Il mercato mondiale dell’auto è sempre più fluido, con impianti che vengono aperti o chiusi e marchi reintrodotti o ritirati dai mercati a seconda dell’andamento della domanda. In questo scenario Sergio Marchionne, dopo le recenti polemiche sul destino degli impianti italiani, sembra ora volersi concentrare sui mercati emergenti, che hanno visto storicamente il gruppo mantenere una posizione di leadership in Brasile e cercare di sbarcare in Cina con numeri consistenti. Se nel primo caso Fiat (e Volkswagen) debbono guardarsi le spalle da concorrenti come Hyundai, intenzionati ad aprire nuovi impianti nel paese latino americano (la cui capacità produttiva è vista in crescita del 50% da qui al 2014) proprio mentre la crescita delle vendite appare in rallentamento, cosa che rischia di mettere i margini del gruppo italiano sotto pressione, nel secondo caso Marchionnne sembra intenzionato a giocarsi la carta Jeep. Il marchio delle controllata americana Chrysler specializzato nella produzione di Suv oggi realizza l’intera sua produzione nei tre impianti americani in Michigan, Illinois e Ohio, ma secondo quanto dichiarato dal Ceo di Chrysler e Fiat per l’Asia, Mike Manley, sta “rivedendo le opportunità (produttive) all’interno dell’attuale capacità” ed è pronto a considerare “la rilocalizzazione dell’intera produzione di Jeep o di una parte di essa”. Chrysler punterebbe sulla Cina per far fronte alla debole domanda europea e a tal fine sarebbero già stati avviati colloqui in fase avanzata tra la stessa Fiat S.p.A. e il suo partner cinese Guangzhou Automobile Group. Complessivamente Chrysler punta a vendere almeno 500 mila autovetture e Suv entro il 2014 fuori dal mercato americano, più del triplo di quanto vendeva sui mercati esteri nel 2009, quando Fiat riuscì a convincere l’amministrazione Obama di essere il cavallo giusto su cui puntare per una rinascita del gruppo, da anni in grave crisi. In effetti le premesse per vedere Chrysler crescere in Cina (e così dare una mano a Marchionne a lasciarsi alle spalle uno dei problemi che non hanno finora trovato soluzione, appunto la presenza marginale sul mercato cinese) ci sono tutte, visto che da inizio anno il marchio ha già più che raddoppiato le proprie immatricolazioni con 22.463 vetture vendute, superando già nel mese di luglio il totale delle consegne effettuate nel 2011. La capacità produttiva dell’impianto della joint-venture Fiat-Guangzhou a Changsha, nella Cina centrale, è di 140 mila vetture l’anno, ma è già prevista la possibilità di salire fino ad un massimo di 500 mila vetture l’anno. Nei piani di Marchionne, dopo l’avvio della produzione della compatta Fiat Viaggio vi è l’introduzione di un nuovo modello in produzione ogni 12 mesi: l’estate prossima potrebbe dunque toccare ad un Suv a marchio Jeep. Per quella data Marchionne dovrebbe anche aver sciolto le ultime riserve e avviato i lavori per raddoppiare lo stabilimento brasiliano a Pernambuco, dove potranno essere prodotte altre 250 mila vetture l’anno. L’importante, nell’uno e nell’altro caso, sarà non sbagliare marchio e modelli, così da difendere i margini in un mercato dell’auto sempre più globale dove si combatte ormai una battaglia all’ultima linea produttiva.
(Fonte: http://affaritaliani.libero.it - 23/10/2012)
Nessun commento:
Posta un commento