«La cosa importante è riacquistare credibilità a livello internazionale. Questo è essenziale, altrimenti è inutile parlare di crescita». Lo ha detto l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, a margine dell'inaugurazione all'Aquila di un asilo finanziato dal marchio automobilistico.
FARE SQUADRA - Marchionne ha sottolineato che «questo è il momento di fare squadra», «Il sistema deve comportarsi in maniera compatta e coesa», ha aggiunto, ma «se non rimettiamo le cose in ordine il sistema non può andare avanti. Una volta fatto quello, bisogna lasciare massima libertà alle aziende di innovare e cercare di andare avanti. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di farlo, speriamo di non trovare troppi ostacoli davanti a noi».
LA CREDIBILITÀ - Parlando di credibilità del Paese Marchionne non ha fatto personalismi, ma ha invitato tutti a sforzarsi per «far vedere un'unica faccia dell'Italia al di fuori». «Ieri», ha raccontato, «sono stato in Turchia e ho incontrato il primo ministro turco. Il Paese si è comportato e ha affrontato la crisi in maniera totalmente diversa. Non dò la colpa a nessuno», ha concluso, «ma questo è il momento di fare squadra».
MOBILITAZIONE GENERALE - Per quanto riguarda la sua azienda, «La Fiat andrà avanti, non possiamo essere condizionati dai comportamenti di una minoranza» ha risposto alla Fiom che il 27 settembre è tornata a parlare di una nuova possibile mobilitazione generale negli stabilimenti del gruppo.
LAVORIAMO PER MIRAFIORI - A chi gli chiedeva se una soluzione per Mirafiori possa essere trovata entro fine mese, Marchionne ha detto «Stiamo ancora lavorando, a fine mese mancano due giorni, non siamo così veloci».
OTTIMISTA - Ma comunque vede positivo «Non sono pessimista, sennò non avrei mai accettato di fare l'amministratore delegato di Fiat nel 2004» e lancia un parallelo tra Italia e Stati Uniti. Per quanto riguarda la trattativa tra Chrysler e la Uaw, il sindacato americano degli operai automobilistici, ha detto che «andiamo avanti. L'esito ci sarà di sicuro perché c'è un arbitrato obbligatorio se non troviamo l'accordo» sottolineando che negli U.S.A. «gli operai continuano a presentarsi al lavoro». La trattativa «non è più o meno facile» rispetto all'Italia, «è completamente diversa. Lì non è un discorso ideologico, qui lo è», ha proseguito.
FARE SQUADRA - Marchionne ha sottolineato che «questo è il momento di fare squadra», «Il sistema deve comportarsi in maniera compatta e coesa», ha aggiunto, ma «se non rimettiamo le cose in ordine il sistema non può andare avanti. Una volta fatto quello, bisogna lasciare massima libertà alle aziende di innovare e cercare di andare avanti. Noi nel nostro piccolo cerchiamo di farlo, speriamo di non trovare troppi ostacoli davanti a noi».
LA CREDIBILITÀ - Parlando di credibilità del Paese Marchionne non ha fatto personalismi, ma ha invitato tutti a sforzarsi per «far vedere un'unica faccia dell'Italia al di fuori». «Ieri», ha raccontato, «sono stato in Turchia e ho incontrato il primo ministro turco. Il Paese si è comportato e ha affrontato la crisi in maniera totalmente diversa. Non dò la colpa a nessuno», ha concluso, «ma questo è il momento di fare squadra».
MOBILITAZIONE GENERALE - Per quanto riguarda la sua azienda, «La Fiat andrà avanti, non possiamo essere condizionati dai comportamenti di una minoranza» ha risposto alla Fiom che il 27 settembre è tornata a parlare di una nuova possibile mobilitazione generale negli stabilimenti del gruppo.
LAVORIAMO PER MIRAFIORI - A chi gli chiedeva se una soluzione per Mirafiori possa essere trovata entro fine mese, Marchionne ha detto «Stiamo ancora lavorando, a fine mese mancano due giorni, non siamo così veloci».
OTTIMISTA - Ma comunque vede positivo «Non sono pessimista, sennò non avrei mai accettato di fare l'amministratore delegato di Fiat nel 2004» e lancia un parallelo tra Italia e Stati Uniti. Per quanto riguarda la trattativa tra Chrysler e la Uaw, il sindacato americano degli operai automobilistici, ha detto che «andiamo avanti. L'esito ci sarà di sicuro perché c'è un arbitrato obbligatorio se non troviamo l'accordo» sottolineando che negli U.S.A. «gli operai continuano a presentarsi al lavoro». La trattativa «non è più o meno facile» rispetto all'Italia, «è completamente diversa. Lì non è un discorso ideologico, qui lo è», ha proseguito.
(Fonte: www.lettera43.it - 27/9/2011)