martedì 31 gennaio 2012

Bellini (IHS): Suzuki miglior partner per Fiat


Nell'atteso valzer delle alleanze che porterà a un nuovo consolidamento nel settore dell'auto Suzuki è visto come il candidato con maggiore appeal tra quelli presi in esame per Fiat Chrysler. Questa l'opinione di Pierluigi Bellini, Associate Director della società di ricerca e analisi IHS Global Insight, che spiega la sua scelta sottolineando "l'importante contributo geografico e di volumi" che Suzuki potrebbe fornire al Lingotto. La casa giapponese, in particolare, è leader in India con Maruti, con vendite annuali intorno a un milione di unità e una quota stimata al 38% nel 2011, e registra circa 300mila in Cina, Paese quest'ultimo dove la presenza di Fiat resta debole, oltre a contare 600mila unità in Giappone. A livello mondiale le vendite complessive di Suzuki sono pari a 2,5 milioni di unità. Più debole, invece, è considerato da Bellini il contributo di Suzuki a Fiat in termini di modelli, ma con Chrysler il Lingotto è comunque diventato un produttore "full liner". Suzuki ha già fatto qualche "avance" a Fiat, di cui è partner da tempo nella produzione della Sedici in Ungheria. Delusa dall'andamento della collaborazione stretta nel 2009 con Volkswagen, suggellata anche da uno scambio di partecipazioni, Suzuki ha siglato un'intesa lo scorso giugno con Fiat per la fornitura di motori diesel da 1.6 litri e nei mesi scorsi si è rivolta a un tribunale arbitrale per riacquistare le proprie azioni dalla Casa tedesca, che finora, però, ha risposto picche. Nell'ottica di sinergie di costi a livello di sviluppo prodotto e architetture, Bellini considera invece partner adeguati per Fiat la francese PSA (Peugeot-Citroen), pluerinnale alleato del Lingotto nei veicoli commerciali, o la tedesca Opel (gruppo General Motors). Un grande problema è però costituito dalla forte sovrapposizione di modelli, che porterebbe a questioni sociali legate alla probabile chiusura di impianti se Fiat Chrysler si alleasse con PSA oppure con Opel, osserva Bellini. Né la Francia di Nicholas Sarkozy, in un anno di elezioni, né la Germania di Angela Merkel (le elezioni sono nel 2013) possono infatti pensare a cancellare occupazione a fronte di una congiuntura che promette di essere più debole quest'anno. Tanto meno l'Italia di Monti, dopo che a Termini Imerese l'impianto Fiat ha chiuso i battenti a dicembre.
(Fonte: www.corriere.it - 13/1/2011)

lunedì 30 gennaio 2012

Fiat-PSA, per gli analisti alleanza necessaria


Fiat e Peugeot? Avrebbero buoni motivi per allearsi e contrastare la potenza del gruppo Volkswagen. Almeno secondo il parere degli analisti interpellati dalla Reuters in un lungo servizio dedicato alla possibile intesa italo-francese. «Il gruppo PSA ha bisogno di allargare il suo raggio d'azione», sostiene Philippe Houchois di UBS, «un'idea più volte accantonata in passato ma che ora inizia a farsi strada». A parlare sono i numeri: a Wolfsburg hanno pianificato investimenti per 62 miliardi di euro per i prossimi cinque anni, mentre i francesi ne prevedono 3,7 contro i 26 di Fiat-Chrysler nel periodo 2010-2014. Tanto più in un difficile momento economico. «Nessuno vuole esporsi ancora in Europa, ma dal momento che sei presente su quel mercato tanto vale aumentare le dimensioni di scala» prosegue Houchois. E proprio i due gruppi sono fra quelli più legati al sorti del Vecchio Continente, con le vendite che contano per più del 50% sul bilancio complessivo. «Con la Renault alleata di Nissan e Daimler», chiosa l'agenzia inglese, «PSA è l'unico costruttore che potrebbe aiutare a fari volumi: con una quota di mercato del 12,4% che andrebbe a sommarsi con il 7% di Fiat-Chrysler». Ma non tutti la pensano così: «Marchionne è bravissimo a lanciare delle idee», sostiene Stephen Reitman di Societe General, «ma non sono affatto sicuro che stavolta trovi terreno fertile». Invece, per Thierry Huon di BNP Paribas l'integrazione fra i due costruttori avrebbe un senso, eccome: «Prodotti come la Peugeot 308 o la Citroen C4 andrebbero a rafforzare la gamma delle compatte della Fiat; viceversa il Lingotto fornirebbe architetture per le piccole ai francesi. Prima però devono sistemare le cose in casa». Alla base della possibile intesa ci sono i risparmi derivanti dalla condivisione delle piattaforme nel segmento A e B, quello della Panda e della Punto. In Europa ci sono troppi produttori», conclude Gregory Moore, manager del fondo Montsegur che nel portafoglio ha 150 milioni di euro in titoli del gruppo PSA, «in un modo o nell'altro dovranno unirsi». Prima o poi.
(Fonte: http://motori.corriere.it - 26/1/2012)

domenica 29 gennaio 2012

Panda=Jeep: il "Manifesto" (politico?) di Marchionne


Il nuovo spot della Fiat Panda è bellissimo. Dal punto di vista teorico e tecnico. Ma non è stato progettato per vendere più macchine. Poteva esserci un qualsiasi altro autoveicolo e non sarebbe cambiato nulla. Nei 90 secondi non c’è alcun riferimento specifico ai valori distintivi del prodotto né alle differenza con i suoi concorrenti. È una pubblicità di automobili che non parla di automobili. È una campagna ‘di posizionamento’, di brand, che serve al management per trasmettere i propri valori aziendali. In questo caso il brand è Fiat. Negli Stati Uniti è Chrysler, l’auto è una Jeep. Stesso spot, stessa colonna sonora, stesso montaggio, stessi ambienti, persino lo stesso claim: “Le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo“. I due video, a scanso di equivoci, hanno lo stesso nome: ‘Manifesto’. Sono perfettamente identici sebbene i due prodotti in vendita siano completamente differenti. In Italia si parla di una vettura di fascia bassa (la Panda), negli Stati Uniti di un auto di fascia medio-alta (una Jeep). Tutto questo tradisce le reali intenzioni della campagna del gruppo Fiat-Chrysler. Forse negli Stati Uniti i fini sono realmente commerciali; qui in Italia no. Marchionne coglie l’occasione commerciale per mettere in bella copia il suo Manifesto. È uno spot politico a tutti gli effetti. Pone il consumatore/cittadino davanti a un bivio, ricorrendo all’approccio referendario che oramai conosciamo: dopo averlo visto la prima volta si pensa che lo spot sia sbagliato perché fa venire in mente i referendum di Mirafiori e Pomigliano. Chiede retoricamente quale Italia preferiamo e quindi a quale Italia vogliamo appartenere. È evidente che nessuno vorrà sentirsi escluso dall’Italia che funziona, dunque sarà empaticamente sensibile al messaggio. Descrive quella ‘positiva’ nel dettaglio: i valori (arte, talento, giovani, imprese industriali nella prima parte) e le persone (chi si sveglia al mattino per costruire una cosa ben fatta) nella seconda. E lascia l’Italia ‘negativa’ ai margini, la evoca in modo sfumato, senza puntare il dito contro nessuno e senza neanche citare le polemiche italiane, ma ricorrendo piuttosto alla fuga dagli stereotipi internazionali sul nostro Paese, cercando ancora una volta di far leva sull’orgoglio patriottico. Se lo spot è uguale in Italia e negli U.S.A., ne discende che l’italianità di prodotto è solo un pretesto, mentre il testo dello spot, di 30 secondi più lungo rispetto a quello americano, è disegnato per parlare al Paese, a questo Paese in questo preciso momento storico. La retorica narrativa, non a caso, è l’unica differenza evidente tra la pubblicità della Panda e quella della Jeep. “Noi possiamo scegliere. È il momento di decidere. È il momento di ripartire. Dall’unico modo che conosciamo”. In teoria dovrebbe rispondere la Fiom, i sindacati, qualche leader di centrosinistra. Magari con un controspot o un po’ di satira. Per il momento resta un sogno fantapolitico.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 26/1/2012)

sabato 28 gennaio 2012

Nuova Panda, porte aperte oggi e domani


Inizia con il "porte aperte" del 28 e 29 gennaio, la commercializzazione dell'attesa nuova Panda. Nelle showroom della rete Fiat il pubblico avrà la possibilità di conoscere da vicino la nuova Panda e di provarla su strada. Disponile con trazione anteriore, la nuova Panda offre, incrociando i 3 allestimenti Pop, Easy e Lounge, 10 colori di carrozzeria, 9 ambienti interni e 2 serie di cerchi in lega da 14 e 15 pollici. Ancora più interessante e in linea con i tempi è la gamma motori, che vantano consumi ed emissioni da campioni. Primo tra tutti il 0.9 litri TwinAir Turbo da 85 CV con Start&Stop di serie, nominato "International Engine of the Year 2011". Completano l'offerta il turbodiesel 1.3 litri Multijet II da 75 CV con Start&Stop di serie e il rinnovato benzina 1.2 Fire da 69 CV. Il listino chiavi in mano parte dai 10.200 euro della versione Pop 1.2 69 CV. Un prezzo sicuramente competitivo che rende accessibile la nuova Fiat Panda, divenuta la sintesi perfetta tra prima e seconda vettura e una soluzione intelligente in un momento economico non facile. Tra le novità della prima fase di commercializzazione - fa sapere la casa - spicca il finanziamento "Panda 100 x 100" che consente a chiunque di entrare nel "nuovo mondo Panda" con soli 100 euro al mese per 100 mesi con un minimo anticipo. Realizzata da Fiat e Sava, la soluzione finanziaria è un vero "finanziamento anti-crisi" grazie alle rate contenute e al TAN molto competitivo, contenuto nel 2,75%. Ovviamente, a scelta del cliente, la durata può essere ridotta fino a 24 mesi. Ma non solo. "Panda 100 x 100" prevede anche il Prestito Protetto, una tutela assicurativa che copre il pagamento delle rate in caso di perdita del lavoro. Una sicurezza in più apprezzata dai clienti. Infine, grazie alla rata contenuta e al TAN agevolato, l'offerta finanziaria può essere completata con servizi assicurativi ed estensione di garanzia nel finanziamento, con contenuti esclusivi per il cliente. Il "porte aperte", nel fine settimana del 28 e 29 gennaio, sarà accompagnato dal nuovo cortometraggio di 90" dedicato a nuova Panda e agli uomini e alle donne che la costruiscono nello stabilimento campano. Lo spot, di forte impatto emotivo, abbandona - spiega la casa - il tradizionale linguaggio commerciale per esprimere l'approccio con cui Fiat lavora per il domani raccontando l'Italia che piace, quella che si fonda sul talento, la passione, la creatività e la voglia di costruire cose ben fatte. Come la nuova Panda.
(Fonte: www.ansa.it - 26/1/2012)

venerdì 27 gennaio 2012

Fiat: acquisto della quota VEBA di Chrysler al via già nel 2012?


