sabato 9 luglio 2011

Tra Torino e Windsor (Canada) una laurea "transoceanica" all'ombra di Fiat-Chrysler


Attraversa il ponte di buon mattino guidando una cabriolet verde: "Una delle quattro automobili che ho in garage. E' una passione". Peter Frise, 53 anni, dirige la facoltà di ingegneria dell'automobile di Windsor, a due chilometri dal centro di Detroit, la lunghezza del ponte sospeso che separa la sponda U.S.A. da quella canadese. Sarà lui ad occuparsi degli studenti che da settembre parteciperanno al primo corso di laurea transoceanico per futuri ingegneri delle quattro ruote. Cinque torinesi arriveranno al nuovo campus, 30 mila metri quadrati di aule e laboratori. Negli stessi giorni altri cinque studenti partiranno dal Canada per andare a Mirafiori, nell'area TNE destinata ad ospitare la facoltà dell'auto del Politecnico di Torino. Il prossimo anno i due gruppi si scambieranno le facoltà in modo da tornare in quella di provenienza. "Non c'è solo la collaborazione tra università - fa osservare Frise - perché contemporaneamente c'è un forte legame tra le nostre facoltà e la nuova alleanza tra Fiat e Chrysler". Il corso transoceanico di ingegneria dell'auto diventa così un altro dei passaggi nell'integrazione tra Torino e Detroit. "L'idea di realizzare il progetto - ricorda Frise - ci è venuta lo scorso anno", nei colloqui con il rettore del Politecnico, Francesco Profumo, e con le due aziende. A Windsor le possibilità di collaborazione tra atenei e aziende dell'auto sono molto più numerose che a Torino. In un'area di 450 chilometri al confine tra Ontario, Ohio, Michigan e Illinois hanno sede e stabilimenti produttivi le principali case automobiliste del mondo: non solo le tre di Detroit (Ford, Gm e Chrysler) ma anche i produttori europei e giapponesi. "Il legame con il territorio è molto importante - osserva Frise - anche se ormai lavoriamo con il computer e dialoghiamo con tutto il mondo dalla nostra scrivania. Nell'industria, e in quella dell'auto in particolare, i rapporti umani, la trasmissione dell'esperienza da persona a persona sono essenziali". Per questo far dialogare gli studenti all'interno di un'unica facoltà sulle due sponde dell'oceano può essere decisivo. Qual è lo scopo? "Con le aziende abbiamo diversi obiettivi comuni sia per quel che riguarda la ricerca sui nuovi prodotti e sui nuovi materiali, sia per quel che concerne le innovazioni di processo". Gli indirizzi di studio in comune tra le due facoltà saranno per ora quattro: l'ingegneria dell'autoveicolo, quella dei motori, l'organizzazione del processo produttivo e il processo di ingegnerizzazione dei nuovi modelli. Il rapporto tra facoltà e aziende è molto stretto ma non esclusivo. Frise propone una metafora: "E' come nel matrimonio: facciamo molte cose insieme ma ciascuno mantiene la sua autonomia". Così il centro il centro di ricerche realizzato del 1996 in collaborazione tra l'Università di Windsor e la Chrysler è stato edificato su terreni e negli edifici di proprietà dell'ateneo. L'azienda ha pagato e mantiene i laboratori e definisce i progetti di studio: "Ma è molto importante - fa osservare il professore - che tutto questo avvenga in casa dell'università. Poi è giusto che Chrysler stabilisca chi entra e chi esce perché ci sono dei segreti industriali da tutelare". Lo dice mentre estrae dal taschino un pass con il marchio della casa di Auburn Hill. "Un rapporto di questo genere tra pubblico e privato deve essere basato sull'onestà e sulla chiarezza". Nel centro di ricerca Chrysler la mappa riflette l'importanza degli investimenti in ricerca. L'edificio più corposo è il tunnel per lo studio dei nuovi sistemi di illuminazione, fari e fanali: 110 metri, il più lungo al mondo. Così non ha eguali l'area destinata alla studio delle nuove vernici. Quali novità dobbiamo attenderci dai fari e dalle vernici del futuro? Frise sorride: "Non posso dirlo. C'è un segreto industriale e siamo vincolati a quello". Così come, pare di capire, sono molto avanzati gli studi sui materiali per rendere totalmente riciclabile l'automobile al momento della rottamazione. Come sarà la vita degli studenti torinesi in Canada? Avranno a disposizione un nuovo campus con palestre, attività comuni e un centri commerciali lo shopping. Ma dovranno anche dimostrare capacità di adattamento. "Ci sono alcune differenze - dice Frise - ma ci consideriamo sotto ogni aspetto parte della stessa facoltà. Anche il livello delle attrezzature di Windsor e Torino è sostanzialmente analogo". Le differenze sono soprattutto culturali: "Voi italiani tendete a dare molta importanza alla parola, alla parte orale dell'esame. Da noi gli esami orali non esistono. Tutto è fatto su computer. E poi c'è un'altra differenza significativa". Per farsi capire meglio il professore usa una mimica particolarmente significativa: "Io concordo con te che ti esaminerò il 10 dicembre alle 10 del mattino. Tu questo lo sai con largo anticipo e hai tutto il tempo per prepararti a dovere. Se quel giorno ti presenti senza conoscere la materia, io semplicemente" e traccia con il pollice una linea sulla gola: ti taglio la testa. "Deve essere chiaro che non è come da voi: chi sbaglia l'esame non avrà una seconda possibilità". Differenze culturali ancestrali: nella cultura protestante non esiste la confessione. Chi sbaglia paga e non avrà una seconda possibilità per evitarlo. Quel che ci guadagnano le aziende dalla nuova facoltà è chiaro. Ma che cosa si portano a casa in più gli studenti? "Intanto la possibilità di lavorare in Fiat e Chrysler e dunque un probabile sbocco lavorativo. Anche se non c'è obbligo. Se la Ford, per fare un esempio, vuole fare una poposta a uno studente, può farlo. C'è il mercato, vince il migliore". In secondo luogo "un tipo di insegnamento ad ampio raggio, non limitato a una sola specializzazione. Un ingegnere deve lavorare quarant'anni e deve essere in grado di adattarsi a lavori diversi. Io ho lavorato in Nigeria sulle piattaforme petrolifere e ora sono qui in Canada a occuparmi di automobili. Dobbiamo offrire i ragazzi tante chiavi diverse per aprire le tante porte della vita".
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 2/7/2011)

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