martedì 10 gennaio 2012

Intervista di Marchionne al Salone di Detroit


È un Marchionne straordinariamente decontratto e sereno, quello che si presenta davanti ai giornalisti al Salone di Detroit. Sarà per via dei risultati (nel 2011 la Chrysler ha aumentato le vendite del 26% su un mercato che è cresciuto del 10), sarà perché qui la ripresa è già una realtà: "Qui c'è sempre una grande disponibilità a cambiare" dice Marchionne "è una cosa che fa parte del Dna americano. Solo tre-quattro anni fa, in questo stesso salone si respirava odore di morte, con tutta Detroit che sembrava destinata a una fine inevitabile. In quattro anni ha saputo risollevarsi: oggi siamo tornati ad assumere, ad aprire nuove fabbriche. In Italia invece ci si sente sempre dire che questo non si può fare, quell'altro non si può cambiare, e così non si va da nessuna parte".
Pensa che Chrysler possa crescere ancora nel 2012?
"L'obiettivo è di salire a 2 milioni e 400 mila unità, contro i 2 di quest'anno. Tecnicamente è possibile aumentare ancora la nostra quota di mercato, perché con la Dodge Dart entriamo in un segmento dove non eravamo competitivi. Comunque per noi la vera partita si apre nel 2013, con la Jeep Liberty che entra in un segmento enorme dove siamo deboli, con l'erede della Chrysler 200, con un mucchio di altri modelli".
E la Giulia?
"È ancora viva, in condizione embrionale per lo stile. Dovrebbe partire, speriamo di farcela per il 2013".
La Dart arriverà anche in Europa?
"Se verrà, non arriverà da qui".
Vuol dire che verrà importata dalla Cina in Italia?
"È così".
Per sostituire la Bravo?
"In realtà è parecchio più grande della Bravo, più vicina al segmento D che al C".
Qui in America si parla molto anche del fiasco della 500...
"Volete che vi dica che ho sbagliato? È vero, ho sbagliato, 50 mila vetture di quella categoria sono un obiettivo impossibile su questo mercato. Quest'anno dovremmo riuscire a venderne fra le 25 e le 35 mila unità. Ma non è certo l'unica cosa che ho sbagliato, di errori ne ho fatti tanti".
Anche la famosa previsione dei sei milioni di unità nel 2014?
"Quella è una previsione di tre anni fa. A quei tempi, qualcuno avrebbe detto che l'Europa si sarebbe trovata in queste condizioni, con più di uno stato a rischio default? È chiaro che, se in Europa le cose vanno avanti così, alla Fiat vengono a mancare 400-500 mila macchine: magari posso recuperare qualcosa dal Brasile, che cresce più del previsto... Insomma, alla fine non saranno 6 milioni ma 5,7, ma questo non cambia la sostanza della questione: occorre fare massa critica, per condividere le spese di sviluppo. E in Europa, a parte la Volkswagen che ha più del 20% del mercato, nessuno ha i numeri per farlo. Per questo resto convinto che il processo di consolidamento non sia concluso.
Dunque è vero che è in cerca di un altro partner, per l'Asia...
"Non mi interessa di che colore sia e da dove venga: l'importante è trovare qualcuno con cui sviluppare altri livelli di efficienza. Condividendo le architetture e i costi di sviluppo, che sono enormi".
Ma la produzione in Italia...
"Per otto anni ho provato a convincere un costruttore tedesco, non dico quale, a venire a fare macchine assieme a noi in Italia: ridevano sempre. E se a Torino produrremo una Jeep, è perché siamo venuti qui, perché siamo entrati in Chrysler. Altrimenti non l'avremmo mai fatta".
Nell'intervista rilasciata ieri al Detroit Free Press, lei ha detto che potrebbe passare la mano nel 2015. E poi, cosa farà?
"Potrei fare il giornalista... Scherzi a parte, quello della mia successione è un problema serio: non dimentichiamoci che prima del mio arrivo la Fiat aveva cambiato cinque amministratori delegati in 24 mesi. Cose che oggi nessuno può più permettersi".
(Fonte: www.quattroruote.it - 9/1/2012)

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