giovedì 17 giugno 2010

Marchionne, il profeta del World Class Manufacturing (seconda parte)


Alla Fiat di Pomigliano, con l'applicazione congiunta del World Class Manufacturing e del sistema Ergo-Uas, tutte le volte che prenderà un componente per montarlo sulla nuova Panda l'operaio Gigi non dovrà fare più di dieci passi. Invece negli stabilimenti della Porsche, a Stoccarda, l'applicazione di questi principi è stata così coerente con la rigidità dello spirito tedesco che, di passi, il suo collega Hans non ne fa più di tre. Hans non è più bravo di Gigi. Semplicemente il World Class Manufacturing, declinazione occidentalizzata dei principi del toyotismo, si adatta in maniera plastica agli ambienti e alle fabbriche in cui viene applicato. Sergio Marchionne ha scelto di adottarlo negli stabilimenti del gruppo Fiat e lo sta estendendo gradualmente alla Chrysler, con una decina di tecnici torinesi impegnati a Auburn Hills. E anche i 5.500 uomini e donne di Pomigliano cambieranno il loro modo di stare in fabbrica.
La linea produttiva - Con il connubio fra World Class Manufacturing e Ergo-Uas, la vita in linea, per Gigi e i suoi colleghi, diventa una cosa diversa. A Pomigliano, dove l'investimento complessivo prospettato dal management della Fiat dovrebbe attestarsi intorno ai 700 milioni di euro, la riorganizzazione della linea partirà dalla postazione. E la riduzione degli spazi permetterà all'operaio Gigi, per alcune operazioni, di non muoversi da una parte all'altra, ma di torcere semplicemente il busto. Il rischio di procurarsi un malanno per la ripetitività dei movimenti dovrebbe ridursi della metà.
Le attrezzature - Di sicuro gli operai di Pomigliano non arriveranno alla condizione estrema sperimentata dalle tute blu della Johnson Controls che, in uno degli stabilimenti di Detroit diventato un caso di studio, hanno visto "spacchettare" negli anni 90 le vecchie linee fordiste. E, nemmeno, proveranno l'ebbrezza anti-organizzativa dei loro "avi delle fabbriche", alle prese negli anni 70 con l'utopia mai pienamente realizzata delle isole, in cui la ripetitività alla Chaplin cedeva il passo a una organizzazione circolare che tutelava e non umiliava le capacità del singolo. Ma, di certo, molto cambia: per esempio, l'operaio standard di Pomigliano non terrà a fianco della linea produttiva i suoi attrezzi e i componenti, ma li prenderà da carrelli che di volta in volta glieli porteranno. Gigi non lo sa ancora, ma secondo la letteratura economica dovrebbe ridurre fino a un massimo del 57% i tempi delle sue operazioni di montaggio.
Gli spazi - Il World Class Manufacturing è fondato sulla razionalizzazione degli spazi, come primo antidoto all'estensione dei tempi improduttivi. Oggi l'operaio napoletano cammina per chilometri. Succede anche ai suoi colleghi di Torino. Pomigliano d'Arco e Mirafiori sono cattedrali vuote dell'industria del secolo scorso, scenografie di un tempo in cui la produzione verticalizzata richiedeva che tutto, dalle lamiere ai pneumatici, fosse accumulato in spazi contigui. Magari non capiterà a Gigi quello che è successo ai suoi colleghi di Curitiba, in Brasile, dove la Volvo ha ridotto di un terzo lo stabilimento aumentando l'efficienza del 50%. Ma, di certo, camminerà meno.
Le scorte - La filosofia Toyota, sotto il profilo teorico, propina il "just in time". La produzione in funzione diretta della domanda. L'utopia delle scorte zero, però, nei sistemi industriali occidentali di rado ha attecchito. Di sicuro, però, sul versante della gestione del magazzino, a Pomigliano Gigi potrà stare tranquillo: pezzi e componenti non saranno lasciati a prendere polvere nei magazzini. Ci saranno, anche se verranno trattati con perizia, per ottimizzare la produzione delle nuove Panda e per ridurre al massimo la capitalizzazione dei costi, uno degli obiettivi del World Class Manufacturing.
Processi decisionali - La competizione fra sistemi industriali non è una barzelletta. Ma è vero che un italiano non è un giapponese e che uno di Napoli non è uno di Stoccarda. Al Sud, dove restano molti insediamenti di grandi gruppi privati e pubblici, si può fare manifattura. E l'industria, con la filosofia Marchionne, ha bisogno sia di creatività che di disciplina. Un operaio di Nagoya, secondo l'ortodossia del toyotismo, ha un grado di coinvolgimento molto elevato, partecipa al processo industriale e, quando arriva il momento della decisione, sa chi dovrà prenderla e rispetta la gerarchia. Nelle imprese tedesche che adottano il World Class Manufacturing di solito si costituiscono gruppi informali di teste pensanti che elaborano le strategie, eseguite con precisione quasi religiosa dall'operaio Hans. Tutto da costruire quello che farà Gigi, per il suo futuro e per quello di Pomigliano.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 17/6/2010)

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