mercoledì 30 giugno 2010

Fiat Multiair è il motore dell'anno


Il propulsore 1.4 Turbo che ha portato al debutto la rivoluzionaria tecnologia Multiair, si è aggiudicato il prestigioso riconoscimento "Engine of the Year" nella categoria miglior nuovo motore dell'anno. Questo innovativo quattro cilindri, grazie all'abbinamento della gestione elettro-idraulica delle valvole di aspirazione Multiair con la sovralimentazione mediante turbocompressore, stabiliscono nuovi standard in termini di efficienza. Sviluppate e prodotte da Fiat Powertrain Technologies, le motorizzazioni 1.4 Multiair Turbo, con potenze comprese fra 135 e 170 CV, equipaggiano, coerentemente il concetto di "downsizing", le Alfa Romeo MiTo e Giulietta, oltre alla Fiat Punto Evo e Abarth Punto Evo, e sono di prossima introduzione su Fiat Bravo e Lancia Delta. In particolare, la versione di punta da 170 CV, con i suoi 124 CV/litro, fa segnare un potenza specifica particolarmente elevata che, unitamente alla coppia massima di 250 Nm, assicura prestazioni sportive con consumi ed emissioni da record: 134 g/km di CO2 sulla nuova Alfa Romeo Giulietta. La pluripremiata tecnologia Multiair, grazie al controllo diretto dell'aria di aspirazione cilindro per cilindro e colpo a colpo, senza l'utilizzo della farfalla, riduce i consumi e le emissioni di CO2 fino al 10%, ottenendo, allo stesso tempo, un incremento della potenza del 10% e un miglioramento della coppia del 15%. Inoltre, attraverso l'accurato controllo della combustione, si riducono anche le emissioni inquinanti. Il Multiair è una tecnologia versatile, facilmente applicabile a tutti i motori a benzina e con futuri potenziali sviluppi anche per i propulsori diesel. Il premio "Best New Engine of the Year", assegnato da una giuria internazionale composta da 65 giornalisti specializzati provenienti da 32 Paesi, è stato ritirato dall'ing. Aldo Marangoni, Product Engineering Vice President di Fiat Powertrain Technologies. "Il premio è la riconferma ulteriore della riconosciuta capacità d' innovazione tecnologica del Gruppo Fiat, che già nel 2005, con il piccolo ma sofisticato 1.3 Multijet, si aggiudicò il primo premio dell' "International Engine of the Year" nella categoria riservata ai motori di cilindrata da 1.0 a 1.4, aprendo un nuovo capitolo nella storia delle motorizzazioni a gasolio, un settore in cui il Gruppo Fiat è leader grazie all'introduzione sul mercato, in anteprima mondiale, di innovazioni come l'iniezione diretta e la tecnologia common-rail", ha dichiarato Aldo Marangoni. "Molta potenza abbinata ad emissioni contenute rendono il 1.4 un motore eccellente. Quando poi si guarda anche ai consumi, il motore Multiar Turbo diventa veramente un ottimo propulsore. È facile capire perché sia stato premiato come miglior motore dell'anno", ha dichiarato Dean Slavnich, Co-Presidente del Concorso ed Editore della rivista Engine Technology International.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 29/6/2010)

