venerdì 14 settembre 2012

Fiat, passo indietro su Fabbrica Italia


«Le cose sono profondamente cambiate da quando nell'aprile 2010 venne annunciato il piano «Fabbrica Italia». Alla luce di ciò, «é impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa ed é necessario che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati». Lo afferma Fiat, in una nota ricordando che «nei giorni scorsi, da parte di alcuni esponenti del mondo politico e sindacale, sono state fatte alcune dichiarazioni preoccupate per il futuro di Fabbrica Italia». Fiat ricorda che «con un comunicato emesso il 27 ottobre 2011 aveva annunciato che non avrebbe più utilizzato la dizione "Fabbrica Italia" perché molti l'avevano interpretata come un impegno assoluto dell'azienda mentre invece si trattava di una iniziativa del tutto autonoma che non prevedeva tra l'altro alcun incentivo pubblico». «Da quando Fabbrica Italia é stata annunciata nell'aprile 2010 - prosegue - le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa é entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. È quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. È necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati». In occasione dell'incontro con le Organizzazioni Sindacali che si é tenuto a Torino il 1° agosto scorso, ricorda il Lingotto, Fiat ha ribadito: «La delicatezza di questo periodo, di cui é impossibile prevedere l'evoluzione, impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti. Informazioni sul piano prodotti/stabilimenti saranno comunicate in occasione della presentazione dei risultati del terzo trimestre 2012». Nella nota, si legge quindi che «vale la pena di sottolineare che la Fiat con la Chrysler é oggi una multinazionale e quindi, come ogni azienda in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale e in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa».
Le prime reazioni - «La Fiat vuole le mani libere non vuole impegni vincolanti in Italia e straccia l'ultimo velo di ipocrisia del piano Fabbrica Italia smentendo tutti coloro che pensavano bastasse tagliare 10 minuti e dichiararsi disponibili a lavorare di più per attrarre investimenti». Così il segretario nazionale Fiom, Giorgio Airaudo, commenta le ultime dichiarazioni del Lingotto e aggiunge: «chi ha firmato quella intesa dovrebbe essere più arrabbiato di noi e non preoccupato di irritare il timoniere. Tutto questo succede nell'incapacità e nel silenzio di una classe dirigente e del governo che hanno lasciato soli i lavoratori». «Se il famoso piano Fabbrica Italia rischia di non esserci più siamo di fronte ad un problema molto serio» ha dichiarato il leader della Fiom, Maurizio Landini, a Torino, alla festa della Fiom, commentando la nota emessa oggi dal Lingotto. «Non aver fatto gli investimenti ha determinato che la Fiat venda meno di altri perchè non ha i modelli e in più c'e' il rischio che in Italia un sistema industriale dell'auto, non solo Fiat e componentistica, salti» ha osservato Landini, concludendo che il dibattito «nel governo e nella politica di questo Paese dovrebbe essere di come si fa ad evitare che il sistema imploda, salti e si perdano altri posti di lavoro». Il Governo «convochi immediatamente i vertici di Fiat» chiede il leader di Sel Nichi Vendola, secondo il quale «é davvero triste, veder riconosciuta la fondatezza degli allarmi inascoltati degli ultimi anni sull'inaffidabilità del vertice della Fiat nell'assumere gli impegni per le realtà produttive nel nostro Paese. La Fiat - ha dichiarato Vendola - ha utilizzato propagandisticamente il mito di Fabbrica Italia mentre concretamente cancellava i diritti dei propri lavoratori, isolava e tentava di annichilire il movimento sindacale. La nota dell'azienda di oggi - prosegue il presidente di Sinistra Ecologia Libertà - ci dice che i piani per il futuro dell'industria automobilistica italiana non ci sono o sono falliti. Ci piacerebbe sapere, in queste ore, dove sono i tanti supporter di Marchionne, di chi stava dalla sua parte senza se e senza ma, e ne celebrava le capacità miracolistiche? Dove sono quei politici che ci bacchettavano con il solito stantio ritornello della sinistra pessimista e passatista. Forse per loro é arrivato il momento di farsi un esame di coscienza e di pensare anche alle migliaia di lavoratori a rischio».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/9/2012)

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