mercoledì 30 aprile 2014

La Fiat 500L "clonata" al Salone di Pechino


Di acqua sotto i ponti, dagli anni dell'"attacco dei cloni", ne è passata davvero tanta: nel corso dell'ultima decade l'industria automobilistica cinese ha compiuto passi da gigante, che l'hanno portata sempre più a contatto diretto - e in diretta competizione - con i grandi Costruttori occidentali.
Il caso - L'operazione Geely-Volvo, la fondazione della Qoros con la sua forte componente culturale europea e - non ultimo - il clamoroso e prepotente ingresso della Dongfeng nel capitale del Gruppo PSA hanno definitivamente sancito la crescita dell'auto "Made in China". Che però, a quanto pare, non ha perso del tutto il vizietto di un tempo: la produzione di copie, più o meno fedeli, dei modelli europei. Protagonista e vittima dell'ultimo caso, che si è consumato al Salone di Pechino 2014, sono rispettivamente la Lifan 330 e la Fiat 500L.
Un'ispirazione evidente - L'immagine della vettura cinese ripresa alla rassegna mostra alla perfezione i numerosi punti di contatto tra le due: l'impostazione del frontale, con i gruppi ottici e il baffo centrale che ricalcano quelli del modello Fiat, e lo svolgimento della fiancata, con la finestratura e la linea del padiglione evidentemente ispirati alla torinese, indicano un chiarissimo rapporto di discendenza della prima dalla seconda. Le cinesi per i cinesi, spesso, si fanno ancora così.
(Fonte: www.quattroruote.it - 23/4/2014)

martedì 29 aprile 2014

FCA e CNH Industrial: accordo con IBM per la gestione delle infrastrutture tecnologiche


IBM, insieme con Fiat S.p.A., il Gruppo Chrysler e CNH Industrial, hanno annunciato un accordo strategico pluriennale per la gestione dell’infrastruttura IT e dei servizi e, nello stesso tempo, per favorire le tre organizzazioni internazionali nello sviluppo di nuove opportunità di innovazione. Nel perimetro dell’accordo rientrano la gestione dell’infrastruttura e l’hosting della soluzione di posta per gli oltre 150mila dipendenti a livello mondiale. Fiat e Chrysler hanno stabilimenti in 40 paesi servendone oltre 150, mentre CNH Industrial produce in oltre 20 nazioni e opera commercialmente in 190 territori. L’ampia infrastruttura globale, affidata a IBM in qualità di partner principale, comprende mainframe, midrange e storage presenti nei data center americani di Detroit e St. Louis, in quelli italiani di Torino e Milano e nel sito brasiliano di Hortolandia. «Combinare i servizi di infrastruttura IT di Chrysler e Fiat, per ottenere un’unica capacità di livello globale, è un passo cruciale nella creazione di una struttura operativa potente, agile e capace di sostenere la strategia di crescita della nostra azienda”» dichiara Scott Sandschafer, Chief Information Officer di Chrysler Group. «Questo accordo, estensione di una partership decennale con IBM - spiega Gilberto Ceresa, CIO di Fiat S.p.A. - continuerà a fornire l’innovazione tecnologica, le capacità di global delivery e l’efficienza nei costi che sono necessari per ottimizzare e incrementare il nostro giro d’affari in tutto il mondo». «CNH Industrial e gli 11 brand globali che guidano il nostro business hanno alle spalle una ricca storia di innovazione tecnologica che risale a più di 170 anni fa» ricorda Domenico Cipollone, Head of ICT Demand Management and Projects e Co-CIO di CNH Industrial. Per Stefano Firenze, Head of ICT Infrastructure and Service Delivery e Co-CIO di CNH Industrial «l’estensione della partnership con IBM apre nuove strade all’efficienza, alle economie di scala, all’innovazione e alla crescita della nostra azienda, permettendoci di condividere e di fare leva, con Fiat e ora con Chrysler, non solo sulle risorse tecnologiche ma anche sulle competenze globali e le conoscenze in aree chiave come la sostenibilità».
(Fonte: www.lastampa.it - 24/4/2014)

lunedì 28 aprile 2014

Accordo FCA - GAC Group per la produzione di Jeep in Cina


Fiat Group Automobiles S.p.A., Chrysler Group International LLC e Guangzhou Automobile Group Co., Ltd. (GAC Group) hanno annunciato di aver raggiunto un accordo per ampliare la loro collaborazione in Cina. In base all'accordo, la joint venture GAC Fiat inizierà la produzione in loco di tre nuovi modelli del marchio Jeep per il mercato cinese, che si aggiungeranno alla gamma di sport utility vehicle (SUV) Jeep attualmente disponibili sul mercato cinese come prodotti di importazione. L'ampliamento della collaborazione e i relativi progetti hanno già ricevuto le necessarie approvazioni governative. I programmi per la localizzazione della produzione, compresa la possibilità di produrre un modello Jeep destinato esclusivamente al mercato cinese, saranno finalizzati nel breve termine. L'avvio della produzione è previsto entro la fine del 2015. "Questo annuncio rappresenta una nuova fase nella strategia di valorizzazione e sviluppo del marchio Jeep a livello globale" ha commentato Sergio Marchionne, Amministratore Delegato di Fiat S.p.A. e Chairman e Chief Executive Officer di Chrysler Group LLC, aggiungendo che "egualmente importante è il nostro continuo sviluppo sul mercato cinese, in collaborazione con un partner consolidato e rispettato quale è Guangzhou Automobile Group". Zhang Fangyou, Chairman di GAC Group ha commentato: "Con l'introduzione in GAC Fiat del marchio Jeep, il SUV per eccellenza, la collaborazione tra GAC e Fiat Chrysler entra una in nuova fase. Ciò contribuirà a migliorare lo sviluppo della joint venture e metterà certamente a disposizione dei consumatori cinesi esperienze di guida e servizi di alta qualità." Al fine di raggiungere la capacità produttiva necessaria ad introdurre i modelli Jeep, GAC Fiat aprirà un nuovo sito produttivo a Guangzhou dove saranno realizzati i veicoli Jeep. I due partner rafforzeranno la loro collaborazione al fine di soddisfare la domanda dei clienti e progredire nella localizzazione dei modelli Jeep con il continuo sviluppo di GAC Fiat. Nel 2013, le vendite complessive del marchio Jeep hanno superato le 731.000 unità con un aumento su base annua del 4 per cento a livello globale e del 29 per cento in Cina. Il mese scorso il marchio Jeep ha raggiunto vendite record a livello mondiale con circa 85.000 unità vendute, il livello mensile più alto mai raggiunto nei suoi 73 anni di storia. Con circa 60.000 veicoli venduti nel 2013, la Cina si conferma il mercato più importante di Jeep al di fuori degli Stati Uniti.
(Fonte: http://finanza.lastampa.it - 22/4/2014)

domenica 27 aprile 2014

Giuseppe Berta: la "Produzione intelligente"


Lo storico Giuseppe Berta ha da poco pubblicato “Produzione intelligente”, un ottimo libro che rappresenta un breve viaggio nelle fabbriche italiane più innovative (Einaudi, 2014, 158 pagine). Berta è un economista atipico: è un artigiano del sapere e adora rigirare con le sue mani la materia di studio. Lo studioso ha visitato i migliori stabilimenti industriali, anche perché le realtà industriali più dinamiche sono sottovalutate o quasi ignorate dalla politica, dai media e dalla società. Però, prima di prendere in esame le nuove realtà industriali, bisogna partire dalla cruda realtà: “Fatto 100 l’indice della produzione manifatturiera italiana del gennaio 2008, cinque anni dopo, nel dicembre 2012, era sceso a 76”, quindi di un quarto, perdendo circa mezzo milione di posti di lavoro. Può essere utile ricordare che nella “grande ristrutturazione del 1980-85” si persero più posti di lavoro, “con la differenza che allora si ridimensionavano le fabbriche per trasformarle e rilanciarle, mentre ora si incide nella carne viva del sistema della produzione”. Oggi le fabbriche chiudono, si trasferiscono o vengono svendute agli stranieri, con modalità poco dignitose. In realtà si sta avviando un nuovo genere di rivoluzione industriale: in Occidente “le strutture della produzione di massa hanno ormai ceduto il passo a una nuova configurazione che mira a elevare la qualità sia dei prodotti sia dei processi, allo scopo di indirizzarli verso l’alta gamma dell’offerta” (p. 25). Le nuove tecnologie, grandi e piccole, consentono notevoli risparmi di fatica, di manodopera e di tempo, fino a livelli quasi impensabili. Migliora la salute dei lavoratori, crescono i disoccupati. Berta ha visitato i nuovi stabilimenti di società storiche come la Fiat, la Maserati, la Pirelli e la Dalmine (acciaieria nata nel 1906), e di società molto innovative come la ProTocuBe di Torino, una piccola impresa specializzata nella stampaggio tridimensionale di oggetti di tutti i tipi. Saet Group è un’altra azienda molto particolare: produce impianti per il trattamento termico a induzione elettromagnetica (ha sei stabilimenti). Saet investe un milione di euro all’anno nella ricerca e collabora con l’Inova Lab, uno spin-off dell’Università di Padova. Comunque il territorio italiano è disseminato di realtà industriali molto diversificate e molto difficili da catalogare. La manifattura intelligente potrebbe “opporre un grado di resistenza al declino che incalza nel paese” (p. 155). In ogni caso le conoscenze e le persone più intelligenti sono le vere risorse produttive di oggi. Forse i migliori inventori saranno i grandi leader di domani.
Nota - La modernissima fabbrica Fiat-Chrysler di Pomigliano d’Arco è stata premiata come la migliore fabbrica d’auto d’Europa nel 2012 (si trova a una quindicina di chilometri da Napoli). “Noi siamo quello che facciamo”, disse Giambattista Vico; “Noi siamo quello che diamo”, io vi dico.
(Fonte: www.agoravox.it - 14/4/2014)

