martedì 12 luglio 2011

L'Italia arranca dietro l'Europa, scarseggiano le multinazionali


L'Italia è composta da milioni di piccole e medie imprese. E' un dato di fatto e, forse, un punto di forza dell'economia tricolore, che certo non brilla quando si parla di grandi multinazionali. L'azienda Italia non figura neanche fra i primi dieci gruppi, tenendo conto della graduatoria complessiva, ma vede entrare in lizza l'Eni e l'Enel nei comparti energetico e delle utilities e Fiat in quello dell'auto, grazie al contributo di Chrysler. Eppure, il Bel Paese non fa che perdere terreno nei confronti del resto del mondo, non solo in termini di crescita complessiva, ma anche considerando il tessuto imprenditoriale. In effetti, il Presidente della Confindustria Emma Marcegaglia ha ripetutamente lanciato l'allarme sui ritardi accumulati dall'Italia, chiedendo a più riprese le Riforme e nuove misure che stimolino l'innovazione e favoriscano la competitività. L'aumento del gap dell'Italia nell'ultimo biennio è stato confermato ieri anche dal rapporto R&S Mediobanca, che evidenzia come la crescita delle nostre multinazionali resti ben al di sotto della media europea. Il rapporto, che copre 375 grandi gruppi mondiali ed analizza le dinamiche di fatturato e redditività, oltre alla loro capitalizzazione, evidenzia come le multinazionali tricolore vantino tassi di crescita più modesti delle colleghe europee quanto a vendite e utili. Il giro d'affari dell'azienda Italia evidenzia un aumento ai appena il 9,3%, contro l'11,4% vantato dall'Europa, inferiore ai tassi evidenziati da Francia e Germania. Se poi si osservano i profitti, la situazione non cambia ed evidenzia un'incidenza degli utili netti rispetto a fatturato e mezzi propri nemmeno paragonabile a quella degli altri Paesi del Vecchio Continente. Un'altro fattore sconfortante riguarda la presenza dello Stato nelle multinazionali, decisamente più forte che nel resto d'Europa. Ergo, l'Italia non brilla per grandi imprese e, soprattutto, la presenza pubblica appare determinante e prioritaria rispetto all'iniziativa privata quando si parla di multinazionali. L'identikit dell'azienda italiana appare sempre più simile ad un gruppo asiatico che ad una multinazionale dei Paesi industrializzati. L'attenzione non è sull'innovazione, sull'alta tecnologia o sull'espansione all'estero, né si guarda all'aumento del valore aggiunto per addetto, che resta ben al di sotto della media europea, mentre gli sforzi si dirigono principalmente al risparmio del costo del lavoro, che induce ad una sempre più forte "delocalizzazione" nei paradisi della manodopera low cost.
(Fonte: http://finanza.repubblica.it - 8/7/2011)

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