Intervista a Francesca Faggioni, docente di Economia e gestione delle imprese presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi Roma Tre. La professoressa Faggioni, esperta di internazionalizzazione delle imprese, innovazione, trasferimento tecnologico, studio dei processi logistici e produttivi in ottica transnazionale, si è resa disponibile a rispondere alle nostre domande in merito al tentativo di acquisizione da parte di Fiat del 100% della statunitense Chrysler.
Per prima cosa vorrei sapere da Lei cosa comporterebbe per la Fiat l’acquisizione delle quote della Chrysler. Attualmente la Fiat detiene il 58,5% dell’azienda e sarebbe intenzionata ad ottenerne il 100%, cosa accadrà?
L’ipotesi di una fusione Fiat con Chrysler aprirebbe la possibilità a Fiat di disporre della liquidità del gruppo statunitense, sulla falsa riga di quanto già accaduto attraverso l’operazione Fiat Industrial- CNH. A ciò farebbe seguito un deciso incremento delle potenzialità strategiche e operative del gruppo. Forti potenzialità potrebbero inoltre derivare dal nuovo assetto transnazionale che il colosso guadagnerebbe, essendo definitivamente in grado di sfruttare le sinergie fiscali e finanziarie derivanti dalla presenza sui mercati più evoluti e/o più favorevoli. Eminenti studiosi di strategie e di imprese internazionali ricordano che le imprese transnazionali a dispetto di quelle multinazionali non operano “nei mercati”, bensì “tra i mercati” internazionali: tale specificità implica da un lato il progressivo sradicamento culturale delle imprese transnazionali rispetto al loro paese di origine e dall’altro la capacità della stesse di sfruttare le occasioni che si concretizzano via via in ogni Paese, decidendo di localizzare, laddove appaia più opportuno, fasi ben precise della propria catena del valore. Fiat è sempre stata espressione della cultura italiana, per anni ha permeato di sé una città. Oggi, quale impresa transnazionale, appare in grado di costruire la sua storia come cittadina del mondo e probabilmente è ciò che accadrà.
L’ipotesi di una fusione Fiat con Chrysler aprirebbe la possibilità a Fiat di disporre della liquidità del gruppo statunitense, sulla falsa riga di quanto già accaduto attraverso l’operazione Fiat Industrial- CNH. A ciò farebbe seguito un deciso incremento delle potenzialità strategiche e operative del gruppo. Forti potenzialità potrebbero inoltre derivare dal nuovo assetto transnazionale che il colosso guadagnerebbe, essendo definitivamente in grado di sfruttare le sinergie fiscali e finanziarie derivanti dalla presenza sui mercati più evoluti e/o più favorevoli. Eminenti studiosi di strategie e di imprese internazionali ricordano che le imprese transnazionali a dispetto di quelle multinazionali non operano “nei mercati”, bensì “tra i mercati” internazionali: tale specificità implica da un lato il progressivo sradicamento culturale delle imprese transnazionali rispetto al loro paese di origine e dall’altro la capacità della stesse di sfruttare le occasioni che si concretizzano via via in ogni Paese, decidendo di localizzare, laddove appaia più opportuno, fasi ben precise della propria catena del valore. Fiat è sempre stata espressione della cultura italiana, per anni ha permeato di sé una città. Oggi, quale impresa transnazionale, appare in grado di costruire la sua storia come cittadina del mondo e probabilmente è ciò che accadrà.
Quali saranno i tempi di questa operazione?
I tempi dell’operazione non mi sono noti, sebbene il diritto di opzione di Fiat per l’acquisto di circa il 41% di Chrysler dal fondo dei sindacati Veba possa essere esercitato fino al 30 giugno 2016 . Fiat come lei sa ha già avuto la possibilità di incrementare la sua quota azionaria in Chrysler dai primi di luglio 2012 con l’offerta a Veba di 192 milioni che non è andata in porto, e la partecipazione è ancora al 58% in attesa che la corte del Delaware si pronunci. Probabilmente l’accordo avverrà ad un prezzo più oneroso di quanto previsto, ma la direzione è comunque quella intrapresa e, salvo cambiamenti radicali di scenario, credo che Marchionne perseguirà sulla strada dell’acquisto.
I tempi dell’operazione non mi sono noti, sebbene il diritto di opzione di Fiat per l’acquisto di circa il 41% di Chrysler dal fondo dei sindacati Veba possa essere esercitato fino al 30 giugno 2016 . Fiat come lei sa ha già avuto la possibilità di incrementare la sua quota azionaria in Chrysler dai primi di luglio 2012 con l’offerta a Veba di 192 milioni che non è andata in porto, e la partecipazione è ancora al 58% in attesa che la corte del Delaware si pronunci. Probabilmente l’accordo avverrà ad un prezzo più oneroso di quanto previsto, ma la direzione è comunque quella intrapresa e, salvo cambiamenti radicali di scenario, credo che Marchionne perseguirà sulla strada dell’acquisto.