Susanna Camusso torna a chiedere a Sergio Marchionne il piano industriale di Fiat. "Ci dica la Fiat cosa vuole produrre in questo Paese, perché degli spot non ce ne facciamo nulla. Vorremmo sapere qual è il suo piano industriale e perché mai voglia produrre vetture che non si producono più neppure negli Stati Uniti", si domanda il segretario generale della Cgil. Secondo la Camusso forse ci vorrebbe qualche modello, qualche produzione che consenta a questa azienda di competere "e a qualcuno prima o poi la Fiat dovrà dire cosa intende fare. Se non si fa così, e questo vale per la Fiat come per Eni, la Telecom e tutti i grandi player, quale sarà la seconda fase per questo Paese? È forse quella fase in cui tolgono strumenti e ammortizzatori sociali o dove invece sarà possibile ripartire dagli investimenti?". Una domanda aperta all'a.d. di Fiat, Sergio Marchionne, che più volte si è scontrato a parole con la Camusso, ma che ha sempre ribadito l'intenzione del gruppo automobilistico di puntare sull'Italia, nonostante le complesse relazioni industriali e il fatto che Fiat possa incrementare prima del previsto la sua quota in Chrysler, diventando sempre più "Chrysler-centrica". Infatti, come ben sottolinea oggi Mediobanca in una nota, mentre il mercato pensa che Fiat rimarrà al 58,5% di Chrysler parecchio più a lungo, bisogna ricordare che dal 1° luglio 2012 Fiat ha una serie di opzioni call per acquistare dal sindacato VEBA quote aggiuntive di Chrysler. "Fiat potrebbe acquistare l'8% di Chrysler ogni sei mesi a partire dal primo luglio 2012. Lo schema di valutazione è molto conveniente per la casa torinese, visto che l'attuale multiplo EV/Ebitda di Fiat è abbastanza basso: 1,25 volte. A questo multiplo l'equity value di Chrysler è di 2,6 miliardi di euro, valore che proietta l'Ebitda 2012 a 4,8 miliardi di euro, e la valutazione assegnata a Chrysler nella somma delle parti di Mediobanca è più alta: 10 miliardi di euro. Inoltre, l'opzione call spiega in parte perché Fiat sia in possesso di oltre 20 miliardi di euro in cash; purtroppo il meccanismo dell'opzione call spinge Marchionne a essere prudente sulla guidance, ma il valore è lì, aggiungono gli analisti secondo i quali ogni 1% di Chrysler migliora di 0,06 euro per azione la somma delle parti (+0,8% sul fair value di Mediobanca). Mediobanca mantiene il rating outperform e il target price a 7,5 euro su Fiat.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 26/1/2012)

giovedì 26 gennaio 2012

Chrysler: inaugurata nel Michigan la "World Class Manufacturing Academy"


Chrysler Group ha inaugurato a Warren (Michigan) la World Class Manifacturing Academy, centro di formazione destinato a trasferire i dettami del WCM ai dipendenti del gruppo americano controllato da Fiat. Il nuovo centro, informa una nota, occupa una superficie di 25 mila piedi quadrati e ha la missione di trasferire le competenze del WCM a oltre 1.200 dipendenti partecipanti ogni anno ai corsi di formazione. Il centro, che sarà inoltre visitato da ulteriori 1.300 dipendenti per visite guidate e riunioni, è dotato di laboratori e tecnologie all'avanguardia, come i simulatori 3D, con l'obiettivo di formare i dipendenti alla metodologia del WCM sviluppata, implementata e raffinata da Fiat a partire dal 2005 per aumentare in particolare la produttività degli stabilimenti. "Quando Chrysler ha avviato il suo piano di sopravvivenza in collaborazione con Fiat nel 2009, uno degli elementi chiave del turnaround della società era rappresentato dall'implementazione del World Class Manufacturing. Ora, dopo due anni e mezzo, gli impianti produttivi di Chrysler Group sono tra i più produttivi ed efficienti nel settore, e molti sono posizionati per raggiungere lo status 'bronzo', una significativa pietra miliare nel percorso del WCM, entro i prossimi sei mesi", ha affermato Scott Garberding, vice presidente senior produzione di Chrysler.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 24/1/2012)

mercoledì 25 gennaio 2012

Nuova Fiat Panda: spot sull'Italia che piace


“Quale Italia vogliamo essere?”. E' su questa domanda che si snoda lo spot pubblicitario della nuova Fiat Panda, un vero e proprio cortometraggio lanciato oggi sulle reti tv e sul web e che ha apparentemente poco di commerciale. Una parentesi sull'Italia che resiste alla crisi e che lotta grazie al talento e alla creatività. Il video fa discutere perchè mette in rilievo due aspetti critici della Fiat: sotto i riflettori in grande stile l'”italianità” dell'azienda, insieme ai suoi lavoratori. Nel video compaiono infatti gli operai di Pomigliano impegnati nella catena di montaggio, gli stessi protagonisti di lunghe e complicate trattative sui contratti. In realtà lo spot della nuova Panda confermerebbe la volontà del Lingotto di legare a doppio nodo la sua immagine a quella dell'Italia, rispondendo in questo modo alle polemiche nate dopo la fusione con Chrysler e alle possibilità di trasferimento della sede da Torino a Detroit. “Le cose che costruiamo ci rendono ciò che siamo” è la massima che chiude lo spot della vettura, rappresentata come un simbolo di un'Italia che piace. Il video della campagna, ideata e realizzata dall’agenzia Kube Libre, è stato girato a Napoli e dintorni dal regista Luca Maroni e prodotto da Movie Magic.
(Fonte: www.automania.it - 23/1/2012)

martedì 24 gennaio 2012

Chrysler studia un nuovo pianale "large"?


Chrysler starebbe lavorando su una nuova piattaforma "large" - o, come viene definita in Europa, di segmento E - per sostituire l'attuale telaio LX oggi utilizzato da diversi modelli del Gruppo come la 300 (e quindi dalla Lancia Thema) e la Dodge Charger. Questo nuovo progetto punterebbe a superare in primo luogo la dipendenza per alcuni elementi costruttivi che erano stati adottati al tempo della proprietà Daimler, come le sospensioni anteriori e posteriori che derivano rispettivamente da quelle della Mercedes W220 e W210. Altra importante evoluzione che sarebbe consentita dal nuovo telaio è la possibilità di adottare, oltre ad un'architettura con trazione posteriore e motore longitudinale, anche quella (più conveniente nella fascia medio-alta del mercato) con trazione anteriore e gruppo propulsore trasversale. Questa prerogativa permetterebbe a Chrysler di progettare nuovi modelli in grado di competere con altre auto made in U.S.A. di grande diffusione, come la Ford Taurus, la Toyota Avalon e la Chevrolet Impala, tutte a trazione anteriore. Questo nuovo progetto modulare potrebbe inoltre lasciare la libertà di realizzare su questo telaio anche i futuri modelli destinati a sostituire le attuali monovolume e crossover del Gruppo e - probabilmente - anche a fungere da piattaforma su cui sviluppare la prossima Maserati di segmento E. Secondo gli esperti, forte di questo elemento costruttivo Chrysler potrebbe anche decidere di realizzare una piattaforma allungata (LY) e far rivivere la Imperial, un modello iconico di gamma alta, uscito dai listini nel 1993 e riproposto solo come concept nel 2006.
(Fonte: www.ansa.it - 19/1/2012)

lunedì 23 gennaio 2012

Nuovo accordo Fiat-Suzuki per il Multijet


La Fiat ha stretto un nuovo accordo con la Suzuki Motor Corporation per la fornitura del motore 1.3 Multijet 75 CV SDE: il piccolo diesel a quattro cilindri sarà prodotto su licenza dalla Fiat India Automobiles Limited (FIAL), nata dalla joint venture tra Fiat e Tata Motors, nello stabilimento di Ranjangaon. L'accordo prevede la fornitura di 100.000 propulsori all'anno per tre anni, che si aggiungono a quelli già assemblati su licenza da Suzuki Powertrain India Limited e che soprattutto vanno a unirsi alle forniture già in essere del propulsore 2.0 litri diesel offerto sulla SX4. Questo accordo sarà sicuramente oggetto di ulteriori discussioni tra la Suzuki e il partner attuale Volkswagen, alimentando i dissapori tra i due Costruttori.
(Fonte: www.quattroruote.it - 18/1/2012)

