restyling più invasivo nel corso del 2012. Debutteranno il nuovo motore V6 Pentastar ed il cambio automatico a cinque rapporti, elementi necessari per diminuire i consumi ed aumentare il piacere di guida.
(Fonte: www.toledoblade.com - 24/6/2011)

giovedì 7 luglio 2011

Accordo tra Fiat e Suzuki per la fornitura del motore 1600 Multijet


I colloqui delle scorse settimane fra l'amministratore delegato del Gruppo Fiat, Sergio Marchionne e cinque appartenenti alla famiglia Suzuki compreso il presidente Osamu hanno prodotto un accordo di partnership per l'utilizzo del motore 1600 cc Multijet turbodiesel che secondo gli accordi verrà impiegato dal Costruttore giapponese a partire dal 2013. Il quattro cilindri a gasolio equipaggerà un nuovo e ancora sconosciuto modello che sarà assemblato nello fabbrica ungherese di Suzuki a Esztergom. Ricordando i già attivi legami fra i due marchi nella condivisione dei motori 1300 cc e 2000 cc Multijet e nella produzione del SUV compatto Sedici e SX4, proprio questa vettura, lanciata nel 2006, potrebbe costituire la seconda metà dell'accordo. Osamu Suzuki avrebbe, infatti, proposto a Marchionne di replicare il sodalizio e sviluppare così una nuova generazione della vettura, utilizzando di fatto una formula già ben collaudata e di sicuro affidamento. E' anche vero che nel piano industriale Fiat non era stata indicata alcuna novità riguardo al futuro del Sedici che verrà sostituita da un SUV compatto realizzato con Jeep. Questa nuova partnership alimenta, inoltre, più di una riflessione sulla reale natura dei rapporti fra Suzuki e Volkswagen.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 27/6/2011)

mercoledì 6 luglio 2011

In Russia Fiat balla da sola


Alla fine la Fiat ha scelto di andare avanti da sola. Fallite le trattative per una joint-venture con Sollers, la casa torinese ha fatto sapere che investirà 1,1 miliardi di dollari (poco meno di 800 milioni di euro, ai valori attuali) per crescere in Russia. Lo stanziamento servirà in primo luogo a realizzare un impianto a Nizhny Novgorod, in grado di assemblare 120mila veicoli all’anno. A favorire la scelta del Lingotto sono state anche le rassicurazioni del governo, con il responsabile Auto del Ministero dell’Economia, Dmitri Levchenko, che ha garantito consistenti incentivi. Del resto non si tratta di una decisione isolata. L’intervento pubblico in questi primi mesi dell’anno è stato di circa 5 miliardi di dollari (3,5 miliardi di euro) considerando le sole aziende straniere dell’auto. Una mossa che si inquadra nel piano strategico dell’esecutivo per attirare investitori esteri nel Paese, assicurando sostegno economico e una burocrazia più snella. La Fiat torna al suo vecchio progetto di produrre le Jeep che non è riuscita a realizzare insieme alla Sollers. Degli otto modelli che prevede di mettere in produzione, infatti, tre o quattro apparterranno al segmento dei fuoristrada. Per la produzione di gran parte dei modelli la Fiat prevede di utilizzare i pianali delle proprie autovetture e quelli dei fuoristrada Chrysler. Lo stabilimento verrà realizzato a Nizhny Novgorod, in un’area che il gruppo del Lingotto aveva già preso in considerazione prima che arrivasse la recessione internazionale. Nel 2008 era stato annunciato che nella zona sarebbe sorto un complesso per la produzione dei veicoli commerciali leggeri Iveco Daily, con una capacità produttiva di 25mila unità all’anno. Gli analisti si mostrano, tuttavia, piuttosto freddi sulle possibilità di riuscita dell’iniziativa. “In Russia il segmento dei fuoristrada è il più sviluppato dopo le categorie di massa B e C e con buone prospettive di crescita nel medio periodo, a differenza dell’Europa e degli U.S.A.”, spiega Ivan Bonchev di Ernst&Young. “Ma nel breve termine non sembrano esserci le condizioni per un salto in avanti e per Jeep conquistarsi una nicchia non sarà facile. Si potrà fare solo grazie a una strategia di marketing aggressiva”. Riserve arrivano anche da Michael Pak del gruppo Aton, secondo il quale Jeep si scontrerà con una forte concorrenza da parte di Hyundai e di SsangYong, che produce i veicoli di Sollers. Nonostante i dubbi diffusi, la casa automobilistica torinese è convinta delle potenzialità di un mercato destinato a diventare nell’arco di un decennio tra i primi al mondo nel campo dell’auto e non ha lesinato gli sforzi per giocare un ruolo da protagonista. Convinta che la crescita sui mercati emergenti passa anche attraverso la produzione in loco.
(Fonte: http://russiaoggi.it - 30/6/2011)

