venerdì 30 novembre 2012

SRT Viper: dotazioni, prestazioni e prezzi


SRT ha diffuso nuove immagini e dettagli in merito alla rinnovata Viper, ora venduta direttamente con il marchio del reparto sportivo e non più con quello Dodge. Come si sa già dai precedenti comunicati ufficiali, la vettura è stata completamente riprogettata, con un telaio più rigido del 50% e una massa totale che, con il Track Package opzionale, si mantiene al di sotto della soglia dei 1.500 kg.
Propulsore e prestazioni - Nel cofano batte l'immancabile V10 aspirato da 8,4 litri, ora capace di 640 CV e 813 Nm di coppia massima, che sarà per la prima volta "imbrigliato" dai controlli di trazione e stabilità, comunque disattivabili: la velocità massima dichiarata è di 206 miglia orarie, pari a 330 km/h. La gamma include anche la variante GTS, con finiture più curate e sospensioni a controllo elettronico: per tutte, comunque, il salto di qualità dell'abitacolo rispetto al passato è notevole, sia a livello di qualità dei materiali, sia per le dotazioni tecnologiche, che comprendono anche il cruscotto digitale personalizzabile e il sistema multimediale Uconnect.
Prezzi e colori - La Viper sarà disponibile negli Stati Uniti con prezzi di listino compresi tra 97.395 e 120.395 dollari. La gamma colori comprende le tinte Adrenaline Red, Venom Black, Bright White, Gunmetal Pearl, Race Yellow e Shadow Blue Pearl, mentre alla sola GTS sono riservati i colori Stryker Red Tri-Coat Pearl e GTS Blue. Come da tradizione sono disponibili anche le stripes nelle tinte Black Venom, Billet Silver e Gunmetal Pearl, più piccole sulla Viper e lungo tutta la carrozzeria per la GTS. Sulla serie speciale Launch Edition sono invece in tinta Bright White, in contrasto con gli interni in pelle nera.
(Fonte: www.quattroruote.it - 21/11/2012)

giovedì 29 novembre 2012

Fiat Viaggio: vendite sopra le attese in Cina


L'andamento delle immatricolazioni della Fiat Viaggio in Cina non lascia adito a dubbi: "Abbiamo consegnato 6.000 esemplari dalla metà di settembre a oggi, da quando abbiamo lanciato l'auto", afferma con mal celato entusiasmo Jack Chang, managing director della joint venture GAC-Fiat. "Adesso speriamo di arrivare a 15.000 auto per la fine dell'anno. Attualmente produciamo 200 vetture al giorno".
La querelle col Giappone - E su questo successo pare non abbia influito il crollo delle vendite delle concorrenti giapponesi dopo la querelle sulle isole contese tra i due stati orientali: "Se analizziamo i dati - precisa Chang - la quota di diminuzione di vendite giapponesi non è stata presa da altri. Stiamo costruendo ottime auto con grande qualità. I nostri clienti vogliono il marchio Fiat, i valori e tutto ciò che porta d'italiano. Stiamo traducendo in realtà lo slogan che abbiamo coniato: La vita è bella".
Marchio in crescita - Chang sottolinea anche quanto sia in crescita l'apprezzamento del marchio Fiat. "Chi compra auto giapponesi è normalmente un tradizionalista, un impiegato. I nostri attuali clienti sono giovani smart, che riconoscono l'italianità del brand e vogliono un'auto agevole, per il lavoro e il tempo libero". Sulla scia del successo della Viaggio sono in crescita anche le vendite della Freemont che, insieme alla 500 e alla Bravo, vengono importate e vendute in Cina.
110 concessionarie - Il Lingotto in Cina può contare su 110 dealer, ma prevede di aumentarli presto. "A Guangzhou la Fiat ha presentato un servizio di assistenza, Elite Service, che sarà vicino 24h su 24h – spiega Chang – ai nostri clienti con servizi riservati, call center sempre attivo, assistenza sulla strada per terze parti, una assistenza in dieci punti per le nuove auto oltre alla regolare garanzia di tre anni o 100.000 km. Ma Elite sarà presto anche un club, un'associazione per proprietari di Fiat in Cina".
La Viaggio non sarà esportata - Per ora, tuttavia, l'impianto di Changsha, non sarà ampliato, almeno in tempi brevi, né si pensa di esportare la Viaggio nonostante la fabbrica sia molto duttile e quindi suscettibile di espansione. "Noi adesso pensiamo solo a localizzare, che poi è la chiave del nostro successo in Cina", conclude Chang.
(Fonte: www.quattroruote.it - 22/11/2012)

mercoledì 28 novembre 2012

La Fiat 500 raggiunge quota 1 milione


Fiat ha superato il traguardo di 1 milione di 500 prodotte dal lancio della nuova generazione, avvenuto il 4 luglio del 2007. La vettura ad entrare nella storia è uscita dalle catene di montaggio dell’impianto polacco di Tychy ed è una versione Lounge in elegante Bianco Perla equipaggiata con il motore 1.2 da 69 CV. La citycar compatta rappresenta una vera piattaforma su cui Fiat sta creando un’intera famiglia con tecnologie e cura dei dettagli da categoria superiore. Il successo è stato immediato con il picco di vendite toccato nel 2009 (circa 186 mila unità). Le novità di prodotto della 500 si sono susseguite a ritmo frenetico in questi cinque anni e mezzo di carriera. Dalla 500 Abarth di marzo 2008 alla 500 by Diesel di settembre 2008, dalla 500 Pink di giugno 2009 alla 500C di luglio 2009, dalla 500C Abarth di marzo 2010 alla 500C by Diesel di giugno 2010, dalla 500 TwinAir di luglio 2010 alla 500 Matt Black di settembre 2010, dalla 500 Bicolore di dicembre 2010 alle 500 e 500C by Gucci di aprile ed agosto 2011, dalla 500 TwinAir con pack by Abarth di settembre 2011 alla 500 American Limited Edition di febbraio 2012. Ma abbiamo potuto ammirare anche showcar quali 500 Barbie, 500 Cina First Edition, 500 Why Africa, 500 Pepita, 500 Peter Black, 500 Arik Levi e 500 Diabolik. Oggi la Fiat 500 è commercializzata in oltre 100 mercati internazionali e dal 2011 è assemblata anche nello stabilimento messicano Chrysler di Toluca. Particolarmente significativo il debutto a fine 2010 negli States dove, dopo un inizio balbettante, sta riscuotendo il successo sperato come testimoniato dalle 73 mila unità vendute complessivamente in Nord America, 42 mila delle quali nei soli 10 mesi del 2012 che l’hanno issata al vertice della sua categoria (otto mesi consecutivi di immatricolazioni al rialzo). La gamma U.S.A. è stata recentemente arricchita con la 500 Turbo dotata del MultiAir 1.4 da 135 CV.
(Fonte: www.lastampa.it - 20/11/2012)

martedì 27 novembre 2012

Alfredo Altavilla: chi è l'uomo di Marchionne che dovrà affrontare la crisi di Fiat in Europa


Se avesse scelto di restare a Taranto, dove è nato il 2 agosto 1963, Alfredo Altavilla oggi sarebbe probabilmente un manager dell’Ilva. Gli è andata bene, anche se vedersela col mercato europeo dell’auto, allargato a quelli del Medio Oriente e dell’Africa, non è poi un gioco da ragazzi. Ma lui sa che non c’è nulla di eterno su questa terra, neppure la crisi economica. Ha la pazienza e la tenacia dei negoziatori e perciò è convinto che se ne verrà fuori. «Questa volta è più dura, più lunga, più dolorosa di altre ma se ne uscirà, si tratta di vedere quale sarà il prezzo a livello di Paese, consumatori, aziende». Nel suo nuovo ruolo di numero uno per l’Europa (nonché per l’intera area Emea) di Fiat S.p.A., la carica che Sergio Marchionne gli ha assegnato la settimana scorsa, Altavilla deve fare in modo che questo prezzo non sia alto per il Lingotto. Impresa difficile? «Fa parte del gioco - risponde lui - è il bello e il brutto del mestiere che mi sono scelto». Se avesse inseguito il successo facile sarebbe andato a lavorare per un’azienda di telefonini o di moda. «Invece amo le sfide difficili», ammette con un sorriso sornione stampato su un viso di ragazzo cresciuto troppo e in fretta che, ormai sulla soglia dei cinquanta, somiglia ancora a un giocatore di football di un college americano. Con Sergio Marchionne è presto accontentato, perché di sfide se ne troverà davanti quante ne vuole. Ma i due s’intendono bene, forse perché per alcuni aspetti sembrano fatti della stessa pasta. E non soltanto perché provengono da quella provincia italiana che allena alla durezza, non prevede le mezze misure, non ti regala niente, o ci sai o non ci sai fare. Come Marchionne si identifica col lavoro per il quale è anche pronto a rinunce e sacrifici, insegue il risultato e fa di tutto per conseguirlo, si sente cittadino del mondo per qualcosa che ha a che fare non tanto con la missione politica, religiosa, culturale ma con la nuova dimensione e le nuove caratteristiche dell’economia. Insomma fa parte di quell’antropologia manageriale figlia della globalizzazione, quella chiesa di officianti che partecipano a giorni alterni a board che si riuniscono negli angoli più diversi e tra loro lontani, parlano lingue diverse e tutte accomunate dall’inglese dei computer, degli iPod, degli iPhone, dei tablet e di altre diavolerie del genere. Altavilla sta perfettamente in questo format di "homo novus" di una Fiat che di quella che ha visto tramontare il Novecento non ha più nulla, salvo la proprietà. Una settimana fa ha aggiunto ai suoi incarichi quello di Chief Operating Officer della regione EMEA, sigla che sta appunto per Europa, Africa, Medio Oriente, mantenendo la responsabilità del coordinamento del business e development del gruppo e quello di membro del Group Executive Council di cui fa parte dal primo settembre 2011. Ha preso il posto di Gianni Coda, che ha lasciato la Fiat dopo 33 anni. Coda era “l’ultimo dei moicani”, per dire il solo superstite dell’altra Fiat da quando è uscito Paolo Monferino che, dopo una vita passata nelle diverse province del Lingotto, è andato a guastarsi l’età della pensione facendo l’assessore alla sanità di un Piemonte governato dal leghista Roberto Cota. A dispetto delle date, Altavilla fa parte della nuova generazione di manager approdati al Lingotto, qualcuno dice, di quelli che hanno resistito ai ritmi di Marchionne. Questione di carattere, forse anche di idee chiare su ciò che si deve fare oggi e di ciò che si può fare domani. Il suo capolavoro per la promozione finale lo confeziona ai tempi dell’operazione Chrysler. Chi ha seguito quella partita sa che non è stato facile. Dopotutto si trattava di stabilire se si voleva comprare o no e, naturalmente, come farlo. Lui stava tra quelli che erano convinti che si dovesse comprare e gli è toccato occuparsi del come farlo, trasformandosi in una specie di ombra di Marchionne. Aveva maturato questa convinzione perché aveva capito che l’altra Fiat non esisteva più. «Non c’era più la Fiat “italo-centrica” e “torino-centrica” e ci si doveva mettere in sintonia con un mondo dell’industria che era cambiato», spiega. E in questo mondo era cambiato anche il ruolo del manager la cui scelta non rispondeva più a criteri stravaganti tra i quali anche quello politico ma doveva essere esclusivamente meritocratica. «Se vali, bene. Se no a casa». E’ quello che lui pensa. Selezione spietata che, secondo alcuni, è costata a Marchionne un turnover di manager piuttosto spinto e pericoloso. Cosa di cui Altavilla non sembra convinto. Per lui Marchionne si è comportato né più né meno che come tutti i capi azienda che ci tengono a fare bene il loro mestiere. E non ha difficoltà ad ammettere che forse a Torino non erano abituati all’idea che se uno non porta i risultati che deve portare non può essere parcheggiato nel cimitero degli elefanti di qualche posto di comodo ma deve cambiare aria. Se poi c’è altro, Altavilla lo considera secondario in un panorama globale dell’industria radicalmente mutato. «In America e in altri paesi evoluti questo non succede». Lui lo sa per aver frequentato questo mondo che ha trovato tanto interessante da buttarsi dentro anima e corpo. E questo spiega perché nel suo quotidiano non ci sia molto spazio per qualcosa che non siano auto e moto. Lui lo ammette e non ne fa un problema. «Vita di società zero», confessa. E del resto per uno che passa metà del suo tempo in giro per il mondo non potrebbe essere diversamente. Ma lui riesce a vedere il bicchiere mezzo pieno: «Il rapporto con altra gente sparsa nel mondo, le difficoltà di rapportarsi con persone che pensano e agiscono diversamente, ti arricchisce culturalmente. Perciò non mi lamento, anzi questa vita mi piace». Lo dice con naturalezza, senza enfasi e anche questo fa parte del suo carattere. Se lo si conosce da vicino si scopre infatti che Altavilla è un uomo che non è affatto incline a ragionamenti obliqui. E’ leale e diretto. Come quando parla di quel Sud dove sono le sue radici. «Mi piace tornare ogni tanto, da mia madre e mio fratello, mi piace ritrovare la mia terra, ma dopo qualche giorno comincia a salirmi una rabbia da dentro perché vedo che lì tutto continua a restare come prima, che non cambia nulla in un posto che ha tanto bisogno di cambiare». Un paio d’anni fa, quando Marchionne lasciò intendere che nel 2015 avrebbe potuto lasciare il bastone di comando della Fiat per una meritata seppure non inattiva pensione, nel gioco del totocandidato alla successione entrò anche il nome di Altavilla. Poi non se ne parlò più. Le vicende della Fiat, che ancora occupano le pagine dei giornali, fecero dimenticare la storia di quell’avvicendamento che finì come spostato in avanti, in un futuro che ancora oggi risulta difficile misurare. Né lui, da allora in poi, ha fatto una mossa o ha pronunciato una parola che abbiano potuto incoraggiare una vaga idea che quell’indiscrezione potesse essere altro che un’indiscrezione. Nella tessitura delle alleanze che Fiat-Chrysler non hanno ancora completato lui si accontenta di essere un aiuto regista.
(Fonte: www.repubblica.it - 19/11/2012)

