Duecento analisti finanziari, cento giornalisti internazionali: una pagina fondamentale della storia personale di Sergio Marchionne e del Gruppo FCA sta per iniziare. È mattina presto ad Auburn Hills, c'è un bel sole e l'aria è frizzante. Marchionne presenterà agli analisti la migliore immagine possibile della nuova società e cercherà di convincerli a scommettere sul lancio in borsa previsto entro la fine dell'anno.
Il programma - Per assolvere il compito ha previsto una maratona di 11 ore, che inizia con l'analisi dei marchi e si conclude con i dati finanziari e con una conferenza stampa. Le tappe cruciali per noi italiani sono l'esame della Jeep, prima a salire sul palco alle 14:45, e poi la Fiat alle 15:45, l'Alfa Romeo alle 16:15, Maserati e Ferrari accoppiate a partire dalle 17:25. I dati finanziari del primo trimestre 2014 arriveranno alle 21:55 e gli obiettivi del nuovo piano quinquennale alle 22:10.
Attesa per l'Alfa Romeo - In aeroporto ieri e poi in albergo, il clima delle aspettative tra media e analisti era molto alto. Tutti scommettono su un rilancio sostanziale dell'Alfa, vista la congiuntura di mercato particolarmente favorevole al settore premium, in Nord America come in Cina. Marchionne dovrà dimostrare però di avere un piano industriale credibile per risollevare l'identità di un marchio troppo a lungo trascurato e soprattutto di aver individuato gli strumenti finanziari per sostenerlo, a dispetto del carico di debiti che graverà sulle spalle di FCA dopo il consolidamento della fusione tra le due aziende.
La rinascita della Chrysler - Sotto il profilo dell'immagine, la Chrysler negli ultimi anni di gestione Fiat è riuscita a scavare una posizione di grande rilievo sul mercato americano, in particolare con i suoi pick-up Ram, rubando terreno a una Ford, che ha una vocazione sempre più globale, e ad una General Motors, che ancora una volta sembra navigare con scarso senso di direzione strategica. La Chrysler si è imposta come una Casa con forti radici nazionali, legata alla promessa di sostenere l'impiego in Michigan e dintorni, e disegnare veicoli di forte presa sugli americani. Oggi la forza di questa identità deve piegarsi a una svolta internazionale perché il nuovo Gruppo possa crescere. Questa è la vera sfida che attende la dirigenza. Convincere che il cambio di direzione sia possibile e che le risorse per supportarla sono a portata di mano.
L'introduzione di Marchionne - La conferenza si apre con citazioni filosofiche: "Il mondo appartiene a chi ha una visione di lungo termine" ha detto Marchionne, citando la lettera con la quale si è rivolto agli operai del nuovo Gruppo FCA e ai 300.000 dipendenti. Poi Marchionne ripercorre le tappe della lunga rincorsa che Fiat e Chrysler hanno condotto negli ultimi anni per poi introdurre la novità del momento: un azienda in corso di unificazione, con un futuro tutto da disegnare. "Ho atteso questo giorno per molti anni, e ho lavorato nel frattempo all'integrazione non solo dei modelli industriali, ma anche quella delle culture". "Ci sono troppi esempi alle spalle di fallimenti in un tentativo di questa portata. Noi abbiamo cercato di trasformare difficoltà in punti di forza". "Il team che ha lavorato a questo progetto è il più diverso per cultura e per specificità professionale con il quale io abbia mai lavorato. Hanno disegnato un ambiente aziendale nel quale dovremo lavorare tutti come se fossimo un solo popolo, una sola genia". Primo accenno al rilancio dell'Alfa: "Punteremo su un futuro radioso per il marchio". Marchionne saluta. Tornerà più tardi a parlare di Ferrari, di risultati finanziari e di componenti. Per il resto lascia il campo ai suoi colleghi.