sabato 26 aprile 2014

FCA traina lo "shopping" italiano all'estero


Confermato il ritorno dell'interesse sulle imprese italiane. Nel primo trimestre 2014 le acquisizioni dall'estero hanno raggiunto un controvalore di 4,3 miliardi contro i 2,7 dello stesso periodo 2013. I dati Kpmg comprendono l'ingresso di People's Bank of China in Eni ed Enel per un investimento di 1,4 e 0,8 miliardi.
PRIMA LA FRANCIA - Secondo il rapporto sul mercato 'Mergers and Acquisitions' (M&A), tra il 2008 e il 2013 il principale investitore in Italia è stata la Francia con 18,7 miliardi di controvalore di acquisizioni o fusioni nel nostro Paese, seguito dagli Stati Uniti (12 miliardi) e dal Regno Unito (8,2 miliardi). Da notare la crescita della Cina (5,8 miliardi) e della Russia (5,7 miliardi), con il Brasile terzo tra i Paesi emergenti a 1,8 miliardi.
CRESCE L'ESTREMO ORIENTE - Il trend è nuovo e importante. Nel 2008 gli investitori dai mercati emergenti e dall'Estremo oriente coprivano l'11% delle acquisizioni totali nella penisola, nel 2013 hanno raggiunto il 39%. In generale, comprese le operazioni Italia su Italia e Italia su estero, si è registrata un'accelerazione che consolida i segnali di crescita che si erano intravisti nel corso dell'ultima parte del 2013. Nel primo trimestre 2014 sono state chiuse operazioni per circa 10,7 miliardi, circa tre volte il valore dei primi tre mesi del 2013 (3,5 miliardi) registrando anche un sostanziale incremento in termini di volumi che sono più che raddoppiati: 104 operazioni contro le 51 del primo trimestre del 2013. Un dato fortemente influenzato dalla partita Fiat-Chrysler, con il gruppo italiano che in febbraio ha concluso l'acquisizione della quota Chrysler ancora in possesso del fondo Veba per un controvalore di circa 2,7 miliardi, e dalla conclusione formale del processo di fusione di Premafin, Unipol e Milano Assicurazioni in Fondiaria Sai per un controvalore molto simili.
FRENANO LE BANCHE - Il numero delle imprese italiane che sono andate all'estero, è stato evidenziato nel rapporto Kpmg diffuso alla decima edizione dell'M&A Award, non è cambiato molto. Tra il 2008 e il 2013 Techint è stata prima con 14 operazioni fuori dai confini nazionali, Eni seconda con 10, Campari terza con 9. Seguono Recordati (8 operazioni), Luxottica e Brembo (6). Chi ha rallentato in questi processi di acquisizione o accorpamento sono state le banche: nel 2007 il controvalore delle 'loro' operazioni è stato il 33% del totale, nel 2013 solo il 4%.
(Fonte: www.lettera43.it - 10/4/2014)

venerdì 25 aprile 2014

Maserati: ora anche la Quattoporte è diesel


Accontentare gli amanti del lusso, del comfort, della sportività e delle high performance, magari aggiungendo anche il contenimento dei consumi e delle emissioni non è certo un’impresa facile. Alla Maserati hanno accettato, e vinto, l’ambiziosa sfida con la Quattroporte diesel, esperimento peraltro ben riuscito sulla più “compatta” Ghibli, già dotata del generoso V6 a gasolio con turbocompressore a geometria variabile di produzione VM. Con la recente acquisizione dell’azienda di Cento, specializzata nella realizzazione di propulsori diesel, da parte del gruppo FCA, di fatto il motore a gasolio della nuova Quattroporte viene così realizzato “in casa”. Il lavoro dei progettisti del marchio del Tridente non si è però limitato all’adattamento dei sei cilindri da tre litri sotto all’accogliente cofano della Quattroporte ma ha visto un minuzioso lavoro di “accordatura” per togliere le sonorità tipiche del motore diesel e trasformarle nel caratteristico “ruggito” Maserati. Già dall’accensione del motore risulta infatti difficile capire di essere al volante di una berlina alimentata a gasolio e quando poi si preme il tasto “Sport” sulla consolle centrale entrano in gioco i due attuatori acustici (Active Sound), piazzati prima dei doppi terminali di scarico ovali, che regalano alle orecchie un sound da tenere i finestrini aperti anche in pieno inverno. Guidare la Quattroporte diesel è un piacere che invita a macinare chilometri su chilometri (a patto di disporre di un importo base di 98.373 euro ma che con una manciata di optional si fa presto a superare abbondantemente...), poiché grazie alla sofisticata elettronica di bordo si passa dalla guida completamente rilassata a quella più sportiva e impegnativa consentendo al guidatore di giocare tra le varie combinazioni disponibili tra settaggi della risposta del motore, cambio e sospensioni Skyhook. All’interno dell’abitacolo si conversa piacevolmente a bassa voce anche quando l’ago del tachimetro tende a superare la velocità massima autostradale consentita dal Cds, merito dell’accurato lavoro di insonorizzazione svolto sul propulsore dai tecnici della casa modenese. Per chi è alla ricerca delle prestazioni invece, i 1.885 chilogrammi di peso e i 5.262 millimetri di lunghezza della Quattroporte diesel scattano da 0 a 100 km/h in 6,4 secondi mentre la velocità massima è di 250 km/h, grazie ai 275 Cv disponibili insieme alla generosa coppia di 600 Nm (per il mercato italiano è disponibile una versione da 250 Cv esente dal superbollo, e dalle prestazioni che si discostano di pochissimo). L’ottimizzazione dell’aerodinamica con il sistema start-stop e l’efficienza del propulsore si traducono in consumi decisamente contenuti, considerando che siamo pur sempre di fronte a un’ammiraglia di generose proporzioni: 6,2 litri di gasolio bastano a percorrere cento chilometri, con emissioni di CO2 pari a 163 g/km (ciclo combinato Nedc; 7,8 litri/100 km ciclo urbano; 5,2 litri/100 km ciclo extra-urbano). Per il resto la Maserati Quattroporte diesel adotta gli stessi elevati standard delle sorelle equipaggiate con i più potenti propulsori a benzina V6 e V8 twin turbo, verso i quali dimostra ampiamente di non avere nessun timore reverenziale.
(Fonte: www.repubblica.it - 14/4/2014)

giovedì 24 aprile 2014

Alfa Romeo, arrivano i motori Ferrari: saranno prodotti dal 2015 a Termoli


Sarà assemblato nella fabbrica di motori di Termoli, in Molise, il nuovo motore benzina che i tecnici della Ferrari stanno progettando per l’Alfa Romeo Giulia e forse per un Suv sempre a marchio Alfa che saranno costruiti dal 2015 a Cassino. L’indiscrezione, non ufficiale, viene confermata da due fonti sindacali. Non sono ancora note le caratteristiche tecniche del nuovo propulsore che però, secondo voci attendibili, dovrebbe sviluppare una doppia versione a 4 e 6 cilindri. Quest’ultima destinata solo alle versioni più sofisticate della Giulia che si collocheranno non lontano dal livello dell’attuale Ghibli della Maserati per essere distribuite soprattutto negli Stati Uniti. Va ricordato che il 6 cilindri che equipaggia la Ghibli ha due versioni da 330 e da 410 cavalli. Per i quasi 3.000 dipendenti di Termoli si tratterà di una svolta. Oggi assemblano soprattutto le versioni 1.2 e 1.4 Multiair del Fire a 8 o 16 valvole e i cambi che vengono montati su quasi tutti i modelli della Fiat. Il nuovo motore Ferrari-Alfa è la seconda buona notizia in arrivo per Termoli perché sarà preceduto dall’aumento della produzione per i benzina che equipaggeranno il suv Jeep Renegade che da metà luglio sarà costruito a Melfi, in Basilicata. In autunno la Jeep sarà affiancata da un altro mini-suv, la 500X a marchio Fiat, anch’esso equipaggiato con motori a benzina fabbricati in Molise. La recente visita in fabbrica dell’amministratore delegato di FCA, Sergio Marchionne, era chiaramente legata a questi programmi. Cresce l'attesa, dunque, per il nuovo piano industriale di FCA che lo stesso Marchionne presenterà in una fabbrica di Detroit il prossimo 6 maggio. Alla presentazione parteciperà anche una qualificata delegazione di sindacalisti italiani. I motori per i nuovi modelli Jeep, Fiat e Alfa dovrebbero saturare lo stabilimento di Termoli o comunque ridurre sensibilmente le ore di cassa integrazione che oggi colpiscono pesantemente i lavoratori molisani. Anche nella seconda metà di aprile sono previsti 7 giorni di cig per gli addetti dei cambi e qualche giorno in meno per quelli dei motori.
(Fonte: http://motori.ilmessaggero.it - 11/4/2014)

mercoledì 23 aprile 2014

Produzione: il "Made in Italy" torna a casa


A volte ritornano. Dalla Cina, dal Bangladesh, dalla Romania, eccoli di nuovo sulla Riviera del Brenta, sull’Appennino tosco- emiliano, intorno a Firenze, come se il vento della globalizzazione fosse girato di colpo. Soprattutto dopo la crisi del 2008, un numero crescente di imprese italiane sta rinunciando alle strategie di delocalizzazione e rimpatriando intere linee produttive. Il fenomeno è mondiale, dall'America all'Europa. Negli Stati Uniti fa addirittura parlare di rinascita dell'industria manifatturiera nazionale. Forse gli americani esagerano. I numeri, però, cominciano ad essere indicativi, dice Luciano Frattocchi, dell'università dell'Aquila. Insieme a colleghi di Catania, Udine, Bologna, Modena e Reggio, Frattocchi ha costruito un gruppo di ricerca - UniCLUB MoRe - che tiene il conto. Negli U.S.A. sono ormai 175 le decisioni di rimpatrio, totale e parziale, di produzione. Ma dopo gli U.S.A. la classifica mondiale dei ripensamenti vede le aziende italiane, con un'impennata a partire dal 2009. Sono 79 unità produttive, che coinvolgono una sessantina di aziende. Circa il doppio di quanto si registra in Germania, in Gran Bretagna o in Francia. In un momento di diffusa paralisi del sistema industriale italiano, le condizioni a cui questi rimpatri avvengono, le loro motivazioni, le scelte strategiche che sottintendono riescono a dire molto, già oggi, di come potrà essere la ripresa prossima ventura dell'economia italiana. Sulla Riviera del Brenta, non lontano da Verona, Gianni Ziliotto è sul punto di lanciare un progetto ambizioso per la B. Z. Moda. Produce scarpe da donna di fascia media (100-150 euro al paio) che esporta al 100%, soprattutto in Nord Europa. L'azienda è piccola - circa 11 milioni di euro il fatturato - ma Ziliotto pensa in grande. Rimpatriare il grosso della produzione dal Bangladesh e dalla Cina e puntare sui robot. "Si tratta di automatizzare 6-7 operazioni ripetitive, che oggi fanno solo gli extracomunitari" precisa. "Avremmo, invece, bisogno di periti e ingegneri". E' un investimento che si mangia, da solo, l'8-10% del fatturato e, per questo, Ziliotto si muove con i piedi di piombo. Ma è questa la strada maestra che sembrano indicare le ristrutturazioni che, nel mondo, America in testa, accompagnano il rimpatrio delle aziende. Il differenziale fra i salari cinesi e quelli occidentali non è più ampio come qualche anno fa e l'automazione consente di abbatterlo anche in patria. Insieme ai costi di trasporto è una delle motivazioni principali che spinge le imprese al "back-reshoring", come lo chiamano Frattocchi e colleghi. "L'effetto netto sull'occupazione è che i posti di lavoro che si recuperano - conferma Frattocchi - non sono uguali, né per quantità, né per professionalità, a quelli che si erano persi originariamente con la delocalizzazione". Del resto, i consulenti della McKinsey, la bibbia delle aziende, calcolano che, entro dieci anni, fra il 15 e il 25% dei posti di lavoro operai saranno occupati dai robot. Eppure, se questo è un asse del futuro vicino, non è l'unico. Ce lo spiega la stessa bibbia McKinsey: i robot sono dietro l'angolo, ma "le strategie manifatturiere costruite sul risparmio di costo del lavoro stanno diventando fuori moda". Le variabili in gioco sono di più e sono più complesse. Lo indica lo stesso fenomeno del back-reshoring italiano. A scappare erano state soprattutto le aziende del ciclo tessile-abbigliamento- calzature, colpiti al cuore dalla concorrenza dei salari cinesi o vietnamiti. Ma anche il grosso delle imprese italiane che tornano - quasi la metà - sono di quel settore. E meno del 14% motiva il cambio di strategia con i parametri di costo del lavoro. In media, nel mondo, quelli sono, invece, i fattori decisivi in quasi il 20% dei casi. Cosa spinge, allora, le aziende italiane dei jeans, delle borse e delle scarpe a ritentare l'avventura italiana? Piquadro, 60 milioni di euro di fatturato negli accessori e nella pelletteria, oggi realizza l'80% della sua produzione in Cina e il 20% in Italia. Recentemente, tuttavia, ha deciso di riportare in Italia i prodotti della gamma più alta. "Li abbiamo affidati, come sempre - spiega l'amministratore delegato, Marco Palmieri - a terzisti, ma stiamo pensando di aprire, in collaborazione con loro, una vera e propria fabbrica nostra, qui nella nostra zona tradizionale, l'Appennino tosco-emiliano". Il motivo si può riassumere nella qualità della produzione artigianale più sofisticata che, in Italia, raggiunge la massima espressione e che è impensabile di trovare in Cina. E' la stessa molla che, l'anno scorso, ha convinto un'altra azienda di accessori, la Nannini di Pontassieve a riaffidare a fornitori italiani tutta la propria linea in pelle. La qualità, però, non è l'unico elemento su cui insiste Palmieri. "Noi - dice - vogliamo avvicinarci alle esigenze del cliente. Oggi, uno, sul nostro sito, si può costruire un prodotto tutto per sé, secondo il proprio particolarissimo gusto. E sempre più queste vendite tailor-made online si faranno in futuro. Ora, noi abbiamo sempre usato, per i nostri prodotti, pellami italiani. Cosa facciamo? Prendiamo il pellame, lo spediamo in Cina e poi, quando la borsa è pronta, la reimportiamo in Italia? Magari il cliente si stufa". Quelli della McKinsey ne parlano come di corsa all'"in-time delivery" ed è un altro dei motivi centrali del rimpatrio di molte aziende. Il 42% delle aziende censite da UniCLUB dichiara come decisivo per il rimpatrio l'effetto "Made in", Made in Italy nel caso. Una forma di "branding" nazionale, per dirla alla McKinsey, che schiude porte e spiana strade ed è una delle carte decisive della ripresa. Frattocchi racconta di un'azienda, ANDcamicie, che produce camicie in Cina e che è stata avvicinata da un imprenditore cinese che vorrebbe distribuire i prodotti AND in 40 diversi centri commerciali. Ad una condizione, però: che siano certificate come prodotte in Italia. A vendere camicie italiane "Made in China" non ci pensa neanche.
(Fonte: www.repubblica.it - 13/4/2014)

