mercoledì 24 ottobre 2012

No di CNH alla fusione con Fiat Industrial


Il “no” opposto al progetto di fusione tra Cnh e Fiat Industrial dal gruppo americano è un colpo basso che Marchionne - capo del gruppo Fiat-Chrysler - proprio non s'aspettava. Lo “special committee” del consiglio di amministrazione di Cnh, leader nelle macchine per le costruzioni e l’agricoltura, ha deciso di “non raccomandare” le condizioni proposte da Fiat Industrial lo scorso 30 maggio per l’integrazione tra i due gruppi: “La proposta di fusione di Fiat Industrial con Cnh è inadeguata (39 azioni Fiat Industrial contro 1 Cnh, ndr). Dopo aver valutato con attenzione la proposta di fusione del 30 maggio, tutte le informazioni disponibili e le opinioni dei consulenti Jp Morgan e Lazard”, la conclusione è stata che “la proposta non è nel miglior interesse di Cnh e dei suoi azionisti”. Uno schiaffo in piena faccia, che inchioda Marchionne a una trattativa imprevista alla quale, peraltro, il manager ha subito detto di volersi sedere riaffermando la necessità di creare un’unica società di diritto olandese alla quale conferire la produzione di tutti i veicoli industriali del Lingotto. Ma è un caso isolato o va letto in fila con altro? Di sicuro l'America aveva appena riservato un altro dispiacere a Marchionne, con la rottura delle trattative tra la Fiat e il fondo Veba - gestito dal sindacato U.S.A. Uaw - per rilevare un'ulteriore quota del 3,32% di Chrysler. Dopo il “no” di Veba Fiat ha addirittura fatto ricorso alle vie legali: la sua “controllata Fiat North America ha avviato un giudizio di accertamento dinnanzi al Court of Chancery del Delaware per ottenere conferma del prezzo che dovrà essere pagato per la partecipazione, pari a circa il 3,3% del capitale di Chrysler Group LLC, che Veba dovrà cedere a Fiat in forza del contratto di opzione concluso tra le parti il 10 giugno 2009”. Cosa sta succedendo? Una cosa assai semplice: il vento americano verso Marchionne sta cambiando. A furia di gridare ai quattro venti che l'Italia è, per il gruppo, una palla al piede, che per colpa dell'Italia Fiat perderà quest'anno 700 milioni di euro, che se dipendesse da lui se ne andrebbe, Marchionne ha convinto i suoi amici americani. È gente semplice, non levantina: e pensa, giustamente, che quando uno si sgola a ripetere che bisogna andar via dall'Italia, poi deve andarsene sul serio. E che quei 700 milioni farebbe meglio a non perderli per passare stipendi improduttivi ai nostri Cipputi, ma per pagare di più le azioni di Chrysler o di Cnh. Come dire: Marchionne se l'è cercata. Il seguito è tutto da vedere, su entrambe le vicende. Sul fondo Veba, ormai deciderà il giudice. Sul caso Cnh, la nota dettata da Marchionne dopo il “no” della controllata fa capire che lui rilancia per stringere i tempi: la fusione e il trasferimento della sede della nuova holding in Olanda è una mossa strategica. È semplicemente una questione di soldi e Marchionne si rassegnerà a pagare di più. Del resto, secondo i “resistenti” di Cnh, l'”enterprise value” proposto da Fiat nello schema di fine maggio, pari a 3,2 volte il margine operativo lordo, è svantaggioso rispetto a quello dei concorrenti di Cnh, cioè John Deere, che vale 6,3 volte il mol, e Scania, che vale 6,4 volte.
(Fonte: http://economia.panorama.it - 16/10/2012)

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