C’è una notizia sulla Fiat che, pur essendo non marginale per le sue finanze, in Italia è curiosamente passata inosservata: il Lingotto intende pagare solo 108 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per l'ulteriore quota del 3,32% di Chrysler che il contratto firmato con l'amministrazione Obama nel 2009 le consente di acquistare entro fine 2012. La cifra è un ottimo affare per il Lingotto poiché è ragionevole pensare che il 3% di Auburn Hills valga più del doppio. In realtà le notizie sono due: la formula contrattuale usata per determinare i 108 milioni limita il costo dell’acquisto di Chrysler se, semplificando, Fiat investe poco e Chrysler investe molto. Insomma, l’acquisto di una quota minore di Chrysler aiuta a comprendere meglio tattiche e strategie che Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e Chrysler, sta adottando per accelerare la fusione fra le due società. Ma andiamo con ordine, partendo dalla fotografia della scalata a Chrysler. Oggi la Fiat ne controlla il 58,4%, avendone avuto il 35% in cambio del salvataggio e il restante 23,4% sborsando 1,854 miliardi di dollari (1,4 miliardi di euro) in contanti. Il restante 41,6% di Chrysler è posseduto dal sindacato Uaw, attraverso il suo fondo sanitario Veba. Il contratto di cessione di Chrysler a Fiat prevede che il Lingotto possa acquistare, tra il 2012 e il 2016, un ulteriore 16,6% da Veba a rate, con quote del 3,32% o multipli fino a raggiungere il 75%. L'ultima quota del 25% delle azioni Chrysler può essere ceduta solo da Veba - sembra a partire dal 2014 - ma a Fiat sono riservati molti diritti cominciando dalla prelazione. A luglio Fiat ha chiesto a Veba il primo 3,32% ma non è stata trovata un'intesa sul prezzo e così Torino si è rivolta al tribunale. Anche perché l'Uaw così evita accuse di svendita e Marchionne mantiene i suoi buoni rapporti con gli operai americani (ha fatto oltre 5 mila nuove assunzioni e visita le fabbriche senza scorta accolto spesso da sonori «buongiorno» in italiano). Resta il fatto che oggi Auburn Hills è in forte attivo (909 milioni di dollari nel primo semestre 2012) e non può valere molto meno di un quarto di General Motors, la cui capitalizzazione oscilla sui 30 miliardi di euro. E se dunque l’intera Chrysler vale 7-8 miliardi di euro, il 3,32% oscillerebbe intorno a 200-250 milioni. E allora come è arrivato Marchionne a 108 milioni? La formula prevista del contratto riportata in un recente report di Barclays è complessa. Al di là delle tecnicalità, è evidente che il prezzo di acquisto di Chrysler scende se Fiat tiene il più possibile alto il proprio Ebitda. Il che si può fare vendendo moltissimo - come Fiat sta facendo in Brasile - o anche limitando investimenti (e perdite) come accade in Europa dove mercato e vendite sono in caduta libera. Possibile, con limitazioni, intervenire anche su Chrysler ma, poiché l'Ebitda del costruttore U.S.A. sta lievitando (in due anni le vendite sono salite del 50%), la leva sulla quale agire è l'aumento dell’indebitamento netto. Il suo Capex (per capirci, la spesa per acquisti di macchinari) è passato da 1,180 miliardi del primo semestre 2010 a 1,854 miliardi dello stesso periodo del 2012. Dunque la disputa sul 3,32% di Chrysler non è poca cosa. Il braccio di ferro sui 108 milioni segnala che la conquista del 100% di Auburn Hills al prezzo più basso era, e resta, il primo obiettivo strategico di Marchionne. Ma segnala anche che la strada non è spianata. La fusione tra Fiat e Chrysler rischia di allontanarsi nel tempo, è il timore degli analisti finanziari. E senza il 100% di Chrysler il Lingotto, che in Europa brucia cassa, non può sfruttare appieno il tesoro che si sta accumulando ad Auburn Hills.
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 14/10/2012)
Nessun commento:
Posta un commento