Se a qualcuno manca il tormentone estivo eccone uno pronto ai blocchi di partenza: il caso Alfa Romeo. Marchionne, a.d. del gruppo Fiat-Chrysler, dopo aver detto che in Italia le condizioni industriali rimangono impossibili aggiunge, o meglio ripete per la quinta, sesta volta, di avere le alternative necessarie per realizzare le Alfa Romeo ovunque. Lo faccia pure, ma resta da capire quali Alfa produrrebbe. La spider con i giapponesi della Mazda? La Giulia americana? La nuova ammiraglia? Da quanti anni sentiamo dire dello sbarco di Alfa Romeo in America? Quanti pezzi sono stati scritti (con poca fantasia) sul Duetto del Laureato? Oggi si continua così. Promesse rilanciate da giornali compiacenti e non, mentre le vendite segnano il passo e si allontana la possibilità di realizzare gli obiettivi stabiliti dallo stesso Marchionne (300 mila unità entrò il 2016 mentre ora siamo a 35.175 vetture vendute in Europa nei primi sei mesi dell'anno con un calo del 33,1%, in Italia nello stesso periodo -29%). Forse dunque il problema non è proprio quello di "dove produrre", ma semmai "cosa produrre e con quali investimenti". Giulietta e Mito i loro obiettivi li hanno raggiunti, questo va riconosciuto, ma due modelli possono bastare per fare una gamma come dovrebbe essere quella Alfa? Le prospettive erano altre. Nel 1985, un anno prima che Fiat acquistasse Alfa Romeo dall'Iri, quest'ultima aveva perdite consolidate pari a 1.685 miliardi. Ma l'anno seguente si prende l'Alfa, battendo l'offerta della Ford, sborsando oltre 8.000 miliardi, tra prezzo d'acquisto, assunzione dei debiti e grossi investimenti per il rilancio. Sull'effettivo numero dei miliardi sborsati se ne sono dette tante ed è inutile ritirare fuori polemiche del passato. Ciò che conta è che, da quel momento in poi, grandi investimenti per il rilancio del marchio non ci sono più stati e la storica fabbrica di Arese è stata chiusa appena possibile. Sono nati modelli ottimi (156 su tutti e, recentemente, la Giulietta), ma sono stati troppo pochi per far decollare il marchio e anche i sogni di molti italiani che si aspettavano (e forse si apettano ancora) una resurrezione.
(Fonte: www.repubblica.it - 1/8/2013)
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