martedì 22 aprile 2014

Elkann: "Exor crede nell'industria italiana"


La testa è andata altrove. All’estero. Ma le «braccia» italiane restano materiale gradito alla Fiat, ormai tramutata in Fca dopo la fusione con la Chrysler. A confermare la presenza del gruppo, almeno dal punto di vista manifatturiero, in Italia è stato ieri il presidente John Elkann in una lettera inviata agli azionisti di Exor, la holding che gestisce tutte le partecipazioni degli Agnelli. Fiat «è concretamente impegnata a utilizzare la grande esperienza e i più avanzati impianti manifatturieri presenti in Italia». Elkann ha così citato la mole degli investimenti, non pari ai 20 miliardi di Fabbrica Italia, il piano cestinato a causa della crisi economica, ma comunque fatto di cifre rilevanti: «Lo scorso anno Fiat ha investito 4,7 miliardi di euro per le spese in conto capitale, tra le quali rientrano quelle relative alla prima tranche del progetto da un miliardo di euro per l’allestimento delle linee di assemblaggio di Melfi, dove si produrrà la Jeep Renegade e la sua sorella, la 500X», e ancora «si cominciano anche a vedere i primi frutti della strategia premium di Fiat: Maserati ha consegnato circa 15.000 automobili nel 2013, il 150% in più del 2012». «Sono tutti segnali molto incoraggianti - ha concluso - per ciò che è stato accolto da molti con parecchio scetticismo». Il presidente della Exor ha anche spiegato che il 2013 «è stato un buon anno per Fiat» ricordando che il Lingotto «ha consegnato 4,4 milioni di veicoli, di cui 2,2 nell’area Nafta, dove la società ha registrato 45 e e 49 mesi consecutivi di crescita, rispettivamente in U.S.A. e in Canada, l’Ebit normalizzato ha raggiunto i 3,4 miliardi di euro e il debito industriale netto è risultato migliore delle previsioni, attestandosi a 6,6 milioni di euro». Insomma un viaggio «incredibile lungo cinque anni» ha spiegato il presidente Elkann nella stessa missiva agli azionisti di Exor. «Dal primo momento in cui fu annunciato l’impegno, il 30 aprile 2009, con il sostegno della task force creata dal presidente U.S.A. per il settore dell’auto». Da allora, ha detto «è iniziato un nuovo capitolo della loro storia. Da allora siamo partiti per un viaggio incredibile lungo cinque anni: da 1 milione di auto vendute da Chrysler nel 2009 fino ai 2,6 milioni dell'anno scorso; da una perdita iniziale di 8,2 miliardi di dollari ad un utile di 2,8 miliardi nel 2013». In ogni caso ha spiegato «potrete scoprire l’entusiasmante futuro di FCA e dei suoi 300.000 dipendenti in occasione della presentazione del piano industriale a Detroit il prossimo 6 maggio» con ciò confermando di fatto che il palcoscenico più importante della casa automobilstica è ormai quello statunitense. Quello di FCA, comunque, non sarà il solo piano industriale presentato nel 2014, come ha ricordato Elkann: «Anche Cnh Industrial (8 maggio) e Cushman&Wakefield presenteranno i loro piani per il futuro». Exor ha chiuso il 2013 con un utile consolidato di 2,084 miliardi di euro, in forte aumento rispetto ai 298,3 milioni dell’esercizio precedente grazie alle plusvalenze delle cessioni di Sgs. Il cda di Exor proporrà all’assemblea un dividendo di 0,3350 euro per ciascuna azione, per un totale di massimi 74,5 milioni.
(Fonte: www.iltempo.it - 10/4/2014)

lunedì 21 aprile 2014

Management: Ferrari a lezione da Prodi


Come formare il management? Con lezioni private: così in Ferrari si è svolto un incontro con il professor Romano Prodi. Tema? "Scenari economici - spiegano alla casa di Maranello - nei diversi Paesi del mondo dando una visione sulle possibili evoluzioni di crescita per i prossimi mesi". Nell'occasione Montezemolo ha spiegato che "questi incontri con personaggi di livello internazionale sono una delle molte modalità con cui Ferrari si impegna costantemente a tenere aperte le finestre sul mondo". "Essere legati al territorio e fortemente verticalizzati - ha continuato il presidente - è un punto di forza che non deve trasformarsi in un limite per l'azienda. Eventi come qquesto, così come la collaborazione con importanti centri di ricerca e università nel mondo e con partner internazionali, servono da continua fonte di stimolo, arricchimento delle conoscenze e abitudine a confrontarsi con realtà differenti". Prima della sua lezione Prodi ha visitato la fabbrica, commentando "era da un po’ di tempo che non venivo a Maranello e devo dire che come sempre mi colpiscono non solo le vetture, come è facile immaginare, ma soprattutto il modo di produrle, combinando tecnologie avanzate e manualità. Si vede che c'è dietro una cultura industriale unica al mondo”. E, a proposito di unicità e del ruolo di Ferrari come simbolo del Made in Italy nel mondo, il professore ha sottolineato come "Ferrari è un'eccellenza dell'Italia, ma viene vista all'estero come un'eccezione. Dobbiamo lavorare molto perché invece diventi la normalità. Questo non è un compito della Ferrari, naturalmente, bensì del Paese intero".
(Fonte: www.repubblica.it - 10/4/2014)

domenica 20 aprile 2014

sabato 19 aprile 2014

Museo Ferrari: rilancio col nuovo look


«Vivi il sogno». L’idea della Rossa campeggia sul nuovo piazzale esterno del Museo Ferrari e sul nuovo Iat, inaugurati a Maranello. Un restyling per accogliere ancor meglio i visitatori in uno dei luoghi a più alta densità turistica del nostro Paese. «Lo scorso anno abbiamo avuto 320mila visite - ha sottolineato Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari - siamo tra i cinque musei più visitati in Italia, ma dobbiamo fare meglio e vogliamo fare meglio». Il numero uno del Cavallino Rampante ha chiesto ai tifosi di Formula Uno di «avere fede», affermando di valutare «una serie di decisioni», anche drastiche, per rilanciare le ambizioni di titolo. Montezemolo ha ricordato che «c’è un rapporto storico tra la nostra azienda e Maranello, e questo è un ulteriore esempio». «La collaborazione tra pubblico e privato può funzionare in Italia - ha concordato il sindaco di Maranello, Lucia Bursi - e può portare a grandi risultati, se si lavora con passione, capacità e impegno. Ringrazio la Ferrari che ha reso possibile il progetto. Dal 2006 al 2013 i visitatori sono raddoppiati, passando da 160mila a 320mila. Con i nuovi spazi possiamo offrire ancora più possibilità ai turisti. Ci auspichiamo che le visite possano crescere sempre di più». Il parcheggio che era presente davanti all’ingresso è stato trasformato in un’ampia zona pedonale, con l’immancabile scritta rosso Ferrari; sono presenti aree sosta per i bus dei visitatori. Sulla destra del museo sorge il nuovo ufficio informazioni e assistenza turistica. Un luogo strategico per permettere ai turisti che giungono a Maranello di avere informazioni in modo più strutturato sulle eccellenze del territorio. Lo sportello è operativo dal 2006 all’interno del museo, dove Montezemolo ha visitato la nuova mostra “California Dreaming”, dedicata ai 60 anni della Ferrari negli U.S.A. . Assieme a lui Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, l’assessore regionale alle Attività Produttive Gian Carlo Muzzarelli, il sindaco di Maranello Lucia Bursi e quello di Fiorano Claudio Pistoni. C’era il prefetto di Modena Michele Di Bari, Stefano Storchi, a.d. di Made in Red, e autorità del mondo civile e militare. L’ex pilota della Rossa Andrea De Adamich ha dato consigli per una guida sicura e sostenibile davanti alla nuova colonnina per la ricarica dei veicoli elettrici nella piazza antistante il Museo Ferrari, nata nell’ambito di “Maranello Mobility” e “Mi muovo elettrico”.
(Fonte: http://gazzettadimodena.gelocal.it - 12/4/2014)