Jeep - Si comincia ora con la Jeep e con Mike Manley, Ceo del marchio. Parte un video vocazionale per la Jeep. Natura, libertà, esplorazione. Parla dell'eredità militare, di GI Joe, il soldato di ritorno dalla seconda guerra mondiale, poi delle tappe tecnologiche che hanno fatto il marchio grande nel mondo. La curva delle vendite si impenna all'inizio degli anni '80, quando il settore delle Suv prende il suo nome in America e poi si espande. L'intenzione è di riportare la Jeep a dominare il settore delle Suv nel mondo. L'obiettivo quest'anno è di raggiungere un milione di unità vendute: "Finora siamo al passo giusto. La nostra vocazione è globale e la strada che ci porta al futuro è una maggiore espansione sui mercati internazionali. Libertà, Avventura, Autenticità e Passione sono le parole d'ordine". "Per la Wrangler continueremo a puntare sulle performance off road, per il resto dei prodotti puntiamo invece sulla flessibilità di funzioni e di offerte per un pubblico diverso e sempre più ampio". Un richiamo allo standard del Rubicon Trial, fissato al suo tempo da Bob Lutz: "Ogni Jeep indipendentemente dal modello e dalla finitura, deve essere in grado di superare la prova di guida di uno dei percorsi di fuoristrada più proibitivi del mondo". Ancora una volta accenni sulla qualità artigianale del Made in U.S.A., lo stesso messaggio che emana dagli spot pubblicitari televisivi: l'accento è fortemente americano, senza però scivolare nel nazionalismo. Secondo Manley, il mercato generale del settore crescerà di tre milioni di unità nei prossimi cinque anni: "Finora la produzione era concentrata in U.S.A. . Nei cinque anni a venire cresceremo enormemente all'estero: 200.000 unità addizionali in Europa e Sud America, 500.000 in Asia, mentre in U.S.A. passeremo a un milione di unità. In Europa la rete commerciale crescerà del 24%. Le nostre vendite globali passeranno dalle 732.000 attuali a 1,9 milioni nel 2018. Passeremo da quattro impianti in una sola nazione, gli U.S.A., a 10 impianti in sei Paesi. 900.000 nuove unità saranno aggiunte nei Paesi fuori dall'area Nafta".
Chrysler - Le proiezioni di crescita illustrate da Al Gardner, capo del marchio, vedono le vendite passare dalle da 350.000 unità attuali a 800.000 tra cinque anni: "La chiave del rilancio per il marchio è venuto dopo la ristrutturazione post bancarotta, con lo slogan: Made in Detroit. Il mercato delle berline in U.S.A. si è spostato rapidamente negli ultimi anni di ripresa dopo la crisi verso il segmento premium, lo stesso che aveva più sofferto nel triennio precedente". C'è da osservare però che il treno è stato preso con anticipo dalle Case tedesche: "Nonostante questo, anche la Chrysler può vantare un incremento del 50% di vendite dal 2009 a oggi. Ma si tratta di una crescita a partire da numeri ridotti al minimo dagli anni pre crisi, da 225.000 nel 2009 a 350.000 l'anno scorso". Il destino del marchio, dice Gardner, è quello di identificarsi con il Mainstream America (la spina dorsale americana), in altre parole offrire prodotti premium in un contenitore che resta però centrale nel posizionamento dei listini, e quindi, non sconfina nel lusso. "Questo settore in scala globale crescerà del 300% nei prossimi cinque anni, da 3,5 milioni oggi, a 11,1 milioni". Questa crescita sarà soprattutto sui mercati asiatici, mentre l'identità attuale del marchio è così imbevuta dell'immagine di bandiera da disegnarne anche i limiti del successo commerciale all'estero. La Chrysler 200 è stata appena avviata alle vendite e sta ricevendo ottimi giudizi da Ward, Motorweek e MotorTrend; la 100 debutterà nel 2016, insieme al nuovo minivan Town and Country. E nel 2017 l'arrivo di una crossover dovrebbe rilanciare il portfolio. Avremo un riscontro immediato delle ambizioni appena annunciate: l'esito commerciale della 200 indicherà se l'operazione di rilancio internazionale dell'intero marchio è partito con il piede giusto.
