Appena terminate le trattative con il governo americano e con le banche sui finanziamenti alla Chrysler, Sergio Marchionne ha spostato il tiro da Ovest a Est e ha incontrato, nei giorni scorsi a Torino, i vertici della giapponese Suzuki al gran completo. La riunione (anticipata ieri dal Corriere della Sera) ha visto la partecipazione di Osamu Suzuki, presidente della casa nipponica, di Sergio Marchionne e brevemente anche di John Elkann, numero uno della Fiat. Di cosa hanno discusso i vertici dei due gruppi? È in arrivo qualche sorpresa sul fronte delle alleanze? Va ricordato che Suzuki è partecipata al 19,9% dal colosso tedesco Volkswagen, che a fine 2009 ha investito 1,7 miliardi di euro per la partecipazione. Suzuki produce anche motociclette ed è specializzata in Giappone nelle miniauto (quelle con cilindrata inferiore ai 660cc); proprio il mese scorso è riuscita a conquistare a sorpresa il primo posto nella produzione di quattroruote, grazie al fatto che ha sofferto meno delle rivali gli effetti del disastroso terremoto. Fiat e Suzuki hanno da tempo due collaborazioni di tipo industriale: la fabbrica ungherese dell'azienda nipponica produce per il Lingotto il fuoristrada Sedici, mentre Torino fornisce motori diesel per la versione Suzuki della stessa auto e ha inoltre concesso ai giapponesi la licenza per produrli in proprio in India (proprio l'India è uno dei punti di forza della Suzuki, che con la controllata Maruti domina in mercato con una quota vicina al 50 per cento). Ci sono nuovi possibili campi di collaborazione in vista? O addirittura Fiat potrebbe prendere il posto di Volkswagen come alleato di Suzuki? Per Sergio Marchionne – impegnato da mesi in un botta e risposta al veleno con i vertici del gruppo tedesco – sarebbe una soddisfazione grandissima; ma non è probabilmente sul tavolo. Certo, le cose tra tedeschi e giapponesi non vanno benissimo. Un anno e mezzo è passato dall'annuncio dell'operazione, e la cooperazione tra i due gruppi non si è ancora concretizzata. La Suzuki è una dell'aziende più frugali del settore – racconta un osservatore che la conosce bene – e questa sua caratteristica potrebbe aver causato qualche disaccordo con VW; a mister Suzuki, inoltre, non è affatto piaciuto il fatto che in più di un'occasione pubblica dopo l'intesa i vertici Volkswagen abbiano trattato Suzuki praticamente come una filiale. Anche se non si può parlare di divorzio imminente, l'operazione è in fase di stallo e ai giapponesi potrebbe interessare ottenere per altre vie le sinergie tecnologiche o produttive che cercavano; lo stesso potrebbe valere per Fiat, che per esempio non è ancora riuscita a sfondare in India nonostante l'alleanza con Tata (le vendite del Lingotto nel subcontinente sono calate del 15% a 21mila unità nell'anno fiscale chiuso a fine marzo).
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 28/5/2011)
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