lunedì 1 agosto 2011

NYT: "Così Marchionne ha salvato Chrysler"


«La salvezza della Chrysler, in formato Fiat». È il titolo dell'edizione del 29 luglio del New York Times che, nell'apertura della sezione business, ha pubblicato un lungo articolo del premio Pulitzer James B. Stewart, dedicato alle tappe che hanno portato all'accordo tra il colosso dell'auto made in U.S.A. e la Fiat di Sergio Marchionne. La penna di Stewart ha ricordato come, grazie alle innovazioni apportate dell'amministratore delegato della Fiat, il terzo produttore di auto d'America è riuscito a risalire la china, dall'orlo della chiusura nel 2008, arrivando ai successi degli ultimi 15 mesi.
LA RISALITA DAL TUNNEL - «Poco più di due anni fa la task force della Casa Bianca sull'industria automobilistica concluse che la Chrysler "non poteva più" reggere solo sulle gambe proprie»: la terza casa americana produttrice di auto «era troppo dipendente dai veicoli ad altissimo consumo di benzina come i Suv, penalizzati dalla recessione, troppo piccola per competere sul mercato mondiale e troppo indebitata per poter investire su nuove tecnologie», ha scritto Stewart. In più, la qualità dei suoi mezzi era «bassissima, abissale» tra il 2006 e il 2008 la Chrysler perse 30 miliardi di dollari. Il 44esimo presidente della compagnia, David Kelleher, pensò seriamente che «la sua azienda e la sua leadership fossero vicino alla fine, alla chiusura». E anche la collaborazione con la Mercedes aveva dato pessimi frutti. Poi, la salvezza, con l'arrivo di Fiat e del piano di recupero voluto dal governo U.S.A.: l'impronta di Marchionne, scrive il Nyt, si è fatta sentire da subito.
LO SPOT DELLA RINASCITA - Su Marchionne Kelleher dichiarò: «Ha messo fine agli sconti, ai cattivi finanziamenti, abbiamo sentito il cambio immediatamente». Poi il giornalista ha accennanto anche alle polemiche che coinvolsero anche Capitol Hill, quando Marchionne decise di spendere 2 milioni di dollari per il famoso e carissimo spot con Eminem, nel mezzo del Superbowl, le tre ore di tv più viste in America: «Dopo quello spot ero frastornato. Attorno a me, tutti erano in silenzio, la stanza era muta. Alcuni di noi hanno cominciato a piangere, poi arrivarono gli applausi, avemmo la sensazione di una rinascita», affermò sempre Kelleher, numero uno di Chrysler.
(Fonte: www.nytimes.com - 29/7/2011)

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