domenica 22 gennaio 2012

Gli eredi di Sergio: chi sono i quattro manager in corsa per il dopo-Marchionne


Prese il comando della Fiat nel 2004, salvò il Lingotto dal baratro e fu autore di quel rilancio 2006-2007 il cui simbolo rimane la Grande Punto. Nei primi anni di gestione Fiat sembrava tutto un coro di violini attorno a Sergio Marchionne. Poi, però, arrivò la crisi mondiale. E nel frattempo a Torino venne lanciata la scommessa delle fusioni, perché – sostiene da sempre l’amministratore delegato italo-canadese – solo pochi grandi player mondiali sopravvivranno alla glaciazione che segnerà il cambio di era nel mercato dell’auto. Da lì l’integrazione via via più stretta con Chrysler, lo spostamento degli interessi del gruppo verso Detroit, gli scontri nel Bel Paese sul modello Fabbrica Italia, gli strappi con Confindustria e con il sistema della contrattazione collettiva, la polemica continua con la Fiom. E tutto questo mentre invece negli U.S.A. i violini continuavano a suonare attorno ai rapporti tra Marchionne e il sindacato dell’auto UAW, mentre la Chrysler usciva rapidamente dalla crisi, restituiva anzitempo i soldi presi in prestito dal governo americano e iniziava a battere record su record nelle vendite.
DETROIT GALOPPA, TORINO RISTAGNA - Oggi Detroit galoppa e Torino stenta. Dunque, è naturale che il baricentro si sposti verso gli Stati Uniti. In Italia Marchionne ha perso per molti, soprattutto a sinistra, il volto umano del manager illuminato e ha tirato fuori quello un po’ troppo americano del globalizzatore spietato. Morale? L’eroe capitalista dei due mondi di metà anni 2000, l’uomo che ha salvato due case automobilistiche in due continenti diversi in meno di 10 anni, è rimasto eroe soltanto oltreoceano. Adesso si cerca di guardare verso l’orizzonte del 2015, alla sua successione. L’erede di Marchionne si troverà a guidare un colosso da 6 milioni di auto vendute ogni anno (obiettivo che continua ad essere spostato in avanti).
IL PASSAGGIO DI TESTIMONE - Ma chi sarà in grado di gestire una multinazionale, come il Lingotto, dall’impronta ormai davvero globale e che tuttavia ha bisogno di recuperare quote di mercato e consenso d’immagine in Italia e in Europa? Al giro di poltrone mancano ancora tre anni, ma ci si può intanto esercitare sul nome di un possibile successore. E sono le stesse parole pronunciate dall’amministratore delegato chietino nelle interviste concesse al Sunday Free Press di Detroit e al Wall Street Journal a darci la traccia da seguire per individuare i papabili. Marchionne, infatti, aveva parlato in un primo momento di «creare la mia successione». E ciò lasciava già pensare a un processo di formazione e selezione che nel prossimo triennio non potrà che puntare su una risorsa aziendale. Poi, al WSJ, il manager italo-canadese ha fatto esplicito riferimento alla «soluzione interna». Giuseppe Berta, docente di Politiche e Management Pubblico alla Bocconi, ma soprattutto grande conoscitore di cose Fiat, spiega: «Sarà un manager con formazione globale, probabilmente non italiano. Ed è facile pronosticare che emergerà dal nuovo Group Executive Council (GEC) di 22 membri (Marchionne compreso) varato in luglio».
LA FUCINA DEI TALENTI - Il GEC di Fiat-Chrysler è una nuova struttura in qualche modo simile a quella esistente al Lingotto prima dello spin-off di Fiat Industrial. È il gruppo decisionale che definisce obiettivi, strategie e investimenti. Ha la supervisione dell’andamento delle attività e in pratica si tratta del secondo anello nella catena di comando dopo il Cda. Berta insiste: «Sarà qualcuno che partecipa al nuovo soggetto di impresa in prima battuta, fin da subito. E non credo tuttavia che Marchionne nella sua testa abbia già deciso, penso che il processo di selezione sarà reale. Lui vuole pilotare la successione». Insomma, l’Ad Fiat avrebbe intenzione di pescare un cavallo dalla propria scuderia dopo aver visto chi di loro corre meglio. E basta vedere i nomi del GEC per capire che si tratta di puledri di razza.
FRANÇOIS L'ECONOMISTA CREATIVO - Berta cita il francese Olivier François, attualmente chief creative officer di una delle quattro strutture che compongono il GEC, quella cioè dedicata alla valorizzazione dei brand del gruppo, alle strategie commerciali e di marketing. Economista e figlio di economista, fin dal 2005 François si è occupato del rilancio del brand Lancia. Ha tenuto a battesimo il nuovo logo della casa nel 2007 e ha fiutato il valore commerciale del mix tra politica, cinema e automobili lanciando le campagne pubblicitarie con Carla Bruni e Richard Gere, facendo aderire il marchio alla campagna per la liberazione del premio Nobel per la pace birmano Aung San Suu Kyi e sfruttando il battage mediatico del film Angeli e Demoni per pubblicizzare la Delta 1.8 Di Turbojet, utilizzata nella pellicola con Tom Hanks. Ma siccome il cuore di Marchionne batte forte per i marchi americani del gruppo, allora potrebbe decidere di puntare sul 48enne Michael Manley, che ha guidato Jeep alla conquista di risultati straordinari nel 2011: con un 44% di incremento delle vendite in ottobre, si tratta del brand U.S.A. che ha avuto le performance migliori. È Manley la mente delle rivisitazioni stilistiche di modelli come il Grand Cherokee e il Compass e negli U.S.A. ha lanciato campagne pubblicitarie di grande impatto mediatico. Insomma, si tratta di un manager che ha già dato belle soddisfazioni a Marchionne. Per adesso Manley è chief operating officer di Fiat per un mercato in prospettiva importante come l’Asia e riveste nel GEC pure il ruolo di capo-brand, manco a dirlo, di Jeep.
SISTINO E CLEDORVINO, I DUE ITALIANI - Sarebbe troppo lungo citare per intero la lista della ventina di manager «pupilli» del manager italo-canadese, tutti (o quasi) possibili candidati alla successione. Tra gli italiani, però, si possono menzionare due nomi di grande peso ed esperienza. Uno è Lorenzo Sistino, 47 anni, amministratore delegato di Fiat Automobiles e capo-brand per i veicoli commerciali. Sistino è entrato in azienda nel 1987, assumendo molti incarichi, tra cui quello di amministratore delegato di New Holland Agriculture. L’altro è Cledorvino Belini, 60 anni, amministratore delegato di Fiat Automeveis SA (Fiasa) dal 2004 e responsabile delle attività del Gruppo in America Latina. Belini entrò al Lingotto addirittura nel 1973 e sotto la sua gestione Fiat ha raggiunto la leadership nel mercato dell'auto sudamericano, con in testa l’amato Brasile, area del mondo da cui oggi proviene il maggior contributo ai risultati operativi di Fiat Group Automobiles.
(Fonte: www.lettera43.it - 9/1/2012)

sabato 21 gennaio 2012

Chiamparino: "Nuove relazioni sindacali per trattenere Fiat in Italia"


Un sindacato - e forse un contratto - unico dell’industria capace di cambiare le relazioni industriali: più partecipazione da parte dei lavoratori, meno comando gerarchico da parte dell’impresa. Con l’obiettivo comune di cooperare per il bene dell’azienda. Torino deve osare di più: qui può nascere un nuovo modello di relazioni capace di accrescere l’appeal di quest’area industriale ancora unica al mondo. E l’occasione può essere alla Fiat con Fabbrica Italia. L’idea è dell’ex sindaco Sergio Chiamparino che l’ha raccontata a un incontro sul futuro dell’auto organizzato dalla Cisl torinese. E sulla stessa linea è anche lo storico Giuseppe Berta - autore del libro «Fiat-Chrysler e la deriva dell’Italia industriale» dove avanza qualche preoccupazione sull’assetto finanziario del gruppo. Chiamparino spiega la sua idea: «Il progetto Fabbrica Italia dovrebbe rappresentare sia per i sindacati sia per la Fiat una sfida per creare un nuovo sistema di cooperazione tra tutti i soggetti che hanno responsabilità nell’azienda». E aggiunge: «Quando la competizione è globale diventa globale anche la concorrenza tra territori. Credo che se qui si sperimentasse un modo diverso di fare sindacato questo costituirebbe un incentivo all’insediamento di imprese». O alla permanenza della stessa Fiat a Mirafiori. Ovviamente dovrebbero cambiare molte cose. Chiamparino non ha dubbi: «Ipotizzo un sindacato unitario dell’industria e Fabbrica Italia è il luogo giusto per la sperimentazione». Una suggestione che condivide Berta: «Non penso a una unità sindacale come negli Anni ‘70, ma a un nuovo tipo di unità. Penso a un contratto unico per l’industria che servirebbe anche a stemperare le tensioni nei rapporti tra i metalmeccanici». Lo storico non ha dubbi: «Nella globalizzazione il sindacato e in Italia lo è ancora di più perché è lacerato al suo interno. Allora perché non partire da Torino e immaginare un contratto unico dell’industria? Poi ovviamente bisogna trovare, meglio con l’accordo tra le parti che con una legge, le regole di democrazia: chi è in minoranza ha il diritto di criticare, ma si deve adeguare alla volontà della maggioranza». All'incontro voluto dalla Cisl torinese il segretario Nanni Tosco chiede alla Fiat «un intervento temporaneo per Mirafiori che consenta di superare l’anno di più bassa produzione per arrivare al 2013, anno della svolta. Bisogna verificare se può continuare la produzione di qualcuno dei modelli in uscita, come Idea e Musa». Anche il segretario confederale Cisl, Giorgio Santini sollecita la Fiat a mantenere gli impegni: «A Mirafiori bisogna incalzare l’azienda».
(Fonte: www3.lastampa.it - 20/1/2012)

venerdì 20 gennaio 2012

giovedì 19 gennaio 2012

Lezione di Marchionne alla Ross School of Business: così si diventa leader


Metti un pomeriggio cinquecento studenti universitari a lezione di leadership e un top manager nelle vesti di docente. Un professore non convenzionale, che arriva qui sulle sponde del lago Michigan e invece del solito sermone di circostanza spiega agli studenti lo schema con il quale lui seleziona il suo gruppo dirigente. Giovedì 12 gennaio, Università del Michigan, Ross School of Business: Sergio Marchionne, presidente di Chrysler e amministratore delegato di Fiat, si presenta fra gli applausi degli studenti. E' sempre la stessa storia: criticato aspramente e spesso avversato in Italia, qui a Detroit il manager italo-canadese che ha trascinato la Chrysler fuori dall’inferno è visto come un eroe. Sale sul palco, «Serghìo», come lo chiamano da queste parti, e ripercorre la storia recente della casa di Auburn Hills, da quando nel 2009 iniziò l’avventura della Fiat - la società era fallita e perdeva un miliardo di dollari al mese - fino al clamoroso risanamento e all’utile operativo di 2 miliardi di dollari del 2011. La riapertura degli stabilimenti, il terzo turno a Jefferson, il successo della Jeep, il lancio della Dodge Dart. Ma agli studenti Marchionne porta soprattutto due slide, due documenti interni, che rappresentano il modello di selezione dei quadri dirigenti (lui preferisce chiamarli «leader») adottato in Fiat e Chrysler. Uno strumento utilizzato in ogni azienda del gruppo almeno due volte l’anno. «Io personalmente sono coinvolto nella valutazione di circa mille leader e nell’impostazione della loro carriera». Marchionne illustra il documento proiettato alle sue spalle. «Sono le caratteristiche richieste a un leader, secondo due dimensioni: la capacità di guidare il cambiamento e di guidare le persone. Un elenco costruito nel corso degli anni, che raccoglie la mia esperienza personale e quella dei miei collaboratori su ciò che è davvero importante nell’esercizio della leadership». Marchionne li definisce come i princìpi che sono parte integrante della sua filosofia aziendale: spirito competitivo, affidabilità, integrità, velocità di decisione, passione ed energia nel raggiungere i risultati. Un elenco che racchiude anche i valori che, secondo il top manager, sono essenziali nella gestione delle persone: trasparenza, senso di responsabilità, condivisione delle informazioni e dei meriti, impegno a far crescere gli altri e a trattare tutti con dignità ed equità. «Solo l’insieme di queste qualità - sentenzia Marchionne - può definire un leader». Alle sue spalle compare quindi un secondo documento, più matematico: una matrice suddivisa in nove quadranti (di colore verde, giallo, arancione e rosso), in base alla quale vengono periodicamente valutati i manager Chrysler e Fiat. Una valutazione che è il frutto dell’incrocio tra le performance nel business e le qualità di leadership espresse. Nei quadranti verdi si collocano le risorse migliori, su cui puntare per il futuro. Quelli gialli richiedono un’ulteriore analisi nel giro di 6-12 mesi. Per quelli arancione va presa una decisione tempestiva, entro 3 mesi. «Chi è nel quadrante rosso non può trovare spazio nelle nostre aziende». Il risultato, spiega con orgoglio Marchionne, sono manager «capaci di pensare e lavorare oltre gli schemi, persone con una mente libera». Gli stessi che hanno stupito l’America affidando lo spot del rilancio a un rapper molto discusso per il linguaggio crudo e diretto delle sue canzoni come Eminem. Lo spot più visto e premiato del 2011.
(Fonte: www3.lastampa.it - 14/1/2012)

