domenica 17 luglio 2011

Quanta "qualità" ci vuole per essere leader?


Il decennio trascorso a cavallo del nuovo millennio è stato segnato da cambiamenti nell’approccio al mercato delle Case automobilistiche. Le joint venture industriali e le alleanze finanziarie si sono infatti susseguite senza sosta, con l’obiettivo unico di crescere costantemente, delineando la classifica mondiale dei migliori costruttori in base al parametro del numero di automobili vendute. Il meccanismo è ormai talmente ben oliato da essere divenuto, in un certo senso, abitudinario. Ci riferiamo all’atteggiamento critico con cui analizzare l’assetto economico del “pianeta automotive”, che può far tuttavia scaturire una riflessione: la qualità costruttiva e l’affidabilità delle automobili deve tenere il passo con il tasso di crescita aziendale imposto dai manager. E’ il punto chiave del lavoro degli ad delle Case: da Marchionne (Fiat-Chrysler) a Winterkorn (Volkswagen), passando per l’avanzata del Gruppo coreano Hyundai Motor Group (di cui fanno parte i marchi Hyundai e Kia) e la strategia dei giapponesi di Toyota e Nissan.
IL GIAPPONE HA INSEGNATO. ORA IMPARA - Lo spunto più recente di riflessione l’ha fornito proprio il CEO del Gruppo Renault-Nissan, Carlos Ghosn, in occasione della presentazione dei piani strategici Nissan per il periodo 2011-2016. “Abbiamo conseguito negli anni molti miglioramenti - ha detto Ghosn - ma abbiamo ancora un grosso potenziale da sviluppare”. Il concetto di qualità dei metodi di lavoro, dei processi e di conseguenza dei prodotti è dunque l’aspetto su cui le Case devono investire. D’altronde, proprio l’ingegneria gestionale giapponese ha imposto in tutto il mondo la filosofia Kanban e l’approccio Just in Time, esportando la cultura industriale nipponica in occidente e permettendo a Toyota di insediarsi al vertice come primo costruttore automobilistico globale. Le campagne di richiamo indette negli anni dalla Casa delle Tre Ellissi e i tagli alla produzione causati dallo tsunami in Giappone si inseriscono ora nella "gara" per la successione, in cui il Gruppo Volkswagen, per stessa ammissione dell’ad Martin Winterkorn, dovrà raggiungere la leadership respingendo la crescita qualitativa dei competitor emergenti, come i costruttori coreani.
STRATEGIA GLOBALIZZATA, PRODUZIONE DELOCALIZZATA - In questo quadro si inseriscono poi le strategie industrilai di delocalizzazione dei siti produttivi, o "glocalizzazione", per usare un termine che enfatizza i concetti di progettazione globale e produzione sui mercati locali. A non passare mai di attualità sono infatti i piani delle Case che individuano nei mercati emergenti di Brasile, Cina, India e Russia - elencati in ordine cronologico di “acquisizione d’importanza” - ma non dimentichiamo che l’Europa dell'Est ha avuto nell’ultimo decennio un ruolo fondamentale nel garantire ottimi livelli qualitativi in uscita dalle linee produttive. Abbiamo in mente in particolare i siti slovacchi dove nascono C1, 107 e Aygo, gli stabilimenti Hyundai in Repubblica Ceca o la fabbrica polacca che realizza la 500 e la Panda, uno dei modelli di maggior successo della Fiat in termini di qualità appunto. La Casa torinese ha poi investito anche in Serbia per l’assemblaggio di modelli low cost e della prossima monovolume compatta. Il tema è più che mai d’attualità, dunque, come dimostra proprio l’evoluzione filosofica e industriale della nuova Panda. La prossima citycar nascerà infatti nel 2012 a Pomigliano d’Arco, e non più in Polonia, nel rispetto del programma “Fabbrica Italia”. La sfida della competizione globale coinvolge dunque tutti i costruttori, poggiando inevitabilmente sul seguente pilastro: trovare l’equilibrio tra crescita delle vendite e qualità dei prodotti.
(Fonte: www.omniauto.it - 5/7/2011)

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