martedì 25 marzo 2014

FCA, il sindacato diventa internazionale


Le politiche industriali di FCA sono globali e anche il sindacato lo diventa. Nascerà infatti a Torino, durante una tre giorni convocata dal 21 al 23 giugno, dalla Imf (la Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici), il 'Comitato aziendale mondiale' del gruppo Fiat-Chrysler. Ad annunciarlo a Labitalia è Gianni Alioti, responsabile dell'Ufficio Internazionale della Fim Cisl, organizzazione che insieme alla Uilm e alla Fiom aderisce all'Imf. "FCA – spiega Alioti – è l'unico gruppo automobilistico dove non esiste un accordo quadro internazionale sui diritti fondamentali del lavoro da applicare a tutte le unità del gruppo e alla catena dei fornitori. Una prassi consolidata invece – sottolinea il sindacalista – alla Volkswagen, alla Daimler, alla Renault o alla Ford, tanto per citare alcuni tra i gruppi più importanti. Alla Peugeot-Citroen – ricorda Alioti – l'azienda ha riconosciuto il diritto di informazione e consultazione per tutti i lavoratori di tutti i siti del gruppo, indipendentemente dalla legislazione che viene applicata in quel Paese". L'obiettivo del sindacato internazionale aziendale della Fiat sarà quello di "non pensare più le politiche industriali in un'ottica solo nazionale, ma che riguardi tutte le unità del gruppo – sostiene Alioti – discutendo di investimenti, tecnologie, innovazione, evitando che il destino dei lavoratori sia giocato in contrapposizione tra stabilimento e stabilimento". "Dopo la costituzione del 'Comitato mondiale' – sottolinea ancora il sindacalista – chiederemo a Marchionne di riconoscerlo e gli chiederemo anche di aprire un negoziato che porti alla firma di un accordo quadro internazionale. A questo è fortemente interessato anche il sindacato americano, Uaw". La sinergia tra sindacati mondiali (a Torino oltre all'Uaw sono attesi la canadese Caw, le organizzazioni brasiliane e polacche), avrà un effetto concreto anche nella contrattazione aziendale. "E' chiaro – spiega Alioti – che un'operaio in Brasile non guadagna come uno che lavora in Gemania, ma si possono ad esempio individuare criteri validi per tutti per stabilire l'incremento legato alla produttività o alla formazione professionale". "Nel 2010 – ricorda il responsabile internazionale della Fim – Fiat non ha pagato il premio di risultato in Italia, perché diceva che i risultati nel nostro Paese erano stati negativi, mentre erano andati bene in Brasile e Polonia. Ma non ci risulta che neanche lì sia stato dato un centesimo di 'bonus produttività'. Con un accordo quadro, questo non sarebbe successo e se noi non ci coordiniamo – conclude Alioti – su questi problemi, alla fine c'è un'asimmetria nelle relazioni industriali che non giova a nessuno".
(Fonte: www.arezzoweb.it - 22/3/2014)

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