lunedì 26 novembre 2012

Gros Pietro: l'Italia deve sostenere la scommessa di Fiat sull'alto di gamma


Gian Maria Gros Pietro promuove la scommessa Fiat di puntare sulla produzione di alta gamma. Il paese deve sostenerla, dice l'economista torinese. "Quello che Fiat ha annunciato di fare è una grossa scommessa, non solo per Fiat-Chrysler, ma anche per l'Italia e per Torino. - Ha detto Gros Pietro in un convegno sull'automotive a Torino a cui ha partecipato anche il vicesegretario Pd Enrico Letta oltre ai segretari torinesi di Fiom Fim e Uilm, Federico Bellono, Claudio Chiarle e Maurizio Peverati - L'idea di essere capaci di staccarsi dai modelli a basso margine e nei quali la domanda non cresce, per spostarsi sui marchi premium come Maserati e Alfa Romeo, investendo un sacco di soldi, in Europa e in Italia, è una scommessa su cui il Paese deve puntare". "Lo dico non da consigliere Fiat - ha precisato Gros Pietro - ma da professore di economia industriale". Gros Pietro ricordando lo scetticismo di Goldman Sachs sulle prospettive del Lingotto ha affermato che gli analisti si sono già sbagliati altre volte sul conto del gruppo torinese. La Goldman Sachs, ha riferito Gros Pietro, "dice che Fiat non va bene perché continuerà a perdere in Europa e queste perdite provocheranno un drenaggio di risorse nel gruppo, in più gli investimenti programmati in Europa e in Italia assorbiranno 3 miliardi di Euro", investimenti che mettono a rischio il progetto del Lingotto di acquistare le quote Chrysler in mano a Veba. All'analisi di Goldman Sachs, Gros Pietro ha replicato con i fatti del recente passato. Gli analisti avevano già dato per fallita la Fiat nel 2003 "e invece si è salvata e si erano anche sbagliati anche quando sostenevano che 'questi fessacchiotti' di Torino" non fossero in grado di rimettere in sesto Chrysler dopo che anche la Daimler aveva fallito. Due previsioni mancate "e in genere non c'è due senza tre", ha concluso Gros Pietro.
(Fonte: www.asca.it - 19/11/2012)

domenica 25 novembre 2012

Ferrari (2): nel futuro un accordo con Apple?


Lo scorso 7 novembre Ferrari ha reso noti i suoi risultati di vendita record. A margine di questa notizia è passato quasi inosservato anche un altro annuncio fatto da Montezemolo: "Sono molto lieto che Eddy Cue entri oggi a far parte del Consiglio, la sua profonda esperienza nel dinamico e innovativo mondo di Internet ci sarà d'aiuto." Chi è Eddy Cue? Da 23 anni lavora a Cupertino ed è uno dei più influenti top manager di Apple, quello per intenderci che ha dato vita agli Apple Store assieme a Steve Jobs e che ora dirige tutti i principali progetti software della Mela, da iTunes ad App Store, da iBookstore ad iCloud, passando per l'assistente vocale Siri e le tanto discusse nuove Mappe dell'ultimo iOS6. Lo scorso aprile Montezemolo si è fatto un giro nella Silicon Valley e ha incontrato tutti i personaggi "che contano" là nella West Coast, che dagli anni Settanta è la culla dell'informatica per eccellenza. È stato anche alla Apple, ha incontrato il CEO Tim Cook ed evidentemente è da lì che è nata la folgorazione per la Mela: "Noi facciamo macchine - ha detto Montezemolo - loro computer, ma Apple e Ferrari sono legate dalla stessa passione, dallo stesso amore verso il prodotto e dall'attenzione maniacale alla tecnologia, ma anche al design". Che cosa porterà l'ingresso di Eddy Cue nel CDA della Ferrari non lo sappiamo ancora, al di là del fatto che il top manager di Cupertino abbia dichiarato di sognare una Rossa dall'età di 8 anni e che ora, finalmente, ne possiede una (non fatichiamo a crederlo, immaginando lo stipendio d'oro...). Ma di certo questa mossa potrebbe rappresentare un ulteriore passo di Apple per ampliare i suoi orizzonti anche nel settore dell'automotive, oltre ovviamente a far comodo a Ferrari per avere un'autorevole voce in capitolo quando si tratterà di sviluppare le future interfacce uomo-macchina delle Rosse. È da anni, infatti, che si parla di una iCar, una vettura interamente marchiata Apple. Quella, a nostro avviso, difficilmente potrà mai nascere. Ma di certo salire a bordo delle automobili è un'idea che a Cupertino frulla in testa da parecchio tempo. Nel 2007 Steve Jobs (che era un grande estimatore del design Bauhaus tedesco e di automobili), non fece mistero di aver incontrato i vertici del Gruppo Volkswagen. E nemmeno il costruttore tedesco ha mai nascosto di ammirare l'operato della Mela, con svariate dichiarazioni d'amore da parte dei designer e degli uomini di marketing (da De' Silva a De Meo) per i prodotti e la filosofia Apple. Da quell'incontro non nacque una vettura, ma la concept car Up!, che ha anticipato la recente utilitaria Volkswagen, aveva un abitacolo e un'interfaccia uomo-macchina in pieno stile Apple. In tempi più recenti, precisamente nel marzo 2012, Apple China ha pubblicato un annuncio su Linkedin per procacciare ingegneri del settore automotive con esperienza negli stampaggi plastici e altre doti relative all'abitacolo di una vettura. Dunque, immaginiamo noi, dei professionisti che fossero in grado di integrare qualche dispositivo hi-tech nella plancia di una vettura. E nello stesso periodo, tra l'altro, giravano pure voci di corridoio secondo le quali Apple fosse interessata all'acquisto di Tesla, il marchio americano produttore di sportive elettriche. Qualche mese dopo, nel giugno 2012, durante il WWDC di Apple in cui è stato lanciato il sistema operativo iOS6, una slide di quel keynote ha svelato che Cupertino aveva già stretto accordi con nove costruttori auto per integrare nelle auto il suo assistente vocale con un tasto dedicato al volante. BMW, General Motors, Mercedes, Land Rover, Jaguar, Audi, Toyota, Chrysler e Honda sono già della partita, con Siri a bordo delle loro vetture nel giro di un anno. Ora c'è un uomo della Mela a Maranello: e se un giorno nascesse davvero questa famigerata iCar?
(Fonte: www.repubblica.it - 9/11/2012)

sabato 24 novembre 2012

Ferrari (1): vendite record in tempo di crisi


Ferrari in festa. Il mondiale, quello dei conti, lo hanno già vinto: il Consiglio di Amministrazione della casa di Maranello, con i dati di chiusura dei primi nove mesi del 2012, ha di che brindare visto che sono stati appena polverizzati diversi record. A partire da quello di ricavi, 1764 milioni di euro (+10%) e vetture omologate consegnate alla rete, 5267 (+6%). Non solo: l'utile della gestione ordinaria è aumentato del 9,6%, salendo a 232,8 milioni di euro, mentre l'utile netto ha toccato i 152,4 milioni, con una crescita del 7,6%. "La posizione finanziaria industriale netta - dicono alla Ferrari - ha sfiorato il miliardo di euro: 959 milioni, nuovo valore record, pur mantenendo investimenti sul prodotto estremamente elevati e con un flusso di cassa netto, generato nei primi nove mesi dell'anno, che è stato pari a 251 milioni di euro. Eccellente il mix di prodotto, con un aumento delle vendite delle vetture 12 cilindri del 22%, grazie al successo della FF e dei modelli 8 cilindri, in particolare California e 458 Spider. La 458 Italia, nella versione da pista GT2 e GT3, ha vinto i titoli di categoria nel campionato GT Open dopo essersi già aggiudicata il titolo nel mondiale FIA Endurance battendo tutti i più grandi costruttori al mondo". In questo momento di crisi sono numeri impressionanti, anche perché se poi andiamo a vedere "dove" la Ferrari va forte, scopriamo che si tratta di mercati non proprio floridi per il mondo dell'auto. A partire dal primo mercato, gli U.S.A., che si confermano leader con il 26% delle vendite (1354 le vetture consegnate, con una crescita del 16%). Stesso discorso per l'Inghilterra, dove per vendere una macchina ormai bisogna fare a botte e dove la Ferrari è invece riuscita ad incassare un +37%, con 504 vetture, e in Germania che conferma il trend positivo con 534 consegne (+9%) consolidando la sua posizione di primato in Europa. In Estremo Oriente? Lì si vola, ovvio: la Cina continua a salire (+7%) con 566 vetture, cresce anche il Giappone con 214 consegne (+20%). In linea con gli ottimi risultati del 2011 il Medio Oriente, che raggiunge le 274 vetture. Tonfo invece in Italia, anche questo ovvio: -49% in nove mesi, con appena 238 vetture consegnate. "Appena" per modo di dire, visti i tempi. "I risultati - spiega il presidente Luca di Montezemolo - confermano l'ottimo andamento della Ferrari praticamente in tutti i 60 Paesi in cui è presente, malgrado la continua incertezza economica. Ancora una volta fa eccezione l'Italia, dove assistiamo a un calo dovuto alla crisi ma anche a un clima ostile ai beni di lusso che sono stati e sono tuttora una risorsa importante per il Paese."
(Fonte: www.repubblica.it - 7/11/2012)

