Sergio Marchionne e Maurizio Landini hanno diversi motivi per non incontrarsi. Di uno, in particolare, solo il futuro dirà se sarà superabile, oggi è una montagna inscalabile. Tutto questo dopo che il 2 agosto l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler ha saltato inelegantemente il faccia a faccia con il segretario della Fiom. Una incomunicabilità tra i due lunga ormai tre anni. Il 2 agosto Landini è uscito dall’incontro mancato con Marchionne affermando che la Fiat non vuole applicare le sentenze della magistratura. Poche ore dopo in un comunicato l’azienda lo ha smentito. Con ragione: la Fiat non può non rispettare una sentenza definitiva della Consulta come se la fabbrica fosse un saloon del Far West. Ma nell’incontro, mi risulta, il capo delle relazioni industriali ha detto chiaro e tondo a Landini che sì, la Fiom avrà i suoi delegati ma la Fiat non ci parlerà perché il sindacato metalmeccanico della Cgil non ha firmato gli accordi, da Pomigliano in giù. Stesso ritornello, per altro, usato dai sindacati firmatari. Insomma, per la Fiat il rispetto formale della sentenza è una cosa, la sostanza un’altra. Ma se questo è davvero il punto, a rigor di logica perché Landini dovrebbe poi accettare un accordo che non vale più (oltre al merito già giudicato inaccettabile), essendo iperconesso al famoso piano di investimenti da 20 miliardi cancellato dalla Fiat? Fabbrica Italia viene annunciata il 21 aprile 2010. “Per raggiungere ciò – dice quel giorno Marchionne – bisogna aprire un confronto con le organizzazioni sindacali per rinegoziare gli accordi che non sono più adeguati ai requisiti correnti e, di fatto, comprometterebbero la realizzazione del piano. Questa è una di quelle occasioni che capitano una volta nella vita“. Nel gennaio del 2011, Marchionne ribadisce il concetto – soldi in cambio di nuove regole in fabbrica – al direttore di Repubblica Ezio Mauro: “Io metto sul piatto 20 miliardi, accetto la sfida, ma voglio che quei soldi servano, dunque voglio garantire la Fiat e chi ci lavora. Cambiamo le regole per garantire l’investimento attraverso il lavoro”. Sappiamo tutti come è andata a finire. Landini e Marchionne potranno dunque mai più incontrarsi? Ci vorrebbe una “flessibilità bestiale”, per citare lo stesso manager nel suo colloquio del 2007 con il vicedirettore di Repubblica Cresto-Dina: “Se ho un metodo, è un metodo che si ispira a una flessibilità bestiale con una sola caratteristica destinata alla concorrenza: essere disegnato per rispondere alle esigenze del mercato. Se viene meno a questa regola è un metodo che non vale un tubo”. Oggi siamo più o meno al tubo.
(Fonte: www.carblogger.it - 5/8/2013)
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