La selezione è stata dura: ci hanno provato in trenta, i posti disponibili erano appena cinque. Hanno dovuto sostenere un colloquio, far pesare la media degli esami sostenuti e il voto della laurea di primo livello. Ora sono pronti a partire. Da Torino. E a Windsor, sull’altra sponda dell’Atlantico, sono pronti a fare altrettanto. Alfieri di un esperimento che potrebbe diventare l’architrave di un pezzo del futuro industriale di Torino. Sullo sfondo c’è un disegno ambizioso: plasmare ingegneri esperti capaci di lavorare in ogni angolo del mondo, sapendo come si costruisce un’auto in Europa ma anche negli Stati Uniti. Duttili, flessibili. Globetrotter dell’automotive. In cinque tra poco più d’un mese partiranno da Torino, diretti all’Università di Windsor, Canada, e - non ultimo - agli stabilimenti Chrysler, sull’altra sponda del fiume Detroit. Altrettanti da Windsor sbarcheranno a Torino, diretti alla nuova cittadella del Design e dell’automotive appena aperta a Mirafiori, sulle aree di Tne ora al centro di un contenzioso tra l’azienda e il Comune. Gli uni studieranno nell’ateneo canadese e scopriranno i segreti della fabbrica americana. Gli altri, al contrario, si aggireranno tra il Politecnico e i laboratori di Mirafiori. Hanno tra 23 e 28 anni. Si metteranno alla prova per un anno. Quel che ne verrà fuori - nei piani di chi ha ideato il progetto - è il prototipo dell’ingegnere dell’auto internazionale. Il melting pot è già nei fatti. Dei cinque che partiranno dall’Italia tre sono italiani, due cinesi. Gao Ping Ping è la «quota rosa» del progetto. «Quando studiavo in Cina mi dissero che se avessi voluto toccare con mano le migliori tecnologie per la produzione di auto avrei dovuto andare in Giappone o in Italia. Ora che sono qui ho pensato che valga la pena studiare anche come funziona in America». Stesso discorso per il suo connazionale Wez Wez. Dall’altra parte dell’Atlantico arriveranno due ragazzi d’origine asiatica: Ian Wong e Simon Tseng, il fondatore del Sigma Racing Time Attack series, una manifestazione competitiva per auto costruite in casa che si svolge ogni anno in Ontario. C’è chi si porta dietro un passato da continuare. «Mio padre ha lavorato in Chrysler, attraversando i giorni di gloria e quelli di burrasca», racconta Tyler Bevan. Io prima sono stato al Toyota Technical Center, poi ho guidato il laboratorio di Chrysler interno all’Università di Windsor. Quel mondo fa parte della mia vita dal giorno in cui sono nato». Li attira la curiosità di scoprire sistemi nuovi, un diverso approccio all’oggetto automobile. «In Europa e Stati Uniti si producono auto molto diverse», dice Stefano Baldizzone, «Fiat-Chrysler è il primo tentativo di integrare i sistemi. Farne parte sarà un modo per vedere da vicino come sarà possibile». «Per noi è un’opportunità per familiarizzare con l’industria europea dell’auto», racconta Matthew Bondy, «e stare dentro un’azienda che leader nella progettazione e nel design». Gerardo Aluino, origini avellinesi, va oltre: «Fiat è un’azienda che si sta espandendo all’estero. Noi, nel nostro piccolo, avremo modo di essere pionieri di quest’esperienza». Pionieri forse sì. Unici no: se tutto va bene, spiega il professor Giancarlo Genta, direttore del Centro di gestione accentrata Ingegneria dell’Autoveicolo, «l’anno prossimo lo scambio sarà più fitto, da 10 studenti in totale si salirà a 40».
(Fonte: www.lastampa.it - 8/8/2011)
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Potrebbero essere la risorsa vincente per Fiat?
RispondiEliminaSpero di sì.