Dodge - Arriva ora Tim Kuniskis a parlare della Dodge: si presenta con il video dei vecchietti gaudenti, irriverenti e felici che qualcuno di noi avrà visto (chi non ne ha avuto l'opportunità è inviato a farlo: è strepitoso). "Nessun adolescente è cresciuto con il poster di una VW Passat attaccato sul muro sopra il letto - dice Kuniskis - Non costruiamo auto comuni, costruiamo emozione ed eccitamento". In effetti la penetrazione del marchio tra i giovani è molto alta e la Charger ha fatto miracoli per la Dodge, le sue vendite negli ultimi quattro anni sono esplose con un incremento del 133%, contro una media di segmento del 43%. "Performance e stile aggressivo a un prezzo contenuto. Questa è l'identità del marchio". Anche in questo caso comunque l'identità è fortemente nazionale. Ad eccezione del Suv Durango, i prodotti della Casa restano relegati a un successo geograficamente limitato al mercato nazionale. La sterzata dovrebbe arrivare nel 2016 con il debutto di una nuova Dart e del crossover Journey, prodotti mirati a un'espansione sulle piazze internazionali.
Il programma - Per assolvere il compito ha previsto una maratona di 11 ore, che inizia con l'analisi dei marchi e si conclude con i dati finanziari e con una conferenza stampa. Le tappe cruciali per noi italiani sono l'esame della Jeep, prima a salire sul palco alle 14:45, e poi la Fiat alle 15:45, l'Alfa Romeo alle 16:15, Maserati e Ferrari accoppiate a partire dalle 17:25. I dati finanziari del primo trimestre 2014 arriveranno alle 21:55 e gli obiettivi del nuovo piano quinquennale alle 22:10.
Attesa per l'Alfa Romeo - In aeroporto ieri e poi in albergo, il clima delle aspettative tra media e analisti era molto alto. Tutti scommettono su un rilancio sostanziale dell'Alfa, vista la congiuntura di mercato particolarmente favorevole al settore premium, in Nord America come in Cina. Marchionne dovrà dimostrare però di avere un piano industriale credibile per risollevare l'identità di un marchio troppo a lungo trascurato e soprattutto di aver individuato gli strumenti finanziari per sostenerlo, a dispetto del carico di debiti che graverà sulle spalle di FCA dopo il consolidamento della fusione tra le due aziende.
La rinascita della Chrysler - Sotto il profilo dell'immagine, la Chrysler negli ultimi anni di gestione Fiat è riuscita a scavare una posizione di grande rilievo sul mercato americano, in particolare con i suoi pick-up Ram, rubando terreno a una Ford, che ha una vocazione sempre più globale, e ad una General Motors, che ancora una volta sembra navigare con scarso senso di direzione strategica. La Chrysler si è imposta come una Casa con forti radici nazionali, legata alla promessa di sostenere l'impiego in Michigan e dintorni, e disegnare veicoli di forte presa sugli americani. Oggi la forza di questa identità deve piegarsi a una svolta internazionale perché il nuovo Gruppo possa crescere. Questa è la vera sfida che attende la dirigenza. Convincere che il cambio di direzione sia possibile e che le risorse per supportarla sono a portata di mano.
L'introduzione di Marchionne - La conferenza si apre con citazioni filosofiche: "Il mondo appartiene a chi ha una visione di lungo termine" ha detto Marchionne, citando la lettera con la quale si è rivolto agli operai del nuovo Gruppo FCA e ai 300.000 dipendenti. Poi Marchionne ripercorre le tappe della lunga rincorsa che Fiat e Chrysler hanno condotto negli ultimi anni per poi introdurre la novità del momento: un azienda in corso di unificazione, con un futuro tutto da disegnare. "Ho atteso questo giorno per molti anni, e ho lavorato nel frattempo all'integrazione non solo dei modelli industriali, ma anche quella delle culture". "Ci sono troppi esempi alle spalle di fallimenti in un tentativo di questa portata. Noi abbiamo cercato di trasformare difficoltà in punti di forza". "Il team che ha lavorato a questo progetto è il più diverso per cultura e per specificità professionale con il quale io abbia mai lavorato. Hanno disegnato un ambiente aziendale nel quale dovremo lavorare tutti come se fossimo un solo popolo, una sola genia". Primo accenno al rilancio dell'Alfa: "Punteremo su un futuro radioso per il marchio". Marchionne saluta. Tornerà più tardi a parlare di Ferrari, di risultati finanziari e di componenti. Per il resto lascia il campo ai suoi colleghi.
