La "testa" della Fiat sta lentamente volando oltreoceano. La Fiom-Cgil ne è sempre più convinta. E denuncia una serie di atteggiamenti che fanno pensare a un trasloco in casa Chrysler di buona parte delle attività di progettazione. Spiega Claudio Gonzato, funzionario della lega Torino centro del sindacato, che "molte aziende dell'indotto stanno aprendo sedi o uffici di rappresentanza nel Michigan e pure i trasferimenti si stanno facendo sempre più frequenti e per tempi sempre più lunghi. In alcune realtà il fenomeno è evidente: parte del nostro know-how sta andando fuori dall'Europa". L'engineering torinese è in ambasce da anni. Alcuni dei grandi attori sono in difficoltà, altri hanno venduto a società straniere (come l'Italdesign di Giorgetto Giugiario) e oggi il tessuto è composto soprattutto da realtà medio-piccole, ma anche da tante partite IVA. Ed è in questo contesto che la Fiom intravede una sorta di "fuga di cervelli". Un processo che un delegato sindacale di una delle medie aziende di progettazione che ancora collaborano con il costruttore torinese spiega così: "La sensazione è che stiamo insegnando il nostro lavoro agli americani per poi essere messi da parte. All'inizio venivamo chiamati negli Stati Uniti per favorire l'integrazione tra i sistemi Fiat e Chrysler, mentre ora si fa quasi formazione ai progettisti americani, che hanno una filosofia molto diversa dalla nostra e per certi versi sono più indietro. Prima i trasferimenti riguardavano solo lavoratori dell'indotto torinese, mentre negli ultimi mesi si sta spostando oltreoceano anche qualche dipendente del Lingotto". Una visione forse estrema, che però rende l'idea di quale sia lo stato d'animo di chi lavora nell'indotto ingegneristico. Mario Adinolfi è delegato sindacale Fiom alla Alstran, una società di progettazione che sotto la Mole ha circa 600 dipendenti che in buona parte lavorano per il Lingotto, ed è preoccupato: "I miei colleghi distaccati in Fiat sono allarmati perché hanno visto calare la visibilità nei progetti che stanno portando a termine: se a gennaio di un anno fa potevano prevedere di avere almeno 12 mesi di lavoro, ora si occupano di programmi che termineranno tra 3-6 mesi. Il timore è che a giugno finiscano le richieste di progettazione". Insomma, lo studio di nuovi prodotti Fiat pare accelerare negli U.S.A. e frenare a Torino. E, accusa la Fiom, sono molti di più i progettisti torinesi che volano nel Michigan che non viceversa. Eppure l'amministratore delegato di una società di design ed engineering di media grandezza, che ha tra i suoi clienti principali proprio la Fiat, non la legge come una catastrofe: "Il Lingotto qui sta facendo nuovi interventi di sviluppo e nell'ultimo periodo sta cercando di ripristinare alcune partnership con i fornitori di design e di sviluppo prodotto. Ma è evidente che le scelte dell'azienda rispondono a delle necessità di risultato: oggi l'Europa è in piena recessione, mentre in America le cose vanno meglio". Certo, qualcosa è cambiato perché - dice il manager, che chiede l'anonimato per non mettere a rischio rapporti commerciali - "un tempo così tanti investitori esteri non avrebbero mai acquisito tanto facilmente società di engineering e sviluppo nell'area. Però dopo un periodo di scarso sviluppo e forte attenzione ai costi, oggi il Lingotto sta mettendo in pista alcune iniziative interessanti. Ed è anche per questo che l'integrazione con Chrysler porterà a un rilancio di Torino".
(Fonte: www.repubblica.it - 7/2/2012)
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