mercoledì 18 gennaio 2012

Toledo (Jeep) e il World Class Manufacturing


Come si fa a spiegare la differenza tra le relazioni sindacali in Italia e quelle americane? Proviamo a spiegarla così: dov'è che un sindacalista va a proporre al direttore di stabilimento di cambiare completamente gli orari, gli presenta un progetto con costi e benefici, il direttore accetta, nessuno dei due deve chiedere autorizzazioni ai superiori e il sindacalista non è neppure obbligato a un referendum? La risposta ci porta a Toledo, Ohio, un'ora di autostrada da Detroit e poco di più dal quartier generale di Auburn Hills. Qui sorge una fabbrica Jeep costruita dieci anni fa dalla Chrysler targata Daimler, e che ora Mauro Pino - 52 anni, in Fiat dal 1987 al 2001 e poi di nuovo dal 2008 - sta adattando ai principi del World Class Manufacturing, il sistema di produzione di tutti gli stabilimenti di Fiat e Chrysler. Prima di venire qui, Pino ha diretto la fabbrica di Termini Imerese e quando parla di Toledo fa riferimento anche alla nuova organizzazione di Pomigliano; la linea di montaggio che verrà installata qui l'anno prossimo per l'erede della Liberty, per esempio, avrà una struttura "a farfalla" identica a quella introdotta per la Panda. L'impianto di Toledo della Jeep fu creato dalla DaimlerChrysler a fianco a una vecchia fabbrica poi demolita. I tedeschi andarono al risparmio, e Toledo è fatta in realtà di due fabbriche diverse: una, quella della Jeep Wrangler, è gestita per metà da due fornitori - la Kuka e la Ommc - e la parte in mano a Chrysler lavora su due turni da 8 ore per 5 giorni, separati da due ore in modo da poter far manutenzione e all'occorrenza aggiungere lo straordinario in mezzo. La seconda linea, quella della Jeep Liberty (e della Dodge Nitro venduta in Europa), ha un solo turno di 10 ore per quattro giorni alla settimana. Due organizzazioni diverse, un unico concetto di flessibilità. Con il sindacato in prima fila. Qui a Toledo, come in tutti gli impianti delle Big Three, il sindacato è uno solo - la Uaw, cui è iscritto il 97% dei 1.830 dipendenti. Ed è proprio Dan Henneman, presidente della Local 12 (la sezione locale della Uaw), a raccontarci come è andata con gli orari. "Il passaggio da 8 ore per 5 giorni a 10 ore per 4 giorni è stata una mia idea. Permette all'azienda di risparmiare sui costi di energia, una manutenzione più facile, e così via. Per gli operai c'è una giornata in più con la famiglia e il risparmio sui costi di trasporto. Una situazione win-win, insomma". La proposta è nata nella volontà di evitare altri tipi di taglio dei costi. Ma non ci si stanca di più a lavorare dieci ore di fila? "Beh, un po'. Ma di fatto in molti casi lavoravamo già nove ore con lo straordinario e i vantaggi compensano i costi". La cosa più notevole è che la variazione ha potuto essere concordata semplicemente tra il capo fabbrica e il capo del sindacato locale: niente consultazioni con i rispettivi vertici, niente necessità di approvazione formale da parte dei lavoratori. "Mi hanno eletto loro rappresentante per tre anni - dice Henneman - e in questo periodo ho la delega a decidere". La flessibilità permessa da questo tipo di rapporto con il sindacato emerge da una vicenda più recente. La linea ha lavorato tra Natale e Capodanno (per la prima volta nella sua storia) per un picco di domanda. In questo caso il personale ha fatto una richiesta formale individuale, e i volontari sono stati l'85%. A quel punto sono stati coinvolti i fornitori ed è stata presa la decisione ufficiale. In 10 giorni, tutto deciso. E alla fine ha lavorato il 97 per cento. Nota bene: il costo complessivo per l'azienda delle circa 3mila vetture prodotte è stato superiore al normale, perché la settimana è stata pagata come straordinario il 50% in più, i fornitori hanno chiesto più soldi, e Jeep ha dovuto far arrivare i motori diesel dall'Italia in aereo invece che in nave. Ma con i costi fissi già coperti, all'azienda è convenuto comunque. "In Italia non è che non si possa fare - dice Pino - ma ci vogliono mesi...". Complessivamente, l'anno scorso qui a Toledo circa 2.200 persone (1.830 dipendenti e poco più di 300 esterni) hanno prodotto 270mila Jeep: le 120 auto a testa superano la produttività dell'impianto Fiat di Tychy, in Polonia. L'obiettivo numero uno di Pino è naturalmente quello di ridurre i costi. Come spiega il manager sintetizzando la filosofia di Sergio Marchionne, "il nostro obiettivo numero uno non è produrre automobili, ma profitti; l'auto è solo un mezzo". La gestione Fiat ha dunque avviato tutte le attività di ottimizzazione dei flussi, minimizzazione degli sprechi e ricerca dei risparmi che, perfezionate con le fabbriche giapponesi degli anni '60, sono ormai parte del bagaglio di tutti i costruttori. Quanto conti la ricerca del minimo risparmio (per qualsiasi casa automobilistica, non solo per Fiat e Chrysler) lo dimostra il caso della marmitta della Jeep Liberty. "Le marmitte - ci mostra il caposquadra - vengono prelevate per il montaggio da uno scaffale mobile (detto scherzosamente "limo", ovvero limousine, ndr) a fianco della linea. Sono già disposte in base ai codici di lavorazione nell'ordine esatto delle varie scocche che arrivano sulla linea, a seconda delle caratteristiche di ciascuna auto. Fino all'anno scorso venivano messe in ordine direttamente dal fornitore, che per quest'attività ci addebitava due dollari a pezzo. Ora lo facciamo noi all'arrivo dei pezzi in fabbrica, e ci costa un dollaro e mezzo". Che sarà mai mezzo dollaro in meno? Mezzo dollaro risparmiato per le circa 80mila Liberty prodotte nel 2011 fa 40mila dollari... ed è solo un piccolo risparmio fra i tanti. Il totale nel 2011 è arrivato a 16,5 milioni contro un obiettivo di 10 milioni. In fabbrica il grande nemico si chiama NVAA, "Non Value Added Activities". Tutti lo ripetono come un mantra: eliminare le attività che non creano valore, tipo fare troppa strada a piedi attorno al posto di lavoro per cercare i pezzi da montare e selezionarli. Il grafico che mostra i percorsi lo chiamano "Spaghetti diagram". L'obiettivo è di ridurlo piazzando il maggior numero di pezzi nella cosiddetta "golden zone" - quella che l'operaio ha a portata di mano. "Cerchiamo di eliminare tutte le attività di picking" spiega Pino nel suo anglo-italiano. Sono le attività in cui all'operaio è richiesto di scegliere il pezzo da montare. La riduzione delle possibilità di scelta riduce gli errori: "Il numero di macchine che escono dalla catena senza difetti è salito dal 70 al 95%". Tutte le scelte vengono fatte a monte; l'operaio deve solo inserire, fissare, avvitare. A una velocità di circa un'auto al minuto, e con operazioni parcellizzate, il paragone con "Tempi Moderni" è inevitabile. E giriamo la domanda a Pino: ma così l'operaio non diventa un automa? "Per questo problema serve la job rotation: ognuno degli operai della squadra si alterna su un certo numero di postazioni, per evitare la ripetitività". Intanto, con i tagli dei costi e l'aumento della qualità Toledo si è guadagnata l'aggiunta - a partire dal 2013 - di un nuovo turno di lavoro per produrre l'erede della Jeep Liberty e di circa 1.000 nuovi posti di lavoro.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/1/2012)

martedì 17 gennaio 2012

Integrazione Fiat-Chrysler al 50% nel 2012. Ipotesi di produzione di un'auto in Turchia


L'integrazione tra Fiat e Chrysler è oggi al 20% e si prevede che possa arrivare al 50% entro fine 2012. È quanto è emerso da una presentazione agli investitori in un seminario organizzato da Bank am Bellevue nel fine settimana in Svizzera, al quale ha partecipato l'Ad del gruppo, Sergio Marchionne. Il management ha anche confermato la guidance 2011 per Fiat: ricavi oltre 58 miliardi di euro, utile netto di 1,7 miliardi, utile della gestione ordinaria superiore a 2,1 miliardi, debito netto industriale tra 5 e 5,5 miliardi e una liquidità complessiva di oltre 18 miliardi di euro. Sono stati confermati anche i target di Fiat Industrial: i ricavi attesi per quest'anno si attestano a 24 miliardi, mentre l'utile della gestione ordinaria tra 1,9 e i 2,1 miliardi. Per quanto riguarda, in particolare, Cnh, il 2012 sarà l'anno in cui saranno perfezionati investimenti iniziali in diversi stabilimenti in giro per il mondo, a cominciare dallo quello argentino di Cordova. Attraverso la joint venture con il partner russo Kamaz sono previsti altri investimenti in Russia, mentre a Sorocaba e Curitiba (Brasile) gli stabilimenti Cnh miglioreranno le loro capacità. Target a parte, oltre alla partnership con Chrysler, si guarda a quella con il conglomerato turco Koc Holding. Fiat e il suo partner di joint-venture in Turchia (Tofas) potrebbero, infatti, produrre un'auto destinata esclusivamente al mercato automobilistico turco. Lo riferisce il quotidiano turco Vatan. In particolare, Fiat fornirebbe l'infrastruttura tecnologica per il veicolo, mentre la produzione iniziale di 200.000 unità è già stata programmata presso lo stabilimento della Tofas nel nord-ovest della Turchia. Secondo il quotidiano, proprio Marchionne ha riferito in occasione del Salone dell'Auto di Detroit come siano stati compiuti dei progressi nell'ambito dei colloqui avviati con il primo ministro, Tayyip Erdogan, che sta spingendo per una vettura prodotta al 100% in Turchia. Fiat ha a quanto pare pianificato la produzione sulla base del modello Albea. Per ora conferme ufficiali in merito non sono arrivate, tuttavia sono state subito smentite le voci sul costo del progetto intorno a 2-3 miliardi di dollari così come l'obiettivo di produrre un'automobile con un prezzo inferiore a 20-25mila lire turche, ossia 8.500-10.600 euro. L'auto prodotta interamente in Turchia è un sogno da tempo accarezzato dal premier turco Erdogan che lo scorso anno proprio a gennaio aveva lanciato il progetto per "un'automobile nazionale", incontrando sulle prime perplessità fra i produttori del Paese, fra cui la stessa Koç Holding. La possibilità di procedere in collaborazione con un partner internazionale, evidentemente, rende il piano più realistico.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 16/1/2012)