Jeep - Si comincia ora con la Jeep e con Mike Manley, Ceo del marchio. Parte un video vocazionale per la Jeep. Natura, libertà, esplorazione. Parla dell'eredità militare, di GI Joe, il soldato di ritorno dalla seconda guerra mondiale, poi delle tappe tecnologiche che hanno fatto il marchio grande nel mondo. La curva delle vendite si impenna all'inizio degli anni '80, quando il settore delle Suv prende il suo nome in America e poi si espande. L'intenzione è di riportare la Jeep a dominare il settore delle Suv nel mondo. L'obiettivo quest'anno è di raggiungere un milione di unità vendute: "Finora siamo al passo giusto. La nostra vocazione è globale e la strada che ci porta al futuro è una maggiore espansione sui mercati internazionali. Libertà, Avventura, Autenticità e Passione sono le parole d'ordine". "Per la Wrangler continueremo a puntare sulle performance off road, per il resto dei prodotti puntiamo invece sulla flessibilità di funzioni e di offerte per un pubblico diverso e sempre più ampio". Un richiamo allo standard del Rubicon Trial, fissato al suo tempo da Bob Lutz: "Ogni Jeep indipendentemente dal modello e dalla finitura, deve essere in grado di superare la prova di guida di uno dei percorsi di fuoristrada più proibitivi del mondo". Ancora una volta accenni sulla qualità artigianale del Made in U.S.A., lo stesso messaggio che emana dagli spot pubblicitari televisivi: l'accento è fortemente americano, senza però scivolare nel nazionalismo. Secondo Manley, il mercato generale del settore crescerà di tre milioni di unità nei prossimi cinque anni: "Finora la produzione era concentrata in U.S.A. . Nei cinque anni a venire cresceremo enormemente all'estero: 200.000 unità addizionali in Europa e Sud America, 500.000 in Asia, mentre in U.S.A. passeremo a un milione di unità. In Europa la rete commerciale crescerà del 24%. Le nostre vendite globali passeranno dalle 732.000 attuali a 1,9 milioni nel 2018. Passeremo da quattro impianti in una sola nazione, gli U.S.A., a 10 impianti in sei Paesi. 900.000 nuove unità saranno aggiunte nei Paesi fuori dall'area Nafta".
Chrysler - Le proiezioni di crescita illustrate da Al Gardner, capo del marchio, vedono le vendite passare dalle da 350.000 unità attuali a 800.000 tra cinque anni: "La chiave del rilancio per il marchio è venuto dopo la ristrutturazione post bancarotta, con lo slogan: Made in Detroit. Il mercato delle berline in U.S.A. si è spostato rapidamente negli ultimi anni di ripresa dopo la crisi verso il segmento premium, lo stesso che aveva più sofferto nel triennio precedente". C'è da osservare però che il treno è stato preso con anticipo dalle Case tedesche: "Nonostante questo, anche la Chrysler può vantare un incremento del 50% di vendite dal 2009 a oggi. Ma si tratta di una crescita a partire da numeri ridotti al minimo dagli anni pre crisi, da 225.000 nel 2009 a 350.000 l'anno scorso". Il destino del marchio, dice Gardner, è quello di identificarsi con il Mainstream America (la spina dorsale americana), in altre parole offrire prodotti premium in un contenitore che resta però centrale nel posizionamento dei listini, e quindi, non sconfina nel lusso. "Questo settore in scala globale crescerà del 300% nei prossimi cinque anni, da 3,5 milioni oggi, a 11,1 milioni". Questa crescita sarà soprattutto sui mercati asiatici, mentre l'identità attuale del marchio è così imbevuta dell'immagine di bandiera da disegnarne anche i limiti del successo commerciale all'estero. La Chrysler 200 è stata appena avviata alle vendite e sta ricevendo ottimi giudizi da Ward, Motorweek e MotorTrend; la 100 debutterà nel 2016, insieme al nuovo minivan Town and Country. E nel 2017 l'arrivo di una crossover dovrebbe rilanciare il portfolio. Avremo un riscontro immediato delle ambizioni appena annunciate: l'esito commerciale della 200 indicherà se l'operazione di rilancio internazionale dell'intero marchio è partito con il piede giusto.
