giovedì 28 luglio 2011

Marchionne: Fiat non sta trattando l'acquisto del 41% di Chrysler nelle mani di Veba/UAW


Sergio Marchionne non ha ancora deciso su quale sponda dell'Atlantico avrà sede la futura Fiat-Chrysler. Ma il suo cuore, di questi tempi, è più a Detroit che a Torino. E se verranno confermate le indiscrezioni sulla nomina di Gianni Coda a responsabile per l'Europa nella nuova struttura di comando, con lo stesso Marchionne alla guida del gruppo ma anche del mercato nordamericano, il manager potrebbe iniziare a passare ancora più tempo Oltreatlantico. Ieri ha inviato una lettera di felicitazioni ai dipendenti Chrysler per i risultati del 2° trimestre: «È un risultato storico per Chrysler» ma «non possiamo fermarci. L'alternativa è essere lasciati indietro e essere oscurati dalla concorrenza». Il problema dell'eventuale fusione è però ancora lontano nel tempo. Fiat è salita al 53,5% di Chrysler e arriverà al 58,5% entro fine anno, con l'omologazione di una "piccola" Dodge da oltre 40 miglia per gallone. Resta un socio di minoranza: il fondo Veba, gestito dal sindacato Uaw, che fornisce le prestazioni sanitarie ai pensionati Chrysler. Il fondo ha bisogno di monetizzare prima o poi le azioni, cedendole a Fiat o sul mercato. Ma Marchionne mette le mani avanti: «Fiat non ha intenzione di trattare con il fondo Veba per acquistare la loro quota». Torino ha la possibilità di bloccare un'Opa Chrysler fino a fine 2012, e Marchionne intende sfruttarla per strappare le condizioni migliori: tanto più che «abbiamo idee diverse sul valore della quota». In ogni caso, la liquidità di oltre 20 miliardi di euro (compresa quella di Chrysler) permette a Fiat la massima flessibilità: Marchionne vuol essere in grado di comprare anche domani, qualora si presenti l'occasione. Non ha caso ha citato proprio la fine del 2012 come data in cui «la liquidità tornerà verso livelli più normali». Solo quando verrà risolta la posizione del Veba si potrà pensare a un'eventuale fusione, che permetterebbe a Fiat di consolidare anche la liquidità di Chrysler. Per ora i rapporti finanziari tra le due entità sono ancora delicati. Da un lato, Fiat ha ribadito ieri di non essere impegnata in alcun modo a finanziare la controllata americana; dall'altro, il Veba e le banche che hanno concesso prestiti a Chrysler due mesi fa vogliono essere sicuri che dall'azienda U.S.A. non vengano convogliati fondi verso Torino. Chrysler, per esempio, non potrà pagare dividendi troppo presto: le condizioni dei prestiti sono «molto severe» su questo punto, ha detto Marchionne. Il messaggio del manager è però un altro: l'integrazione industriale procede secondo i piani. Sul piano dei prodotti, Marchionne ha citato il successo della Fiat Freemont «Made in Dodge» come esempio; 13mila ordini finora e 20mila vendite previste per l'anno. Dal lato manageriale, ha detto l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, la nuova struttura di «sarà resa nota tra qualche giorno: stiamo apportando gli ultimi ritocchi». Quella che nei bilanci è già Fiat-Chrysler avrà dunque la sua squadra di comando al massimo entro i primi di agosto. Adesso che Chrysler non ha più soci pubblici, teoricamente i suoi manager potrebbero guadagnare molto di più: finora infatti era in vigore il tetto di 500mila dollari annui imposto da Washington alle aziende che hanno ricevuto aiuti di stato nel 2009. Marchionne ha risposto con un secco no: «Non ci saranno aumenti generalizzati, perché non sono più i tempi degli sprechi nel settore auto».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 27/7/2011)

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