Com’è noto la situazione negli stabilimenti Fiat non è delle migliori e, nella maggior parte delle fabbriche, si registra un massiccio uso della cassa integrazione. Cosa accadrà agli stabilimenti Fiat? L’acquisizione di Chrysler avrà delle conseguenze sugli investimenti del Lingotto negli stabilimenti italiani?
Non credo al momento ci sia da aspettarsi un grosso cambiamento per gli operai Fiat in Italia, oltre a quelli già annunciati recentemente, i quali pur dolorosi a presente, prefigurano un futuro incremento delle linee su Melfi. Per il futuro, l’Italia quale produttore dovrà fronteggiare due ordini di problemi, uno inerente la produttività e il costo del lavoro rispetto ad altri Paesi europei ed extraeuropei, un altro concernente l’eccesso di capacità produttiva e quindi di offerta rispetto alla domanda del mercato. Tale difficoltà riguarda tutti i produttori in generale e si palesa non solo a livello nazionale ma anche mondiale. Pensi a Toyota che nelle settimane scorse ha annunciato che non aprirà nessun nuovo stabilimento in nessun mercato per i prossimi 3 anni, bensì provvederà a selezionare e a razionalizzare la sua capacità produttiva globale negli stabilimenti esistenti. Un processo simile riguarderà quindi tutti i produttori e sarà caratterizzato da un deciso incremento della concorrenza infragruppo ad ogni produttore e quindi alla selezione dei siti produttivi esistenti.
Non credo al momento ci sia da aspettarsi un grosso cambiamento per gli operai Fiat in Italia, oltre a quelli già annunciati recentemente, i quali pur dolorosi a presente, prefigurano un futuro incremento delle linee su Melfi. Per il futuro, l’Italia quale produttore dovrà fronteggiare due ordini di problemi, uno inerente la produttività e il costo del lavoro rispetto ad altri Paesi europei ed extraeuropei, un altro concernente l’eccesso di capacità produttiva e quindi di offerta rispetto alla domanda del mercato. Tale difficoltà riguarda tutti i produttori in generale e si palesa non solo a livello nazionale ma anche mondiale. Pensi a Toyota che nelle settimane scorse ha annunciato che non aprirà nessun nuovo stabilimento in nessun mercato per i prossimi 3 anni, bensì provvederà a selezionare e a razionalizzare la sua capacità produttiva globale negli stabilimenti esistenti. Un processo simile riguarderà quindi tutti i produttori e sarà caratterizzato da un deciso incremento della concorrenza infragruppo ad ogni produttore e quindi alla selezione dei siti produttivi esistenti.
Nel tentativo di reperire le liquidità necessarie all’acquisizione di Chrysler, alcune indiscrezioni riportate dai giornali, indicavano una possibile ricapitalizzazione dell’azienda come possibile soluzione. In pratica, in cosa consisterebbe tale aumento di capitale? Pensa che verrà davvero portato a termine?
Al momento mi pare ci sia stata una smentita sull’operazione di ricapitalizzazione. Tra l’altro i mercati hanno già dimostrato di reagire negativamente ad una notizia di questo tipo, soprattutto se legata all’acquisto dal fondo Veba. Al momento Fiat dovrebbe disporre di una certa liquidità e poi ci sarebbe la possibile alienazione di Magneti Marelli.
Al momento mi pare ci sia stata una smentita sull’operazione di ricapitalizzazione. Tra l’altro i mercati hanno già dimostrato di reagire negativamente ad una notizia di questo tipo, soprattutto se legata all’acquisto dal fondo Veba. Al momento Fiat dovrebbe disporre di una certa liquidità e poi ci sarebbe la possibile alienazione di Magneti Marelli.
Si è ampiamente parlato anche della possibile vendita di Magneti Marelli, la vede una cosa probabile? È questa la soluzione?
Io credo che questa sia solo una estrema ratio. La vendita di questa società porterebbe ad un cambiamento dell’attuale assetto societario per la parte “componenti e sistemi di produzione”, pertanto si imporrebbe un redesign dell’offerta e delle aree strategiche di affari. Credo che la situazione si dipanerà progressivamente a partire da quello che stabilirà la corte del Delaware a marzo sull’offerta a Veba: da quel momento saranno più chiari i tempi per procedere all’acquisto della restante quota azionaria e l’entità e la natura delle risorse necessarie per portare a termine l’operazione.
Io credo che questa sia solo una estrema ratio. La vendita di questa società porterebbe ad un cambiamento dell’attuale assetto societario per la parte “componenti e sistemi di produzione”, pertanto si imporrebbe un redesign dell’offerta e delle aree strategiche di affari. Credo che la situazione si dipanerà progressivamente a partire da quello che stabilirà la corte del Delaware a marzo sull’offerta a Veba: da quel momento saranno più chiari i tempi per procedere all’acquisto della restante quota azionaria e l’entità e la natura delle risorse necessarie per portare a termine l’operazione.
(Fonte: www.forexinfo.it - 31/1/2013)
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