Dodge - Arriva ora Tim Kuniskis a parlare della Dodge: si presenta con il video dei vecchietti gaudenti, irriverenti e felici che qualcuno di noi avrà visto (chi non ne ha avuto l'opportunità è inviato a farlo: è strepitoso). "Nessun adolescente è cresciuto con il poster di una VW Passat attaccato sul muro sopra il letto - dice Kuniskis - Non costruiamo auto comuni, costruiamo emozione ed eccitamento". In effetti la penetrazione del marchio tra i giovani è molto alta e la Charger ha fatto miracoli per la Dodge, le sue vendite negli ultimi quattro anni sono esplose con un incremento del 133%, contro una media di segmento del 43%. "Performance e stile aggressivo a un prezzo contenuto. Questa è l'identità del marchio". Anche in questo caso comunque l'identità è fortemente nazionale. Ad eccezione del Suv Durango, i prodotti della Casa restano relegati a un successo geograficamente limitato al mercato nazionale. La sterzata dovrebbe arrivare nel 2016 con il debutto di una nuova Dart e del crossover Journey, prodotti mirati a un'espansione sulle piazze internazionali.
Fiat - È il turno di Oliver François e della Fiat. Lo introduce la musica di Michael Jackson. Mostra immagini di Parrell Jones, parla dei nuovi prodotti in arrivo negli U.S.A. . François dice che la Fiat è un camaleonte: quando viaggia verso i mercati esteri prende anche un'immagine diversa, secondo il modo in cui viene ricevuta dai consumatori e di come si posiziona nel mercato locale mostra una cintura lampo disegnata su un muro: Fiat apre nuovi confini. Mostra anche titoli di giornali internazionali che paventano un restringimento delle dimensioni dell'azienda e del suo portfolio di vetture. Argomenta che una razionalizzazione era necessaria: cinque modelli sono lo zoccolo duro e su questi vale la pena puntare: 500, Panda, Freemont, Qubo e Doblò. Sei, con l'aggiunta della Punto. Presenta la 500L con cifre periferiche, che nascondono un po' lo scetticismo con il quale la vettura è stata accolta in U.S.A. . Dice che Europa e U.S.A. differiscono in modo sostanziale: in Europa i consumatori fanno scelte razionali negli acquisti, mentre l'emotività domina in America: "La 500 ha una doppia personalità, adatta a soddisfare le due richieste". Ammette che il marchio in Europa ha perso terreno nella sua radice storica: utilitarie a prezzi bassi. La sua presentazione finora è tutta concentrata sulla definizione di brand della Fiat. L'impressione è che il messaggio, per quanto forte e ben presentato dalle campagne pubblicitarie, stenti ancora ad affermarsi, il che si spiega con la relativa, scarsa penetrazione dei numeri di vendita. François sta vendendo il marchio agli analisti come se fosse un agente pubblicitario, con una pletora di immagini evocative del brand. Passiamo ai piani con le buone notizie: 25% del mercato in Brasile. Cina: "Siamo partiti praticamente da zero". L'handicap è che su questo mercato la 500 non può fare da apripista: "Servono vetture pratiche a basso costo come Uno, Palio e Siena". Più varia l'offerta in India. Nell'area Nafta in arrivo per fine anno un prodotto di segmento C, la 500X prodotta in Italia, a Melfi. François associa l'immagine della 500 in Usa a quella del Viagra, pillole blu per ravvivare il mercato Europa: "Non ci sono pillole magiche per i risolvere i nostri problemi, occorre purificare il nostro DNA. Il centro di gravità resta la Panda con Punto e Freemont come estremità della scala". L'obiettivo per l'area EU è il mantenimento dell'attuale volume di 700.000 vetture anche nei prossimi 5 cinque anni. Il marketing della Casa sarà diviso in due maggiori filoni: da una parte l'immagine del blue jeans, dall'altro la pelle di colore rosso, ovvero da una parte funzionalità e razionalità (Panda), dall'altra emozione e bollicine (500).
