Se in Europa non passa quasi giorno senza l’annuncio di qualche ulteriore chiusura di impianto o uscita di scena di qualche produttore automobilistico (dopo la cessione per un simbolico euro a NedCar di una fabbrica, l’unica in Europa, di Mitsubishi in Olanda ieri Peugeot ha annunciato altri 8 mila esuberi che si sommano ai 6 mila già previsti dallo scorso anno e preannunciato la chiusura dell’impianto di Aulnay, alle porte di Parigi), negli Stati Uniti proprio il settore auto potrebbe dare una mano a Barack Obama impegnato nella corsa per un secondo mandato alla Casa Bianca. A sorpresa, ma non troppo, tra i gruppi in decisa ripresa e che sono tornati ad assumere personale vi è Chrysler, la controllata del gruppo Fiat in cui il produttore italiano è appena salito al 61,8% e il cui peso appare destinato a crescere sempre di più in termini di fatturato e utili sui conti del gruppo guidato da Sergio Marchionne (che invece in Italia ha già fatto sapere di poter essere costretto a chiudere un altro impianto se il mercato non si riprenderà). L’impianto di Belvidere, in Illinois, in particolare, dopo aver visto la manodopera scendere fino a un minimo di 200 persone solo tre anni fa, quando il gruppo finì in bancarotta e lo stesso Obama sponsorizzò un “salvataggio” da parte di Fiat, è ormai a pieni giri e sforna 300 Dodge Dart al giorno dopo aver completato le assunzioni per un terzo turno questo mese, che porterà 4.500 lavoratori a sfornare veicoli per 120 ore settimanali (ossia 40 ore settimanali per ciascuno dei tre turni). Condizioni simili a quelle che in Italia sono state adottate dallo scorso anno nello stabilimento di Pomigliano, dove circa 4.600 persone lavorano organizzate su tre turni quotidiani da lunedì a sabato, per un’attività di 24 ore al giorno 6 giorni su 7 con un orario individuale di 40 ore settimanali (48 contando gli straordinari, che potranno arrivare a un massimo di 120 ore all’anno). Ma mentre in Italia attorno a Pomigliano è nata una lunga diatriba, tuttora in corso, con i sindacati (Fiom Cgil in testa) e parte del mondo politico, negli U.S.A. Obama può citare proprio il caso di Belvidere come uno dei risultati migliori e più concreti del suo primo mandato, tra l’altro rispedendo al mittente l’accusa mossagli dallo sfidante repubblicano Mitt Romney di aver sperperato il denaro dei contribuenti finanziando piani di ristrutturazione di un “capitalismo clientelare” che sarebbe servito solo ad aiutare i sindacati alleati. Di certo negli U.S.A. al momento proprio il settore auto sta tornando a dare un contributo alla graduale ripresa del mercato del lavoro: secondo l’ufficio statistico americano, gli occupati nel comparto sono cresciuti del 35% (155.400 nuovi posti di lavoro) dal minimo ciclico del giugno 2009 (quando anche General Motors riemerse dalla procedura di bancarotta pilotata) ad oggi. Così mentre in Italia il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, deve tentare di “convincere Marchionne che l’Italia è un Paese nel quale vale la pena di investire”, negli U.S.A. Barack Obama sembra aver già risolto, con reciproca soddisfazione, il problema.
(Fonte: http://affaritaliani.libero.it - 13/7/2012)
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