lunedì 20 gennaio 2014

Berta: perché Fiat-Chrysler deve ringraziare il "rottamatore" Marchionne


Un “rottamatore dell’industria italiana”, perché ha cambiato radicalmente un modo di operare per fare una vera e propria rivoluzione. E’ il giudizio espresso sull’ad di Fiat Sergio Marchionne e sull’operazione Chrysler da Giuseppe Berta, storico dell’industria che insegna alla Bocconi di Milano, esperto di Fiat e autore di numerosi saggi sull’argomento tra cui “Le idee al potere. Adriano Olivetti tra la fabbrica e la Comunità”, “Mirafiori”, “Conflitto industriale e struttura d’impresa alla Fiat, 1919-1979″.
Sergio Marchionne è il vero "rottamatore"?
Sì, perché in un certo senso ha cambiato un modo di operare per attuare una vera e propria rivoluzione così come ha fatto da dieci anni a questa parte, mutando il processo di configurazione del comparto auto.
L‘accordo con Chrysler era l’unica prospettiva possibile, industriale e globale, per un’azienda prossima al fallimento? 
Fiat ha rispecchiato, se vogliamo, il trend dell’Italia ma anticipandolo. Sin dagli anni Novanta era entrata in numeri negativi, non avendo più la capacità di produrre utili attraverso le automobili. Dunque la strada imboccata da Marchionne è obbligata, dal momento che sapeva benissimo cosa avrebbe potuto fare e cosa no. Quando realizzò l’alleanza con Gm, Fiat era consapevole del fatto che si sarebbe potuta salvare solo acquisendo una dimensione internazionale e quindi globale. Un passaggio che è stato inevitabile. Ciò che ha fatto Marchionne è di calare questa operazione all’interno del mercato americano, la cui crisi è stata convertita in opportunità.
Lo spostamento quasi certo della sede a Detroit sarà indolore?
Mi pare di capire che Marchionne sarà costretto ad uno scambio tra passare il quartier generale a Detroit e mantenere al contempo una forte caratterizzazione su alcuni punti di qualità. In questo senso credo che sarà indolore, perché alla perdita del pur rilevante ruolo complessivo derivante dalla sede corrisponderebbe il mantenimento in Italia di funzioni altamente qualificanti.
Perché è azzeccata la scelta manageriale di puntare sulla fascia “premium” di Maserati e Alfa Romeo?
Come ho scritto nel mio nuovo libro che uscirà a breve per Einaudi, quello è un passaggio obbligato per l’intera industria italiana che se vorrà rivoluzionarsi ed evolversi dovrà puntare sulle fasce più alte: lì dove si concentrano i numeri maggiormente rilevanti e abbandonando invece la produzione di massa su cui la concorrenza da altre parti del mondo è forte e per noi insormontabile.
Si parla già della successione di Marchionne: questa con Chrysler potrebbe essere stata la sua ultima operazione?
Le ultime dichiarazioni ci rivelano che l’ad lascerà Fiat al compimento del 65esimo anno di età, anche se forse avrebbe voluto lasciare prima. Comunque è chiaro che dovrà guidare il gruppo ancora per qualche anno, ma non intende assumere un impegno per un periodo troppo lungo. Nel giugno del 2017 compirà 65 anni e dovrebbe portare a compimento il nuovo piano industriale. Circa il suo successore Marchionne ha già detto con una battuta che non importa di dove sia, conta che parli l’inglese: vuol dire chiaramente che sarà un manager internazionale. Probabilmente proveniente dall’azienda americana.
(Fonte: www.formiche.net -15/1/2014)

1 commento:

  1. Aspettavo questa intervista del professor Berta e sono altrettanto ansioso di leggere il suo nuovo libro nel quale spero di trovare un’analisi della vicenda FIAT approfondita nel contesto mondiale dell’auto. Al di là delle Alpi, PSA ha dovuto chiedere la mano dello stato e così sono salgono a tre i produttori europei in cui lo stato esercita una forte influenza ( VW, RENAULT e PSA ). La forza della economia del nord Europa e la sua intraprendenza gioca a sfavore delle economie e aziende mediterranee che faticano a stare al passo della concorrenza (Lamborghini, Ducati, Italdesign, Telecom, Alitalia, Parmalat…). FIAT ha rischiato di passare sotto il controllo di capitale americano o tedesco (FORD, GM, DAIMLER), solo la grande crisi dell’auto americana l’ha salvata da questo destino e all’improvviso si è trasformata da preda in cacciatore con una vitalità, imprenditorialità e forza finanziaria che nessuno si aspettava (specie nel disastro finanziario e di immagine che l’Italia ha dato al mondo nello stesso periodo). Ammiro gli artefici di questo miracolo e li ringrazio per l’italia.

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