martedì 5 luglio 2011

Per Chrysler migliore giugno dal 2007 negli U.S.A.: vendite a +30%


Prosegue il buon momento di Chrysler Group: in giugno il colosso di Detroit, parte del gruppo Fiat, ha registrato negli Stati Uniti un rialzo delle immatricolazioni pari al 30%. Come si legge nella nota diffusa dalla società, le immatricolazioni del mese scorso sono state 120.394, contro le 92.482 dello stesso periodo del 2010. Si tratta del miglior giugno dal 2007 e il quindicesimo aumento mensile consecutivo. Per i primi sei mesi dell’anno, le vendite di Chrysler Group sono cresciute del 21% a 639.932 unità. Come si legge nel comunicato della società, a contribuire alla performance positiva è stato il balzo delle vendite della Jeep Grand Cherokee (+208% a 8.969 unità), del nuovo pickup Ram (+36%), ma anche dal buon andamento della Fiat 500 (+3% rispetto a maggio a 1.803 unità) e dei modelli efficienti dal punto di vista dei consumi, compresa la Chrysler 200 (7.219 unità vendute, +82% rispetto al modello precedente). “Grazie alla collaborazione con Fiat abbiamo 12 modelli efficienti”, ha detto Fred Diaz, amministratore delegato del marchio Ram, sottolineando che “in questo settore tutto gira intorno ai prodotti e ai consumatori che stanno rapidamente scoprendo cosa offriamo. Ogni brand continuisce al nostro successo e alla crescita del 46% delle vendite retail”. Considerando i singoli marchi, in giugno le vendite di Chrysler sono calate su base annuale dell’8% (da 17.893 a 16.529; nei primi sei mesi dell’anno -11% a 96.068); quelle di Jeep sono salite del 74%, il rialzo maggiore dei quattro marchi (da 20.731 a 36.114 unità; nel periodo gennaio-giugno +49% a 188.924), segnando il mese migliore ma marzo 2008 e grazie al balzo di Compass (+278% a 4.763 unità); quelle di Dodge sono aumentate del 17% (da 36.996 a 43.401 unità; nei primi sei mesi dell’anno +15% a 229.898); quelle di Ram sono cresciute del 34% (da 16.862 a 22.547 unità; nei primi sei mesi +31% a 120.098). In generale, in giugno le vendite di auto sono cresciute del 5% a 31.659 unità e quelle di furgoni sono salite del 42% a 88.735 unità.
(Fonte: http://america24.com - 1/7/2011)