Alfa Romeo - Il momento più atteso è quello dell'Alfa e di Harald Wester, che cita la Ferrari, il suo amore per l'Alfa come quello di una mamma per un neonato. "Abbiamo il difficile compito di mantenere fedeltà a figure del calibro di Ascari, Nuvolari, Lauda". Ricorda la storia del marchio in U.S.A., iniziata nel 1911 con l'ingresso nelle competizioni sportive. Elenca i successi sulle piste. Purtroppo, riconosce Wester, "Il successo non si è mai trasferito alle finanze o alle vendite di prodotto. La situazione è addirittura peggiorata con l'arrivo della GM, e prima ancora della Nissan. Abbiamo diluito gli attributi del marchio negli ultimi decenni, anche se nello stesso tempo siamo riusciti a mantenere il filo con la storia con l'uscita di prodotti come Brera, 159, Spider. Dobbiamo ricominciare a ricostruire". 1) Motori innovativi; 2) Distribuzione perfetta 50-50 dei pesi; 3) Innovazione tecnologica; immagine di classe; 4) Performance; 5) Disegno distintivo e riconoscibile come italiano. "Dobbiamo recuperare il terreno perso contro i i marchi tedeschi. Ci stiamo lavorando nei sotterranei dell'azienda. Chiamiamo i tecnici che stanno progettando il nostro futuro le 'puzzole', lavorano di nascosto, senza finestre, sottoterra. Sono 200 oggi, diventeranno 600 a fine 2015. Sono perfettamente indipendenti dal resto del gruppo". Una curiosità: Wester ha insistentemente usato nome e logo - la puzzola - degli Skunk Works originali, vale a dire il reparto sperimentale della Lockheed Martin, dove hanno sviluppato la tecnologia stealth, i ricognitori d'altissima quota (U2 e Blackbird) e il decisamente meno glorioso F-35. "Il risultato della loro opera - ha proseguito Wester - si comincerà a vedere a metà dell'anno prossimo. Compito finale: consegnare 8 nuovi prodotti entro il 2018. Auto e motori saranno rigidamente ed esclusivamente italiani. Tutta la produzione in Italia. Concentriamo le nostre idee sullo sviluppo di motori a benzina e diesel. Avremo un portfolio completo nel 2018 con motori a 4 e 6 cilindri, da 150 a 500 CV. Venderemo 400.000 vetture in quella data. Sappiamo che il compito è gravoso. Siamo di fronte a un reset completo. Ma abbiamo in mente qual è il punto d'arrivo: è l'Alfa Romeo". Occorreranno cinque miliardi di investimenti. L'Alfa Romeo, dunque, sarà tutta italiana, dalla progettazione all'assemblaggio. Questa è la notizia che speravamo di sentire e che abbiamo in affetti appena ascoltato. Significativo è che a presentarla sia stato Harald Wester, che ora si sta riscaldando per tornare sul podio a parlare della sua Maserati.
Alfa Romeo - Il momento più atteso è quello dell'Alfa e di Harald Wester, che cita la Ferrari, il suo amore per l'Alfa come quello di una mamma per un neonato. "Abbiamo il difficile compito di mantenere fedeltà a figure del calibro di Ascari, Nuvolari, Lauda". Ricorda la storia del marchio in U.S.A., iniziata nel 1911 con l'ingresso nelle competizioni sportive. Elenca i successi sulle piste. Purtroppo, riconosce Wester, "Il successo non si è mai trasferito alle finanze o alle vendite di prodotto. La situazione è addirittura peggiorata con l'arrivo della GM, e prima ancora della Nissan. Abbiamo diluito gli attributi del marchio negli ultimi decenni, anche se nello stesso tempo siamo riusciti a mantenere il filo con la storia con l'uscita di prodotti come Brera, 159, Spider. Dobbiamo ricominciare a ricostruire". 1) Motori innovativi; 2) Distribuzione perfetta 50-50 dei pesi; 3) Innovazione tecnologica; immagine di classe; 4) Performance; 5) Disegno distintivo e riconoscibile come italiano. "Dobbiamo recuperare il terreno perso contro i i marchi tedeschi. Ci stiamo lavorando nei sotterranei dell'azienda. Chiamiamo i tecnici che stanno progettando il nostro futuro le 'puzzole', lavorano di nascosto, senza finestre, sottoterra. Sono 200 oggi, diventeranno 600 a fine 2015. Sono perfettamente indipendenti dal resto del gruppo". Una curiosità: Wester ha insistentemente usato nome e logo - la puzzola - degli Skunk Works originali, vale a dire il reparto sperimentale della Lockheed Martin, dove hanno sviluppato la tecnologia stealth, i ricognitori d'altissima quota (U2 e Blackbird) e il decisamente meno glorioso F-35. "Il risultato della loro opera - ha proseguito Wester - si comincerà a vedere a metà dell'anno prossimo. Compito finale: consegnare 8 nuovi prodotti entro il 2018. Auto e motori saranno rigidamente ed esclusivamente italiani. Tutta la produzione in Italia. Concentriamo le nostre idee sullo sviluppo di motori a benzina e diesel. Avremo un portfolio completo nel 2018 con motori a 4 e 6 cilindri, da 150 a 500 CV. Venderemo 400.000 vetture in quella data. Sappiamo che il compito è gravoso. Siamo di fronte a un reset completo. Ma abbiamo in mente qual è il punto d'arrivo: è l'Alfa Romeo". Occorreranno cinque miliardi di investimenti. L'Alfa Romeo, dunque, sarà tutta italiana, dalla progettazione all'assemblaggio. Questa è la notizia che speravamo di sentire e che abbiamo in affetti appena ascoltato. Significativo è che a presentarla sia stato Harald Wester, che ora si sta riscaldando per tornare sul podio a parlare della sua Maserati.