venerdì 23 novembre 2012

Fiat: ecco la 500 elettrica in arrivo al Salone di Los Angeles


Fiat ha finalmente svelato l'aspetto definitivo della 500e, l'inedita versione completamente elettrica della popolare city car e primo modello 100% EV nella storia moderna della Casa torinese. La 500e, dotata di motore elettrico da 100 Cv alimentato con batterie agli ioni di litio, sarà la reginetta del prossimo Los Angeles Auto Show, che si aprirà al pubblico il 30 novembre, e verrà presentata alla stampa il 28. Il debutto di questo modello, assieme alla 500 Abarth Cabrio - altra novità del Salone californiano - allargherà ulteriormente l'offerta Fiat negli Stati Uniti, con ottime possibilità di successo soprattutto in quelle aree (come la California) in cui l'uso delle auto 100% elettriche o ibride plug-in è già una realtà. Verniciata in un originale colore arancio opaco (che era già stato anticipato in una piccola immagine comparsa nella relazione agli analisti fatta da Sergio Marchionne lo scorso 30 ottobre) la 500e sarà proposta anche in variante Cabrio e si distinguerà dai modelli con motore termico per la particolare grigliatura anteriore destinata a raffreddamento dell'unità elettrica e per l'assenza nella plancia di una vera e propria leva del cambio, sostituita da quattro pulsanti. Secondo quanto si legge nel sito di Chrysler, la 500e sarà riservata inizialmente alla California, dove verrà venduta a partire dal prossimo anno.
(Fonte: www.ansa.it - 16/11/2012)

giovedì 22 novembre 2012

Maserati Quattroporte: motori e prestazioni


Dopo la presentazione delle prime foto ufficiali, pubblicate dalla Casa una settimana fa, torniamo a occuparci della nuova Maserati Quattroporte. La Casa, finora, non aveva fornito molti dettagli sul modello, ma oggi sono emerse le prime informazioni tecniche al riguardo: l'ammiraglia, come anticipato nei giorni scorsi, sarà lanciata con due motorizzazioni inedite, prodotte a Maranello dalla Ferrari. Le unità in questione sono un V6 e un V8, entrambi dotati di sovralimentazione biturbo.
Anche integrale la sei cilindri - I due plurifrazionati sono caratterizzati dalla costruzione interamente in alluminio e dalla presenza di un impianto di alimentazione a iniezione diretta. Il sei cilindri, in particolare, ha una cubatura di 3.0 litri ed eroga 410 CV: questa motorizzazione sarà offerta in abbinamento a due alternative di trazione, posteriore o integrale. Nel primo caso, la Quattroporte col V6 scatta da 0 a 100 km/h in 5,1 s raggiungendo i 285 km/h di velocità massima, nel secondo lo scatto viene coperto in 4,9 s e la punta velocistica è pari a 284 km/h.
Oltre i 300 orari con la V8 - Il modello equipaggiato con il V8 ha una cilindrata di 3.8 litri, e grazie alla sovralimentazione è in grado di erogare 530 CV, come suggeriva la targa della vettura protagonista delle prime foto. La versione a otto cilindri, disponibile con la sola trazione posteriore scatta da 0 a 100 km/h in 4,7 s, toccando i 307 km/h di velocità massima. Su entrambe le motorizzazioni viene offerto di serie il cambio automatico a otto marce prodotto dalla ZF.
(Fonte: www.quattroruote.it - 14/11/2012)

mercoledì 21 novembre 2012

Chrysler e Dodge: destini diversi per Town & Country e Grand Caravan


La prossima Chrysler Town & Country, vettura nota in Europa con la denominazione di Lancia Voyager, debutterà sul mercato americano nel 2014, come Model Year 2015. L'attuale modello è caratterizzato dalla presenza delle porte scorrevoli e da uno stile da monovolume classica.
Una monovolume e un crossover - I vertici del Gruppo Chrysler, secondo le dichiarazioni rilasciate da Sergio Marchionne ad Automotive News, stanno valutando proprio in questo momento i dettagli definitivi della nuova Town & Country, con una grande incognita: Marchionne vorrebbe mantenere la formula attuale almeno per la versione Chrysler, ma sono in corso analisi di mercato per capire se non sia meglio passare alla formula crossover con portiere tradizionali per quanto riguarda la gemella Dodge, chiamata Grand Caravan.
Tempi brevi per l'industrializzazione - Una decisione, secondo quanto affermato da Marchionne, sarà presa entro breve tempo, e basteranno circa 21 mesi per arrivare alla produzione dei modelli definitivi. Inutile pensare alle conseguenze per l'eventuale rinnovamento della versione Lancia: a giudicare dal piano industriale appena comunicato, al marchio italiano saranno riservate poche attenzioni e verrà valutata volta per volta l'opportunità di riproporre in Europa modelli di ascendenza Chrysler.
(Fonte: www.quattroruote.it - 5/11/2012)

martedì 20 novembre 2012

Saltalamacchia: "Alfa Romeo può aiutare la fusione Fiat-Chrysler"


Sergio Marchionne conferma il matrimonio fra Fiat e Chrysler. In un'intervista al periodico specializzato Automotive News il numero uno del Lingotto ribadisce le intenzioni già espresse qualche settimana fa. “E' un passo inevitavile da fare entro il 2014”, ha detto Marchionne, che è anche tornato sui piani di integrazione e ha ribadito un secco no alle cessione di Alfa Romeo: “Se andate a chiedere l'Audi alla Volkswagen non ve la daranno, non è un questione di soldi e lo stesso vale per l'Alfa” ha risposto secco il manager. Abbiamo chiesto un commento a Marco Saltalamacchia, già presidente di BMW Italia, consulente strategico ed esperto del settore automotive.
Qual è il suo giudizio sulla fusione tra Chrysler e Fiat?
Da un punto di vista strategico è un'operazione che va portata a termine, perchè nel mondo dell'automobile non è immaginabile l'esistenza di inefficienze di scala e, in questo senso, la fusione va nella direzione di ottimizzare i loro processi su scala globale. Fiat e Chrysler, oltre che da un punto di vista societario, dovranno però anche unirsi industrialmente e questa è la parte più ostica. Diciamo che quello di Fiat è un passo importante, ma ancora più fondamentale è la condivisione industriale.
Perchè Marchionne la definisce inevitabile?
Immagino che Marchionne si riferisca a considerazioni e fattori di natura finanziaria. Mantenere due imprese quotate, in altrettanti mercati, pur condividendo lo stesso destino, ritengo che sia finanziariamente complesso, anche sotto l'aspetto della gestione del debito.
Quali sono le difficoltà che Fiat incontrerà nel 2013 nell'avvicinamento alla fusione con la casa di Detroit?
Fiat deve assolutamente risolvere il problema Veba, il fondo pensioni del sindacato americano UAW che rappresenta il vero e unico ostacolo alla fusione. Fra l'altro, qualche giorno fa, il Lingotto si era rivolto a un giudice per l'arbitraggio sul prezzo da riconoscere a Veba e si è vista dare torto e dovrà pagare il doppio rispetto alla sua offerta. Questa operazione si rivelerà, quindi, costosa anche per il fatto che il socio minoritario ha tutto l'interesse a una liquidazione onerosa: voglio, infatti, ricordare che Veba è azionista di Chrysler non per scelta di investimento, ma perchè il credito che vantava il fondo pensioni, attraverso il quale vengono pagati i pensionati di Chrysler, è stato trasformato in azioni quando la casa di Detroit ha fatto default. Questo è sostanzialmente il tema del litigio che ha attraversato l'Atlantico. Ritengo che una volta completata la liquidazione, si possa aprire la nuova quotazione di Chrysler e, quindi, il probabile delisting di Fiat dai mercati europei.
Che impatto avrà questa operazione?
E' un'operazione necessaria perchè il sistema Fiat-Chrysler ha bisogno di nuovo capitale, dal momento che il piano industriale del Lingotto non è stato apprezzato dagli analisti, come del resto l'outlook e la crescita del debito. E non scordiamoci che, a oggi, la fusione fra le due case automobilistiche è ancora un'operazione a somma zero, sia dal punto di vista finanziario, sia da quello commerciale. Occorre capitale fresco che può arrivare solo da una Ipo, una quotazione in borsa di Chrysler sul mercato americano che è certamente più generoso sotto il profilo capitalistico.
Come giudica la mossa di Marchionne di non vendere Alfa Romeo?
In una fase pre-Ipo è certamente sensato, perchè, se lo scenario è quello di una quotazione sul mercato americano, è chiaro che questo deve avvenire al prezzo più elevato possibile: occorrerà, dunque, valorizzare al massimo tutti gli asset esistenti all'interno del sistema e, fra questi, Alfa Romeo è un pezzo interessante, non fosse altro per il prestigio del marchio.
Quali saranno gli effetti della fusione sugli stabilimenti italiani del marchio di Torino?
E' un'operazione strettamente finanziaria e la fusione, così come viene descritta dagli organi di stampa e dai comunicati del Lingotto, non è un fattore né positivo, né negativo. Il discorso cambierebbe se lo scenario di fusione fosse, soprattutto, di tipo industriale. Se gli arbitraggi produttivi fra un'area e l'altra del mondo diventeranno continui e, se le fabbriche italiane non aumenteranno le esportazioni, come in Germania, lo scenario non sarà necessariamente positivo.
E la non cessione di Alfa Romeo gioverà alle fabbriche sul nostro territorio?
Alfa Romeo è un marchio che si vorrebbe rilanciare, ma, per ora, è accaduto solo a parole. L'ultimo piano industriale rivela l'ambizione di Marchionne di voler competere nell'alto di gamma. Ricordo che molti generalisti, come Nissan con Infiniti e Toyota con Lexus, hanno avuto la stessa idea che, in seguito, non si è rivelata particolarmente felice. Alfa Romeo è un marchio che ha un potenziale e una riconoscibilità importanti, ma necessita di capitali consistenti per mettere in atto questa strategia. Al momento non vedo possibilità per uno sforzo industriale e di capitale tanto ambizioso.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 16/11/2012)

lunedì 19 novembre 2012

Marchionne conferma: fusione Fiat-Chrysler "inevitabile" e Alfa Romeo non in vendita


"Non ho nessun interesse a vendere l'Alfa Romeo. Punto". Lo afferma l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, in un'intervista ad Automotive News. Si torna a parlare della casa controllata dal Lingotto, il cui futuro era sembrato incerto, dopo che Marchionne aveva dichiarato che l'unico modello sostenibile era la Y10. Il manager ha ribadito che l'Alfa Giulia è un "modello in pieno sviluppo" e sostituirà la 159. Quanto alla produzione, il Suv, sempre a marchio Alfa, e la nuova vettura verranno costruiti in Italia, confermando a chiare lettere che il marchio non è in vendita. "Del resto - ha chiosato Marchionne - se lei andasse da Piech e gli chiedesse di comprare l'Audi, lui risponderebbe che non è in vendita" e non vorrebbe "neanche a discutere del prezzo: per me la questione è simile. Ho zero interesse a vendere Alfa". Il manager italocanadese non si sbilancia poi sui volumi dell'Alfa 4c, che, ha affermato, non sarà al prossimo salone dell'auto di Detroit. Marchionne inoltre indica che se Alfa realizzerà una nuova grande berlina, sarà su una architettura condivisa con Maserati e verrà prodotta a Torino. Nell'intervista il numero uno di Fiat ha parlato anche delle vendite per l'anno in corso e delle prevsioni per il prossimo. Il gruppo venderà oltre 4,3 milioni di vetture nel 2013, con un minimo di 2,6 milioni da parte di Chrysler. "Dipenderà molto da cosa succederà in Europa", ha detto Marchionne. Per il 2012, stima un aumento delle vendite a 4,2 milioni di unità, dai 4 milioni dello scorso anno. Una parola anche sulla futura struttura del gruppo: la fusione fra Fiat e Chrysler procede come previsto per il 2014. "E' una mossa inevitabile".'Avere un'entità non controllata all'interno del mondo Fiat-Chrysler non ha senso. Ma è quello che accade". L'ipotesi fusione quindi procede, "ma non stanotte". 'Il piano 2010 per Alfa era pronto ma l'alleanza con Chrysler era ancora in un stato non maturo: il livello di attuazione della strategia è leggermente diverso nel 2012. Sono passati due anni e alcuni miliardi di dollari di profitti. Mi sento più a mio agio con Chrysler oggi che due anni fa. Fiat senza Chrysler non sarebbe stata in grado di eseguire il piano Alfa" aggiunge Marchionne, precisando che la guerra dei prezzi in Europa non lo costringerà a spostare la produzione della vettura sostituta della Punto fuori dall'Europa occidentale. Il manager ha affrontato anche il tema degli aiuti di Stato alla francese Peugeot. "Il rischio è che ci siano interventi degli stati destinati a proteggere le entità nazionali che non necessariamente faranno bene al mercato europeo". Il manager come l'obiettivo dell'Unione europea sia principalmente costruire un mercato unico: "se si permettono interventi di stato che riducono di fatto la concorrenza con sovvenzioni, non viene fatto un grande lavoro". Sugli aiuti di stato francesi al gruppo PSA, Marchionne dice: "stiamo tutti aspettando le determinazioni dell'Unione Europea sul fatto se l'intervento sia corretto e all'interno delle regole". In un'intervista alla stazione radio WJR-AM di Detroit, Marchionne ha poi annunciato che aumenterà gli addetti di 1250 unità in tre stabilimenti per incrementare la produzione di pick up e motori. Previsti investimenti per 238 milioni di dollari con attenzione allo stabilimento di Warren, nel Michigan, che assembla il pick up Ram 1500. "Quello che fa Chrysler in questo momento è dare un forte supporto alle attività internazionali della Fiat" ha indicato.
(Fonte: www.repubblica.it - 15/11/2012)