lunedì 4 luglio 2011

Marchionne illustra i piani per Fiat-Chrysler a un gruppo di investitori


Entro la fine del 2011, Fiat potrebbe incrementare al 57% la partecipazione detenuta in Chrysler, dall'attuale 52%. Gli altri azionisti resterebbero il Governo canadese (1,5%) e la Veba (41,5%). Lo ha ricordato questa mattina l'a.d. di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, parlando a un incontro che ha radunato a Torino circa 30 investitori istituzionali italiani e internazionali. Il top manager ha anche aggiunto che il gruppo torinese potrebbe estendere la propria partecipazione anche oltre il 70% qualora decidesse di esercitare, tra luglio 2012 e giugno 2016, un'opzione a crescere che vanta nei confronti della Veba. Marchionne ha poi rimarcato lo sforzo compiuto da Chrysler nel 2010, che ha portato la casa di Detroit a sfornare 6 nuovi veicoli e ad aggiornarne in misura significativa altri 10. Il numero uno dei due gruppi automobilistici ha anche ricordato che Fiat e Chrysler nei prossimi anni dovranno sforzarsi per condividere il loro know-how, alla ricerca di sinergie che si concretizzeranno per esempio sul fronte della propulsione ibrida ed elettrica, nonché sulla tecnologia CNG (Compressed Natural Gas) in cui Fiat è ad oggi leader europeo. Per quanto riguarda l'espansione verso i mercati emergenti, Marchionne ha poi spiegato che il focus per Russia e Cina sarà soprattutto sui segmenti C e Suv. Per quanto riguarda l'ex Celeste Impero, l'obiettivo è vendere 300.000 vetture entro il 2014 e accaparrarsi una quota di mercato del 2%. Quota che in India sale al 5%, con obiettivo di vendita di 130.000 auto entro il 2014, e focus previsto nei segmenti B e C. Incremento dei margini e accelerazione del percorso di crescita restano anche gli obiettivi indicati per le controllate Ferrari e Maserati. Per rinforzare il brand, il Cavallino Rampante dovrà sfornare un nuovo modello all'anno e continuare a crescere nei Paesi emergenti. Maserati è invece attesa dal refresh della Quattroporte e dovrà estendere la propria presenza nei segmenti E ed I. Marchionne ha infine ricordato agli investitori gli obiettivi finanziari che Fiat si prefigge di raggiungere entro il 2014. Ricavi a 64 miliardi di euro, utili visti in una forchetta tra 3,2 e 3,8 miliardi, Ebitda a 6,9 miliardi.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 28/6/2011)

domenica 3 luglio 2011

Auto: guerra aperta per il titolo di primo costruttore al mondo nel 2011


UN MERCATO IN FERMENTO - Lasciato alle spalle il 2010, che ha visto la Toyota confermarsi il primo costruttore al mondo con oltre 8,4 milioni di auto vendute, per quest'anno gli analisti del settore prevedono scossoni alla “top ten”. In seguito al terremoto e al relativo tsunami che ha messo in ginocchio l'economica giapponese, la General Motors dovrebbe riappropriarsi di una leadership che ha conservato per molti anni prima di essere superata dalla Toyota a partire dal 2007. Ma anche gli altri gruppi sembrano avere grandi ambizioni per l'acquisizione di maggiori quote di mercato: non è un mistero che la Volkswagen voglia diventare entro il 2018 la numero uno con 10 milioni di auto vendute, la Ford preveda di raddoppiare le vendite e raggiungere quota 8 milioni nel 2015, senza dimenticare la coreana Hyundai-Kia che negli ultimi anni ha registrato i maggiori incrementi.
