mercoledì 16 giugno 2010

Marchionne, il profeta del World Class Manufacturing (prima parte)


Tra i tanti meriti della «Marchion-ship», c'è anche quello di mantenere fede agli impegni presi. Un paio d'anni fa, al forum Confindustria di Torino sulla competitività, il Ceo Fiat aveva esplicitamente dichiarato: «In Italia si parla molto. Ma, poi, c'è il momento di agire. Abbiamo ancora due o tre anni per completare la ristrutturazione basata sulla filosofia Toyota del World Class Manufacturing», in sigla WCM. Ecco quindi che dietro la decisione - che tutti si augurano vada in porto - di rilanciare Pomigliano investendo 700 milioni di euro portando in Italia la produzione della Panda, oggi costruita a Tychy, c'è appunto la strategia del World Class Manufacturing. L'impianto polacco è infatti quello che ha raggiunto il miglior livello di produttività. Da tener conto che non si parla di salari, ma di livelli qualitativi. Ma che cosa si nasconde dietro questa sigla? Un processo industriale e organizzativo complesso che tiene conto della "lean production" inventata dalla Toyota. E che Marchionne, per rendere questo concetto meno complicato e un po' più simpatico, preferisce chiamare «benchmark competitivi internazionali», in sostanza un "rating" per ogni stabilimento. Che, in sostanza, sono poi anche i principi che si è cominciato ad applicare (almeno in parte) alla Fiat di Melfi con le UTE (Unità tecnologica elementare). Il Ceo del Lingotto ha dichiarato più volte che si ispira alla Toyota, un sistema basato sul coinvolgimento delle persone che ha fatto scuola in tutto il mondo, mandando in pensione il fordismo. Il tema era già tornato d'attualità prima della grande crisi, verso la fine del 2007, proprio per la ristrutturazione di Pomigliano dove una parte consistente degli investimenti erano allora stati dedicati alla formazione. Ma che cosa si intende, al di là delle sigle, per World Class Manufacturing? Secondo gli esperti, è una metodologia di derivazione giapponese che ha già dimostrato di consentire livelli di qualità e di affidabilità più elevati, ma con costi inferiori. Che cosa consente questa apparente contraddizione? Riuscire a convogliare tutta l'intelligenza dei lavoratori, dall'ingegnere all'operaio, verso processi produttivi più efficienti. In effetti dietro la sigla WCM c'è un metodo di lavoro in grado di interiorizzare, adattandolo alla cultura occidentale e italiana, un sistema di produzione mondiale che mette insieme le eccellenze manifatturiere internazionali e il miglior stato dell'arte esistente a livello mondiale. Insomma, una filosofia giapponese integrata con le migliori pratiche del mercato: dal "kaizen", il miglioramento continuo, al "just in time", la minimizzazione delle scorte con i cartellini del "kanban". Del resto la Fiat di Marchionne ha già dimostrato di saper integrare nel proprio Dna tecniche sofisticate come ad esempio il Sei Sigma, scoperto dalla Motorola e reso famoso dalla General Electric di Jack Welch. Non è infatti un caso che al Motor Village di Torino, proprio alle spalle di Mirafiori, siano già stati premiati i migliori manager che hanno partecipato al «Six Sigma Day» Fiat, un incontro voluto dal top management per sottolineare i cambiamenti strategici che la società deve realizzare.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/6/2010)

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