Tre ipotesi per tentare di salvare i lavoratori della De Tomaso – 900 in Piemonte – e il marchio storico nel settore delle auto sportive. Ma ancora nessuna manifestazione d'interesse sul tavolo. Dopo l'avvio della procedura di licenziamento collettivo da parte del curatore fallimentare, in vista della scadenza della cassa integrazione a gennaio, ora si tenta di stringere i tempi per verificare quali soggetti economici potrebbero essere interessati e quali chances industriali potrebbe avere la De Tomaso, per poi su queste costruire un ulteriore periodo di cassa integrazione. Le prime due ipotesi sarebbero in campo da più tempo e potrebbero essere tra loro complementari: nel primo caso, sarebbero in campo due aziende dell'automotive piemontese attive nel settore progettazione e prototipazione e, in questo caso, potrebbe essere della partita anche BMW, con la possibilità di riassorbire circa 200 addetti; la seconda ipotesi prevederebbe un investimento da 250 milioni sostenuto da un fondo, con utilizzo parziale dello stabilimento e di una quota di lavoratori, che ieri hanno manifestato davanti alla Regione. Nel primo caso, gli sviluppi industriali potrebbero essere indipendenti dal marchio mentre nel secondo la questione del marchio sarebbe centrale. Una terza possibilità, maturata negli ultimi giorni, avrebbe un canale ministeriale. «Il 4 novembre – dice l'assessore al Lavoro del Piemonte Claudia Porchietto – ho dato la disponibilità per un tavolo ufficiale sulla De Tomaso, credo e spero che entro fine mese almeno una di queste ipotesi possano trasformarsi in una concreta manifestazione di interesse». Sul piatto, alcuni atout: la disponibilità dello stabilimento, di proprietà della Regione, i contratti di insediamento, per soggetti che venissero da fuori, risorse per la riqualificazione del personale, i fondi strutturali della BEI, opzione al vaglio per una delle tre ipotesi su De Tomaso. Sul piano istituzionale si sta muovendo anche la Toscana, con l'assessore Gianfranco Simoncini, che ha chiesto un incontro urgente al ministro dello Sviluppo economico per i 130 addetti di Livorno. Per la Fiom piemontese e torinese, «la priorità – spiegano il segretario provinciale Federico Bellono e quello regionale Vittorio De Martino – è garantire una prospettiva occupazionale a tutti i lavoratori e, in fase di definizione dei progetti industriali, assicurare una proroga della cassa integrazione».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 16/10/2013)
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