martedì 29 giugno 2010

Addio alla PT Cruiser


Le linee di montaggio di Toluca termineranno di produrre la Chrysler PT Cruiser nella seconda settimana di luglio. Poi il modello andrà in pensione senza essere sostituito.
Nuovo millennio, stile retró. All'alba del nuovo millennio, la Chrysler PT Cruiser ha fatto la sua comparsa puntando su linee emozionali, che rievocano le vetture americane del passato. Nel tempo la Chrysler PT Cruiser si è evoluta in diverse varianti, tra la quali va ricordata la cabriolet, ma ha comunque conservato il dna originario, nonostante i (pochi) aggiornamenti estetici e meccanici. Al momento della sua nascita doveva essere lanciata con il marchio Plymouth, ma in seguito gli americani decisero di smantellare lo storico brand, così la PT Cruiser sbarcò sotto le insegne Chrysler.
Un successo a metà. In dieci anni di vita la Chrysler PT Cruiser ha raggiunto quota 1.3 milioni di unità - un buon numero - e ha saputo conquistarsi una nicchia di appassionati, soprattutto statunitensi, tanto che per certi periodi è stato il modello Chrysler più venduto. Il discorso cambia di molto in Europa: nella prova di "Quattroruote" del luglio 2000 abbiamo sottolineato la grande abitabilità della vettura, la capacità del bagagliaio e il livello di equipaggiamento offerto. Ma c'erano anche punti critici: il 2 litri benzina "beveva" assai, mentre le prestazioni, in ripresa e in accelerazione, si erano rivelate decisamente poco appaganti. Parte di questi difetti saranno "corretti" due anni dopo con l'introduzione del turbodiesel, pensato per il mercato europeo.
Un requiem con qualche rimpianto. Nella nuova Chysler disegnata da Sergio Marchionne la PT Cruiser non avrà eredi. Ormai il modello ha parecchi anni sulle spalle e avrebbe bisogno di essere riprogettato da zero per rispondere alle più recenti normative di sicurezza e ambientali. E qui vengono al pettine tutti i nodi delle precendenti gestioni della Chrysler, colpevoli, secondo Mark Phelam, autorevole fima del Detroit Free Press, "di aver abbandonato la PT Cruiser al proprio destino, di non averle saputo dare lo spazio che meritava né un futuro. Eppure, avrebbero potuto farne un'icona".
(Fonte: www.quattroruote.it - 29/6/2010)

lunedì 28 giugno 2010

Semaforo giallo per Lancia e Chrysler: qualche nube sulle reti


A causa dell'acquisto della Chrysler da parte di Fiat siamo alla vigilia di un cataclisma nelle attività di entrambi i marchi. Il logo Chrysler scomparirà di fatto dall'Europa per essere sostituito da quello Lancia (tranne che in Irlanda e Regno Unito, dove quest'ultimo marchio non gode di una buona immagine) e sopravviverà solo oltreoceano. Quello Dodge sarà sottoposto a una profonda revisione di gamma, contenuti e posizionamento. Jeep, la cui immagine è invece ancora piuttosto solida, sembra che vivrà di vita propria. Le conseguenze del terremoto si faranno sentire anche nella struttura distributiva, poiché l'insegna Chrysler sparirà del tutto dalle concessionarie. Fiat non ha perso tempo nel dare il via alle grandi manovre: il 31 maggio scorso, tutti i concessionari Lancia e Chrysler hanno ricevuto la disdetta dei mandati, che scadranno il 31 maggio 2011 per lasciare il posto a quelli nuovi. Al momento non è chiaro quali saranno i loro contenuti, ma è logico supporre che tutti i concessionari che venderanno le “Lanciaysler” (passateci la provocazione semantica) dovranno dotarsi della strumentazione diagnostica necessaria all'assistenza di modelli nuovi che, almeno all'inzio, avranno probabilmente un'elettronica di bordo di origine mista italoamericana. È noto però che, nel mondo dell'auto, simili manovre sulla struttura distributva si accompagnano spesso all'imposizione di nuovi standard alla rete, e chi non li rispetta ne viene escluso. È praticamente certo che a Torino intendano sfoltire sia i concessionari Lancia, sia quelli Chrysler per adeguarne il numero complessivo ai piani di vendita dei nuovi modelli. A livello europeo, si parla di un quasi dimezzamento della rete esistente. Non è ovviamente ancora noto con precisione se lo sfoltimento maggiore riguarderà gli attuali concessionari Lancia o quelli Chrysler, ma c'è da augurarsi che quando i nuovi assetti saranno definiti, i già clienti Chrysler potranno godere di una rete di vendita e d'assistenza più capillare di quella odierna, che al momento registra alcuni non trascurabili buchi. Per esempio, Chrysler è del tutto assente dalla Val d'Aosta e dal Molise, mentre tra le provincie non è presente a La Spezia, Foggia, Brindisi, Rieti e da buona parte della Sicilia e della Sardegna. Purtroppo, esperienze passate hanno insegnato che ristrutturazioni così profonde, soprattutto nella fase di transizione, causano disagi alla clientela, che talvolta vede sparire il suo concessionario di fiducia prima che ne venga nominato un altro ed è così costretta, dopo aver acquistato l'auto, a spostarsi in un'altra città per effettuare il tagliando di manutenzine periodica. Un'altra incognita riguarda le quotazioni dell'usato degli attuali modelli Chrysler, che potrebbe risentire della sparizione del marchio dal mercato e dall'immaginario collettivo, anche se va ricordato che il grosso della svalutazione le Chrysler l'hanno già subita l'anno scorso, quando l'industria dell'auto americana sembrava avviata al disastro. La possibile buona notizia è che gli esemplari di vetture Chrysler nuove ancora invenduti (che però non sembrano molto numerosi) potrebbero presto essere offerti a prezzi da saldo.
(Fonte: www.sicurauto.it - 28/6/2010)