PAROLA D'ORDINE: VENDERE DI PIÙ - Una corsa al titolo che ha portato più di un costruttore a compiere passi falsi. La General Motors, pronta a ridurre i profitti pur di incrementare le vendite, complice la recessione economica, ha rischiato la bancarotta. Mentre la Toyota ha visto minata la proverbiale qualità dei suoi modelli in una corsa al rialzo della produzione e del numero di nuovi modelli. D'altra parte, come ha più volte dichiarato Sergio Marchionne, la "massa critica" delle vendite è un elemento essenziale per la sopravvivenza di un costruttore: secondo l'amministratore delegato del gruppo Fiat/Chrysler bisogna vendere almeno 5-6 milioni di auto l'anno per sopravvivere e generare profitti.
TOYOTA - Ma quali sono le previsioni per i principali costruttori? La Toyota resta sicuramente la casa da battere: ha il sistema produttivo più efficiente, la capacità di produrre auto di qualità e una clientela fidelizzata. Detto questo, tra la fine del 2009 e il 2010 la sua reputazione è stata messa a dura prova dai problemi all'acceleratore di diversi modelli venduti negli U.S.A. e la sua presenza è forte in mercati in espansione come la Thailandia, ma non altrettanto in Cina, dove viene superata da Volkswagen, General Motors e Hyundai.
GENERAL MOTORS - A mettere sotto pressione la Toyota c'è la General Motors che ha annunciato progetti ambiziosi. In Cina prevede di investire 7 miliardi di dollari e raddoppiare le vendite entro il 2015, grazie al lancio di circa 30 nuovi modelli con i marchi Buick e Chevrolet. Inoltre, nei programmi del colosso americano c'è il “rilancio” della Cadillac, fino a farla diventare il secondo marchio del gruppo dopo la Chevrolet. Oggi la Cadillac può contare solo una gamma ristretta di modelli che rende difficile la concorrenza con Audi, BMW e Mercedes anche negli U.S.A. .
VOLKSWAGEN - Nei prossimi 5 anni il gruppo tedesco investirà circa 71 miliardi di dollari per raggiungere i 10 milioni di auto vendute entro il 2018. Un obiettivo che stima di raggiungere vendendo maggiormente nei mercati emergenti come Cina e India, dove può sfruttare l'alleanza con la Suzuki, primo costruttore per numero di auto vendute, e incrementare i profitti, producendo maggiormente fuori dalla Germania dove il costo del lavoro è molto alto.
HYUNDAI-KIA - Negli ultimi dieci anni, il gruppo coreano è passato dalla decima alla quarta posizione, con 5,7 milioni di auto vendute nel 2010. Una crescita dovuta in larga parte ad auto robuste ed economiche che hanno saputo convincere sempre più automobilisti non solo americani (gli U.S.A. restano il secondo maggiore mercato dopo la Cina). A questo bisogna aggiungere che le vendite della Hyundai-Kia vanno a gonfie vele in India e continuano a crescere anche in Europa: nel 2010, nonostante il mercato in calo del 5,5%, le immatricolazioni sono aumentate del 4,2%. 
FORD - Unico dei grandi costruttori americani a non aver ricevuto aiuti dall'amministrazione Obama, secondo gli esperti del settore, la Ford ha la tecnologia per colmare il “gap” che la separa dalla General Motors negli U.S.A. e “sottrarre” clienti alla Toyota e ad altri costruttori. Da sempre tra le prime in Europa, la Ford ha annunciato che per rafforzare la sua presenza in Cina entro il 2015 lancerà 15 novità tra nuovi modelli e restyling. L'obiettivo è quello di raggiungere complessivamente 8 milioni di auto vendute l'anno.
(Fonte: www.alvolante.it - 14/6/2011)