venerdì 18 aprile 2014

U.S.A.: la Dodge Dart in crisi di vendite


Vi ricordate della Dodge Dart? Poco più di un anno e mezzo fa il suo debutto fu annunciato in pompa magna da tutto il Gruppo FCA, che allora si chiamava ancora Fiat-Chrysler. Si trattava del primo frutto del matrimonio italo-americano, una berlina compatta, genere di auto che negli Stati Uniti è ancora molto gradito. La Dart ha rivestito una grande importanza anche per altri due motivi, il primo dei quali è che ha permesso a Fiat di ottenere un ulteriore 5% della quota azionaria Chrysler, facendola così salire al il 58,5% dell'intero pacchetto. Questo perché la berlina Dodge rappresentava il raggiungimento del terzo e ultimo "performance event" che faceva parte degli accordi di salvataggio stabiliti tra il Lingotto e il Governo americano, ovvero la produzione di un'auto su piattaforma Fiat che consumasse meno di 40 miglia per gallone.
SOTTO C'E' LA GIULIETTA - Il secondo motivo è che la piattaforma della Dodge Dart è servita anche per portare il marchio Fiat in Cina, dove viene prodotta con il nome di Viaggio (e ovviamente con una veste estetica diversa) dal partner Guangzhou. Entrambe, in ogni caso, sfruttano la piattaforma modificata della Alfa Romeo Giulietta. Il pianale, per l'esattezza, si chiama CUS-Wide, ma la Dart porta un po' di Italia anche sotto il cofano, con il 1.4 Turbo MultiAir nella versione da 160 CV e il cambio doppia frizione TCT. Ora, a un anno esatto dal suo debutto, è tempo di fare i primi bilanci, che non sono esattamente positivi.
MENO 30% NEL PRIMO TRIMESTRE 2013 - Il problema è che le vendite della Dodge Dart sono sotto le attese, tanto che nel mese di marzo scorso, nonostante i marchi Chrysler abbiano avuto il loro miglior mese dai tempi pre-crisi del 2007, la Dart ha totalizzato meno unità della Dodge Avenger, che d'altro canto ha perso ulteriore terreno rispetto al 2012. Analizzando il dato nello specifico, nel mese di marzo Dodge ha venduto 6.135 Dart, cioè il 24% in meno rispetto al marzo 2013, mentre nel primo trimestre 2014 ne sono state consegnate 16.074, un totale che corrisponde a una perdita del 30% sui primi tre mesi del 2013. Questo calo, inoltre, ha avuto ripercussioni anche sulla forza lavoro, visto che alcune settimane fa Chrysler ha messo temporaneamente a riposo 325 operai che erano impiegati sulla linea produttiva della Dart, nello stabilimento di Belvidere in Illinois.
CONCORRENZA INTERNA CON LA AVENGER - Considerando che gli obiettivi iniziali stimavano una produzione annuale di circa 150.000 auto e che nel 2013, tra U.S.A. e Canada sono state vendute circa 93.000 Dart, non si può certo parlare di un successone. Le problematiche sembrano essere di natura diversa. Manca un motore plurifrazionato di circa 3 litri di cilindrata e il 1.4 MultiAir Turbo non convince l'utenza americana abituata ai "centimetri cubici"; inoltre, anche il cambio doppia frizione non è del tutto apprezzato. Ma il problema maggiore sarebbe l'inadeguato supporto della rete di vendita e soprattutto i forti sconti applicati sulla Avenger - più grande e arrivata a fine carriera - che riducono la differenza di prezzo con la Dart a soli 1.000 / 2.000 dollari.
(Fonte: www.sicurauto.it - 9/4/2014)

giovedì 17 aprile 2014

Jeep Cherokee per l'Europa (2): lo spot


Al via la nuova campagna pubblicitaria Jeep Cherokee, trasmessa sulle principali emittenti televisive dal 3 aprile, che offre un finanziamento vantaggioso per chi sta pensando di cambiare auto: con la formula Jeep Free è possibile usufruire del pacchetto interessi zero con Tan 0% e Taeg 0,88%, con rate mensili per due anni e la possibilità alla fine del periodo di scegliere se tenerla, rifinanziarla o restituirla. Il claim scelto per la campagna è “Built free” e si basa sul concetto di riscoprire la propria libertà, alla base del dna del marchio gruppo Fiat. Realizzato dal team di Leo Burnett Italia, sotto la guida di Alessandro Antonini e Francesco Bozza, lo spot italiano è l’adattamento di quello andato in onda negli U.S.A. e viene trasmesso nella versione short da 15 secondi o lunga da 30 secondi. “Lo spot racconta, in tono emozionale, come ognuno di noi possa riappropriarsi in qualsiasi momento della propria libertà per tuffarsi nella vita – spiegano i creativi – La voce narrante ci ricorda infatti che i nostri obiettivi sono ancora raggiungibili e che siamo liberi di dare al nostro futuro e alla nostra vita la direzione e la forma che desideriamo”. A fianco dello spot televisivo, la campagna sarà declinata anche per web, radio e stampa
(Fonte: www.repubblica.it - 6/4/2014)

mercoledì 16 aprile 2014

Jeep Cherokee per l'Europa (1): com'è fatta


Le sette feritoie sul frontale sono sempre lì, per far capire al primo sguardo che si tratta di una Jeep, marchio oggi entrato nell’orbita del neonato gruppo globalizzato Fiat Chrysler, ma forte di una tradizione che affonda le radici nella purezza yankee dei connotati tecnici e stilistici dei suoi prodotti. D’altra parte, basta soffermarsi ad osservare la nuova Cherokee, quarta generazione di un modello, nato nel 1984 per occupare la fascia intermedia tra la classica off-road Wrangler e la più lussuosa Grand Cherokee, per capire che comunque qualcosa, e più di qualcosa è cambiato. Il design esterno rischia ora tratti decisamente anticonformisti, con le linee sottili dei fari a led e l’andamento slanciato della carrozzeria,con accenti da Suv sportiva che abbandonano le forme più squadrate del passato. All’interno, gli allestimenti rivelano la maggiore “attenzione italiana” alla scelta di materiali più morbidi e dei toni eleganti (rivestimenti in tessuto, tessuto-pelle o nappa), rispetto alle finiture talvolta solo appariscenti oppure votate ad eccessiva semplicità che caratterizzavano le serie precedenti. Ora la Cherokee, lunga 4,62 metri, è anche più spaziosa per passeggeri e bagagli (sedile posteriore scorrevole, capacità da 410 a 1.250 litri), con equipaggiamenti da auto di categoria premium, come il tetto panoramico o il sistema di infotainment dotato di schermo da 8,4 pollici. Molto curata la sicurezza, altro aspetto un po’ in controtendenza con certe trascuratezze di un tempo, che ha permesso di ottenere le cinque stelle EuroNcap. Ben settanta i dispositivi, attivi e passivi disponibili: dal controllo elettronico che previene il ribaltamento, agli apparati adattativi per evitare collisioni, all’ABS che può essere calibrato per il fuoristrada. Novità sostanziali, inoltre, sul piano tecnico e dinamico. Il compromesso, che era prima un po’ forzato e non riuscitissimo, nell’offrire un mezzo in grado di conciliare qualità stradali, comfort e capacità di affrontare percorsi difficili, adesso viene interpretato da una gamma che propone diversi livelli di approccio alle esigenze della clientela. La Cherokee, secondo le versioni, può quindi essere una crossover a trazione anteriore (ormai non è un’eresia, neppure per una Jeep) con caratteristiche da familiare, una sport-utility 4x4 versatile e adatta ad un uso polivalente o una autentica off-road che onora lo storico motto:” go anywhere, do anything”. Tutte le varianti sono comunque identificabili nel comune denominatore di un salto di classe, che guarda ai piani alti di un settore commerciale fra i pochissimi non depressi (in Italia siamo intorno al 7 per cento del totale). L’equilibrio nei comportamenti è frutto di un progetto che utilizza come base la piattaforma destinata a molte auto medie del gruppo (ad esempio anche l’Alfa Romeo Giulietta o la Dodge Dart) e che permette la modulabilità nella scelta delle componenti meccaniche. Così, la Cherokee può montare tre sistemi di trasmissione a quattro ruote motrici, un selettore elettronico che mette a disposizione fino a cinque configurazioni per muoversi su vari tipi di fondo, cambi meccanici o automatici, compreso un efficacissimo ZF a nove rapporti, e le ridotte sui modelli destinati al vero fuoristrada. L’offerta di motori comprende, per il nostro mercato, il diesel Fiat quattro cilindri due litri Multijet con potenze di 140 o 170 Cv e il sei cilindri a V 3.200 Pentastar da 272 Cv e coppia superore ai 300 Nm, un classico con passaporto americano. Quest’ultimo (purtroppo un po’ fuori mercato da noi), riservato all’allestimento Trailhawk, il più “duro e puro” della Cherokee, rende la nuova Jeep a prova delle situazioni veramente impegnative ( tra l’altro, altezza minima da terra di 22 centimetri e capacità di guado da 50). Sopra la media per efficacia off-road però, in una categoria che si è molto “imborghesita” negli ultimi anni, anche le versioni a gasolio, la più potente con l’eccellente nove marce che, tra l’altro, beneficia non poco i consumi. Ampio il ventaglio dei prezzi: a partire da 39.000 euro per la variante base a sola trazione anteriore, per arrivare a 53.000 euro con l’ambizione di dare filo da torcere a concorrenti blasonate, come le Land Rover Freelander o le imperversanti tedesche.
(Fonte: www.repubblica.it - 7/4/2014)

martedì 15 aprile 2014

Fiat "impacchetta" le auto straniere dei dipendenti e offre una promozione sulle sue