venerdì 25 giugno 2010

Fiat-Zastava: si consolida la partnership tra il Lingotto e la Serbia


Procede l'operazione Fiat in Serbia. Dopo aver rilevato gli stabilimenti della Zastava a Kragujevac e avviato l'opera di ristrutturazione e ampliamento della fabbrica che comporterà investimenti per 700 milioni, FAS (Fiat Automobili Srbija) ha iniziato ad affrontare il tema delle "supply chain". L'obiettivo é di promuovere l'insediamento sul posto di un adeguato numero di fornitori di componentistica. Fiat punta a produrre in Serbia il 5% della componentistica di tutto il gruppo, per un valore di oltre un miliardo e mezzo di euro. In sostanza, l'azienda propone alla Serbia un'alleanza fondata sui vantaggi comparativi del Paese : collocazione geografica, incentivi, costi, qualità della forza lavoro. La sfida, per la Fiat, é di trasformare l'impianto di Kragujevac in una struttura di eccellenza. Per il Governo serbo é di trasformare quest'area in un grande polo di produzione automobilistica. In un incontro tenutosi a maggio a Belgrado e organizzato dalla Siepa (l'agenzia di Stato per la promozione degli investimenti), FAS e le Autorità jugoslave hanno esposto le opportunità che si aprono nel Paese. Erano presenti più di 160 aziende di tutto il mondo. FAS, che nel frattempo ha avviato in Serbia la produzione della "Punto Classic" in diverse versioni (diesel, gpl e benzina) ha fatto sorgere intorno allo stabilimento una "free zone" di quasi 70 ettari destinata a tutte le aziende fornitrici che vi si vorranno installare. Il Governo serbo ha stabilito che il nuovo polo industriale di Kragujevac godrà di dieci anni di esenzione dalle tasse, dell'abbattimento delle imposte locali e di infrastrutture realizzate dalla Municipalità che prevedono anche nuovi collegamenti stradali con l'asse stradale (Corridoio 10) che collega Salisburgo in Austria con Salonicco in Grecia. Assicura inoltre contributi fino a 10mila euro per ogni nuovo assunto, e questo ha già spinto la "Yuco", fabbrica coreana di cablaggi, e una ditta slovena a trasferirsi in quest'area. Anche Magneti Marelli ha firmato un un'intesa preliminare per l'apertura di un nuovo sito industriale nell'area di Kragujevac. Il Governo della Repubblica Serba metterà a disposizione di Magneti Marelli misure di incentivazione e agevolazioni fiscali mirate all'insediamento delle attività industriali e un terreno per la realizzazione del nuovo impianto destinato alla realizzazione di componenti automotive. Lo stabilimento si svilupperà su una superficie di circa cinque ettari, dei quali 14 mila metri quadrati saranno al coperto. Di questi, settemila saranno dedicati alla realizzazione di sistemi di scarico, settemila alle sospensioni (traverse anteriori, assali posteriori e bracci oscillanti) e i restanti ottomila metri quadrati edificabili saranno disponibili per eventuali futuri sviluppi. Contestualmente sarà dedicata a Magneti Marelli un'area di 36 mila metri quadrati all'interno di un fabbricato di (FAS). In quest'area saranno prodotti componenti in plastica e, in particolare, paraurti anteriori e posteriori, pannelli porte e plance. Per questi insediamenti, é previsto un organico a regime di 400 dipendenti. La struttura sarà realizzata prevedendo una crescita della domanda di componenti fino a 300 mila veicoli all'anno. L'obiettivo principale dell'insediamento di Magneti Marelli in Serbia é fornire il mercato locale con componenti quali sospensioni, sistemi di scarico e sistemi comandi meccanici, principalmente rivolti alle attività di Fiat Auto Serbia (FAS). Secondo fonti serbe, Marelli dovrebbe controllare il 67% delle quote mentre al Governo serbo resterà la rimanente quota del 33%. L'investimento previsto dovrebbe essere di 60 milioni di euro. Il governo serbo sarebbe disposto a fornire un contributo di 10 milioni di euro. Infine FAS prevede la creazione a Kragujevac di un centro di alta formazione e di progetti per la sostenibilità ambientale. L'obiettivo dichiarato dall'azienda é di raggiungere un livello di produzione pari a 200mila veicoli anno, tra la fine 2011 e l'inizio 2012. Sarà prodotto un nuovo modello versatile di city-car medio-piccola (segmento B) destinato ai mercati mondiali. Nel 2009 FAS ha prodotto e venduto, tra aprile e dicembre, 18 mila modelli Punto Classic in una piccola area dell'ex stabilimento Zastava. Attualmente le vendite in Serbia sono di circa 1.200 vetture al mese. La capacità dell'area di stabilimento attivata può arrivare fino a 120 vetture al giorno.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 24/6/2010)

