giovedì 28 febbraio 2013

VM Motori: primo sì di Fiom al piano Fiat


Una svolta sindacale? Forse. Sicuramente un caso di peso. Caso che alcuni sindacalisti si spingono a definire come “Pomigliano rossa”. Per la prima volta, infatti, la Fiom ha detto sì, in un referendum di fabbrica, ad un piano che porta la firma di Sergio Marchionne. E' accaduto alla VM di Cento, in Emilia, i cui 1.100 dipendenti hanno approvato l'accordo sindacale, siglato anche da Fiom dopo molti mal di pancia, che prevede un taglio alle pause sulle linee di montaggio in cambio di 300 assunzioni. I sì sono stati 638 (pari a circa il 75%) e i no 206. Il consistente numero dei no in una fabbrica da sempre egemonizzata da Fiom che ha la metà dei delegati fa intuire la portata della tempesta che il sindacato di Maurizio Landini ha dovuto attraversare. Fiom si è vista sconfessare da una parte della sua base operaia contraria al taglio delle pause ma ciò nonostante ha deciso di approvare il piano di sviluppo e di assunzioni per il quale c'è stata una mobilitazione della filiera politica locale sommersa, insieme alla VM, da migliaia di curriculum. Ma andiamo con ordine e raccontiamola tutta questa storia economico-sindacale che costituisce una eccezione positiva nell'Italia cupa dell'austerità. Tutto comincia oltre un anno fa quando l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, rivela al capo azienda della VM Giorgio Garimberti di voler vendere le Jeep con motore diesel "made in Italy" anche sul mercato americano oltre che in Europa. Non solo. A VM è affidata la fornitura del primo diesel per Maserati. Per l'azienda emiliana si tratta di un triplo salto carpiato: il piano prevede di passare dai 54 mila motori del 2012 ai 90 mila del 2013 per poi stabilizzarsi a quota 110-130 mila dal 2014. Anche gli investimenti sono enormi per la stazza VM: circa 80 milioni per una società che viaggia sui 300 milioni di fatturato. Garimberti ottiene il via libera dell'altro socio di VM (l'americana GM che dovrebbe vendere a Fiat-Chrysler la sua quota entro l'anno) e i finanziamenti di sei banche. Poi fa fare un controllo della produttività aziendale agli esperti di organizzazione del lavoro della MTM Italia. E qui emerge il primo ostacolo: sulla base di un accordo del '93, nei reparti di montaggio gli operai fanno pause lunghissime, pari a 63 minuti su 8 ore di lavoro contro i 30-40 minuti mediamente concordati nelle fabbriche meccaniche europee. Più in generale i rapporti sindacali in fabbrica sono difficili e l'organizzazione complessiva va rivoltata come un calzino per adeguare l'azienda ad uno sforzo così imponente. Si apre una trattativa sindacale complessa. La Fiom frena: la sua base non ne vuol sapere di ridurre la pause e men che mai del “modello Pomigliano”. Ma la politica preme. La Regione stanzia un mucchio di soldi per i corsi di formazione. Il Comune autorizza VM ad allargarsi acquisendo una fabbrica vicina chiusa da anni. «Soprattutto sarebbe stato impossibile spiegare il no a 300 assunzioni in una zona colpita dal terremoto», spiega Sandra Rizzo, segretaria Fim-Cisl di Ferrara. Eppure la trattativa si arena tanto che a metà gennaio si parla di delocalizzare parte della produzione in uno stabilimento Fiat di Foggia imbottito di cassaintegrati e in una fabbrica messicana. Poi la svolta. Fiom accetta i tagli alle pause, VM ne riduce la portata. Ne esce un'intesa molto dettagliata che prevede una riduzione delle pause nel montaggio da 63 a 51 minuti in cambio di circa 450 euro annui (tassati al 10% in quanto premi di produttività). Molto dettagliata anche l'intesa sui neoassunti che saranno al 26% donne mentre circa 200 avranno il contratto di apprendistato (più basso rispetto a quello dei dipendenti attuali) ma si vedranno riconoscere parte dei benefici del contratto aziendale. Oggi il sì. Nonostante polemiche violentissime che hanno portato parte degli operai chiedere l'esclusione dal referendum VM dei 350 ingegneri e impiegati per i quali l'orario di lavoro non si allungherà. Ora si volta pagina e si comincerà ad affrontare il tema dell'organizzazione generale della produzione. A Cento è già sbarcato un gruppo di tecnici Fiat provenienti dalla fabbrica di Pratola Serra (Avellino) dove il Lingotto produce i suoi più grandi motori per auto sulla base del sistema giapponese World Class Manufacturing. E in VM si parla dell'imminente arrivo di Marchionne. Così questa “Pomigliano rossa” potrebbe diventare la prima base dell'assalto all'America del "made in Italy" di cui Marchionne parla da settembre. E forse anche un primo terreno di confronto per un eventuale trattato di pace con Fiom.
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 13/2/2013)

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