lunedì 16 gennaio 2012

Maserati, si avvicina il debutto per il Kubang


Prosegue a grandi passi il percorso di avvicinamento al debutto del Suv Maserati Kubang. Il prototipo del lussuoso e sportivo crossover della Casa del Tridente ha fatto la sua prima apparizione al Naias di Detroit nel 2003 e proprio al Salone americano è tornato in questi giorni per mostrarsi nella sua veste pressoché definitiva e pronta quindi all'esordio. Un atto quasi dovuto, dal momento che in Nord America il Suv Kubang sarà costruito e anche perché quello nordamericano è il primo mercato al mondo per Maserati. L'anno appena concluso ha fatto registrare in Nord America 2.465 unità consegnate, con un incremento del 21% rispetto al 2010. Un risultato, considerando sia i tempi che corrono che il prezzo delle vetture modenesi, di assoluto rilievo e che ha sicuramente contribuito all'incremento globale delle vendite del marchio del 10% rispetto all'anno precedente. Il nuovo Suv rappresenterà quindi un ulteriore elemento di espansione sul mercato americano poiché conterrà tutte le caratteristiche tipiche di Maserati, come sottolineano al quartier generale modenese: "La Kubang rappresenta allo stesso tempo un elemento di discontinuità e di continuità poiché permette a Maserati di entrare in un nuovo segmento mantenendo però inalterato il proprio DNA. Rappresenta la direzione naturale di Maserati nell'intento di ampliare la propria gamma di prodotti e di rafforzare la presenza sul mercato mondiale. Gli elementi che costituiscono un Suv sportivo di lusso sono perfetti per le capacità di Maserati e le sinergie all'interno del gruppo industriale Fiat-Chrysler offrono i contenuti ideali per permettere alla Casa di fornire la sua personale interpretazione di questa tipologia di vettura. Nonostante il progetto abbia basi e risorse già consolidate, il modello prodotto sarà indubitabilmente una Maserati. Tutti i componenti dei sistemi principali saranno 100% Maserati, in perfetta continuità con i valori fondamentali del marchio di sportività, eleganza, glamour, lusso, prestazioni e lavorazione artigianale". Quindi anche se fisicamente la Kubang sarà realizzata in Nord America, la vettura manterrà al 100% la sua identità italiana, fattore su cui i vertici Maserati puntano molto e non mancano certo di sottolineare rimarcando in continuazione la voce "Italia" nella comunicazione: "L'essenza e lo stile caratteristico che rendono la Kubang immediatamente riconoscibile quale una vera Maserati sono stati creati dal Maserati Style Center diretto da Lorenzo Ramaciotti. Una nuova generazione di motori high-tech Maserati è attualmente sviluppata da Paolo Martinelli, responsabile del Powertrain Development, presso la sede della Maserati di Modena, Italia. I nuovi motori Maserati saranno prodotti presso la Ferrari a Maranello, Italia, e saranno abbinati ad una nuova trasmissione automatica a 8 rapporti. La componentistica, con sospensioni, freni, sterzo ed elettronica regolati specificamente per le alte prestazioni, sarà messa a punto in esclusiva dagli ingegneri Maserati di Modena, Italia. Sportività e lusso possono assumere la forma di una vettura sportiva di lusso dalle alte prestazioni, dall'aspetto estremamente dinamico e incredibilmente elegante, in grado di trasportare i suoi passeggeri attraverso tutti i tipi di clima su un numero infinito di superfici su strada e fuori strada. Maserati è perfetta per costruire vetture di questo tipo". Insomma i proclami dei manager sono di rito ma alla Maserati non possono certo permettersi un passo falso sul loro mercato più importante e hanno deciso di puntare molto su questa "piazza" tant'è che il "Trofeo MC 2012", il monomarca Maserati, sbarcherà in Nord America. Così la quinta gara della stagione si svolgerà il 23 settembre all'Infineon Raceway in California e questa sarà la prima volta che un evento del Trofeo Maserati si svolgerà non solo negli Stati Uniti, ma che varcherà i confini dell'Europa. E sempre in tema di presenza costante sul mercato a stelle e strisce, a fine marzo Maserati tenterà di battere un record di regata atlantica lungo la costa degli Stati Uniti da Miami a New York supportando il famoso velista italiano Giovanni Soldini.
(Fonte: www.repubblica.it - 12/1/2012)

domenica 15 gennaio 2012

Brasile: Fiat leader di mercato da 10 anni


Fiat conferma la leadership indiscussa sul mercato brasiliano per il decimo anno consecutivo, chiudendo il 2011 a quota 754.256 vetture con il 22% di quota di mercato per auto e veicoli commerciali. I modelli più venduti sono Uno (272.859) e il pick-up Strada (118.620), mentre il Ducato è leader del settore commerciale con 13.486 unità. A livello globale, il mercato brasiliano ha chiuso il 2011 con il record assoluto di 3.426.290 veicoli immatricolati. Nel A2011, Fiat ha lanciato sul mercato brasiliano la 500 con motore MultiAir (la stessa venduta negli Stati Uniti) e la Suv Freemont, ma è stata rinnovata anche la Palio, ormai giunta a quota 2,5 milioni costruiti lungo la sua carriera e già premiata da diverse testate brasiliane come migliore auto dell'anno. Fiat ha pianificato investimenti di 10 miliardi di real (oltre 4 miliardi di euro) entro il 2014 per lo sviluppo di nuovi prodotti e tecnologie, ampliando la capacità dello stabilimento di Betim fino a 950.000 unità annue e progettando la creazione di un nuovo impiuanto a Goiàs nel 2014, capace di sfornare 250.000 vetture l'anno, con l'ambizioso obiettivo di toccare 1 milione di veicoli all'anno.
(Fonte: www.quattroruote.it - 3/1/2012)

sabato 14 gennaio 2012

Punto 2013: Bertone e I.DE.A in gara con Pininfarina e Centro Stile per il design


Da fonti vicine al Lingotto si apprende che, oltre a Pininfarina e al Centro Stile Fiat, anche Bertone e I.DE.A Institute sono state incaricate di realizzare le loro proposte di stile. La gara per aggiudicarsi l'importante commessa, dunque, vede in campo le migliori firme del design italiano. All'atto pratico, l'operazione non è nuova per la Fiat, che in passato si è quasi sempre affidata a un designer esterno per la berlina compatta del segmento B (Uno, Punto e Grande Punto, per dire, sono state firmate da Giugiaro). Tuttavia, questa sarebbe la prima volta che il design di una vettura viene affidato in outsourcing da quando Sergio Marchionne ha preso le redini del Gruppo torinese.
(Fonte: www.quattroruote.it - 2/1/2012)

venerdì 13 gennaio 2012

Alleanze (2): Fiat-Chrysler ideale per PSA


E' una vecchia storia, che ricorre regolarmente da almeno un decennio: la possibilità di un matrimonio fra la Fiat (ora associata con Chrysler) e i francesi di PSA Peugeot-Citroen. Se ne parlava ai tempi della grave crisi del Lingotto, nei primi anni Duemila, quando la PSA di Jean-Martin Foltz era additata come modello di rinascita di un gruppo automobilistico. E' stata evocata nel 2009, al momento dell'alleanza di Fiat con Chrysler e il tentativo (mancato) della casa torinese di accaparrarsi anche la Opel: allora il gruppo francese, sostenuto dai fondi pubblici di Parigi, resisteva alla crisi, di sicuro meglio della connazionale Renault, l'eterna rivale. Se ne riparla adesso. E, al di là di smentite e di “no comment” più o meno stizziti da parte dei due possibili interessati, una cosa è certa: mai come oggi PSA, che pure è il maggiore costruttore francese e il numero due europeo, ma in profonda, profondissima crisi, ha bisogno di un alleato. Soprattutto di un partner che la svincoli dal mercato europeo e la sostenga nella corsa verso i mercati emergenti.
SEMPRE PEGGIO NEGLI ULTIMI SEI MESI - La situazione di PSA si è deteriorata rapidamente nel secondo semestre 2011, al di là anche delle peggiori prospettive degli analisti. Nei primi sei mesi le vendite avevano tenuto, nonostante la scomparsa degli aiuti alla rottamazione in vigore nei maggiori mercati europei fino al 2010, l'utile netto totalizzando 405 milioni di euro. Dopo l'estate la situazione è peggiorata: per tutti, ma per PSA ancora di più. I vertici del gruppo hanno moltiplicato i profit warning, fino ad ammettere per bocca del presidente Philippe Varin “perdite significative” nel secondo semestre. I dati definitivi non sono ancora disponibili ma potrebbero essere i conti globali del 2011 a chiudersi in rosso. La spina nel fianco di PSA è l'Europa: qui le vendite di Peugeot-Citroen si sono ridotte dell'8% nei primi undici mesi contro un calo generale nel settore dell'1,2%.
LA SFIDUCIA DEGLI INVESTITORI - Il titolo alla Borsa di Parigi ha chiuso il 2011 in ribasso del 56,4%, con una capitalizzazione più che dimezzata. Tanto per avere un'idea della debacle, basti ricordare che nello stesso periodo Renault (considerata fino a qualche mese fa più malmessa della concorrente) ha ceduto il 38,3%, mentre il comparto automobilistico ha perso l'anno scorso il 23 per cento. “I due costruttori francesi, e PSA in particolare, sono troppo esposti su un mercato maturo come quello europeo – ha sottolineato nei giorni scorsi Xavier Caroen, analista del comparto per Kepler Capital Markets a Parigi -. Mentre i loro principali concorrenti e soprattutto i tedeschi sono più esposti nei confronti dei mercati emergenti, come la Cina, la Russia e l'America Latina, ma anche verso gli U.S.A., che potrebbero crescere nel 2012”.
I PUNTI DEBOLI DI PSA - La quota di vendite in Europa di PSA corrisponde al 59% del suo totale mondiale: davvero troppo alta. Fino al 2010 PSA aveva risentito positivamente degli aiuti alla rottamazione finanziati dalla Francia e dai maggiori Paesi del Vecchio Continente. Non solo: il gruppo aveva commercializzato nuovi modelli di successo (in particolare la serie Citroen DS) realizzando quella che i vertici di PSA hanno chiamato “la montée en gamme”, il tentativo nei segmenti produttivi dove sono tradizionalmente più forti i tedeschi, migliorando l'immagine presso i consumatori. Negli ultimi mesi, però, PSA sembra perdere colpi (va rinnovata al più presto la 207 per il segmento B). E poi esiste l'altro grande problema: i costi dell'occupazione troppo alti in Francia, ancora fondamentale (anzi, troppo) come base produttiva. Durante tutto il 2011 si è assistito a un tira e molla fra l'azienda, che vuole ridurre il numero di dipendenti in Francia, e i sindacati, che fanno resistenza. E Nicolas Sarkozy e il Governo in mezzo, in questo periodo pre-elettorale (il primo turno delle presidenziali è fissato ad aprile) restii ad avallare un ridimensionamento. Tanto più che nel 2009 PSA aveva ricevuto un prestito dallo Stato di tre miliardi di euro, con l'impegno a non delocalizzare nel breve-medio termine. Nel novembre scorso, comunque, Varin ha dovuto ammettere che sì, PSA taglierà la produzione in Europa e soprattutto in Francia (6mila posti di lavoro in meno in tutto il Vecchio continente nel 2012, di cui ben 4.300 in Francia). Nel contempo PSA ha deciso di raddoppiare gli investimenti previsti in Brasile, dove il gruppo è in forte ritardo rispetto a Fiat e Volkswagen.
I LEGAMI CON FIAT - Marchionne ha parlato di “pura speculazione” rispetto a un possibile matrimonio con PSA. Ma è certo che, al di là del Brasile, i vantaggi per PSA di agganciarsi a un tandem già fortemente internazionale come Fiat-Chrysler non mancherebbero. Fra l'altro Fiat e PSA collaborano già da tempo su diversi modelli, in particolare sulla produzione dei piccoli veicoli utilitari, un'alleanza che è stata prolungata fino al 2019. Quella sui monovolume, invece, si interromperà nel 2017 ma solo perché la Casa torinese può usufuire delle piattaforme produttive Chrysler. Non mancano tra Fiat e PSA pure le affinità (diciamo) personali. Il 30% del gruppo francese è ancora nelle mani della famiglia Peugeot. Che ha da poco recuperato peso a livello mangeriale riuscendo a collocare al posto di responsabile dei marchi del gruppo uno dei propri uomini, Frédéric Saint-Geours. Il rimpasto è avvenuto nel pieno di quest'ultima, profonda crisi. La dinastia Peugeot, è risaputo, ha sempre avuto buone relazioni con quella degli Agnelli.
(Fonte: www.firstonline.info - 11/1/2012)