domenica 18 novembre 2012

Marchionne: le capacità manageriali e le difficoltà di comunicazione


Alcuni individui sono nati per dividere. O amati o odiati. Sergio Marchionne è uno di questi. L’amministratore delegato di Fiat e Chrysler spacca Italia e Stati Uniti. Eppure, il suo compito lo ha sempre svolto. Il suo errore, imperdonabile, è stato quello di voler entrare in un mondo che non gli appartiene, quello della comunicazione istituzionale. I dati dimostrano che, nonostante la più profonda crisi dal Secondo dopoguerra, ha risanato due multinazionali tecnicamente fallite, Fiat e Chrysler appunto. Un risultato su cui in pochi avrebbero scommesso. Marchionne è un manager atipico. Lavora sempre, troppo. Dorme poco, troppo poco. Fuma tanto, troppo. Ha un approccio tanto diretto quanto schietto. Di lui non esistono foto che lo ritraggono a eventi mondani o in vacanza. Forse perché l’unica vacanza che si concede è nei trasferimenti da un luogo all’altro, meglio se accompagnati dalla musica che adora, la classica. Da vate del radical-chic in maglioncino a padre-padrone di un’impresa che non fa altro che andare contro i lavoratori e i loro diritti. Per istituzioni, sindacati e stampa, Marchionne è diventato questo nell’arco di pochi anni. In realtà, classificarlo in tal modo è limitativo, oltre che ingenuo. Forse solo tra 10 o 20 anni si riuscirà a trarre un bilancio completo delle sue operazioni, ma per ora i risultati sono chiari. Senza di lui, Fiat e Chrysler sarebbero fallite. Tanto è forte dal punto di vista delle intuizioni, quanto invece è carente dal punto di vista comunicativo. Si narra che quando arrivò in Fiat passarono mesi e mesi prima che incontrasse i vertici sindacali. I bene informati raccontano che non gli interessava parlare coi sindacalisti italiani. Lui aveva un obiettivo: risanare un’impresa ormai defunta e sostenuta dallo Stato. Questa sua rottura fu di fatto fatale per il futuro. Iniziò un lotta di classe che però non interessava a Marchionne: lui doveva salvare il salvabile dopo anni di malagestione. Ben presto scoprì che scardinare il potere dei sindacati italiani non è così semplice come pensava. E poi c’è il suo carattere. Tutto si può dire tranne che Marchionne abbia un carattere affabile. Anzi. Chi ha collaborato con lui lo ricorda come uno dei manager più esigenti mai incontrati. Il vincolo di bilancio prima di tutto, poi i target, infine il resto. Questa era la ricetta dei primi mesi in Fiat, quando sradicò dagli scranni una classe dirigenziale ormai obsoleta, improduttiva e senza stimoli. «Fiat era la classica delle aziende parastatali, con diversi personaggi che sarebbero potuti uscire dai film di Fantozzi», spiega a Linkiesta un alto dirigente della Fiat di oggi, che ha chiesto l’anonimato. Per capire chi è l’uomo che ha salvato Fiat e Chrysler bisogna tornare indietro di quasi dieci anni. Più precisamente, a quel 2003 che vide l’ingresso di Marchionne al Lingotto. È con il lancio di Nuova Panda e Grande Punto che gli ingranaggi ricominciano a girare. Lontane dagli ultimi modelli del gruppo, non certo brillanti per qualità e design, queste due auto sono quelle che meglio incarnano la nuova Fiat. Marchionne trova una struttura manageriale elefantiaca e poco incline al rinnovamento. La rottama e valorizza i soggetti migliori, come Luca De Meo, che diventa il numero uno del marketing. E sotto la sua ala vengono rilanciati i marchi del gruppo: Fiat, Alfa Romeo, Lancia e Abarth. Per attirare i più giovani, vengono organizzati eventi innovativi per l’Italia, come i road-show dell’auto del Lingotto. La squadra del rilancio è completa: Marchionne in testa, De Meo (nel 2009 poi passato in Volkswagen) come uomo del marchio, i giovani nipoti dell’avvocato Gianni Agnelli, ovvero Lapo e John Elkann, come ragazzo-simbolo dell’anticonformismo di Fiat e come icona del futuro dirigenziale, rispettivamente. Le vendite, complici gli incentivi statali, volano. Fiat, lentamente, torna al profitto nell’arco di pochi anni. Per un quattro anni, dal 2003 al 2007, tutto sembra andare per il meglio. Il dream-team di via Nizza lavora, lavora, lavora. E vende. Poi, l’imprevedibile. La bolla del mercato immobiliare statunitense è il punto di svolta. Nessuno, tranne pochi illuminati, comprendono la portata di ciò che sta accadendo. Nemmeno Marchionne e il suo team, che sono sicuri che l’Europa non verrà toccata da quella crisi. Eppure, il contagio arriva velocemente. Non solo. Questo viene amplificato dal crac di Lehman Brothers, la quarta banca americana, finita a gambe all’aria il 15 settembre 2008. Il calo del commercio internazionale è tanto brusco quanto profondo. Marchionne allora inizia a guardarsi intorno. Guarda prima verso la Francia, cercando e trovando intese con il gruppo PSA, cioè Peugeot e Citröen. Poi volge il suo occhio agli Stati Uniti. «Le crisi sono sempre occasioni utili per fare buoni affari», disse a John Elkann nel finale del 2008. Aveva visto che General Motors navigava in cattive acque. In ballo c’era Opel. Dopo mesi di trattative estenuanti, nulla di fatto: la società di Rüsselsheim non viene ceduta. E allora, mentre il mercato automobilistico statunitense continua a soffrire, arriva la svolta. È Chrysler l’obiettivo di Fiat. Una scelta quasi obbligata. I debiti di General Motors sono troppi e sarebbero troppi gli interventi di ristrutturazione aziendale da fare. Di contro, Ford ha retto discretamente e non sembra essere un target profittevole. Via libera quindi a Chrysler Group. Tramite i buoni contatti diplomatici che Marchionne ha, il Lingotto avvia la negoziazione con il governo americano al cui vertice c’è Barack Obama. Vengono accordate diverse linee di credito governative a Chrysler. Lo scopo è, a fronte di un piano industriale credibile e sostenibile, rilanciare la società. La rete commerciale viene razionalizzata. I maggiori sindacati (Canadian Auto Workers, United Auto Workers) vengono coinvolti nella ristrutturazione. Vogliono tornare a lavorare. Capiscono che il mondo è cambiato e che le vittorie sindacali del passato sono inconciliabili con il presente. Nel suo primo discorso ad Auburn Hills, storica sede di Chrysler, Marchionne viene accolto con scetticismo. «Noi vogliamo lavorare! Lavorare!», urlano gli operai. Hanno paura che la fabbrica venga chiusa. Sono disposti a tagli ed esuberi. Il manager spiega che tutti dovranno fare un passo indietro. E lo fanno. Il fondo Voluntary employees’ beneficiary association (Veba), ovvero il fondo pensione dell’UAW, circa 6 miliardi di dollari di asset, viene dimezzato. Parte la ripresa. Dopo due anni, i debiti di Chrysler Group verranno ripagati. E la società tornerà all’utile entro i tempi previsti. Nel frattempo, Fiat inizia a fare i conti con il suo carattere globale. Dopo decenni di isolazionismo e autarchia, che le hanno fatto perdere la corsa verso la Cina, i risultati si vedono. Viene scorporata la parte dei veicoli industriali, che entra sotto il cappello di Fiat Industrial. E si spinge dove c’è domanda di auto, sfruttando al meglio le condizioni poste dai governi. In altre parole, si va dove conviene produrre e vendere. Se non fosse per il Brasile, il Lingotto non sarebbe così in salute. Anche perché, come spiegato nel 2009 dall’amministratore delegato del Lingotto, l’automotive ha iniziato un lento processo di rinnovamento a livello globale. «Fra 24 mesi vi saranno 5 o 6 costruttori d’automobili», disse mentre ibailout di Chrysler, General Motors e Ford erano in fase di approvazione dal Congresso americano. Non si è ancora arrivati a quel livello, ma ci si è vicini. Quello descritto finora è il Marchionne in versione manager. E poi c’è il Marchionne nelle vesti di comunicatore. Tanto è valido il primo, quanto sembra essere unfit, inadeguato, il secondo. L’esempio più grande dell’inadeguatezza comunicativa è il progetto Fabbrica Italia, lanciato due anni fa. 20 miliardi di euro per rilanciare le fabbriche del gruppo, spot strappalacrime e una rinnovata voglia di italianità. Tu chiamalo, se vuoi, orgoglio italico. Due anni dopo, la morte. Colpa del deterioramento del mercato automotive nell’eurozona. Di fronte al calo della domanda in Europa, la scelta era economicamente l’unica disponibile. Meglio puntare sull’estero, dove la domanda regge ancora. Ma in Italia la memoria non è corta. Arrivano gli attacchi a Fiat, colpevole di aver continuato a promettere un piano industriale, Fabbrica Italia, senza che ve ne fossero le condizioni. Una pecca imperdonabile per un manager di livello internazionale come Marchionne. E poi, il vizio più grande: lasciarsi trascinare nella discussione politica, nel chiacchiericcio senza né capo né coda tipico dell’attuale classe dirigente italiana. Gli screzi con il patron di Tod’s Diego Della Valle, con la già presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, con l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Nell’immaginario collettivo italiano Marchionne è più ricordato per le esternazioni infelici - l’ultima su Firenze - che per i risultati manageriali o per le vittorie sindacali. La realtà è che, ben prima di Matteo Renzi, chi si è guadagnato sul campo la carica di rottamatore è stato Marchionne. Ha snellito due imprese colossali come Fiat e Chrysler, le ha riportate all’utile, le fonderà creando un gigante mondiale dell’automotive. In Italia, invece, ha rinnovato lo stantio modello delle relazioni industriali con gli accordi di Pomigliano d’Arco e Mirafiori, mostrandosi più visionario del ministro del Lavoro Elsa Fornero e di tutti i sindacati. Luci e ombre: Marchionne è questo. Nel giugno 2009 il gruppo ha prodotto circa 2,2 milioni di auto l’anno, che con il milione e mezzo prodotto da Chrysler sono aumentate fino a 3,7 milioni. A tre anni di distanza, le previsioni dell’ultima trimestrale vedono una produzione complessiva compresa fra i 4,6 e i 4,8 milioni di unità, rivista al ribasso dai 6 milioni stimati nel 2010. Al netto della peggiore crisi della storia dell’eurozona, non esattamente quello che si definirebbe un fallimento manageriale.
(Fonte: www.linkiesta.it - 2/11/2012)