Un telo trasparente e un cuore spezzato: è la firma che Fiat appone alle vetture, rigorosamente straniere, che i propri dipendenti parcheggiano nel piazzale dell'azienda. Nei giorni scorsi ci sono passati gli addetti di Mirafiori e Melfi, domani tocca ai colleghi del Vico di Pomigliano: “Vederti con un'altra mi ha spezzato il cuore... ma ciò nonostante continuiamo a pensare a te", recita lo slogan. Che però continua con una bella notizia, ovvero lo sconto del 26% se si acquista un'auto nuova griffata Fiat (o altre del Gruppo). Insomma la mazza e la carota che, va detto, non ha lasciato insensibili i dipendenti del Lingotto: tra il divertito e il sorpreso (la società che cura l'iniziativa, So Simple, ha girato i video per farne poi un corto) nessuno ha mostrato segni d'insofferenza. Al contrario dei sindacati che, invece, hanno apprezzato un po' meno l'idea: "Per cambiare auto servono i soldi, se non si rinnovano i contratti puoi avere il cuore ma il sangue manca", sbotta Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim. "Se l'obiettivo del tema dei cuori infranti è quello di ristabilire un orgoglio Fiat tra i dipendenti e l'azienda - osserva Uliano - la questione va vista a 360 gradi: l'amministratore delegato ha spezzato il cuore anche a circa 86.000 dipendenti, quando sul rinnovo contrattuale risponde che non ci sono i soldi e poi eroga a circa 10.000 capi e quadri un aumento dai 500 ai 2000 euro". "Il problema è che sono i lavoratori ad avere il cuore spezzato per la cassa integrazione. Anziché spendere soldi per campagne pubblicitarie improbabili, Fiat dovrebbe investire per aumentare i salari e ridurre i carichi di lavoro", incalza Michele De Palma, coordinatore Fiat della Fiom: "I lavoratori non hanno abbastanza soldi per comprare auto nuove e quindi le vetture che si vedono nei parcheggi sono vecchie", aggiunge De Palma. "E poi - fa notare - se un lavoratore volesse comprare un'auto elettrica o ibrida, tra i modelli Fiat non ci sono. La vera campagna pubblicitaria l'azienda dovrebbe farla per nuovi modelli e soprattutto per auto ecologiche da produrre in Italia. Così i lavoratori non avrebbero bisogno di comprare auto di altri marchi". Di tutt'altro avviso è Roberto Di Maulo, segretario generale Fismic: "È un'iniziativa simpatica, molto meglio degli interventi repressivi di un tempo contro le auto straniere dei dipendenti nei parcheggi degli stabilimenti Fiat. Lo fanno tutte le case automobilistiche al mondo". "La migliore pubblicità che l'azienda può fare nei confronti dei propri dipendenti è rinnovare i loro contratti. E' un'iniziativa suggestiva ma Fiat deve dimostrare un reale interesse verso i propri dipendenti", dice Rocco Palombella, segretario generale della Uilm: "Non è solo un problema di pubblicizzare un prodotto, ma di rendere partecipi i dipendenti riconoscendo il loro lavoro".
(Fonte: www.quattroruote.it - 9/4/2014)

lunedì 14 aprile 2014

Bertone al bivio: nessun interesse da FCA?


Nuvole nere all’orizzonte per la carrozzeria Bertone. Lo storico brand piemontese, in crisi da tempo, sta arrivando al giorno decisivo per il suo futuro. Si deciderà a metà mese, infatti, il destino dell’azienda fondata da Nuccio Bertone, e le possibilità all’orizzonte sono due: l’acquisizione da parte di un’altra azienda o il fallimento. Al momento non ci sono certezze, e quasi tutti i 70 lavori della Bertone Stile (che appartiene per l’80% a Lilly Bertone e per il 20% a una finanziaria) sono già in cassa integrazione. Il liquidatore dell’azienda non ha voluto parlare con ilfattoquotidiano.it, ma un po’ di chiarezza l’ha fatta Margherita Caliero della Fim-Cisl, che ha commentato: “Il rischio fallimento è reale, siamo nella terra di mezzo”. “C’è un concordato preventivo in bianco – continua Caliero – avviato per difendere gli interessi dell’azienda. Fino a oggi non ha portato risultati, perché l’azione è stata avviata a dicembre 2013, ed è stato rinviato di due mesi, e poi per altri 60 giorni, fino ad arrivare alla scadenza definitiva di metà aprile”. Di certezze non ce ne sono, come afferma la stessa sindacalista, che conferma: “Si sono sentite molte voci, ma non ci sono indizi reali, di fatto mancano due settimane al termine. La speranza è di trovare un’azienda operante nel settore automotive, che voglia salvare Bertone Stile”. Niente di concreto al momento, tranne rumors che rimbalzano in tutta Europa. Le ultime indiscrezioni sono state riportate dal quotidiano inglese The Telegraph, secondo il quale un portavoce dell’azienda torinese ha confermato che sono al vaglio diverse offerte tra le quali quella più concreta arriverebbe dalla Turchia. Secondo quanto emerso si tratterebbe dalla Karsan, azienda che produce veicoli commerciali leggeri, tra cui anche il Ducato, grazie a una joint venture con Fiat. Dal quartiere generale di Bursa, però, è stato smentito qualsiasi contatto con Bertone. Tutti nel settore sperano in un salvataggio del marchio, anche perché è difficile pensare alla scomparsa di Bertone, azienda che nel 2012 ha festeggiato il suo centenario, e ha in ‘curriculum’ la creazione di alcune tra le automobili più famose di sempre. Basti pensare a pietre miliari come la Lamborghini Miura, disegnata nel 1965 da Marcello Gandini, oppure l’Alfa Romeo Giulietta Sprint, una delle auto più belle degli anni ’50. La lista delle auto uscite dal centro stile Bertone è lunghissima, ma soprattutto variegata. Se le più celebri sono le produzioni più innovative e futuristiche, come la Lancia Stratos, la Lamborghini Countach e molte altre supercar, l’azienda piemontese ha sfornato anche auto di fascia media, prodotte in milioni di esemplari. Un esempio su tutti, la Volkswagen Polo, lanciata nel 1975, anche lei disegnata da Marcello Gandini, oppure la Citroën BX, molto diffusa negli anni ’80 e la seconda generazione della Fiat Panda, due macchine che hanno sfondato il muro dei due milioni di pezzi venduti. Adesso, dopo 102 anni di attività, l’azienda potrebbe vedere la sua fine, iniziata in realtà con una decadenza continua dopo la morte di Nuccio Bertone, avvenuta nel 1997. Oppure, come sperano in molti, potrebbe risorgere dalle ceneri. In un anno zero del design.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 9/4/2014)

domenica 13 aprile 2014

Walter P. Chrysler: dalle ferrovie alle auto


Walter P. Chrysler, fondatore della Casa automobilistica statunitense ora nelle mani della Fiat, è stato un “self made man”, un uomo che si è fatto da solo. Partito dal nulla, ha costruito un impero: scopriamo insieme la sua storia. Walter Chrysler nasce il 2 aprile 1875 a Wamego (U.S.A.). Figlio di un macchinista ferroviario canadese emigrato negli Stati Uniti, decide di seguire le orme del padre e di trasformare la propria passione per la meccanica in un lavoro. Specializzato nei motori a vapore, fa rapidamente carriera grazie alle sue qualità e a poco più di trent’anni di età diventa responsabile dello stabilimento di Pittsburgh della ALCO (American Locomotive Company), una delle più importanti aziende mondiali specializzate nella produzione di treni.
Il passaggio alle auto - Walter Chrysler, da tempo appassionato di automobili, ha la possibilità di lavorare nel settore delle quattro ruote nel 1911: entra in Buick dopo un incontro con l’allora presidente del marchio “yankee” Charles W. Nash e diventa direttore della fabbrica di Flint. Le sue politiche di riduzione dei costi di produzione consentono alla General Motors di guadagnare parecchie migliaia di dollari e lo fanno diventare, nel 1916, responsabile del brand.
Mettersi in proprio - Nel 1919, in seguito a numerosi contrasti con il proprietario (nonché fondatore) della GM William C. Durant, Walter si dimette da presidente della Buick e viene chiamato da un consorzio di banche per risanare la Willys. Dopo aver tentato (senza successo) di acquistare questo marchio, decide di crearsene uno in casa: nel 1924 nasce la Chrysler Six. La Chrysler Corporation viene fondata da Walter Chrysler un anno dopo il lancio della prima vettura: poco dopo questa società assorbe un’altra Casa acquistata dal tycoon “yankee”, la Maxwell.
Azienda in espansione - Il 1928 è un anno importante per il gruppo Chrysler: Walter acquista il marchio Dodge e crea dal nulla altri due marchi destinati a segnare l’automobilismo a stelle e strisce, la Plymouth e la DeSoto. Nello stesso periodo Walter Chrysler finanzia la costruzione di uno dei grattacieli più belli di New York - il Chrysler Building - che viene completato due anni più tardi.
Gli ultimi anni - Walter abbandona il mondo degli affari nel 1936 e due anni più tardi è vittima di un infarto in seguito al decesso dell’amata moglie Della. Il fondatore della più giovane azienda automobilistica tra le “Big Three” statunitensi (le altre sono Ford e GM) muore per un’emorragia cerebrale il 18 agosto 1940 a Kings Point (U.S.A.).
(Fonte: www.panorama-auto.it - 2/4/2014)

sabato 12 aprile 2014

La Torino dell'auto guarda oltre FCA


Torino oltre FCA. Il cuore creativo della città continua a fare ricerca nel settore dell’automotive. Questo grazie al tessuto industriale già presente sul territorio rimasto a disposizione di chi vuole fare innovazione. Tra questi ci sono gli studenti e i ricercatori dell’I3P, l’incubatore di imprese del Politecnico di Torino che, tra i tanti progetti, stanno anche sviluppando le automobili del futuro.
Beond, il quadriciclo anti-traffico - Risolvere il problema della congestione del traffico attraverso l’uso di veicoli piccoli, leggeri, sicuri e puliti è l’obiettivo di BeonD (Be On Drive), spin off del Politecnico sostenuto da numerosi partner tra cui Michelin e Magneti Marelli. In questo momento, il team di ricercatori sta lavorando alla realizzazione di XAM 2.0, un quadriciclo elettrico biposto super tecnologico dai bassi consumi e dalla grande autonomia: 400 km a una velocità massima di 80 km all’ora. Il segreto è un «range extender», ossia un piccolo motore a benzina con un serbatoio di 10-15 litri molto efficiente in grado di ricaricare le batterie se la percorrenza giornaliera supera i 70 km. «Il costo sarà intorno ai 15-25mila euro» dice il presidente Massimiliana Carello, «Perché dentro inseriremo molti dispositivi di sicurezza, come l’Abs e l’airbag, che non sono nemmeno richiesti dalle normative vigenti per questo tipo di veicolo. Ma noi ci stiamo portando avanti». Parallelamente BeonD è attiva nella sperimentazione di materiali molto leggeri in fibra naturale e rocciosa per i telai e la carrozzeria: «Dalla termoplastica riciclabile alla fibra di lino, il nostro fine ultimo è quello di ridurre il peso dei veicoli e, di conseguenza, i loro consumi» spiega Carello.
Leap, il software che non sbaglia sull’ambiente - L’impatto ambientale è, al giorno d’oggi, un requisito sempre più importante per tutti i prodotti. Lo sanno bene i costruttori di automobili che, da qualche anno, sono obbligati a ridurre le emissioni di anidride carbonica delle loro vetture. Leap, startup fondata dall’imprenditore Fabio Mallamo, si propone di dare una risposta a questo bisogno con un nuovo software in grado di progettare motori automobilistici di ultima generazione, ibridi ed elettrici compresi, a costi contenuti. «Già dalla fase iniziale, il programma guida le decisioni di sviluppo, prevedendo le emissioni inquinanti, i consumi di combustibile e i principali indici di prestazione delle diverse soluzioni adottate» dice Mallamo «Così non si fanno sbagli, si riducono i tempi e, soprattutto, i soldi investiti».
Aria compressa - Si chiamano «reti pneumatiche a basso consumo» e sono quei sistemi che permettono di risparmiare fino all’80% di energia nelle catene di montaggio. «Con i nostri dispositivi siamo in grado di ridurre del 70% l’utilizzo di aria compressa necessaria per spostare e lavorare i prodotti sulle linee produttive» spiega Matteo Martinelli, amministratore delegato di Safen, la società che sviluppa idee innovative nel campo dell’ingegneria meccanica. «In particolare, riusciamo a controllare i fluidi e contenere lo spreco di energia, che invece viene riutilizzata, aumentando l’efficienza del processo». Un risultato non da poco, considerando che proprio l’aria compressa è una delle voci di costo più pesanti per le aziende dell’automotive nella fase produttiva.
Il valore delle idee - Dunque, c’è chi parte e chi rimane. E una delle poche ricette per restare è quella di puntare sulle idee, quelle buone, che possono modernizzare le cose creando indotto e posti di lavoro. Mille, per la precisione: è questo il numero dei nuovi impieghi che l’I3P è riuscito a creare dal 1999 a oggi, nonostante la crisi. BeonD, Leap e Safen non sono che tre delle tante eccellenze ospitate a Torino, esempi di un’Italia che sta cambiando e della nuova imprenditoria capace di rinnovarsi e di crescere.
(Fonte: http://motori.corriere.it - 3/4/2014)