giovedì 12 gennaio 2012

Alleanze (1): Suzuki ideale per Fiat-Chrysler


GIAPPONESI IN POLE POSITION? - Sergio Marchionne è tornato a parlare della necessità, per il Lingotto, di scovare un nuovo socio: “Sulle alleanze non chiudo le porte a nessuno. Un nuovo partner potrebbe arrivare anche prima della fusione tra la Fiat e la Chrysler”. Vale a dire, nei prossimi due anni. E se ieri le indiscrezioni parlavano di un possibile interesse della PSA Peugeot-Citroën (ipotesi smentita dagli interessati ma rilanciata dal Corriere della Sera), oggi il nome che circola con insistenza è quello della Suzuki. I conti sembrano tornare: la casa giapponese non solo ha sottoscritto un accordo con la Fiat per la fornitura del turbodiesel 1.6 Multijet, ma è pure ai ferri corti con l’alleata Volkswagen, che possiede una quota del 20% circa nel capitale del gruppo nipponico.
AUMENTARE LA PRESENZA IN ASIA - Un’alleanza con la Suzuki sarebbe particolarmente appetibile per Fiat-Chrysler, poiché rafforzerebbe la presenza del gruppo in un mercato, come quello asiatico, dove certo non brilla quanto a penetrazione. Tanto più che, come ricorda il quotidiano la Repubblica, ieri Marchionne ha annunciato d’aver stretto un accordo con l’indiana Tata per la condivisione delle reti commerciali.
TRA RISPARMI E SINERGIE - L’obiettivo del Lingotto è ambizioso: creare un gruppo automobilistico in grado di rivaleggiare con la Volkswagen e arginare le perdite in un mercato dell’auto che, secondo le previsioni, nei prossimi due anni non si discosterà molto dai livelli, già scarsi, del 2011. Da qui, l’impulso alle sinergie industriali. “In Europa spendiamo tutti troppi soldi per fare le stesse cose”, ha detto il manager italocanadese, ricordando che “sono stati risparmiati 500 milioni di euro dividendo i costi con la Ford per realizzare in comune la piattaforma per la 500 e la Ka”.
(Fonte: www.alvolante.it - 11/1/2012)

mercoledì 11 gennaio 2012

Dodge Dart, ovvero il ritorno negli U.S.A. dell'eccellenza Alfa Romeo


Le innovazioni tecnologiche firmate Fiat, il DNA sportivo dell’Alfa Romeo, la passione per le prestazioni di Dodge: questi gli ingredienti subito riconoscibili nella nuova Dart 2013, la prima vettura del gruppo Chrysler costruita sull’architettura Giulietta del Gruppo Fiat. Con questa nuova auto la Casa di Auburn Hills torna nel segmento compact dopo l’uscita di scena della Caliber lo scorso novembre, modello che a sua volta aveva raccolto il testimone della Neon prodotta tra il 1995 e il 2005. Dart si propone però con un appeal completamente diverso rispetto alla particolare carrozzeria (un po’ crossover, un po’ suv) della Caliber ed alla classicità della Neon: il look è moderno ed elegante, con un’aerodinamica molto spinta – tra le migliori del segmento – e con un design del frontale inconfondibilmente Dodge. La carrozzeria, più “importante” e sportiva rispetto alle dirette rivali nel mercato U.S.A. (Toyota Corolla, Honda Civic, Ford Focus, Chevrolet Cruze, Volkswagen Jetta) lascia ben intendere come la piattaforma e gli organi meccanici abbiano “nobili” origini e, quindi, come la sua dinamicità e le sue caratteristiche di guida siano di livello elevato, proprio grazie al DNA Alfa Romeo ed alla presenza di molte raffinatezze costruttive di origine Fiat. "La nuova Dodge Dart – ha detto Reid Bigland, presidente e CEO del brand Dodge - è una vettura innovativa che sorprenderà e delizierà i clienti che vogliono un’auto senza compromessi, che sia divertente da guidare e che abbia anche un grande valore". Dodge Dart, che verrà costruita a Belvidere nell’Illinois a partire dal secondo trimestre, sarà disponibile negli Stati Uniti in 5 livelli di allestimento (SE, SXT, Rallye, Limited e R/T) e con 3 motori e 3 diverse trasmissioni. Elemento fortemente caratterizzante dell’offerta Dart sarà il propulsore 1.4 turbo MultiAir da 160 Cv, già conosciuto dagli utenti nordamericani perché presente sulla Fiat 500 Abarth. Questa unità, che sviluppa 184 Nm di coppia, sarà accoppiata ad un cambio manuale a sei marce o al modernissimo automatico DDCT (Dual Dry Clutch Transmission), egualmente a sei rapporti. Sviluppato da Fiat Powertrain, questo cambio è analogo al TCT già apprezzato sull’Alfa Romeo MiTo e sulla Giulietta. Dart – che conserva l’architettura con motore anteriore trasversale e trazione sull’avantreno - potrà anche essere acquistata con un motore 2.0 della nuova serie Tigershark (160 Cv) e con un’inedita versione del 4 cilindri 16 valvole 2.4 Tigershark ottimizzata grazie all’applicazione della tecnologia MultiAir di origine Fiat. La potenza massima erogata in questo caso è di 184 Cv. Per i Tigershark cambio manuale a 6 marce o trasmissione automatica convenzionale a 6 rapporti. La nuova Dart, che è lunga 4 metri e 67, utilizza la piattaforma CUS-wide del Gruppo Fiat, un elemento che per le sue caratteristiche e la sua modularità ha pernesso di realizzare un corpo vettura largo più delle rivali nel segmento delle compatte e molto basso, in modo da conciliare le esigenze di abitabilità con quelle di un design piacevole e dinamico, quasi da coupé. Oltre che per il caratteristico frontale che riprende la tradizione Dodge, la Dart si distingue per la posizione delle grandi ruote alle estremità della carrozzeria creando così un look molto stabile e sportivo. "Disegnare la Dodge Dart era un sogno per noi progettisti - ha dichiarato Joe Dehner, responsabile del Dodge Design nell’ambito di Chrysler Group – e partire dall’architettura Alfa Romeo ci ha permesso di progettare un esterno di grandi proporzioni che fa dire 'questa è un’auto divertente da guidare' già quando la si guarda da fermo”. Spaziosa all’interno come un modello di segmento superiore, la nuova Dodge si distingue per il layout della plancia che mette tutti i comandi a portata di mano del conducente e per il grande display personalizzabile. Il confort assicurato dai sedili è elevato grazie anche allo spazio a disposizione di tutti i passeggeri (nelle misure in corrispondenza delle anche e delle spalle è la migliore del segmento). La personalizzazione della Dart sarà assicurata dalla scelta tra 12 colori esterni, 14 colori interni e 7 opzioni per i cerchi, a cui si aggiungeranno 150 accessori specifici sviluppati dalla divisione Mopar.
(Fonte: www.ansa.it - 9/1/2012)

martedì 10 gennaio 2012

Intervista di Marchionne al Salone di Detroit


È un Marchionne straordinariamente decontratto e sereno, quello che si presenta davanti ai giornalisti al Salone di Detroit. Sarà per via dei risultati (nel 2011 la Chrysler ha aumentato le vendite del 26% su un mercato che è cresciuto del 10), sarà perché qui la ripresa è già una realtà: "Qui c'è sempre una grande disponibilità a cambiare" dice Marchionne "è una cosa che fa parte del Dna americano. Solo tre-quattro anni fa, in questo stesso salone si respirava odore di morte, con tutta Detroit che sembrava destinata a una fine inevitabile. In quattro anni ha saputo risollevarsi: oggi siamo tornati ad assumere, ad aprire nuove fabbriche. In Italia invece ci si sente sempre dire che questo non si può fare, quell'altro non si può cambiare, e così non si va da nessuna parte".
Pensa che Chrysler possa crescere ancora nel 2012?
"L'obiettivo è di salire a 2 milioni e 400 mila unità, contro i 2 di quest'anno. Tecnicamente è possibile aumentare ancora la nostra quota di mercato, perché con la Dodge Dart entriamo in un segmento dove non eravamo competitivi. Comunque per noi la vera partita si apre nel 2013, con la Jeep Liberty che entra in un segmento enorme dove siamo deboli, con l'erede della Chrysler 200, con un mucchio di altri modelli".
E la Giulia?
"È ancora viva, in condizione embrionale per lo stile. Dovrebbe partire, speriamo di farcela per il 2013".
La Dart arriverà anche in Europa?
"Se verrà, non arriverà da qui".
Vuol dire che verrà importata dalla Cina in Italia?
"È così".
Per sostituire la Bravo?
"In realtà è parecchio più grande della Bravo, più vicina al segmento D che al C".
Qui in America si parla molto anche del fiasco della 500...
"Volete che vi dica che ho sbagliato? È vero, ho sbagliato, 50 mila vetture di quella categoria sono un obiettivo impossibile su questo mercato. Quest'anno dovremmo riuscire a venderne fra le 25 e le 35 mila unità. Ma non è certo l'unica cosa che ho sbagliato, di errori ne ho fatti tanti".
Anche la famosa previsione dei sei milioni di unità nel 2014?
"Quella è una previsione di tre anni fa. A quei tempi, qualcuno avrebbe detto che l'Europa si sarebbe trovata in queste condizioni, con più di uno stato a rischio default? È chiaro che, se in Europa le cose vanno avanti così, alla Fiat vengono a mancare 400-500 mila macchine: magari posso recuperare qualcosa dal Brasile, che cresce più del previsto... Insomma, alla fine non saranno 6 milioni ma 5,7, ma questo non cambia la sostanza della questione: occorre fare massa critica, per condividere le spese di sviluppo. E in Europa, a parte la Volkswagen che ha più del 20% del mercato, nessuno ha i numeri per farlo. Per questo resto convinto che il processo di consolidamento non sia concluso.
Dunque è vero che è in cerca di un altro partner, per l'Asia...
"Non mi interessa di che colore sia e da dove venga: l'importante è trovare qualcuno con cui sviluppare altri livelli di efficienza. Condividendo le architetture e i costi di sviluppo, che sono enormi".
Ma la produzione in Italia...
"Per otto anni ho provato a convincere un costruttore tedesco, non dico quale, a venire a fare macchine assieme a noi in Italia: ridevano sempre. E se a Torino produrremo una Jeep, è perché siamo venuti qui, perché siamo entrati in Chrysler. Altrimenti non l'avremmo mai fatta".
Nell'intervista rilasciata ieri al Detroit Free Press, lei ha detto che potrebbe passare la mano nel 2015. E poi, cosa farà?
"Potrei fare il giornalista... Scherzi a parte, quello della mia successione è un problema serio: non dimentichiamoci che prima del mio arrivo la Fiat aveva cambiato cinque amministratori delegati in 24 mesi. Cose che oggi nessuno può più permettersi".
(Fonte: www.quattroruote.it - 9/1/2012)

lunedì 9 gennaio 2012

Marchionne al Detroit Free Press: fusione Fiat-Chrysler (e successione) dopo il 2015