sabato 17 novembre 2012

Brasile: Fiat-Chrysler vince due premi "Aberje" per la comunicazione


Fiat-Chrysler ha ricevuto a San Paolo due premi nazionali "Aberje", il più importante riconoscimento del settore comunicazione in Brasile. Il premio "Comunicatore dell'anno 2012" è andato a Marco Antonio Lage, direttore della comunicazione di Fiat-Chrysler in America Latina, "in riconoscimento del suo lavoro e del suo contributo allo sviluppo della comunicazione d'impresa in Brasile". Lage è giornalista e docente di Marketing Strategico. Il secondo premio, per la categoria "Comunicazione di Progetti, Campagne e Azioni Culturali", è stato assegnato alla Casa Fiat di Cultura di Belo Horizonte, presieduta da Jose Eduardo de Lima Pereira, per aver realizzato in Brasile le mostre di Roma Antica, di De Chirico e del Caravaggio, in collaborazione con il Momento Italia-Brasile della Farnesina.
(Fonte: www.ansa.it - 1/11/2012)

venerdì 16 novembre 2012

Serbia: Fiat cede sui salari, ma non sui turni


Fa un passo avanti la vertenza fra i sindacati serbi e la Fiat per i 2500 operai dello stabilimento di Kragujevac, dove si produce la nuova 500L. Nella notte, a quanto riferito dal leader sindacale Zoran Mihajlovic, è stato raggiunto l'accordo per un aumento salariale del 13%. L'intesa, ha precisato Mihajlovic, ha validità a partire da ottobre e prevede anche il pagamento di una 13/a mensilità e di un bonus una tantum in due rate per un ammontare complessivo di di circa 36 mila dinari (intorno a 320 euro). La vertenza però rischia di infiammarsi sullo scoglio principale, quello sui turni di lavoro. Al momento dell'avvio della produzione, era stato concordato che la fase "sperimentale" sarebbe stata sottoposta a verifica sei mesi dopo: quella fase prevedeva l'introduzione di due turni lavorativi di 10 ore al giorno per quattro giorni settimanali, anziché le 8 ore quotidiane su 5 giorni. Tale sistema di produzione, a un mese dalla scadenza dei sei mesi, è considerato "insostenibile" dai lavoratori perché le 10 ore quotidiane sono molto spesso diventate 12 a causa degli straordinari richiesti dal processo produttivo, mentre per le stesse ragioni - legate a esigenze di mercato - gli operai sono stati chiamati in fabbrica anche per il quinto giorno, seppure con orari ridotti. Quanto basta per far dire ai sindacati che una simile organizzazione del lavoro non è più accettabile e che bisogna tornare alle 8 ore su 5 giorni. La prima risposta dell'azienda, per ora, è stata negativa. Secondo fonti aziendali citate dai media servi, il mercato sta infatti apprezzando la nuova 500 L - si parla di 10mila ordini da Francia, Italia, Germania ed altri paesi - e Fiat ha l'esigenza di tenere alti i ritmi produttivi, tanto che per Kragujevac avrebbe in programma l'assunzione di altri 150 addetti, destinati principalmente al montaggio. E l'attuale sistema è considerato dal Lingotto la "chiave per la produttività". Sui turni "sperimentali", dunque, rischiano di rovinarsi le relazioni aziendali e il sindacato ha già preannunciato che in caso di rottura potrebbero esserci iniziative di protesta. I vertici di FAS (Fiat Automobili Srbija), joint venture tra il Lingotto (67%) e il governo serbo (33%), anche per questo hanno aperto senza grandi remore alle richieste di aumento salariale. Del resto, le retribuzioni per gli operai di Kraguievac sono tra le più basse del gruppo: le buste paga erogate finora oscillavano tra i 32 mila e i 34 mila dinari (285-300 euro) al mese, inferiori - per il sindacato - di cinque volte rispetto a quelle dei colleghi italiani e di tre volte a confronto con quelle degli operai Fiat in Polonia.
(Fonte: www.repubblica.it - 10/11/2012)

giovedì 15 novembre 2012

FPT: presentata la nuova gamma TwinAir


Il gruppo Fiat-Chrysler ha finalmente dato il via libero al lancio sul mercato della nuova gamma di propulsori TwinAir. Si tratta di una gamma che include ben quattro motori che rappresentano l’intenzione del marchio torinese di avvicinarsi sempre di più a dei progetti e a delle soluzioni che non hanno alcun impatto sull’ambiente. Il marchio italiano svela, all’interno di un video, i quattro nuovi propulsori, che passano da una potenza minima di 65 cavalli fino ad un soglia massima pari a 105 cavalli, senza dimenticare la declinazione Bi-Fuel, in grado di sprigionare una potenza complessiva pari a 80 cavalli. Si tratta di propulsori che hanno in comune un solo obiettivo, ovvero quello di garantire delle migliori prestazioni, ma al contempo, diminuire in modo drastico consumi ed emissioni nocive. Tra le più interessanti caratteristiche della nuova gamma TwinAir troviamo, senza ombra di dubbio, il controllo dell’aria, che si affianca al dispositivo MultiAir 2 e permette di incrementare l’efficienza e la piacevolezza dell’esperienza di guida. Filo conduttore nella creazione di questi quattro nuovi motori targati Fiat è sicuramente il downsizing estremo, che permette di arrivare ad una parità di prestazioni, ma nello stesso tempo consente di diminuire consumi di carburante ed emissioni nocive (per una percentuale che si aggira intorno al 30%), con la declinazione a metano che permette una riduzione nelle emissioni di CO2 ancora più elevata. Non dobbiamo dimenticare come l’introduzione di due cilindri e di un contralbero di equilibratura permettono di garantire anche un ottimo comfort per colui che guida la vettura. All’interno delle declinazioni turbo, le prestazioni sono migliori in confronto ai propulsori aspirati di cilindrata maggiore, mentre la diminuzione dei consumi ad alto regime viene attuata grazie al collettore di scarico integrato. Inoltre, è da rimarcare la presenza del dispositivo Start&Stop, del sistema "Smart Alternator", della pompa dell’olio a cilindrata variabile e del termostato con controllo elettronico.
(Fonte: www.ultimogiro.com - 9/11/2012)

mercoledì 14 novembre 2012

Veba alza la posta per il 3,3% di Chrysler


Da qui al 2016 Fiat dovrebbe completare l'opera di acquisizione e controllo di Chrysler passando dall'attuale 58,5% al 75% delle quote. Una maggioranza che permetterebbe al Lingotto di guidare l'azienda americana, ma la marcia di avvicinamento a questo obiettivo ha subìto una battuta d'arresto in seguito all'intervento del Veba. Questo è il fondo sanitario del sindacato americano, che ad oggi detiene il 41,5% di Chrysler dal quale Fiat compra le sue quote. Secondo le stime calcolate nel 2009, il 3,3% che Fiat dovrebbe rilevare in questo periodo - e ogni sei mesi fino al 2016 - varrebbe 139,7 milioni di dollari. Ma Veba ha deciso di alzare la posta. Secondo il fondo del sindacato, infatti, questa cifra non sarebbe più congrua perché negli ultimi tre anni il marchio Chrysler avrebbe riconquistato terreno fino a chiudere l'ultimo trimestre con 706 milioni di dollari di utile. La richiesta del Veba è salita quindi a 342 milioni di dollari (circa 270 milioni di euro). Sergio Marchionne non ci sta e l'intera questione verrà valutata entro la fine dell'anno dalla Corte di Giustizia del Delaware.
(Fonte: www.motori.it - 13/11/2012)

martedì 13 novembre 2012

Fiat Industrial si riorganizza. Altavilla alla guida dell'auto in Europa


Gli uomini Cnh nei ruoli chiave di Fiat Industrial. Sergio Marchionne annuncia una rivoluzione negli organigrammi che è un segnale a metà tra un auspicio e un annuncio. La trattativa per la fusione tra Industrial e la società dei trattori si era incagliata nelle settimane scorse per le resistenze di Cnh sul tema decisivo dei concambi. La rivoluzione degli organigrammi potrebbe preludere all'accordo o essere addirittura parte dello scambio. Sta di fatto che dopo la ristrutturazione dei vertici la fusione sembra più vicina. Si spiega in questo modo la nomina del presidente e amministratore delegato di Cnh, Richard Tobin, a coordinatore operativo di Fiat Industrial. Tobin manterrà le cariche in Cnh. Il coordinatore operativo guida un consiglio esecutivo (Gec) che si articola in quattro strutture che governano le aree regionali, i brand, i processi industriali e le attività di supporto finanziario. Anche Fiat Industrial, come già Fiat S.p.A. viene divisa in quattro aree regionali: Nordamerica, Europa e Medio oriente, America Latina e Asia. Cambi al vertice anche in Fiat S.p.A. . Il responsabile dell'area europea, Gianni Coda, lascia dopo 33 anni di attività nel gruppo. Era certamente il più alto in grado tra i top manager che avevano raggiunto il vertice Fiat prima dell'arrivo di Sergio Marchionne. Al suo posto viene nominato Alfredo Altavilla, fedelissimo dall'amministratore delegato, uno degli uomini che hanno lavorato per primi all'operazione Fiat-Chrysler. Operazione che potrebbe conoscere nelle prossime settimane un nuovo passaggio importante. In questi giorni infatti è in corso la trattativa tra Marchionne e i gestori del fondo Veba (quello che gestisce le pensioni del sindacato di Detroit) per fissare il prezzo delle azioni Chrysler. Nelle scorse settimane si era aperto un contenzioso legale sul valore di un pacchetto di azioni già ceduto da Veba a Fiat. Un accordo su quel prezzo potrebbe avvicinare la data di un'ulteriore salita di Fiat in Chrysler.
(Fonte: www.repubblica.it - 12/11/2012)

lunedì 12 novembre 2012

Automobile Magazine premia Marchionne "Uomo dell'anno 2013"


L'amministratore delegato di Fiat e Chrysler è stato nominato «Uomo dell'anno 2013» da Automobile Magazine per il successo ottenuto con la casa automobilistica americana. «La svolta è, in gran parte, opera di una sola persona, Sergio Marchionne», o "Mr. Fixit", che è riuscito a centrare «tutti i target fissati dal Dipartimento del Tesoro americano, aumentando la propria quota in Chrysler al 58,5% del 2012 e si è detto pronto a esercitare le call option a intervalli regolari di sei mesi».
(Fonte: www.automobilemag.com - 1/11/2012)