venerdì 11 aprile 2014

"My First Race": tra promozioni e sconti largo ai giovani nei Trofei Abarth


Il nome è già tutto un programma: "My First Race", ovvero la mia prima gara. Una sezione speciale che prevede condizioni agevolate per l'iscrizione all'intera stagione dei Trofei Abarth, sia per la singola gara che per il noleggio della 500 Assetto corse. Di cosa stiamo parlando, esattamente? Ma dell'opportunità, impagabile, di provare dal vivo l'emozione di una vera competizione in pista, e tutto grazie alla partnership con Eurosport per l'ingresso nelle piattaforme WTCC e ETCC, che garantisce all'intera manifestazione un sicuro ritorno mediatico, permettendo così di trovare i finanziamenti necessari per organizzare iniziative uniche nel loro genere. Le gare del Trofeo Abarth Selenia Europa saranno trasmesse su Eurosport in 59 Paesi: una diffusione che consolida il successo e la vocazione racing della Casa dello Scorpione, che anche quest'anno ha deciso di rinnovare il proprio supporto ai giovani talenti, senza badare alla crisi o alle leggi di mercato. Perché nessuna legge economica sarà mai tanto vera quanto quella che dice che investire sul futuro conviene. Tenendo fede a questa filosofia, che anima la Casa sin dalle origini, per la stagione 2014 Abarth ha stabilito tutta una serie di importanti agevolazioni per rendere accessibili le competizioni automobilistiche ai giovani under 23 e ai tanti appassionati che si sono candidati, nel 2012 e nel 2013, alle selezioni di 'Make It Your Race', il talent televisivo che ha coinvolto in totale circa 80.000 aspiranti piloti. La promozione "My First Race" prevede infatti una tariffa speciale per l'iscrizione a tutti i Trofei Abarth e condizioni agevolate per il noleggio della vettura nei weekend di gara. La riduzione della tassa d'iscrizione alla categoria 500 dei Trofei Abarth Selenia Europa e Italia, con un'Abarth 500 Assetto Corse, permette inoltre di avere vantaggi così fino a 2.000 euro per l'intera stagione, e iscrizioni agevolate sono previste anche per chi desidera vivere il brivido della pista almeno una volta nella vita. I partecipanti potranno, infine, usufruire dell'Hospitality Abarth, con la possibilità di invitare 4 persone durante il weekend. Speciali tariffe sono previste anche per il noleggio grazie alla collaborazione con gli Abarth Racing: Forza Service Srl, Zatti Sport e Autoalberta By Uboldi Corse. Infatti, chi vuole partecipare alle gare dei Trofei può approfittare di una speciale convenzione per noleggiare un'Abarth 500 Assetto Corse rivolgendosi ai preparatori che aderiscono all'iniziativa. Con un vantaggio di 2.000 euro si potrà avere la vettura per un intero weekend di gara. Il "pacchetto" prevede la fornitura sul campo di gara di una Abarth 500 Assetto Corse, l'assistenza per tutte le fasi dell'evento: un turno di 25' di prove libere, le prove ufficiali di qualificazione, due gare, l'abbigliamento specifico da competizione e un kit per il tempo libero. Si avrà così modo di competere in modo professionale, potendo contare sul supporto di un team di professionisti, in grado di dare consigli e di mettere a disposizione del pilota tutto ciò che serve per mettersi in mostra e cercare il risultato. Il tutto reso ancora più interessante dalla grande visibilità mediatica dei Trofei Abarth: infatti, le gare del Trofeo Abarth Selenia Italia saranno disputate nel Campionato Nazionale ACI CSAI, mentre il Trofeo Abarth Selenia Europa è inserito nelle piattaforme WTCC e ETCC, campionati internazionali molto prestigiosi.
(Fonte: www.repubblica.it - 3/4/2014)

giovedì 10 aprile 2014

Ferrari: 4 mila euro di bonus in busta paga per tutti i dipendenti


Lavorare per Ferrari è il sogno di molti, in tutto il mondo. E di certo non sono i soldi il motivo principale per cui un ingegnere, un operaio o un meccanico vorrebbero poter timbrare tutti i giorni il cartellino a Maranello. Ma il 2013 è stato un anno record per la Scuderia (+5% di fatturato, +8,3% di utile), che quindi ha deciso di versare ai propri dipendenti un premio di produzione di 4.096 euro, il più alto nella storia del marchio. Una somma che si aggiunge al premio triennale voluto dal presidente Montezemolo, la cui strategia per confermare il Cavallino Rampante come marchio più forte al mondo è quella di fare in modo che la Rossa resti italiana anche dopo la nascita del gruppo FCA, riducendo la produzione annuale di vetture per rendere ancora più esclusivi i nuovi modelli e preziose le auto usate e per rafforzare la reputazione di eccellenza italiana da sempre riconosciuta a Ferrari. Ci sono poi le partnership tecnologiche importanti, come quella appena siglata con Apple per integrare nel modo migliore un iPhone con il sistema d’infotainment. A cominciare dalla Ferrari FF, cha abbiamo messo alla prova proprio in questo ambito al Salone di Ginevra, nei giorni della presentazione della Ferrari California T, la nuova entry level del listino ma anche la prima vettura stradale dopo la mitica F40 a montare un motore turbo sotto il cofano. In attesa di vedere la prima Ferrari ibrida: il nuovo regolamento di Formula 1, infatti, fa da laboratorio tecnologico proprio per l’elettrificazione delle auto nella produzione di serie. Qualche giorno fa abbiamo parlato della Ferrari FFX, un crossover ibrido a trazione integrale: le reazioni non sono mancate...
(Fonte: www.omniauto.it - 8/4/2014)

mercoledì 9 aprile 2014

"Fiat Likes U" 2014-2015: opportunità di mobilità e lavoro per gli universitari


Torna (e si allarga) Fiat Likes U, il programma di car sharing e opportunità lavorative per studenti universitari organizzato dal Lingotto in collaborazione con diversi atenei. Dopo l'edizione 2012-2013, tenutasi in Italia, quest'anno il progetto sbarcherà anche in Europa, appoggiandosi a cinque istituti stranieri e portando il totale a quindici.
Le università - Le prime informazioni sull'iniziativa, con "tappe" che si terranno tra il 14 aprile 2014 e il 14 dicembre 2015, sono incluse in un video caricato ieri da Fiat sul proprio canale YouTube. In Italia saranno coinvolti dieci atenei: il Politecnico di Torino e le Università degli Studi di Pisa, Padova, Bologna, Firenze, Milano Bicocca, Napoli (Federico II), Palermo, Catania e Luiss Guido Carli di Roma. All'estero, invece, il progetto verrà avviato a Madrid, Istanbul, Monaco, Breslavia e Rotterdam. Sul sito è già possibile consultare un calendario con date e dettagli.
Il car sharing - La seconda edizione di Fiat Likes U non può ovviamente rinunciare allo strumento del car sharing, da sempre uno dei pilastri del progetto. Anche stavolta, il servizio sarà a disposizione degli studenti in via gratuita, tutti i giorni e a tutte le ore: la mini-flotta comprende cinque vetture scelte tra 500L Beats edition, 500L Trekking e Panda 4x4.
Le opportunità - Le altre "colonne" di Fiat Likes U sono la formazione e il lavoro. Si comincia dai "Fiat Ambassador" (quindici, uno per facoltà), posizioni retribuite che dovranno coordinare e "valorizzare" il progetto, gestire il car sharing e in generale adoperarsi per far funzionare le cose. I profili ricercati da Fiat sono quelli di studenti "motivati, non fuori corso" e iscritti agli atenei partecipanti all'iniziativa: lo stipendio - specifica la Casa - sarà di "duemila euro", tale da giustificare una selezione "durissima". Il progetto prevede inoltre stage post-laurea retribuiti, anche all'estero, e numerose lectio magistralis, tenute da designer, ingegneri e manager Fiat. Stando alle previsioni, gli universitari coinvolti saranno complessivamente 700 mila.
(Fonte: www.quattroruote.it - 5/4/2014)

martedì 8 aprile 2014

FCA: comunicazione e azienda "orizzontale"