sabato 2 luglio 2011

Fiat-Chrysler: dall'intesa al controllo, una corsa durata due anni


Ventisette mesi per rianimare, rilanciare e infine conquistare la terza casa automobilistica americana. Una lunga cavalcata, vissuta su e giù tra due continenti per scrivere una delle avventure industriali più straordinarie degli ultimi anni. All’inferno e ritorno in poco più di ottocento giorni. Il tutto ad opera di un manager partito ragazzino da Chieti in Abruzzo, formatosi in Canada e negli Stati Uniti, «trovato» in Svizzera e approdato a Torino per salvare la Fiat. Sergio Marchionne, l’uomo dal maglioncino nero, ha potuto annunciare ieri che il Lingotto sale al 52% di Chrysler, acquisendo così la maggioranza della casa U.S.A. . Le date sono importanti per comprendere questa storia, per capire quanto contino la capacità di comprensione e la rapidità di azione e reazione. Nel 2005 la General Motors era la più grande industria automobilistica del mondo, e guardava con malcelata insofferenza a una Fiat claudicante che tentava di risollevarsi sotto la spinta di un "parvenu" delle quattro ruote un po’ filosofo, un po’ commercialista e un po’ avvocato. Certo un negoziatore eccezionale, che convince l’arrogante ceo di Gm Richard Wagoner, interessato più alla sua partita di golf che alla trattativa, a sborsare 2 miliardi di dollari per non acquistare Fiat Auto. Quattro anni dopo Gm è fallita, così come la più piccola Chrysler. «Questo dice molto su quanto il successo sia temporaneo e fugace - commenterà Marchionne il 7 aprile scorso a Bologna -. Non esiste un successo che sia definitivo, devi guadagnarlo giorno per giorno». Il 2008 esplode lo tsunami dei subprime e l’economia mondiale va in tilt. Le case automobilistiche di tutto il mondo scoprono la crisi, quelle americane sembrano destinate a precipitare in un baratro senza fondo. Il 15 aprile le indiscrezioni che parlano di trattative fra la più piccola delle tre sorelle di Detroit e la Fiat che la cura Marchionne aveva rilanciato. L’ad del Lingotto vede nella casa U.S.A. l’opportunità per far compiere alla Fiat il salto dimensionale indispensabile a competere sullo scacchiere internazionale che uscirà dalla catarsi della crisi. L’obiettivo è arrivare a una capacità di 5,5-6 milioni di auto l’anno. Una "mission impossible", circondata dallo scetticismo generale. Il 31 dicembre dello stesso anno il Financial Times scriverà che sarebbero sopravvissuti alla crisi solo due costruttori americani «e la vittima sarà Chrysler». Il 20 gennaio 2009 è, invece, l’inizio ufficiale della storia. Viene firmato l’accordo preliminare fra Detroit e Torino: prevede che Fiat rilevi subito il 20% di Chrysler e in 3 fasi successive un altro 15% senza investimenti in contanti, ma trasferendo tecnologie e capacità manageriali. Avranno quote azionarie sia il Tesoro U.S.A. che il governo del Canada che garantiranno quasi 8 miliardi di dollari di finanziamenti, mentre il fondo pensioni Veba del sindacato auto Uaw si accollerà il 55% delle quote. La trattativa è durissima, più volte si sfiora la rottura perché i lavoratori devono accettare pesanti condizioni. Ma l’alternativa semplicemente non esiste e, uno dopo l’altro, i tasselli vanno a posto. Il 30 aprile il sindacato Uaw ratifica l’accordo ed è lo stesso presidente U.S.A., Barack Obama, ad annunciare l’intesa. E usa parole assai lusinghiere sulla Fiat e su “Serghio” Marchionne. Uno spot inaspettato e inedito per l’azienda Italia. Dirà l’ad del Lingotto: «La task force del presidente Obama non si è posta solo l’obiettivo di salvare l’industria dell’auto, ma di rifondarla su basi più sane. Non solo finanziariamente, ma anche dal punto di vista ecologico e di sostenibilità. Quello che possiamo testimoniare è la straordinaria determinazione dei governi americano e canadese e il profondo senso di responsabilità di tutti. Ognuno ha fatto la sua parte di sacrifici». Da lì in avanti Marchionne (che il 10 giugno è diventato anche ad di Chrysler) e i suoi procedono a passo di carica. La stampa U.S.A. si accorge del fenomeno e inizia a parlare di “cura Marchionne”. Il 4 novembre 2009 arriva il piano industriale. Si lavora duro nel Michigan, con i sindacati che sposano la “cura” e garantiscono la pace. Il 21 aprile 2010 a Detroit annunciano che il primo trimestre chiude con un utile operativo di 143 milioni di dollari e un flusso di cassa positivo per 1.490 milioni, mentre le perdite si attestano a 197 milioni e i ricavi crescono del 3%. Funziona. Ma la data simbolo è il mese dopo, il 21 maggio: Chrysler lancia la nuova Jeep Grand Cherokee, la prima vettura che porta la firma del Lingotto. Ha detto ancora recentemente, con visibile orgoglio, Marchionne: «Siamo riusciti a presentare 16 nuovi modelli in soli 19 mesi, rinnovando il 75% della gammma. E la cosa straordinaria è che nel 2011 la Chrysler, a livello operativo, guadagnerà più della Fiat». Il 30 luglio la storica visita di Obama allo stabilimento di Jefferson North, proprio quello della Jeep. E il 6 febbraio di quest’anno l’eccezionale spot di Eminem trasmesso durante il Super Bowl: 2 minuti visti da 111 milioni di spettatori e visitato su YouTube da 10 milioni di persone in pochi giorni. Il resto è cronaca recente, in una sorta di corsa contro il tempo di Marchionne. Il raggiungimento della soglia del 25 e poi del 30%. Quindi l’«independence day» del 24 maggio di quest’anno, con la restituzione ai governi americano e canadese di 7,6 miliardi di dollari di prestiti e l’ascesa di Fiat al 46% del capitale, con tanto di plauso pubblico da parte di Obama. Sino all’annuncio di ieri sul 52%, già pronto a diventare 57%. Ma Marchionne, la Fiat e il suo presidente John Elkann già guardano oltre: una sempre più stretta integrazione («anche culturale, che ha un valore inestimabile dal punto di vista umano», ha detto Marchionne) fra Torino e Detroit; poi la quotazione di Chrysler per consentire a Veba di monetizzare per finanziare la previdenza. E, infine, la fusione.
(Fonte: www.lastampa.it - 28/5/2011)