domenica 11 novembre 2012

Contro la "rottamazione" di Lancia (2): Miki Biasion


Questa non è una storia di analisi di mercato e di equilibri di bilancio. Non c’entrano la crisi dell’auto e l’imbuto in cui è finito il "Made in Italy" a quattro ruote. O almeno non solo. E’ il racconto di una scelta “per certi versi incomprensibile” – e di sicuro impopolare – analizzata da chi ha contribuito non poco a far entrare nella storia dei motori un nome che oggi rischia di scomparire. “Il marchio Lancia verrà ridotto o eliminato”: parola dell’ad Fiat Sergio Marchionne, che in una sola frase ha anticipato la fine di 106 anni di eccellenza italiana. Nata nel 1906, infatti, la Lancia ha rappresentato per anni, insieme a Ferrari e Alfa Romeo, il ‘senso’ del nostro Paese per le auto potenti, sportive ed eleganti. E, specie nel caso di Lancia, grintose. E’ la fine degli anni ’80, il campionato mondiale di rally conosce due soli protagonisti: un bolide e un pilota, Lancia Delta HF Integrale e Miki Biasion. Insieme vincono tutto: un titolo italiano (1983), un titolo europeo (1983) e due mondiali di seguito (’88 e ’89) – ad oggi, Biasion è ancora l’unico italiano ad essersi aggiudicato la massima competizione internazionale delle ruote dentate. All’epoca, inoltre, i successi della coppia hanno ripercussioni mica da ridere sul mercato, tanto che la versione stradale della Delta dominatrice sugli sterrati macina numeri record anche nelle concessionarie d’Italia e d’Europa. Perché il successo porta notorietà. “E quando un prodotto è fatto bene la gente lo compra” dice Miki Biasion. Allora il ridimensionamento era semplicemente impensabile, figurarsi la cancellazione. “Ricordo che il dottor Florio dopo i nostri successi nei rally andava dall’avvocato Agnelli e diceva: ‘Dottore, abbiamo vinto il mondiale, abbiamo venduto il 20% in più di Delta, ci deve riconfermare il budget’”. E l’Avvocato sborsava, con fiuto e amore per quella berlinetta che, al pari della Ferrari in pista, rappresentava l’orgoglio italiano nel mondo dei motori. “Come dimenticare – spiega il due volte campione del mondo – La Delta era l’auto del pilota, dello sportivo, ma ad esempio anche dell’avvocato, della moglie dell’avvocato e del figlio dell’avvocato. Era bellissima, costava il giusto e aveva il fascino della vittoria. La Subaru, la Mitsubishi non hanno mai avuto quell’appeal sulla gente. Ancora oggi, del resto, quando organizzo raduni arrivano centinaia di ‘lancisti’ con la loro Delta Integrale: è stata un’auto straordinaria”. E’ stata, appunto, perché tra qualche anno, quando si nominerà Lancia, si parlerà solo al passato. “E’ facile dirlo ora, ma secondo me ciò che ha detto Marchionne è quasi inevitabile – ha spiegato Biasion – E’ la conseguenza di tutta una lunga serie di scelte incomprensibili”. La spiegazione non arriva solo dal ‘campione Biasion’, ma anche dal ‘rivenditore ufficiale Biasion’, che per dieci anni è stato proprietario di alcune concessionarie Lancia: “All’epoca non c’era solo la Delta, ma anche la Thema: un’auto capace di tener testa alla concorrenza tedesca grazie ad affidabilità, ottimo rapporto qualità-prezzo, alto confort e prestazioni elevatissime. Poi però...” Poi però? “Sono state fatte politiche di mercato sbagliate, perché nei piani alti dell’azienda sono arrivate persone che hanno studiato molto, ma di auto ne capivano davvero poco e non avevano alcuna esperienza ‘sul campo’”. E’ il periodo della nuova ‘vecchia’ Delta, della Kappa e, più di recente, della Thesis. “Chiedo scusa se lo dico: ma quelle non sono auto, sono dei carciofi con le ruote – è il parere del due volte iridato –. Magari dal punto di vista del confort e delle rifiniture mantenevano ancora l’eccellenza italiana, ma esteticamente parlando erano davvero inguardabili”. La gente se n’è accorta e ha smesso di comprare Lancia. Fino alla nascita della piccola Ypsilon e della nuova Delta. “Ma quest’ultima non si doveva chiamare così – dice Biasion – perché dell’auto entrata nella storia delle competizioni sportive non ha mai avuto davvero nulla”. Siamo ai giorni nostri: Marchionne fa di necessità virtù e si inventa la Lancia-Chrysler. Rinasce la Thema, previsioni di vendita 4mila esemplari l’anno. Come iniziare una partita di calcio con l’obiettivo dello zero a zero in casa. “Non è stata capita”, sottolinea Biasion. “E’ un’ottima auto, ma è fuori mercato, almeno per l’Italia, dove le super berline non le acquista più nessuno: costano e consumano troppo, non è periodo. Dovevano produrre il modello station wagon, un target molto apprezzato dagli acquirenti, ma evidentemente hanno fatto altre scelte”. Se ora si pensa a sbaraccare, evidentemente sono state scelte sbagliate. “E infatti i ‘lancisti’ non comprano Chrysler e la gente ‘normale’ non può permettersi determinati modelli”. Come se ne esce? L’addio al marchio è l’unica, vera soluzione? “Fino a un certo punto. Marchionne annuncia di voler puntare su Alfa Romeo e Maserati nel settore eleganza e alta gamma - dice Biasion -, ma a mio avviso è un errore, perché storicamente l’eleganza mista a sportività nel gruppo è stata Lancia e non Alfa, da sempre cuore ‘da corsa’ del Lingotto”. Quindi? “Sono scelte: la mia unica speranza è che ricomincino a costruire auto degne della storia motoristica italiana, macchine dalle altissime rifiniture e al tempo stesso dalle prestazioni importanti. Che spendano qualcosa in più - dice Biasion -, ma che creino modelli che facciano affezionare le persone. Le auto sono come i ristoranti: se ti trovi bene continui ad andarci e, nel caso delle auto, a comprarle. La storia della Volkswagen Golf è lì a dimostrarlo”. E la tradizione di Lancia come si coniuga con il presente? “Io un’idea ben precisa ce l’avrei”. Eccola: “Fiat potrebbe produrre un restyling in chiave moderna (e di altissimo livello) di alcuni modelli che hanno fatto il successo di Lancia: penso alla Delta HF Integrale, alla Stratos e alla Fulvia“, è la proposta di Biasion. “A mio avviso avrebbero un grande successo commerciale. Un mercato di nicchia, per carità, ma se andasse bene si rilancerebbe il marchio senza spendere una fortuna”. Una scommessa affascinante. Puntare sulla tradizione, sulla competenza. E sul cuore. Come nella storia di Lancia e di Biasion. Troverà posto negli equilibrismi di bilancio al ribasso di chi governa il Lingotto?
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 4/11/2012)

sabato 10 novembre 2012

Contro la "rottamazione" di Lancia (1): Beppe Severgnini


Il lettore Stefano Dell'Orto è affranto, e non è l'unico. Scrive: «Prima Marchionne squalifica (non ha scritto proprio "squalifica", ndr) il marchio Lancia, assegnando nomi storici come Thema e Flavia a due modelli Chrysler; e poi decide che "Lancia, dobbiamo essere onesti, ha un appeal limitato". Ma come?». Interessante, il sussurro di dolore dei lancisti (fossero alfisti, sarebbe un grido). Con Lancia se ne va un pezzo di storia d'Italia: quella che Sergio Marchionne, per questioni biografiche, fatica a comprendere. Il capo della Fiat sa che, qui in America, Mitt Romney e i repubblicani non lo amano (come i sindacalisti Fiom a Pomigliano, per motivi diversi). Non sa nulla, invece, dello zio Lazzaro, dello zio Mauro e di papà Angelo (classe 1917), che quando chiude le portiere dell'Appia II serie (1957) dice: «Senti. Clic. Come una cassaforte. Auto così non le fanno più». Ora la guida mio figlio Antonio (1992), che ci ha messo quattro minuti ad abituarsi al cambio al volante. Gli piace, ma si sente osservato. I lancisti erano - l'imperfetto è d'obbligo - il nocciolo duro di un'Italia soffice che ha preceduto Lucio Battisti («Sì viaggiare, dolcemente, senza strappi al motore...») e il «cruise control»: papà non aveva bisogno di strumenti, per andare sempre a 90 all'ora. Ci caricava tutti sull'Appia grigio nebbia e partiva per la Versilia e le Prealpi bergamasche. Aveva i guanti da guida in pelle, traforati, anche se oggi nega. Lo zio Lazzaro (1914) era agricoltore, scapolo, sobrio e di poche parole: aveva la Lancia Appia I serie, grigio topo. Poi, alla fine degli anni Sessanta, la botta di vita: Lancia Flavia coupé, grigio ferro. Le zie Francesca (1906) e Laura (1907), profumiere, erano costrette a contorsionismi per entrare in quell'auto, la domenica. Ma per amore del fratello, questo e altro. Lo zio Mauro (1928) era medico: sposato, uomo di lunghi silenzi e tante parole (non aveva vie di mezzo). Aveva la Fulvia coupé, grigio fumo. Non credo abbia mai preso una multa: i suoi rally lo portavano, al massimo, a Piadena e Cappella Cantone. Ma amava quell'auto spregiudicata, forse perché era una Lancia: un ossimoro slanciato e di bella presenza, che brillava nel sole cremonese. Nel 1970 papà ha comprato la Lancia Flavia berlina, grigio asfalto. Ricordo i sedili in similpelle, che d'estate s'appiccicavano alle gambe nude: la discesa dall'auto era accompagnata da scollamenti che sembravano baci (smack!). Su quell'auto-transatlantico ho imparato a guidare, in una spiaggia della Provenza: l'unico posto dove, anche volendo, non potevo investire nessuno, se non un gabbiano distratto. Meno imponente, ma più sexy, la Lancia Delta grigio metallizzato con cui mi sono trasferito a Londra, nel 1984: ha resistito all'ironia britannica e alla mia guida sulla sinistra. Cinquanta sfumature di Lancia, una sola famiglia. Ecco quel che Marchionne, con tutti i suoi numeri, non può capire.
(Fonte: www.corriere.it - 1/11/2012)

venerdì 9 novembre 2012

Assegnato a Olivier François il premio "Manager dell'Anno 2012" di BFM Business


Olivier François, Chief Marketing Officer di Fiat-Chrysler e responsabile del marchio Fiat, è stato eletto "Manager dell'Anno 2012" nell'ambito dei BFM Business Awards. Il riconoscimento assegnato da BFM Business, il più importante canale televisivo d'informazione finanziaria in Francia, è stato motivato "per l'eccezionale e innovativo lavoro svolto in Chrysler". La cerimonia annuale di consegna dei BFM Business Awards si è tenuta per la prima volta in America, presso il NASDAQ MarketSite di New York, ed è stata trasmessa in diretta a Times Square. "E' per me un grande onore ricevere questo riconoscimento - ha commentato Olivier François - Nonostante le difficoltà e gli alti e bassi degli ultimi anni, il team Chrysler ha sempre dimostrato instancabile dedizione e passione. Siamo molto orgogliosi del fatto che ci sia stato riconosciuto il valore del lavoro svolto finora ma siamo convinti di poter raggiungere mete ancora più alte in futuro". Ogni anno, BFM Business premia le aziende simbolo dell'economia francese, assegnando il titolo di miglior azienda e miglior manager. Olivier François si aggiunge alla lista di illustri personalità già insignite del riconoscimento tra cui Maurice Levy, AD di Publicis Groupes, nel 2011; Patrick Thomas, AD di Hermés, nel 2010; Xavier Niel, fondatore di Iliad, nel 2009; Didier Lombard, AD di Orange, nel 2008; Patrick Kron, di Alstom, nel 2007; Anne Lauvergeon, AD di Areva, nel 2006 e Louis Schweitzer, AD di Renault, nel 2005.
(Fonte: www.ansa.it - 24/10/2012)