Cosa sta succedendo in FCA? A un mese dal lancio del primo piano produttivo di Fiat Chrysler Automobiles, dal Lingotto arrivano segnali di movimento. Con una inusuale iniziativa dal basso, la fabbrica Fiat di Melfi (non il Lingotto) ha postato su YouTube un video con i dipendenti - direttore compreso - che danzavano in fabbrica al ritmo di Happy, il motivo di Pharrell Williams. Happy Melfi è spuntato solo qualche giorno dopo un altro, analogo, video “Made in Fiat”. Di stile documentaristico (44 minuti), questo film ruota intorno alla cerimonia per l’avvio della produzione della Chrysler 200 nella rinata fabbrica di Sterling Heights, periferia di Detroit. Uno spaccato aziendale, ma non solo. Perché spiccano le fortissime parole di Bob King, capo del sindacato dell’auto UAW (“Nel mutuo rispetto con l’azienda dobbiamo essere dei problem solver perché solo se le auto che fabbrichiamo diventano premium potremo stare meglio anche noi”) che spingono Marchionne (minuto 27.30) a nominarlo sul palco futuro testimonial di Chrysler al Super Bowl. Testimonial come gli operai di Melfi? Intanto anche nel Michigan, il direttore veste la stessa maglia rossa degli operai e anche qui ci sono operai che suonano e cantano per poi formulare (minuto 39.50) addirittura una sorta di giuramento al futuro della fabbrica, del sindacato e di Chrysler. C’è del teatro aziendale, non c’è dubbio. Ma a noi, che tentiamo di raccontare la società attraverso l’auto, una lettura in filigrana dei due video fornisce alcuni filamenti del dna di Fiat-Chrysler. Chi sono i protagonisti dei due film? A sorpresa non Marchionne, ma gli operai-massa o, meglio, i lavoratori-massa Fiat-Chrysler, con direttori-massa indistinguibili dai sottoposti perché il primo segnale che emerge è che in fabbrica non si nota più la differenza fra colletti bianchi e tute blu. La location? Fa tornare in prima fila la fabbrica-gioiello, il processo produttivo, il ben fatto della vecchia aristocrazia operaia di cui il prodotto-auto (assente nei video) è solo un corollario. La sceneggiatura infine è scritta su un asse azienda-dipendenti-sindacato (esplicito in Michigan, sotto traccia in Basilicata) tessuto non più sulla verticalità dell’ordine fordista e cioè dall’alto in basso: padrone-manager-operaio o viceversa, con lo sciopero. Si indovina un complesso sistema di intrecci orizzontali che sembrano il vero collante dell’apolidìa transatlantica di FCA. Collante che trova uno dei punti di riferimento culturali nel libro (che Marchionne cita spesso) Il mondo è piatto del premio Pulitzer Thomas Friedman. Il primo segno orizzontale trasmesso dai video sta nel linguaggio, visivo e parlato. Nel film yankee, ad esempio, Marchionne parla agli operai (“We are ordinary people“, dice il direttore Tyree Minner passandogli la parola) con toni a bassa frequenza, privi di leaderismo, semplici ma non semplicisti, diretti e a-gerarchici. Li ringrazia: “Non per quello che fate, ma per quello che siete”. Dice loro: “Abbiamo investito un miliardo di dollari nelle attrezzature ma quello che farà la differenza è come le userete”. Sottolinea: “Le mie non sono parole vuote ma una testimonianza di valori condivisi, forgiati dai nuovi posti di lavoro”. E ancora: “Con tutto il rispetto per lo spot con Bob Dylan, siete voi le vere star“. Star di cosa? La risposta la dà bene Happy Melfi. Il primo a intuirlo è stato Giorgio Airaudo, vecchia volpe Fiom (quella torinese) ora deputato Sel. Che al Fatto Quotidiano ha detto: “E’ un preciso modello di relazioni aziendali. Marchionne,  senza intermediazioni, pensa che gli operai appartengano all’azienda, alla fabbrica”. E questo è il punto: quale azienda? Quale fabbrica? I video mostrano fabbriche belle, luminose, specchiate. Giardini della cultura orizzontale. Fabbriche popolate da gente identica nel primo simbolo della verticalità: i vestiti. A Melfi è lampante: tutti ballano in tuta, al montaggio o negli uffici. Il direttore-massa di Melfi, Sebastiano Garofalo, anch’egli immortalato in tuta, è forse il più orizzontale di tutti. Lo stesso Garofalo, quando era a Pomigliano, ha svuotato la palazzina degli uffici, 15 piani di odiata verticalità, e ha trasferito impiegati e dirigenti lungo la catena di montaggio, in uffici anti-imboscamento visibili dagli operai perché delimitati non da un muro ma da un cristallo. E sempre Garofalo ha recentemente sollevato un po’ di polvere in fabbrica rompendo antichi confini gerarchici (la gerarchia è verticale in sé) nominando due (ex) operai capi Ute. Anche la gente di Sterling Heights è spinta a uniformare il vestiario. Nel video americano la maglietta rossa indossata da molti operai e dal direttore è stata distribuita dal sindacato (non dall’azienda) con la scritta "I believe" ("Ci credo").  Quel "I believe" si fonda su 10 mila assunzioni assicurate da Chrysler negli ultimi quattro anni, ma anche sull’appiattimento di gran parte dei livelli gerarchici dell’azienda messa in atto da Marchionne con il licenziamento di molti manager nel quartier generale di Auburn Hills, sul modello di quanto fatto a Torino nel 2004. Anche qui, come a Pomigliano, l’alta torre degli uffici è vuota. Né nella FCA italiana, né in quella U.S.A., dunque, sembrano sopravvivere i capoufficio di Fantozzi. Almeno a livello simbolico. I pochi che hanno visitato le fabbriche Fiat dicono che più che negli uffici, FCA pratica la religione dell’orizzontalità in fabbrica. E la Bibbia della fabbrica orizzontale si chiama WCM (World Class Manufacturing). Un modello toyotista sposato dal sindacato U.S.A., tanto che King lo cita più volte. Il WCM è il vero padre dei due video perché capovolge la gerarchia tradizionale: per produrre tanto e bene sono i quadri a dover imparare a coinvolgere i lavoratori. Con una giornata di danze? Non solo. L’obiettivo è difficilissimo specie in Italia dove il piccolo potere è l’orizzonte di tutti. Ma intanto negli stabilimenti si avverte uno sforzo per eliminare gli sprechi di tempo lungo le linee di montaggio (missione affidata ad un sistema informatico che si chiama ERGO-UAS che misura la fatica e la distribuisce lungo la catena) ma soprattutto con linee di comando corte. Che nelle fabbriche del Lingotto ormai scorrono sempre più lungo un asse brevissimo: direttore-pochi quadri-molti team leader. Dove il team leader, una nuova figura operaia, è l’architrave del sistema perché è una sorta di micro-manager diffuso che non lavora con le mani ma coordina il lavoro di squadre di soli sei colleghi e li spinge alla massima efficienza. Una delle spiegazioni del tasso di assenteismo dell’1,8% dichiarato da Pomigliano. Gruppi di team leader partecipano assieme agli ingegneri e ai quadri anche al processo di progettazione dei nuovi modelli e pianificano l’attività lungo le nuove linee in modo che il montaggio sia facile e veloce per ridurne il costo. Questi processi di scambio di professionalità, ancora una volta orizzontali, si svolgono per mesi in apposite strutture che si chiamano WPI (Work Place Integration). Insomma, con WCM, ERGO-UAS e WPI sembra profilarsi un nuovo baricentro aziendale di Fiat Chrysler decisamente più basso che in passato proprio perché direttamente collegato a vertici snelli (i manager del Gec, il gruppo di comando di FCA, sono solo 23). Ecco il senso profondo dei due video: il racconto di una trasformazione culturale complessa, l’emersione del passaggio del processo di creazione del valore aggiunto, un tempo affidato esclusivamente alle aree dirigenziali e dei quadri, anche a fasce operaie qualificate. Un operaio-massa molto diverso da quello anonimo di qualche anno fa. Ma anche quadri irriconoscibili rispetto a quelli della marcia dei quarantamila del 1980. Sorpresi? Solo perché siamo italiani. A ben vedere, la riscoperta della fabbrica e dei suoi popoli è una delle chiavi vincenti della presidenza Obama, visto che da due anni a questa parte l’occupazione manifatturiera U.S.A. è tornata a crescere dopo 20 anni di calo verticale sull’onda di un fenomeno poco noto in Italia: il re-shoring, ovvero il ritorno della produzione in patria avviato nel 2011 dalla General Electric. E, bene o male, una mano ad Obama gliel’ha data anche il successo di Chrysler, da lui affidata nel 2009 ad un manager laureato in filosofia che aveva già liquidato un obsoleto simbolo della cultura della verticalità: la cravatta.
(Fonte: www.carblogger.it - 3/4/2014)

lunedì 7 aprile 2014

FCA riflette sul ruolo nel Corriere della Sera


Da una parte le difficoltà finanziarie di Rcs MediaGroup, che nonostante il dimezzamento delle perdite e la riduzione del debito nel 2013, prevede di archiviare l'anno in corso ancora in rosso; dall'altra, la propensione alla litigiosità dei piani alti di via Solferino dove ogni occasione pubblica è buona per rinfocolare antipatie e rancori reciproci. E, buon ultimo, il disappunto delle redazioni di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport dopo la fuga di notizie sull'intenzione del cda di erogare un premio (tra uno e tre anni di remunerazione) all'ad Pietro Scott Jovane e a venti manager una volta raggiunti, nel 2015, gli obiettivi contenuti nel piano triennale. L'assemblea dei redattori, in proposito, ha affidato ai cdr un pacchetto di sette giorni di sciopero. Una situazione, questa, che starebbe facendo riflettere il primo socio del Corriere, la Fiat di John Elkann, con il 20,5% del capitale. E vacillare la poltrona di Jovane, al quale viene rimproverato di aver svenduto lo storico immobile di via Solferino. Le incertezze sul fronte delle finanze, infatti, potrebbero richiedere iniezioni di capitali in futuro, argomento sul quale l'ad di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, concentrato sul completamento della fusione Torino-Detroit e sul piano di sviluppo della società, avrebbe già messo le mani avanti, avvertendo l'azionista (Elkann) che di soldi per Rcs non ce ne sono più. Lo stesso Marchionne, tra l'altro, come svelato qualche giorno fa dal sito Dagospia, avrebbe manifestato non poche perplessità quando Elkann aveva deciso di raddoppiare la quota di partecipazione in Rcs. E i numeri gli hanno dato ragione, visto che nell'esercizio 2013 il Lingotto ha dovuto svalutare la partecipazione editoriale da 191 a 117 milioni: un flop di 74 milioni. Come se buona parte dei 94 milioni investiti da Fiat nel 2013 per raddoppiare la quota in Rcs fossero andati in fumo. Una scoppola, dunque, da non replicare soprattutto alla luce degli importanti investimenti che Marchionne ha in serbo per Fca e per i quali è alla ricerca dei capitali necessari per il medio e lungo termine. A tormentare Elkann, poi, ci sono i rapporti tesissimi con il secondo socio di Rcs, Diego Della Valle, con il quale si è scontrato pubblicamente in più occasioni. E con mister Tod's il presidente di Fiat ed Exor, salvo improbabili rappacificazioni, dovrà mettere in conto di ricevere nuovi schiaffi nel percorso che dovranno condividere in Rcs. Che fare, dunque, in questo clima difficile che si è creato intorno al Corriere? C'è chi azzarda che Elkann valuti di portare il 20,5% di Rcs da Fiat nella holding di famiglia Exor, così da togliere un peso e un pensiero a Marchionne (a Detroit, lo scorso gennaio, il presidente del Lingotto a una nostra domanda sulla fattibilità di questo piano non aveva risposto). Ma c'è anche chi ipotizza un possibile passo indietro della stessa Fiat, riducendo la propria quota e avviando colloqui con Della Valle & C.; o addirittura compiendo il passo storico di uscire completamente. A decisioni inaspettate, del resto, Elkann ha da tempo abituato la piazza: dalla fusione per incorporazione della controllata Ifil nella controllante Ifi, allo spin-off del Lingotto; dal via libera sull'operazione Chrysler e alla nascita di Cnh Industrial fino alla scalata al Corriere. Ma ora i nodi sono venuti al pettine, e un altro problema che assilla Elkann riguarda le conseguenze sul Corriere derivate dal peso di Fiat (e degli Agnelli) sulla gestione operativa. Inutile dire, poi, che alle decisioni di Elkann è legato il destino dell'ad Jovane (per lui ci sarebbe pronto un posto in Canada, alla Chrysler).
(Fonte: www.ilgiornale.it - 26/3/2014)