La fusione completa tra Fiat e Chrysler non avverrà prima del 2015: un periodo necessario anche per 'crescere' un successore alla guida del colosso automobilistico e per completare il collocamento in Borsa del costruttore americano rilevato dal Lingotto. Lo ha detto l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, in un'intervista al Detroit Free Press: "Nulla accadrà fino a dopo il 2015, a meno che io non venga investito da un autobus", ha detto il top manager spiegando che tale lasso di tempo permetterà di affrontare anche il completamento del collocamento in Borsa di Chrysler e la crescita di un successore alla guida del gruppo. Nell'intervista Marchionne ha confessato che la riemersione di Chrysler dal fallimento è avvenuta più velocemente delle sue previsioni: "Se le raccontassi che mi aspettavo qualcosa di migliore di ciò che è accaduto mentirei", ha ammesso. Nel 2011 le vendite di Chrysler negli Stati Uniti sono aumentate del 26%, il maggior incremento tra i grandi costruttori. E in poche settimane - scrive la testata U.S.A. - Chrysler renderà noto un utile di bilancio che si avvicinerà ai 600 milioni di dollari, il primo utile semestrale dal 2005. Motivi che hanno indotto la testata U.S.A. ad assegnare a Marchionne il titolo di vincitore del suo premio nella categoria della leadership dirigenziale. Con quello che però viene definito un 'fiasco': il lancio della Fiat 500 negli U.S.A., della quale - a fronte di un obiettivo di vendita di 50.000 unità - ne sono state vendute finora solo 26.294. Un insuccesso almeno in parte legato a vari fattori, quali soprattutto il ritardo nell'apertura di nuovi punti vendita. "Abbiamo lanciato la vettura con un anno di anticipo - ha detto Marchionne - questo è il succo del discorso". L'amministratore delegato del Lingotto, poi, prevede che l'anno appena iniziato sarà ricco di sfide per Chrysler e spiega che le difficoltà saranno legate al fatto che la Dodge Dart sarà l'unico prodotto nuovo che Chrysler lancerà. "Le cose importanti arriveranno nel 2013", afferma sottolineando che "abbiamo fatto il 20% perché la maggior parte delle scelte industriali è alle nostre spalle. So che siamo la più piccola delle tre case automobilistiche qui a Detroit, ma ciò non ci rende meno rilevanti", ha aggiunto Marchionne. "Il peggio è passato. In questo momento, l'esecuzione è fondamentale perché i piani sono abbastanza ben definiti". "Quello che accadrà in Europa resta il maggior problema con cui io e la mia squadra dobbiamo confrontarci", afferma l'amministratore delegato di Fiat. "Qual'è l'effetto sulla convergenza fra Fiat e Chrysler?" chiede il Detroit Free Press. "In linea generale l'accelera", è la risposta di Marchionne.
(Fonte: www.freep.com - 8/1/2012)

domenica 8 gennaio 2012

Uno sguardo oltralpe (2): Germania, aumenti in busta paga per i metalmeccanici


Natale di aumenti retributivi per i metalmeccanici tedeschi. Con l’accordo-pilota concluso tra la controparte imprenditoriale (Gesamtmetall) la IgMetall, cioè il sindacato dei metalmeccanici tedeschi ritenuto la più forte centrale operaia del mondo, ha strappato aumenti retributivi del 3,8 per cento a partire dal primo dicembre, L’accordo sarà valido fino al febbraio 2013. L’intesa nella vertenza metalmeccanici è importante non solo come sostegno alla domanda interna nella prima economia europea, ma soprattutto perché conferma l’indirizzo strategico della politica di concertazione tra imprenditori e sindacati, indirizzo che dal dopoguerra, come è noto, costituisce un perno e un valore costitutivo per il sistema Germania. E al tempo stesso, l’accordo apre la strada e fa indirettamente da modello alla serie di rinnovi contrattuali alle viste per un totale di 9 milioni di operai dei vari comparti dell’industria tedesca. L’accordo è stato raggiunto con un compromesso tra le richieste di moderazione salariale avanzate da Gesamtmetall, l’organizzazione imprenditoriale appunto, e la IgMetall che chiedeva, ovviamente come punto di partenza nella tattica negoziale, aumenti del 7 per cento. L’intesa, come è tradizione in Germania, è stata negoziata in una zona-pilota, cioè in soli tre dei sedici Stati della Repubblica federale (nel caso si tratta di Nordreno-Westfalia, Bassa Sassonia e Brema) e per 75mila addetti del comparto metalmeccanico, ma è considerata automaticamente valida per tutti i circa tre milioni di operai metalmeccanici impiegati e residenti nel paese. La IgMetall può dunque vantare un nuovo successo, a conferma della giustezza della sua strategia. Il fortissimo sindacato dei “Cipputi di Germania” ha sempre puntato (come gli imprenditori, d’altra parte) su concertazione e dialogo e mai su contrapposizione frontale. Al negoziato questa volta IgMetall ha ricordato di aver contribuito alla forte ripresa dell’economia tedesca e al suo rafforzamento come global player, con anni di moderazione salariale. Specie durante la crisi finanziaria ed economica del 2008-2009, garantendo anche al massimo possibile flessibilità e aumento di produttività. Visti gli ottimi dati economici dell’anno in corso e del precedente, “adesso gli operai non vogliono perdere l’autobus della ripresa”, hanno insistito i sindacalisti. Gli imprenditori hanno concesso gli aumenti, avvertendo comunque che “la ripresa sta finendo e la congiuntura mondiale ci imporrà di tornare tutti alla politica della moderazione salariale”. IgMetall e controparte imprenditoriale hanno concordato anche nuove regole, più vantaggiose per i lavoratori, per l’assunzione di apprendisti e per il complesso sistema delle pensioni aziendali integrative. La locomotiva d’Europa insomma affronta la crisi internazionale nei suoi comparti di punta senza (o senza ancora) chiedere sacrifici ai lavoratori.
(Fonte: www.repubblica.it - 22/11/2011)

sabato 7 gennaio 2012

Uno sguardo oltralpe (1): Francia, vietato licenziare e delocalizzare


Ristrutturare un’azienda e licenziare i dipendenti senza un vero fondamento economico può essere vietato dai giudici: è successo a tre società francesi (Sodimédical, Ethicon e Viveo, le prime due produttrici di materiale per il settore sanitario, la terza di software), come racconta "Le Figaro". Chiudere reparti o intere fabbriche per delocalizzare la produzione nei paesi emergenti non è possibile: quelli che i francesi chiamano «licenziamenti borsistici», cioè provocati dalla pressione degli azionisti e da interessi esclusivamente finanziari, potrebbero così essere più severamente controllati. A patto che le sentenze superino l’esame della Cassazione, previsto nei prossimi mesi. In un passato non troppo lontano, i ricorsi dei sindacati contro i piani di ristrutturazione potevano al massimo raggiungere un obiettivo: trovare un giudice che li dichiarasse senza causa reale o seria. In questo modo, i dipendenti potevano ottenere compensazioni finanziarie più consistenti, ma il posto di lavoro era comunque perso. Le tre sentenze emesse a Troyes, Parigi e Nanterre sono di natura diversa: le ristrutturazioni, in assenza di giustificazioni economiche, sono state dichiarate nulle. E in questo modo i lavoratori possono chiedere di essere reintegrati nel loro posto di lavoro ai Prud’hommes (eletti da imprenditori e dipendenti, svolgono funzioni simili ai pretori del lavoro). Questi verdetti, scrive "Le Figaro", hanno creato scompiglio nel mondo giuridico. Per alcuni, infatti, si tratta di vere norme anti-delocalizzazioni, poiché solo una giustificata crisi economica potrebbe lasciar passare le ristrutturazioni. Ma gli avvocati delle aziende, naturalmente, minacciano: rendere possibili i licenziamenti solo quando i conti sono in rosso può costar caro ai lavoratori, perché le ristrutturazioni saranno più ampie e le indennità versate ai licenziati meno ragguardevoli. Spetta adesso alla Cassazione pronunciarsi su questa interpretazione più favorevole ai dipendenti delle leggi sui licenziamenti.
(Fonte: www.repubblica.it - 22/11/2011)

venerdì 6 gennaio 2012

Fiat sale al 58,5% di Chrysler: ora il nodo delle risorse per il 100% e la fusione


Sergio Marchionne mantiene la promessa fatta ad Obama e Fiat sale al 58,5% di Chrysler. Il Lingotto ha infatti ottenuto l'ultimo pacchetto del 5% di azioni grazie al raggiungimento dell'obiettivo ecologico pattuito due anni fa con il governo americano: la produzione di un'auto in grado di percorrere 40 miglia con un gallone di benzina (circa 16 chilometri con un litro). Il modello è la nuova Dodge Dart, che verrà presentata lunedì in prima mondiale al Salone dell'auto di Detroit. Ora Chrysler ha due soli azionisti: Fiat al 58,5% e il fondo Veba, il fondo pensioni dei dipendenti Chrysler, al 41,5%. Marchionne ha dichiarato anche recentemente che una trattativa con Veba per un'ulteriore della partecipazione del Lingotto su Auburn Hills non è all'ordine del giorno. Dipende infatti dalle condizioni di mercato e anche dai tempi della futura fusione in una unica società tra Fiat S.p.A. e Chrysler: "L'acquisizione di un ulteriore 5% di Chrysler rappresenta un passo fondamentale verso il completamento dell'integrazione tra i nostri due gruppi", dichiara oggi Marchionne non nascondendo la sua soddisfazione per il raggiungimento di "un traguardo al quale abbiamo lavorato con intensità negli ultimi due anni e mezzo". La realizzazione di auto a ridotto impatto ambientale era infatti la ragione principale alla base della scelta di Obama a favore del coinvolgimento gruppo di Torino nel salvataggio di Chrysler. Marchionne ricorda anche che oggi Fiat è stata dichiarata "la Casa più ecologica d'Europa". La salita in Chrysler arriva all'indomani dei risultati del mercato auto americano. La più piccola delle tre grandi di Detroit ha registrato a dicembre un eccezionale exploit aumentando e vendite del 37% rispetto allo stesso mese del 2010. Alla base del risultato, il successo della nuova Chrysler 300 e della media Chrysler 200 oltre alla performance di Dodge, Ram e Jeep. Secondo gli analisti, i successi americani non riusciranno a portare Marchionne al tetto dei 6 milioni di auto venduto fissato per il 2014 perché il flop del mercato europeo finirà per frenare la crescita del gruppo di Torino. E' comunque una discussione ampiamente prematura perché nessuno può dire oggi se il gruppo Fiat-Chrysler arriverà tra tre anni a 5,5 o a 5,9 milioni di auto vendute. Così come ancora ipotetica appare la discussione sull'eventuale acquisizione di una Casa asiatica. Più concreta appare, invece, la possibilità che il Lingotto annunci a breve una operazione in Russia.
(Fonte: www.repubblica.it - 5/1/2012)

giovedì 5 gennaio 2012

Produzione a quota 6 milioni nel 2014: obiettivo realistico per Fiat-Chrysler?


