domenica 19 gennaio 2014

Germania "no": i fallimenti di Mercedes (Chrysler), BMW (Rover) e VW (Suzuki)


Il recente colpaccio di Marchionne, che ha riportato alla ribalta un Paese come l’Italia che ultimamente viene soltanto saccheggiato dalle imprese straniere, mi ha suggerito un ripensamento che va oltre la Fiat ma si riferisce alle difficoltà che i pur bravissimi tedeschi hanno sempre quando si debbono rapportare con partner di altre nazionalità. Il confronto con Chrysler è impietoso: se il Gruppo italiano è stato abile e convincente anche agli occhi degli americani, che hanno fatto buon viso a cattivo gioco anche all’assoggettamento, il buco nell’acqua di Mercedes stride fortemente. I tedeschi hanno gettato un mare di quattrini, hanno provato in tutti i modi a colonizzare le maestranze a stelle e strisce quasi avessero di fronte non gente che ha inventato l’automobile (perlomeno nella produzione e nella diffusione di massa) bensì dei trogloditi alle prime armi, e poi si sono ritirati con la coda tra le gambe arrossendo come dei principianti maldestri. L’arroganza tedesca ha fatto grandi danni anche ai tempi dell’acquisizione di Rover da parte di Bmw. Alla fine tanti i soldi persi dal Gruppo di Monaco e la scomparsa di un’azienda che se prima era moribonda, poi è irrimediabilmente deceduta. Chi è meno giovane ricorderà la vicenda e tutte le polemiche dell’epoca che sfociarono da un lato in un ulteriore motivo per gli inglesi di dire no all’Euro e dall’altro in una profonda crisi per l’azienda bavarese con tre membri della presidenza che vennero licenziati in tronco, pagando di persona per i miliardi perduti in Gran Bretagna. Infine anche l’alleanza di Volkswagen con Suzuki è finita a carte bollate. Convinti di comandare in casa d’altri, i manager di Wolfsburg si sono dovuti rassegnare all’orgoglio del vecchio Osamu Suzuki che si è ribellato ai diktat dei soci di minoranza e senza tanti mezzi termini li ha mandati a quel paese ricordando ai tedeschi che nel suo piccolo, che piccolo non è proprio, la Suzuki produce quasi 3 milioni di veicoli all’anno ed è presente in ben 139 mercati nel mondo. La morale che se ne può trarre è che sulla bravura dei tedeschi nel fabbricare ottime automobili non ci piove, mentre sulle loro capacità di fare alleanze e gestire le situazioni restano sempre grosse perplessità, non fosse altro che per la difficoltà congenita che hanno nel relazionarsi con il prossimo, considerato puntualmente suddito e nulla più.
(Fonte: http://viamazzocchi.quattroruote.it - 8/1/2014)

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