domenica 6 aprile 2014

Marchionne, Renzi e il "rebus" su lavoro e investimenti


Si è tenuta al Lingotto di Torino l’ultima assemblea ordinaria degli azionisti Fiat per deliberare sul bilancio 2013. La prossima infatti sarà in Olanda, dove il nuovo gruppo Fiat Chrysler Automobiles ha scelto di avere sede legale. All’assemblea hanno partecipato 1.019 azionisti, nessun cambiamento nella compagine azionaria: Exor detiene il 30,06%, Baillie Gifford il 2,64% e Vanguard International Growth Fund il 2,26%. Altri investitori istituzionali UE hanno il 17,1%, mentre quelli extra-UE il 21,80%. Fiat S.p.A. detiene azioni proprie pari al 2,76% (erano il 3,226%). John Elkann ha ricordato in apertura l’anno ricco di soddisfazioni e che il 6 maggio sarà presentato a Detroit il nuovo piano industriale in relazione al quale Sergio Marchionne ha dichiarato che nell’anno 2014 Fiat-Chrysler prevede di consegnare 4,5-4,6 milioni di vetture (escluse le joint venture) a fronte dei 4,35 milioni nel 2013, e che entro il 2018 la produzione supererà il 6 milioni di vetture. Marchionne è poi passato a parlare della produzione in Italia: “Confermiamo che non ci sono eccedenze negli stabilimenti italiani. A Grugliasco abbiamo riassunto tutti gli addetti più mille unità di Mirafiori dove con i nuovi investimenti saranno riassorbiti tutti. Termini Imerese è un capitolo chiuso”. A proposito di nuovi investimenti, si è parlato a suo tempo - in occasione del cda di fine gennaio - di 9 miliardi che certamente possono significare una crescita della produzione e quindi un riassorbimento dell’occupazione. Certo è che al di là di Termini Imerese capitolo chiuso (non c’erano dubbi, a giugno scade la cassa integrazione delle 1.100 tute blu e l’azienda entro 65 giorni dal termine della Cig potrà cessare il rapporto di lavoro), oltre a Grugliasco e Mirafiori vanno considerati gli stabilimenti di Melfi, Cassino e Pomigliano: a Mirafiori sono 4.300 a lavorare 3 giorni al mese, a Melfi 5.500 operai lavorano la metà delle ore, a Cassino 3.860 sono impiegati 6/7 giorni su 30, e a Pomigliano 1.200 sono in cassa integrazione a rotazione. Quindi qualche eccedenza di fatto c’è. Difficile tuttavia capire, prima di conoscere il piano industriale 2014-2017, come Marchionne intenda mandare a regime il personale che al momento è molto sotto-impiegato; l’operazione è naturalmente molto complessa. È vero che il rilancio della produzione - di Maserati e di Alfa Romeo in particolare - è condizione per riassorbire il personale e saturare gli stabilimenti, ma non si tratta di una conseguenza immediata e, soprattutto, bisognerà capire realmente come si comporterà il mercato: a un aumento della produzione non corrisponde necessariamente una crescita delle vendite. Il piano industriale atteso per il 6 di maggio farà dunque chiarezza sulle strategie continentali. Tutto fa comunque pensare che Marchionne questa volta faccia sul serio circa il rilancio di Alfa Romeo: l’intenzione del manager italo-canadese trova conferme negli ambienti sindacali. Vero è che, se l’obiettivo dichiarato è la fascia premium del mercato, Alfa Romeo è sicuramente tra i prodotti interessanti in questo senso, insieme a Ferrari e Maserati. Lo stabilimento di Cassino, nell’ottica di uno sviluppo della produzione di Alfa Romeo, è quello che può essere totalmente rilanciato: attualmente si producono Delta, Giulietta e Bravo. Negli ultimi tre anni il volume della produzione si è dimezzato, passando da 130.000 a 65.000 auto. Da una parte quindi il lusso Ferrari, Maserati e Alfa; dall’altra il marchio Fiat alle prese con una trasformazione: prodotti a valore aggiunto derivati da Panda e Cinquecento. Le antenne di Fiat-Chrysler sul mercato globale sono anche particolarmente attente all’espansione sul mercato cinese - dove il marchio Fiat sconta una storica debolezza - e a una crescita delle vendite in Europa. Ricordiamo anche che è in atto la negoziazione del nuovo contratto di gruppo: è chiaro quindi che le parti sociali - per lo meno quelle che hanno firmato l’accordo precedente e che di conseguenza ne stanno discutendo il rinnovo - sono a conoscenza delle intenzioni di Fiat-Chrysler per quel che concerne la produzione 2014-2017 in Italia. Il contratto tuttavia sarà chiuso prima della presentazione del piano industriale. Come abbiamo visto, le eccedenze non mancano negli stabilimenti italiani. È chiaro che non è colpa di Marchionne, in primis per gli anni difficili del mercato, in secondo luogo perché Fiat è forse stata l’unica impresa a investire in Italia in modo serio negli ultimi anni. Marchionne non sarà simpatico agli italiani, ma l’azienda automobilistica che lui guida ha fatto la sua parte. Piuttosto, nessuna notizia per le soluzioni di aiuto alle esportazioni promesse al mondo metalmeccanico nel 2012 da Monti. Sono però aumentate continuamente le tasse e gli interventi che hanno bloccato il mercato italiano, il più fermo d’Europa (è quello che perde di più). Questo grazie alle imposizioni fiscali adottate dai diversi governi che hanno colpito il settore dell’auto, vedi accise sulla benzina e tassazioni sull’acquisto delle auto. Per non parlare dei costi delle assicurazioni: rispetto all’Europa, l’Italia è mediamente al doppio (media italiana di 1.300 euro/anno per RCA contro i 650/anno della media europea). Ora che si presenta una seria possibilità di investimento, Renzi considererà di fare qualche intervento che possa quantomeno facilitare le esportazioni?
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 1/4/2014)

sabato 5 aprile 2014

Jeep è più globale di Porsche e Toyota?


In tempi di globalizzazione spinta mi stupisco quando leggo che Matthias Muller, appena confermato per altri cinque anni alla guida di Porsche, annunci quasi con dispiacere che dopo il 2016 la prossima generazione del SUV Cayenne non verrà più prodotta in Germania, ma in Slovacchia. Una affermazione che sa di giustificazione come a scuola perché il “Made in Germany” fa parte dell’identità del marchio, almeno a sentire gli uomini del marketing. E il SUV fatto oltre confine segnerà la prima volta del costruttore di Stoccarda. Di recente ho sentito la stessa enfasi autogiustificativa in Mike Manley, il capo di Jeep, quando si è prodigato a spiegare che la nuova Renegade prodotta a Melfi (prima volta che una Jeep non viene costruita in America) è comunque icona americana “al 90 per cento“. Perfino Sergio Marchionne, che di queste cose in genere non si preoccupa essendo uomo di finanza e senza eredità automobilistica prima di Fiat, si è lasciato andare l’anno scorso a un “produrremo le Alfa Romeo solo in Italia“. Come se il fattore decisivo fosse non il dove, ma il quando e soprattutto il come. Eppure, la globalizzazione ormai è acquisita e i consumi e i modi di sono cambiati anche grazie all’ultima crisi: ma davvero si può pensare ancora che una Porsche fatta a Bratislava perda appeal sul mercato o un’Alfa Romeo prodotta a Hiroshima possa essere percepita negativamente? Toyota produce solo in Giappone il suo sistema di motorizzazione ibrida. La Yaris fatta in Francia riceve il sistema e lo assembla in loco. Qui la globalizzazione fa a pugni non con il marketing, ma con la filosofia giap: un’azienda in mano agli ingegneri non si fida nemmeno della propria ombra, figuriamoci di tecnici stranieri. Solo una sconvenienza economica li costringerà un giorno a cambiare idea. Forse. E magari quel giorno le Ferrari saranno fatte pure in Cina.
(Fonte: www.carblogger.it - 31/3/2014)

venerdì 4 aprile 2014

Modena: Fiom/Cgil chiede un incontro con i candidati sindaci sul futuro di Maserati


I timori sul futuro del sito produttivo modenese di Maserati sono più che mai attuali. E il nuovo sindaco di Modena dovrà necessariamente farsene carico. Lo ribadisce con convinzione Fiom/Cgil di Modena che, all'indomani dell'allarme lanciato sui livelli produttivi dell'Alfa 4C, ha deciso di chiedere ai candidati sindaci della città un incontro per discutere del futuro produttivo della Casa del Tridente, o meglio dello stabilimento di viale Ciro Menotti. «La nostra preoccupazione – spiega Simone Selmi coordinatore provinciale Fiom/Cgil del gruppo Fiat-Chrysler a Modena – nasce dal fatto che le attuali quantità produttive del modello Alfa 4C sono ben lontane dai numeri previsti di 22 autovetture al giorno. Nel progetto di Maserati c'è l'idea che l'Alfa 4C sostituisca in parte la produzione di Maserati, definitivamente spostata fuori da Modena». Nello stabilimento modenese sono attualmente prodotte vetture Maserati destinate ad andare fuori produzione, mentre i modelli nuovi, Ghibli e Quattroporte, saranno tutti prodotti a Grugliasco, nel Torinese. Su questi temi la Fiom ha chiesto un incontro all’azienda, che coinvolga anche Fim e Uilm. «A questa richiesta – continua Selmi - non abbiamo ancora avuto risposta da parte di Maserati che continua di fatto a non riconoscere alla Rsa Fiom e alla Fiom/Cgil un ruolo contrattuale e di rappresentanza». Nel mese di aprile, dunque, la Fiom di Modena organizzerà un incontro con i candidati sindaco alle elezioni comunali «per confrontarci ed approfondire questi temi – spiega Selmi - e per capire il loro punto di vista sul futuro di un’azienda simbolo e storia della città di Modena. Riteniamo sia arrivato il momento di individuare un luogo istituzionale dove tutte le parti in causa vengano convocate per avere certezza sul futuro dello stabilimento, sulla mission e sui programmi produttivi». Proprio ieri si è tenuto l'atteso incontro tra Fiat e i sindacati, quello per cui la Uilm/Uil aveva già annunciato iniziative di lotta, in caso di esito negativo circa la positiva conclusione della trattativa per il rinnovo del contratto specifico nazionale del gruppo Fiat-Chrysler per il biennio 2014-2015. Parrebbe esserci una tregua. I sindacati, infatti, hanno rilevato «una disponibilità che va verificata sugli aumenti contrattuali», in attesa di un nuovo incontro già fissato per il 17 aprile. «Bisogna capire – dicono dalla Uilm – quale meccanismo si possa trovare per una soluzione salariale per tutti i lavoratori».
(Fonte: http://gazzettadimodena.gelocal.it - 2/4/2014)