La partita di poker fa un altro passo avanti. La mano decisiva sembra ancora lontana, ma l'esito più probabile non cambia. I due contendenti sono convinti di avere in mano buone carte: il Veba punta sul fatto che Fiat ha bisogno di accedere al più presto alla liquidità Chrysler; Marchionne sul fatto che il Veba ha bisogno di fondi per pagare le prestazioni sanitarie agli iscritti. Ma entrambi sanno di rischiare: portare Chrysler in Borsa a prezzi da saldo sarebbe un duro colpo per il Veba; che Chrysler vada in Borsa sarebbe un colpo per la strategia di Marchionne. In questi giorni tutti e due fanno la faccia feroce: il Veba spingendo per un'Ipo contro l'opinione del socio di maggioranza e dell'amministratore delegato; questi ultimi avvertendo il Veba che lo sbarco in Borsa potrebbe far crollare il castello dell'alleanza. La decisione del Veba sarebbe un'assurdità in condizioni normali: come affidarsi per massimizzare il proprio incasso a un manager il cui obiettivo principale è di minimizzarlo? Ma la governance di Chrysler risente dell'eccezionalità del Chapter 11 del 2009 da cui la società è nata; un'operazione che ha peraltro riportato in nero l'azienda e ne ha fatto – con il contributo di Fiat – il pilastro dell'intero gruppo. Davvero il sindacato Uaw, che gestisce il Veba, è disposto a rischiare i posti di lavoro salvati nel 2009 (e quelli aggiunti grazie alla ripresa) per massimizzare i fondi a copertura dei pensionati? E davvero Fiat è disposta a buttare a mare 4 anni di integrazione con Chrysler e un'intera strategia globale, per un disaccordo sul prezzo? Difficile. Marchionne definì già nel 2009 le due aziende "inextricably intertwined", vale a dire inestricabilmente intrecciate. L'espressione, che compare anche nel prospetto presentato lunedì, vale nei due sensi. L'alleanza con Fiat è stata sicuramente decisiva nel processo di risanamento di Chrysler, ma cosa sarebbe Fiat oggi senza l'azienda U.S.A.? Alcuni punti di forza, come Ferrari e la leadership sul mercato brasiliano, ma un business europeo in profondo rosso e privo dei fondi per investire. Nel 2012 il gruppo ha perso un miliardo di euro, al netto di Chrysler, e nel primo semestre di quest'anno il passivo è stato di 482 milioni. Difficilmente il Lingotto potrebbe fare molta strada da solo. Per questo lo stallo attuale è destinato a sciogliersi in un accordo, magari all'ultimo istante (o alla dodicesima ora, come dicono gli americani).
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 25/9/2013)
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