Ram - Reid Bigland riprende i lavori parlando di Ram. Soggetto forse meno interessante per noi europei, ma fondamentale per capire il successo del Gruppo negli ultimi anni negli U.S.A. . La ripresa del settore edilizio ha coinciso con quella delle vendite dei pick-up commerciali, i quali poi trascinano il fondamentale settore dei trucks, terreno di lotta a denti serrati tra le Case presenti in Nord America. Parliamo di un gruppo di veicoli che vendono collettivamente circa due milioni di unità all'anno. Ram è il marchio più vivace in questo settore, e il suo passo di crescita è superiore a quello di ogni altra Casa concorrente. Negli ultimi quattro anni Ram è cresciuto ogni anno in doppia cifra percentuale tra i pick-up, e ha superato le vendite della GM al secondo posto della classifica, dietro la regina Ford.
Maserati - Torna ora Wester con le immagini della Ghibli. Racconta il successo del marchio del Tridente negli ultimi anni e i nuovi traguardi raggiunti con la celebrazione del centenario. Wester fa un breve escorso storico, per poi concludere che l'azienda si trova oggi sulla soglia di una fase di espansione che è appena iniziata, ed è destinata a durare in futuro. Parla dell'arrivo di una nuova Granturismo, del desiderio di espandere la presenza in nuovi segmenti, in nuove nicchie del mercato. La vocazione commerciale è globale, il volume delle vendite artificiosamente controllato dall'azienda per non diluire il brand. Il portfolio si arricchirà con l'arrivo della Suv Levante, poi l'Alfieri coupé seguita dalla versione cabrio, e infine, entro il 2018, dalla nuova Granturismo. Motori: i V6 supereranno i 400 CV, il V8 i 500 CV. La Suv permetterà di completare la gamma su tutti i mercati mondiali e di passare dalle attuali 15.400 vendite ai 75.000 previsti per il 2018.
Ferrari - Torna ora Sergio Marchionne, accompagnato dal rombo del motore Ferrari Turbo: "Sono l'ultimo a parlare, ma il compito è il facile, il più facile. Luca (di Montezemolo, ndr) mi ha chiesto di sostituirlo su questo palco. Non sto a raccontarvi dei problemi che abbiamo con la Formula 1, posso solo dirvi che abbiamo tutta l'intenzione di tornare sul podio a cui siamo abituati ad occupare". Marchionne, che fuori dal palazzo ha parcheggiato LaFerrari, annuncia l'uscita di un nuovo modello l'anno per i prossimi cinque. "Sono anni che cercate di sparare un valore commerciale della Ferrari, ora vi dico io quanto vale. Una valutazione base è un multiplo di 9 del nostro fatturato annuale. Non intendiamo produrre più di 7.000 vetture l'anno al momento, ma stiamo esaminando la possibilità di portare il volume a 10.000 e a questo volume il valore dell'azienda aumenta di un miliardo di euro (Marchionne ha parlato di stime fatte dai broker che oscillano tra i 3,3 e i 5,4 miliardi e che sono basate sull'attuale limite di produzione di 7.000 vetture, ndr), ma voglio che una cosa sia chiara: la Ferrari non è in vendita e non lo sarà. Vi parlo del suo valore della Ferrari perché è fondamentale nella valutazione del Gruppo FCA. Anche se non decideremo mai di monetizzarla, è un gioiello che è parte integrale della nostra corona".
(Fonte: www.quattroruote.it - 6/5/2014)
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