giovedì 8 novembre 2012

Elezioni presidenziali U.S.A.: il successo di Obama e le conseguenze per l'auto


Nelle scorse ore, i cittadini americani hanno confermato Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti. Il secondo mandato del candidato democratico potrebbe tradursi in una serie di significative novità per l'industria automobilistica americana e per l'evoluzione del mercato statunitense delle quattro ruote. Dalla Casa Bianca sono attesi interventi in favore dell'auto elettrica, della riduzione delle emissioni e dell'incremento della sicurezza dei veicoli.
L'apporto determinante dell'auto - Il Presidente che ha scommesso 85 miliardi di dollari nel risanamento della General Motors e della Chrysler ha raccolto, in termini elettorali, moltissimo di quanto seminato negli anni scorsi nel settore dell'auto: la conquista dell'Ohio e del Michigan, di fatto, è stata possibile soprattutto per i salvataggi dei due grandi gruppi di Detroit, che proprio da quelle parti hanno il 65% delle loro fabbriche statunitensi.
L'"autogol" repubblicano - Romney, al contrario, ha giocato male lo spauracchio della delocalizzazione della produzione Jeep in Cina, causando una rapida risposta ufficiale da parte dello stesso Sergio Marchionne, che ha approfittato della smentita per comunicare l'aggiunta di un nuovo turno nella fabbrica di Toledo (Ohio) e la conseguente assunzione di 1.100 nuovi operai, dando così indirettamente una ulteriore spinta alla causa di Obama.
Primo passo: i nuovi limiti C.A.F.E. - È ancora presto per dire con esattezza come si muoverà l'amministrazione democratica nei confronti dell'auto durante i prossimi quattro anni, ma esistono già indicazioni concrete in merito. Innanzi tutto, pare molto probabile la ratifica della proposta sui nuovi limiti C.A.F.E. (Company Average Fuel Emission), che vogliono portare i consumi medi delle Case automobilistiche a 54,5 miglia per gallone entro il 2025.
Un milione di elettriche su strada - Negli anni scorsi Obama aveva fissato l'obiettivo di avere un milione di auto elettriche sulle strade americane entro il 2015. I suoi sostenitori da un lato e i Costruttori dall'altro sperano che il Presidente si muova effettivamente per incentivare la realizzazione di questo piano, nonostante le forti critiche da parte repubblicana per i 528 milioni di dollari erogati negli anni scorsi dal Dipartimento dell'Energia in favore di aziende andate in alcuni casi incontro alla bancarotta.
Il programma ATVM - Una seconda manovra in favore delle auto elettriche potrebbe essere la ripresa del programma ATVM (Advanced Technology Vehicles Manufacturing), per cui ci sono a disposizione fondi da 25 miliardi di dollari, destinati allo sviluppo e alla produzione di auto ecosostenibili e componenti ad alto contenuto di tecnologia. Questi fondi erano stati "congelati" proprio dopo le critiche dei repubblicani, ma è molto probabile secondo gli analisti che possano tornare a disposizione dell'iniziativa.
Sicurezza: retrocamera sì, retrocamera no - Per finire, va valutato il destino della norma proposta dall'NHTSA, in vista di un'entrata in vigore prevista per il 2014, che vuole rendere obbligatorio l'utilizzo della telecamera posteriore sulle auto di nuova fabbricazione. L'idea, frutto di un progetto per ridurre il numero di bambini investiti in retromarcia, è stata accantonata dopo che i rappresentanti delle Case automobilistiche hanno fatto presente che l'adozione della telecamera avrebbe portato a un innalzamento dei listini nell'ordine dei 200 dollari. Secondo le stime, con l'entrata in vigore della norma, si potrebbero salvare tra le 200 e le 240 vite l'anno.
(Fonte: www.quattroruote.it - 7/11/2012)

mercoledì 7 novembre 2012

Finalmente la nuova Maserati Quattroporte!


Maserati ha tolto i veli alla nuova generazione della Quattroporte che esordirà sui mercati internazionali il prossimo anno dopo l’anteprima mondiale attesa al Salone di Detroit di gennaio. La berlina sportiva di lusso rinverdirà la leggenda di un successo datato 1963 quando con la primissima serie della Quattroporte, Maserati creò un inedito segmento di mercato e raggiunge nuovi traguardi in termini di prestazioni, tenuta di strada e piacere di guida. Anzi le performance saranno le migliori nella storia delle berline Maserati e si coniugano alla perfezione con le stringenti normative sulle emissioni inquinanti, il tutto nel totale rispetto delle norme altrettanto severe nel campo di sicurezza attiva e passiva. La nuova Quattroporte si caratterizza inoltre per raffinate soluzioni progettuali, grande attenzione al comfort di marcia e di bordo. I progettisti, con la tradizionale competenza pari soltanto alla passione, hanno sviluppato e ingegnerizzato il telaio, ottimizzato la riduzione dei pesi e lavorato sull’ergonomia con il dichiarato obiettivo di creare una vettura adatta ad ospitare diverse architetture motore e configurazioni di trasmissione coniugando sempre quelle prestazioni, quella maneggevolezza e quel comfort che da sempre contraddistinguono i modelli della Casa modenese. La berlina di lusso sportiva ripropone gli stilemi classici del Tridente, reinterpretandoli con un linguaggio moderno. E in effetti il design della nuova Quattroporte nasce dai principi ispiratori di Maserati, ovverosia armonia delle forme, dinamismo delle linee ed eleganza tutta italiana. Lo stile esterno è leggero e sinuoso, ad esaltare la sportività e il dinamismo di una vettura che vanta dimensioni molto più generose rispetto alla precedente Quattroporte. “Abbiamo voluto mantenere alcuni richiami al forte carattere della vettura precedente - ha spiegato il direttore design di Maserati, Lorenzo Ramaciotti - e cioè la calandra, le tre uscite d’aria sul parafango e il montante triangolare, introducendo nel contempo nuovi elementi stilistici e funzionali. Mi riferisco per esempio alla linea di fiancata, forte, che prosegue per tutta la vettura garantendo un aspetto che è molto muscoloso e contemporaneamente filante ed elegante e anche ai nuovi proiettori anteriori e posteriori e alla finestratura a tre luci con porte senza telaino. Il design degli interni della Quattroporte ricerca la massima essenzialità esaltando la pulizia delle linee e la piena funzionalità della strumentazione di bordo. Gli elementi funzionali si amalgamano con le superfici morbide ed avvolgenti della plancia e del tunnel centrale e con materiali pregiati quali legno e pelle”. Come ricordato dal direttore Divisione Motopropulsori di Maserati, Paolo Martinelli, i nuovi ed innovativi motori Maserati della Quattroporte (V8 e V6) sono stati progettati e sviluppati dagli ingegneri sia di Maserati che della Ferrari nel cuore della cosiddetta “Motor Valley” italiana. I propulsori saranno assemblati nello stabilimento Ferrari di Maranello, da 60 anni sinonimo di passione ed eccellenza tecnologica all’avanguardia. “Una passione ed un’eccellenza tecnologica - ha aggiunto Martinelli - che hanno tracciato le scelte progettuali dei motori di un’intera generazione di futuri modelli Maserati che non solo saranno i più potenti mai prodotti, ma saranno anche e soprattutto i propulsori più efficienti ed ecosostenibili mai realizzati da Maserati”. Con la rinnovata Quattroporte scatta dunque la nuova era Maserati che si prepara ad affrontare la sfida forse più difficile nella sua storia quasi secolare. Come più volte anticipato e come ribadito anche oggi dal responsabile del marchio, Harald Wester, il Tridente ha l’obiettivo di incrementare i ritmi di produzione a circa 50 mila esemplari l’anno nel 2015. “Una sfida per la quale ci siamo preparati scrupolosamente e che noi tutti attendiamo con trepidazione” - ha sottolineato Wester -. Una crescita industriale e strategica che si basa su quei valori di stile, eleganza, qualità e prestazioni per cui Maserati è sempre stata riconosciuta e apprezzata. Questa entusiasmante progressione darà alla nuova Maserati una dimensione veramente mondiale con due nuovi impianti produttivi in due diversi continenti e un cuore saldamente ancorato a Modena, dove sono le nostre radici”. La Quattroporte rappresenta solo il primo di quello che abbiamo ribattezzato "il trio delle meraviglie", che dovrà sostenere la prevista espansione globale del brand. Nei prossimi anni debutteranno, infatti, la berlina alto di gamma di "segmento E" Ghibli e il primo SUV nella storia Maserati, che si chiamerà Levante.
(Fonte: www.lastampa.it - 6/11/2012)

martedì 6 novembre 2012

Elezioni presidenziali U.S.A.: spot di Obama con Marchionne per sbugiardare Romney


Nel rush finale della campagna elettorale per le presidenziali americane è l'economia l'argomento più gettonato dagli sfidanti per la Casa Bianca. E, suo malgrado, Fiat fa irruzione con prepotenza nel dibattito. Dopo che il repubblicano Mitt Romney ha lanciato l'allarme sul rischio di fare la fine dell'Italia nel caso di una conferma di Obama, il presidente uscente ha «arruolato» Sergio Marchionne per uno dei suoi spot. Lo scopo è smentire l'insinuazione del candidato repubblicano sulla presunta delocalizzazione della produzione della Jeep dalla storica sede di Toledo (Ohio) in Cina. «Romney style: how to destroy your campaign credibility in 5 easy steps», ovvero: «Lo stile di Romney: come distruggere la credibilità della tua campagna in cinque facili passi». È questo il titolo dello spot dei democratici per smontare le parole di Romney su Chrysler. Il presidente e amministratore delegato del Gruppo Fiat viene citato direttamente: «La produzione Jeep non verrà spostata dagli Stati Uniti alla Cina. È inesatto affermare qualcosa di diverso». Non è altro che la frase della e-mail di Marchionne indirizzata ai dipendenti Chrysler ripresa nel video. Obama ha poi rincarato la dose durante un discorso proprio in Ohio, Stato chiave per la vittoria delle elezioni: «Non si spaventano i lavoratori americani per conquistare qualche voto - ha detto - Romney preoccupa la gente dell'Ohio. Ma quello che dice non è vero. Tutti lo sanno. È un venditore di talento ma il suo piano economico non è adeguato alle esigenze del Paese». Come se non bastasse, le affermazioni di Romney erano state riprese dal miliardario Donald Trump, innescando un «vivace» botta e risposta su Twitter con il vicepresidente del Dipartimento design della casa automobilistica americana, Ralph Gilles. «Dici solo cazzate (la versione inglese letterale è «you are full of shit»), ha scritto sul social media Gilles rispondendo a un tweet di Trump, secondo cui «Obama è un negoziatore terribile, ha salvato Chrysler e ora Chrysler vuole trasferire tutta la produzione di Jeep in Cina e lo farà». La risposta sopra le righe di Gilles è subito diventata «virale» sui social media, con oltre 2.000 commenti. Il responsabile Chrysler è quindi intervenuto di nuovo, scusandosi per il linguaggio volgare ma sottolineando anche che «le bugie sono solo questo: bugie». Le posizioni dei repubblicani la dicono lunga sul rischio che corrono i rapporti tra U.S.A. ed Europa in caso di successo di Romney. Non a caso, secondo un sondaggio dell'Istituto Piepoli eseguito per conto del "Robert F. Kennedy Center for Justice and Human Right" di Firenze, il 70% degli italiani fa il tifo per Obama, anche se la fiducia è in calo. Solo il 7% spera che la spunti il repubblicano. Il consenso per Obama nel Vecchio Continente raggiunge addirittura il 90%, secondo un altro sondaggio condotto dall'agenzia britannica YouGov, in sette nazioni: Gran Bretagna, Francia, Germania, Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia. Per il voto di martedì, tuttavia, l'opinione degli europei non conta nulla e a pochi giorni dall'«election day» i due candidati alla Casa Bianca sono praticamente appaiati. Dunque gli ultimi giorni di campagna elettorale si preannunciano senza esclusione di colpi. Ieri un altro dato economico su un tema tanto delicato quanto sentito ha scatenato un nuovo attacco di Romney. Sono state diffuse, infatti, le cifre sulla disoccupazione negli U.S.A. . Il tasso a ottobre è salito al 7,9% rispetto al 7,8% di settembre, ma sono stati creati 171.000 nuovi posti di lavoro, più dei 125.000 previsti e dei 114.000 di settembre. Da luglio l'economia americana ha creato 173.000 posti di lavoro al mese, rispetto alla media di 67.000 fra aprile e luglio. L'economia ha creato occupazione per 25 mesi consecutivi. Tuttavia, il tasso di disoccupazione quando si è insediato Obama nel 2009 era il 7,8% ed è stato superiore all'8% per 43 mesi, la serie più lunga da quando è iniziata la raccolta dei dati del 1948. I numeri dimostrano, dunque, che il mercato del lavoro, sia pure lentamente, si sta rimettendo in moto. Ma Romney non ha perso l'occasione di attaccare l'inquilino della Casa Bianca. «Questi dati - ha commentato - ci ricordano che l'economia è virtualmente a un punto morto. Per quattro anni le politiche del presidente Obama hanno schiacciato la classe media americana. Quando sarò io presidente otterrò reali cambiamenti, in modo da rendere i prossimi quattro anni migliori di questi. Obama non ha mai capito come si creano posti di lavoro - ha detto durante un comizio nel Wisconsin - Con lui gli U.S.A. potrebbero andare verso una nuova recessione». Immediata la replica del presidente: a ottobre «sono stati creati più posti di lavoro che negli ultimi otto mesi, l'industria automobilistica è di nuovo al massimo, il settore immobiliare è in rialzo, abbiamo fatto progressi reali. Ma finchè ci sarà un solo americano senza lavoro e una sola persona che lotta contro la povertà - ha aggiunto Obama - la nostra lotta andrà avanti». «Credo - ha poi scritto sul sito della CNN - che la prosperità dell'America sia stata costruita sulla forza della nostra classe media. Non abbiamo successo quando pochi ai vertici stanno bene, mentre tutti gli altri lottano per andare avanti. Stiamo meglio quando ognuno ha una possibilità».
(Fonte: www.iltempo.it - 3/11/2012)

lunedì 5 novembre 2012

Intervista a Marchionne: "Ecco la svolta Fiat: investire in Italia, poi fusione con Chrysler"


