venerdì 20 aprile 2012

Mike Manley su presente e futuro di Jeep


Jeep è davvero un marchio speciale e non solo perché ha inventato il «taxi da battaglia». È soprattutto l’unico brand passato totalmente indenne attraverso la grande depressione che ha minato la credibilità dell'auto U.S.A. a partire dalla metà degli anni '70 fino a buona parte dei '90. Il periodo in cui l'industria automobilistica americana si sentì sotto assedio, stretta fra la prima crisi petrolifera e le operazioni di dumping dell'industria nipponica. A Detroit qualcuno perse la bussola e cominciò a costruire vetture sempre più insignificanti e di qualità approssimativa. Jeep fu l'unica Casa che non scese mai a compromessi circa la qualità dei suoi modelli, e infatti la sua immagine è rimasta solida come la Rocca di Gibilterra anche sul mercato europeo che, all'epoca, era ormai diventato poco ricettivo nei confronti delle vetture a stelle e strisce. Jeep dal 1941 è sinonimo di mezzi fuoristrada indistruttibili e inarrestabili e oggi anche di confortevoli Suv e di crossover dalle prestazioni totali, di alta versatilità e grande classe. Dal 1941 Jeep ha prodotto ben 15 milioni di veicoli e il suo successo è in costante crescita: oggi è il vero marchio globale dell’alleanza Fiat-Chrysler, un fiore all’occhiello. Un fenomeno che analizziamo con Mike Manley, Presidente e CEO di Jeep. Inglese, con lauree in ingegneria e in gestione aziendale, nel settembre 2011 è stato chiamato da Sergio Marchionne a far parte del Consiglio Esecutivo di Fiat S.p.A.
Mr. Manley, come è andato il 2011?
«Il marchio si sta confermando un asset di grande valore per il Gruppo. Grazie all’eccellenza dell'attuale gamma Jeep ha accelerato la crescita su tutti i principali mercati mondiali, in particolare dopo l'introduzione del nuovo Grand Cherokee nel 2010. Le vendite totali hanno raggiunto quota 600.000, con incrementi percentuali a due cifre su tutti i mercati principali. Grand Cherokee è il modello più venduto in U.S.A. . Jeep è il marchio leader nelle esportazioni del Gruppo Chrysler. Nel 2011 ha esportato 108.649 unità, con un incremento del 46%, e rappresenta il 63% delle esportazioni Chrysler».
Come si collocano le performance in Europa, dove più soffrono i mercati?
«Grazie alla disponibilità di moderni turbodiesel per l’intera gamma, le vendite nel 2011 sono cresciute del 62%, a 24.000 unità. Vogliamo raddoppiarle nei prossimi tre anni e raggiungere 500 mila macchine a livello globale nei mercati extra-Stati Uniti entro il 2014. Il best seller qui in Europa è Wrangler. Come in Italia, dove la crescita - dopo gli anni della grande contrazione - è stata del 118%, con 7870 consegne. I primi mesi del 2012 indicano un ulteriore incremento del 58% a livello europeo».
Come si spiega il successo di Wrangler?
«È un'icona per duri e puri, l'interpretazione moderna della Jeep che ha vinto la guerra. Ma l'attuale edizione è anche molto versatile e godibile. In più, dal 2011, il suo turbodiesel 2.8 è cresciuto in potenza, a 200 Cv, e soprattutto in coppia, a 460 Nm. È più silenzioso e omologato Euro5, un salto di qualità importante. Ora su Wrangler 2.8 TD è disponibile anche il cambio automatico, sempre più apprezzato anche dal pubblico italiano».
Qual è il modello su cui puntate per una ulteriore crescita in Europa e in Italia?
«Sicuramente Compass, un crossover già partito molto bene. Crediamo diventerà il best seller nei principali mercati continentali. È una vera Jeep per prestazioni e versatilità, ma molto confortevole, sicura, agile e con un turbodiesel 2.2 litri di ottima qualità e dai consumi contenuti».
Ci sono programmi di sviluppo per il turbodiesel V6 3.0 litri del Grand Cherokee?

«Posso confermare che la cilindrata resterà invariata, ma stiamo lavorando a versioni con potenza incrementata. Stiamo anche considerando l'applicazione della tecnologia Fiat Multiair su propulsori Jeep di cilindrata superiore. Il programma di incremento prestazionale è ampio e non riguarda solo i motori, ma anche la riduzione del peso e il miglioramento delle qualità aerodinamiche, senza snaturare la personalità stilistica Jeep. Il concept Grand Cherokee Production-Intent Sports, presentato a Ginevra, è indicativo».
Ci conferma la realizzazione in Italia di un nuovo Suv leggero, la baby Jeep?
«Assolutamente sì. Il progetto è avviato: è importante avere una produzione in Europa, per ovvie ragioni doganali. Ci auguriamo che le regole del lavoro qui crescano nel senso di una maggiore flessibilità. Il nuovo Suv compatto di Jeep utilizzerà motori turbodiesel di Fiat e avrà anche una variante a trazione solo anteriore: non è un disonore».
(Fonte: www3.lastampa.it - 1/4/2012)

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