Prese il comando della Fiat nel 2004, salvò il Lingotto dal baratro e fu autore di quel rilancio 2006-2007 il cui simbolo rimane la Grande Punto. Nei primi anni di gestione Fiat sembrava tutto un coro di violini attorno a Sergio Marchionne. Poi, però, arrivò la crisi mondiale. E nel frattempo a Torino venne lanciata la scommessa delle fusioni, perché – sostiene da sempre l’amministratore delegato italo-canadese – solo pochi grandi player mondiali sopravvivranno alla glaciazione che segnerà il cambio di era nel mercato dell’auto. Da lì l’integrazione via via più stretta con Chrysler, lo spostamento degli interessi del gruppo verso Detroit, gli scontri nel Bel Paese sul modello Fabbrica Italia, gli strappi con Confindustria e con il sistema della contrattazione collettiva, la polemica continua con la Fiom. E tutto questo mentre invece negli U.S.A. i violini continuavano a suonare attorno ai rapporti tra Marchionne e il sindacato dell’auto UAW, mentre la Chrysler usciva rapidamente dalla crisi, restituiva anzitempo i soldi presi in prestito dal governo americano e iniziava a battere record su record nelle vendite.
DETROIT GALOPPA, TORINO RISTAGNA - Oggi Detroit galoppa e Torino stenta. Dunque, è naturale che il baricentro si sposti verso gli Stati Uniti. In Italia Marchionne ha perso per molti, soprattutto a sinistra, il volto umano del manager illuminato e ha tirato fuori quello un po’ troppo americano del globalizzatore spietato. Morale? L’eroe capitalista dei due mondi di metà anni 2000, l’uomo che ha salvato due case automobilistiche in due continenti diversi in meno di 10 anni, è rimasto eroe soltanto oltreoceano. Adesso si cerca di guardare verso l’orizzonte del 2015, alla sua successione. L’erede di Marchionne si troverà a guidare un colosso da 6 milioni di auto vendute ogni anno (obiettivo che continua ad essere spostato in avanti).
IL PASSAGGIO DI TESTIMONE - Ma chi sarà in grado di gestire una multinazionale, come il Lingotto, dall’impronta ormai davvero globale e che tuttavia ha bisogno di recuperare quote di mercato e consenso d’immagine in Italia e in Europa? Al giro di poltrone mancano ancora tre anni, ma ci si può intanto esercitare sul nome di un possibile successore. E sono le stesse parole pronunciate dall’amministratore delegato chietino nelle interviste concesse al Sunday Free Press di Detroit e al Wall Street Journal a darci la traccia da seguire per individuare i papabili. Marchionne, infatti, aveva parlato in un primo momento di «creare la mia successione». E ciò lasciava già pensare a un processo di formazione e selezione che nel prossimo triennio non potrà che puntare su una risorsa aziendale. Poi, al WSJ, il manager italo-canadese ha fatto esplicito riferimento alla «soluzione interna». Giuseppe Berta, docente di Politiche e Management Pubblico alla Bocconi, ma soprattutto grande conoscitore di cose Fiat, spiega: «Sarà un manager con formazione globale, probabilmente non italiano. Ed è facile pronosticare che emergerà dal nuovo Group Executive Council (GEC) di 22 membri (Marchionne compreso) varato in luglio».
LA FUCINA DEI TALENTI - Il GEC di Fiat-Chrysler è una nuova struttura in qualche modo simile a quella esistente al Lingotto prima dello spin-off di Fiat Industrial. È il gruppo decisionale che definisce obiettivi, strategie e investimenti. Ha la supervisione dell’andamento delle attività e in pratica si tratta del secondo anello nella catena di comando dopo il Cda. Berta insiste: «Sarà qualcuno che partecipa al nuovo soggetto di impresa in prima battuta, fin da subito. E non credo tuttavia che Marchionne nella sua testa abbia già deciso, penso che il processo di selezione sarà reale. Lui vuole pilotare la successione». Insomma, l’Ad Fiat avrebbe intenzione di pescare un cavallo dalla propria scuderia dopo aver visto chi di loro corre meglio. E basta vedere i nomi del GEC per capire che si tratta di puledri di razza.
FRANÇOIS L'ECONOMISTA CREATIVO - Berta cita il francese Olivier François, attualmente chief creative officer di una delle quattro strutture che compongono il GEC, quella cioè dedicata alla valorizzazione dei brand del gruppo, alle strategie commerciali e di marketing. Economista e figlio di economista, fin dal 2005 François si è occupato del rilancio del brand Lancia. Ha tenuto a battesimo il nuovo logo della casa nel 2007 e ha fiutato il valore commerciale del mix tra politica, cinema e automobili lanciando le campagne pubblicitarie con Carla Bruni e Richard Gere, facendo aderire il marchio alla campagna per la liberazione del premio Nobel per la pace birmano Aung San Suu Kyi e sfruttando il battage mediatico del film Angeli e Demoni per pubblicizzare la Delta 1.8 Di Turbojet, utilizzata nella pellicola con Tom Hanks. Ma siccome il cuore di Marchionne batte forte per i marchi americani del gruppo, allora potrebbe decidere di puntare sul 48enne Michael Manley, che ha guidato Jeep alla conquista di risultati straordinari nel 2011: con un 44% di incremento delle vendite in ottobre, si tratta del brand U.S.A. che ha avuto le performance migliori. È Manley la mente delle rivisitazioni stilistiche di modelli come il Grand Cherokee e il Compass e negli U.S.A. ha lanciato campagne pubblicitarie di grande impatto mediatico. Insomma, si tratta di un manager che ha già dato belle soddisfazioni a Marchionne. Per adesso Manley è chief operating officer di Fiat per un mercato in prospettiva importante come l’Asia e riveste nel GEC pure il ruolo di capo-brand, manco a dirlo, di Jeep.
SISTINO E CLEDORVINO, I DUE ITALIANI - Sarebbe troppo lungo citare per intero la lista della ventina di manager «pupilli» del manager italo-canadese, tutti (o quasi) possibili candidati alla successione. Tra gli italiani, però, si possono menzionare due nomi di grande peso ed esperienza. Uno è Lorenzo Sistino, 47 anni, amministratore delegato di Fiat Automobiles e capo-brand per i veicoli commerciali. Sistino è entrato in azienda nel 1987, assumendo molti incarichi, tra cui quello di amministratore delegato di New Holland Agriculture. L’altro è Cledorvino Belini, 60 anni, amministratore delegato di Fiat Automeveis SA (Fiasa) dal 2004 e responsabile delle attività del Gruppo in America Latina. Belini entrò al Lingotto addirittura nel 1973 e sotto la sua gestione Fiat ha raggiunto la leadership nel mercato dell'auto sudamericano, con in testa l’amato Brasile, area del mondo da cui oggi proviene il maggior contributo ai risultati operativi di Fiat Group Automobiles.
(Fonte: www.lettera43.it - 9/1/2012)