Il 2012 ha il sapore delle sfide, di quelle ambiziose, al Lingotto. L’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, ha messo dei punti fermi nell’anno che si è appena aperto: alla voce vendite di automobili ha scritto il numero tondo 6 milioni. Un obiettivo che non è affatto di semplice realizzazione, dicono gli analisti interpellati da Bloomberg News, prevedendo che nel 2014 potranno essere messe in circolazione 4,9 milioni di nuove vetture, ossia un milione in meno rispetto a quanto indicato dal manager italo canadese. Nessuno tra gli esperti di mercato si aspetta che Marchionne riesca a compiere questo miracolo. Sono le prospettive di un nuovo rallentamento economico con lo spauracchio di una recessione alle porte in Europa a gettare ombre sulle previsioni fatte in casa Fiat. Per l’ad della casa automobilistica di Torino in realtà quei numeri non sono mere stime, ma raccontano qualcosa di più: sono "la massa critica per garantire al gruppo la redditività nel lungo termine". Eppure serpeggia scetticismo tra gli addetti ai lavori. C’è chi come Hans-Peter Wodniok di Fairesearch GmbH che non scarta a priori il disegno di Marchionne. "Siamo di fronte a un manager che ha una visione realistica di come potrebbe muoversi la società, ma a patto che Fiat faccia qualche acquisizione", dice l’analista, che non nasconde però di nutrire seri dubbi sulla reale fattibilità di questa ipotesi dal momento che – ricorda – il gruppo deve finalizzare l’operazione con l’americana Chrysler. "L’obiettivo di 6 milioni di auto vendute posto dal Lingotto sembra più uno slogan che una intenzione vera", è l’opinione di Giuseppe Berta, docente di storia economica dell'Università Bocconi di Milano. "L'unica possibilità di realizzarlo nel 2014 è quello di combinare le forze di Fiat e Chrysler con una casa automobilistica in Asia, una regione dove il gruppo di Torino è oggi ancora estremamente debole". Uno scenario che Marchionne lo scorso settembre al Motor Show di Francoforte ha però accantonato, annunciando che non c’è un imminente piano di sviluppo in questo senso. Dietro le quinte, concludono gli addetti ai lavori, qualcosa si starebbe muovendo. Ad aprile l’ad aveva, infatti, spiegato che Fiat avrebbe dato battaglia per ritagliarsi un ruolo in Cina, perché è lì in Asia che ci sono spazi di crescita e che si gioca quindi la vera partita per sopravvivere.
(Fonte: www.wallstreetitalia.com - 4/1/2012)

mercoledì 4 gennaio 2012

Automotive News Europe: dal 2013 la Giulietta sarà anche station wagon


Alfa Romeo (gruppo Fiat) aggiungerà dalla metà del 2013 una versione station wagon alla gamma della Giulietta commercializzata in Europa. Lo hanno rivelato ad Automotive News Europe due dirigenti della casa. La SW sarebbe complementare alla versione berlina della Giulietta, consentendo al gruppo Fiat di avere una variante indispensabile in un segmento chiave che rappresenta quasi un quarto delle vendite di compatte in Europa e oltre i tre quarti in alcuni dei mercati principali come Germania e Italia. La gamma dei marchi Fiat, Alfa e Lancia non ha una SW compatta dall'inizio del 2008, quando è stata interrotta la produzione della Stilo Multi Wagon. La nuova versione della Giulietta darà un ulteriore impulso alle vendite del marchio Alfa Romeo in attesa dell'arrivo della Giulia e del crossover di grandi dimensioni verso la fine del 2013. La Giulia, che sostituirà la 159, ed il crossover saranno prodotti negli Stati Uniti dalla Chrysler, di cui Fiat detiene il 53,5%. Secondo le fonti della rivista, Alfa Romeo non ha intenzione di vendere la Giulietta station wagon in Nord America perché i clienti americani preferiscono berline e crossover. Alfa Romeo potrebbe inoltre rivedere i suoi piani per esportare negli U.S.A. un restyling della Giulietta a metà del 2013.
(Fonte: http://europe.autonews.com - 20/12/2011)

martedì 3 gennaio 2012

Il libro: "Mondo Agnelli", ovvero la storia dei padroni della Fiat raccontata agli americani


Non sono moltissimi gli industriali italiani famosi in America. Un nome solo, anzi, non ha bisogno di spiegazioni: quello degli Agnelli. Fiat è tornata sul mercato americano solo nel 2011 dopo un’assenza ventennale, ma il nome della famiglia, associato al glamour e alla dolce vita, non è mai uscito dalle cronache. E così c’è un mercato negli Usa per un libro che racconta una storia tipicamente italiana, Mondo Agnelli, uscito da pochi giorni. Il titolo completo è "Mondo Agnelli: Fiat, Chrysler and the Power of a Dynasty" (Wiley & Sons, 29.95 dollari), autrice Jennifer Clark, capo dell’ufficio italiano di Dow Jones e Wall Street Journal. I lettori americani che si aspettassero una storia dettagliata del takeover di Chrysler da parte di Fiat saranno delusi. Clark ha parlato con molte fonti in Italia ma a Auburn Hills, sede di Chrysler, ha trovato soprattutto bocche chiuse. La storia dello sbarco inatteso degli italiani a Detroit prende una trentina di pagine in fondo al libro, su trecento. Ma del resto quella di Fiat-Chrysler è una storia appena iniziata. E non c’è grande spazio, a parte che sulla copertina, per la Cinquecento che ha segnato il ritorno del marchio negli Stati Uniti ma finora sta andando male nelle vendite, molto sotto le previsioni. Clark nota però che Fiat era l’unica società al mondo che era disposta a comprarsi Chrysler nel 2008. Gran parte del testo è piuttosto la storia della famiglia, soprattutto dei due Giovanni Agnelli, il fondatore e il nipote Gianni, e delle scapestratezze giovanili del secondo. E poi del passaggio delle consegne al giovane John Elkann, serio e determinato, e del regno di Sergio Marchionne. E poiché a vendere copie è il nome della famiglia, più di quello dell’azienda che a molti americani dice poco, sono numerose le scene raccontate da vicino della vita privilegiata degli Agnelli.
(Fonte: http://america24.com - 1/1/2012)

lunedì 2 gennaio 2012

Ferigo (CISL): "Per Fiat-Chrysler la partita del lavoro si gioca a livello internazionale"


Una guerra simulata, come avviene ogni giorno al cambio della guardia alla frontiera tra India e Pakistan. Così si è, per il momento, archiviato il primo round tra la professoressa Fornero, ministro del Lavoro del governo Monti, e i sindacati ricompattati in difesa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Tutti sanno che il discorso non è chiuso, e il decisionismo mostrato dalla Fiat di Marchionne non può non rappresentare un esempio della possibilità di cambiare le regole nel campo del lavoro. La multinazionale simbolo dell'Italia, che chiude tre stabilimenti, esce da Confindustria, rifiuta il contratto collettivo per stipularne uno aziendale solo con i sindacati che ci stanno, e detta, di fatto, l'agenda a tutto il Paese. Ma per cercare di comprendere quello che sta avvenendo, bisogna saper acquisire una visione a livello planetario. Incontriamo perciò Antonio Ferigo, un sindacalista dei metalmeccanici della Cisl, per lungo tempo tra i responsabili della Federazione Internazionale Sindacati Metalmeccanici, con sede a Ginevra. Una lunga militanza cominciata negli stabilimenti torinesi della Fiat di Rivalta e dell'Iveco e ora tra gli animatori del gruppo di lavoro "Sindacalmente", che mantiene vivo il dibattito oltre le sponde delle sigle restando fedele, citando Eraldo Crea, a quella «attitudine che matura nel profondo della coscienza di ciascuno, che si alimenta della capacità quotidiana di rivivere, soffrire, ed interpretare la condizione operaia». 
Come si può leggere la posizione della Fiat a livello di strategia di competizione internazionale?
«Tra i produttori generalisti la Fiat è la meno internazionalizzata. Ben sistemata in America Latina, dove fa profitti in Brasile, è invece arretrata rispetto alle concorrenti in Cina e in tutta l'Asia. Del tutto assente in Africa. In Europa le difficoltà sono evidenti: basta guardare i dati di mercato, in costante discesa. Naturalmente bisogna tenere conto ormai di Chrysler, presente negli U.S.A. e Canada. E' ancora presto per dire quanto i marchi Fiat e Alfa potranno aver successo nel mercato nord americano. La Cinquecento lanciata negli U.S.A. è ben al di sotto degli obiettivi annunciati e per l'Alfa non è ancor chiaro quando e se sia previsto davvero un ritorno in Nord America. Fiat-Chrysler ha quindi bisogno per il futuro di "recuperare" in Europa, in particolare in Italia, e di crescere sui mercati emergenti del cosiddetto BRIC (Brasile, Russia, India e Cina)».
Ma in che maniera?
«Il punto forte di Fiat, secondo l'opinione diffusa, sono le vetture di bassa gamma (come Panda, Punto e Cinquecento). Nella fascia alta le distanze con i concorrenti sono abissali. E' probabile che l'azienda persegua una strategia simile a quella internazionale. Tenere in Italia e tentare di crescere in Europa con altri modelli medio-alti. Dal momento che il valore aggiunto delle vetture piccole è molto ridotto ne deriva, a mio parere, l'enfasi quasi improvvisa sull'efficienza e controllo degli stabilimenti italiani posti in concorrenza mediatica con Serbia e Polonia. Ma sarebbe da chiedersi: è un'enfasi giustificata? Davvero gli investimenti in Italia sono posti  in pericolo dal sistema di relazioni industriale del nostro Paese e dalla mancanza di garanzie? Oppure la "svolta" di Marchionne si spiega altrimenti?»
Infatti, è la domanda da cui siamo partiti: quale strategia?
«Credo che l'amministratore delegato Fiat-Chrysler stia perseguendo due obiettivi. Il primo è di immagine di se stesso e dell'azienda.  Fiat e Chrysler sono aziende miracolate, salvate dal fallimento e con un futuro non più incerto. E' quanto ripete nel suo continuo muoversi tra le due sponde dell'Atlantico, adattando il linguaggio alle situazioni e facendo parlare di se sui giornali. Come la recente proposta di avere un sistema salariale unico alla Chrysler (adesso vi sono due livelli molto differenziati), improponibile per il sindacato, sono esempi di strategia d'immagine. A mio parere lo è anche il disegno di cambiamento delle relazioni sindacali in Italia, Pomigliano, Mirafiori e l'uscita dalla Confindustria. Il messaggio che deve arrivare è che il governo dell'azienda è saldo e "tosto", come si dice in America, e quindi non fa parte del caos Italia. Questa l'idea largamente diffusa all'estero.  Il secondo obiettivo è prendere tempo. Il settore è in continuo cambiamento. In U.S.A. i mercati dell'auto sono in ripresa, in Brasile vi sono segnali di crisi, l'Europa è preoccupante (PSA e Renault hanno ridotto le produzioni e PSA minaccia licenziamenti). Non è detto che di qui al 2013 gli obiettivi produttivi per Mirafiori non cambino nuovamente. Nel frattempo tanta cassa integrazione.
Esiste davvero una strategia possibile per i lavoratori oltre il livello nazionale? Oppure il destino è quello di una battaglia di retroguardia e di riduzione del danno davanti alla libera movimentazione di merci e capitali come le delocalizzazioni dimostrano?
«Siamo nel bel mezzo di una nuova "grande trasformazione", non mi pare di vedere grandi analisi con conseguenti discussioni sul che fare. Significativo che tornino ad interessare Marx o Schumpeter. Bisogna, infatti, porsi le domande giuste: se il settore dei servizi è destinato a crescere e decentrarsi nei paesi emergenti, quale iniziativa sindacale è richiesta? Con quali strumenti e obiettivi? Se è necessario non solo il coinvolgimento ma la partecipazione del lavoratore nei nuovi modelli organizzativi basta dire entriamo (senza riuscirci) nei consigli di amministrazione? Se occorre una ristrutturazione, perché, inevitabilmente certe produzioni se ne vanno in Asia o Africa, con che cosa le sostituiamo? Necessitano politiche internazionali che diventino parte integrante della normale e necessaria attività del sindacato e della politica. Pensiamo ai diritti umani. Oggi ancora non è così. Vi sono responsabili pieni di zelo e sovraccarichi di impegni ma spesso lasciati a se stessi e con poche risorse. Ma questa è la direzione da seguire in questa nuova fase».
(Fonte: www.cittanuova.it - 28/12/2011)