«Ha visto come ha reagito la Borsa? Totalmente prevedibile». Perché non chiude in Italia? «Ovviamente». Dopodiché Sergio Marchionne smette di guardare le quotazioni. Amen, se gli analisti «non condividono la strada che abbiamo scelto». Lui, alla fine, sul Paese ha deciso di puntare. Le tre sacche da viaggio sono lì, in un angolo dell'ufficio: sempre pronte, messe in fila una dietro l'altra. Le ore di volo fanno 40 giorni all'anno e tra poco riparte di nuovo per Detroit. Ma intanto il messaggio è questo: «Ci credo. Credo nell'Italia, quella di Mario Monti, quella che vuole cambiare». Dunque: «Prima investo qui per andare a fare concorrenza ai tedeschi». Solo dopo manderà avanti la completa fusione Fiat-Chrysler: «Diciamo 2014-2015. Tutto insieme non lo posso fare».
Promette: pieno rilancio di tutti e cinque gli stabilimenti italiani, riassorbimento completo dei 23 mila dipendenti. L'aveva già fatto. Poi, con la crisi in Europa, sono arrivati i dubbi. Perché adesso gli scettici le dovrebbero credere?
«Perché bugie non ne ho mai dette. Ho guardato il mercato, l'ho affrontato resistendo alle critiche ma senza fare macelleria sociale. Adesso dico che, nonostante tutto, le condizioni ci sono. È vero: questo è un Paese complicato, molto complicato. Martedì ero al consiglio d'amministrazione. C'era la Fiom, fuori, che fischiava. Noi, dentro, prendevamo decisioni di grande coraggio. Se Fiat avesse scelto di andarsene, l'impatto sociale forse si sarebbe potuto gestire, quello sull'immagine dell'Italia a livello internazionale no. Il più grande gruppo industriale del Paese che lascia? Sarebbe stato devastante».
Eppure lei per primo lo ha ammesso: era un'opzione. E non è che, nel frattempo, le condizioni strutturali del Paese siano così cambiate. Fosse andato in Polonia, o in Brasile, alla Fiat sarebbe costato meno.
«Vero, ed è per questo che la Borsa ha reagito come ha reagito. Vero pure che Monti era riuscito a calmare le acque, ma ora siamo di nuovo in attesa di atterraggio: un periodo indefinito, scandito dal clima elettorale. Vero, infine, che il mercato europeo dell'auto sta raschiando il fondo del barile e per altri due anni continueremo a vederlo da lì, dal basso».
Appunto. E quindi? Dove sta la convenienza? Se dice che lo fa solo per responsabilità verso il Paese non le crederanno.
«Chiariamo subito: io stesso l'ho definita una scelta "non per deboli di cuore". In Europa tre costruttori chiudono fabbriche, Ford guadagna in America ma non mette soldi qui, la Francia dà a Peugeot sette miliardi pubblici. Noi faremo da soli. Ma vede: Fiat è un cantiere aperto, non chiude mai. Per la terza volta, con la condivisione totale di John Elkann e della famiglia, rivoltiamo l'azienda. L'abbiamo fatto nel 2004. Rifatto nel 2009, con Chrysler. Ed è stata quella la mossa, intelligente, che ci consente ora di ridisegnarla completamente, puntando ovviamente a guadagnare nonostante tutti gli scenari italiani ed europei. Oggi è grazie a Chrysler che possiamo far leva su Alfa e Maserati e andare a dare fastidio ai concorrenti dei brand premium».
Nuova dichiarazione di guerra ai tedeschi? L'obiettivo è ambizioso.
«Vedrete».
Il rilancio Alfa l'ha promesso altre volte, in passato. Per sua stessa ammissione ha sempre fallito.
«Se non avessi avuto le architetture e le piattaforme della Chrysler, i motori base, i 2.300 concessionari americani mi sarebbe impossibile anche adesso. Li ho. Possiamo metterci i soldi».
Quanti? Quando?
«Non l'ho detto nemmeno ai sindacati. L'annuncio di Fabbrica Italia è stato il mio più grande errore: il mercato è crollato e mi hanno impiccato sui dettagli. Ora lavoreremo in silenzio, a testa bassa, lasciando che a parlare siano i fatti. Il primo lo vedrete a gennaio, con la nuova Maserati Quattroporte».
È vero che Melfi partirà presto, a giorni?
«La prossima settimana ci vanno i nostri tecnici. Entro l'anno cominceremo a spendere i primi soldi».
Perché ha spostato lì i mini Suv, Jeep compresa, che fino a tre mesi fa sembravano ancora previsti a Mirafiori?
«Perché da due i modelli sono diventati tre. A Mirafiori l'impianto non sarebbe bastato. E poi è quello con i maggiori costi strutturali».
Dunque qui, a Torino, conferma: polo dell'alta gamma Alfa-Maserati?
«Confermo. Mirafiori e Grugliasco saranno la nostra arma per sfondare anche negli U.S.A. . E di nuovo c'entra Chrysler: il Suv di Maserati, che chiameremo Levante, lo possiamo fare perché abbiamo la piattaforma della Grand Cherokee».
Intanto cancella la Lancia.
«No. Rimane la Ypsilon. Il resto arriverà da Chrysler».
Ridimensiona anche il marchio Fiat, se è vero che Panda e 500 saranno un brand nel brand.
«Di nuovo: no, Fiat resta. È però "500" il marchio spendibile anche all'estero. Negli U.S.A. da un anno sorpassiamo stabilmente le vendite Mini: ma chi la compra vuole guidare la 500, non la Fiat. Mi devo spendere il marchio, allargarlo a un'intera famiglia. Con la 500L, che abbiamo appena iniziato a vendere. E altre sorprese che arriveranno».
Per la Panda non è la stessa cosa.
«Non in America. Ma là il prossimo Freemont sarà di fatto un "Pandone"».
Quella che lei promette è una totale rivoluzione Fiat. Marchi, modelli, fasce di mercato. Tutto in due, tre anni al massimo. Stavolta non si torna indietro?
«Legga quest'agenzia. La solita Fiom: "Mirafiori, lo stabilimento delle illusioni". Ma non scherziamo. Ci vuole un enorme coraggio a investire adesso, andare sulla fascia alta mettendo in gioco tutte le nostre competenze ed eredità migliori. Ferrari, Alfa, Maserati, dall'altro fronte i 70 anni di Jeep. Se l'avessi fatto in questi due anni, buttando soldi nel sistema come molti avrebbero voluto, avrei portato i libri in Tribunale. Adesso che possiamo permettercelo, però, occorre sempre la stessa cosa: pagherò le royalties a Montezemolo, ma il concetto è quello suo, è fare squadra. Con i sindacati e con il Governo».
Ai primi, ossia a Cisl, Uil, Fismic e Ugl che con Fiat hanno firmato i nuovi modelli contrattuali, ha sostanzialmente detto: o anche voi vi impegnate attivamente per isolare le minoranze che «non fanno il bene del Paese e soprattutto dei lavoratori», o la competitività per l'export è a rischio. Non si stupisca se la Fiom dice che vuole dividere il sindacato.
«È la Fiom che si è divisa da sola. È incapace di adattarsi a una realtà in cui la maggioranza vuole lavorare e non farsi condizionare dalla minoranza. Non mi importano gli attacchi personali. Ma ai referendum ha vinto il lavoro. Sono quelle persone, sono i ragazzi di Pomigliano che io devo difendere. Gente che non mi ha mai mollato e che devo proteggere».
Ne manda a casa 19 per far posto agli iscritti Fiom reintegrati dal giudice.
«È totalmente coerente. La cassa integrazione è arrivata anche lì. Non c'è lavoro sufficiente, dove metto anche solo un assunto in più? Risponda la Fiom. Ma non accetto lezioni di democrazia».
Problema di sindacato?
«Problema di rappresentanza. Poi è vero che il sindacato in Italia è troppo frammentato: ma con Cisl, Uil, Fismic, Ugl condividiamo un progetto, hanno accettato di mettersi in gioco, la loro parte la fanno. Perché devono essere considerati servi di un padrone che non esiste più se non nella storia dell'Ottocento? Perché c'è chi va a fare comizi davanti all'Irisbus, costretta a chiudere perché da anni è senza commesse pubbliche, e poi però compera autobus in Turchia? E perché i media questo non lo raccontano? A proposito di giornali: dobbiamo starci, all'aumento di capitale di RCS?».
Deve dirlo lei.
«L'ha già detto John. Se ci sono piani credibili, si sostengono».
La Fiat usata in campagna elettorale: non dica che non se l'aspettava.
«Guardi, non so cosa vogliano fare i partiti. So che l'alternativa a Monti non è bella. Se non ci va lui, all'estero, chi ci mandiamo? Abbiamo recuperato credibilità. Il coraggio di quest'uomo che si è giocato tutto, faccia e credibilità, è unico».
Quanto gioca la sua presenza sulla sua scommessa per l'Italia?
«Un bel po'. E anche la speranza che rimanga. Quando l'ho visto per la prima volta da premier mi ha detto: "Non ho un euro". Avete scritto che ieri ci siamo sentiti. È vero. Mi ha detto solo: "Decisione stoica, la ringrazio". Ho apprezzato allora e adesso. Anche se "chi comanda è solo", quella di Monti è un'Italia diversa da quella che ho conosciuto in questi anni. È quella per cui si può scommettere».
Dal Governo non si aspetta proprio niente? L'ha detto lei, che agevolazioni all'export sono necessarie.
«Guardi, l'Europa della libera concorrenza nell'auto è già saltata. La Francia dà sette miliardi a PSA. La Germania l'ha fatto in passato e, se sarà necessario, alla fine interverrà su Opel. Noi sappiamo che in Italia, mercato che in cinque anni ha perso il 40%, non c'è niente da dare a nessuno e comunque noi non lo vorremmo. Continueremo a fare da soli. Ma per l'export, per tutte le imprese, i paletti ci sarebbero. In entrata e in uscita. Se uno fa cento bottiglie da esportare, su quelle cento gli si potrebbero magari ridurre le imposte ed eliminare i passaggi burocratici».
Ci crede?
«C'è un tavolo, lavoriamo insieme. Vediamo».
«Vediamo» pure le voci su una maxifusione con GM, Opel, PSA e lei alla guida?
«Pettegolezzi».
Che contribuiscono, però, a farla finire in mezzo alla campagna elettorale non soltanto in Italia: anche Mitt Romney l'ha tirata in ballo contro Barack Obama.
«Un autogol, credo. Posso dirle questo: qui mi chiamano "l'americano", là mi ha dato fastidio quello sprezzante "Italians " con cui Romney ha bollato la Fiat. Non è piaciuto a me e, credo, a nessun altro italiano».
(Fonte: www.corriere.it - 1/11/2012)