giovedì 24 giugno 2010

Alfa Romeo, futuro prossimo


Ancora cento di questi giorni, ma, per favore, non cento di questi anni, almeno non come gli ultimi. Se l’Alfa Romeo potesse davvero spegnere le candeline in occasione del suo primo secolo di vita, non potrebbe davvero augurarsi che gli anni a seguire della propria vita assomigliassero agli ultimi dieci, dominati da una serie di errori e da diversi cambi di rotta, all’inseguimento di traguardi di vendite e strategici puntualmente mancati e segnati altrettanto puntualmente da vari cambi di guida alla sua conduzione. Diciamocelo con sincerità: l’Alfa Romeo non è mai davvero rinata, nonostante gli annunci di Sergio Marchionne e degli uomini da lui scelti per riportarla al livello cui potrebbe ambire per la sua storia e la forza del suo marchio, ovvero al pari dei costruttori premium tedeschi.
TRA OCCASIONI MANCATE E RIPENSAMENTI - Alfa che torna in America e alla trazione posteriore, Alfa pronta a tirare fuori modelli con prestazioni superiori alle sue concorrenti e che vende almeno 300mila auto all’anno. Sono stati questi i tormentoni che si sono susseguiti negli ultimi anni e ai quali i vari Antonio Baravalle, Luca De Meo e Sergio Cravero non hanno saputo dare attuazione con fatti che fossero eloquenti per quantità e per qualità piacessero allo stesso Marchionne. Per non parlare dei dubbi legati al nome che hanno segnato il battesimo della Giulietta, pensata come 149, nata Milano, ma poi ribattezzata in fretta e furia. Oppure delle occasioni mancate come il SUV compatto derivato dal concept Kamal che poteva nascere quando l’unico concorrente sarebbe stato la BMW X3 o il motore Diesel V6 3 litri prima sviluppato con GM e VM e poi messo in ghiaccio in attesa di tempi migliori. Per non parlare dell’Alfa Romeo 159, sviluppata su un pianale che doveva servire per molti modelli Fiat e GM e invece fa da base solo a Brera e Spider (che non passeranno certo alla storia); ha avuto bisogno di un paio di rivisitazioni per perdere almeno parte del suo eccessivo peso ed essere infine accantonato in attesa del modello che dovrebbe sostituire la 159.
NIENTE AMMIRAGLIA - Notizie non pervenute infine per quanto riguarda l’ammiraglia, dopo che la 166 è stata accompagnata alla pensione e per gli accordi che avrebbero dovuto portare la produzione e la vendita del Biscione in Cina. Così, mentre gli altri non ce la fanno a star dietro al boom del paese più popoloso al mondo, per l’Alfa si è persino parlato di scorporo e vendita, ipotesi puntualmente smentite. E neppure la MiTo è riuscita a dare un impulso a livello di vendite tale da cambiare il segno sostanziale di un marchio che gode ancora di una notorietà enorme anche dove manca da decenni. L’Alfa Romeo insomma rimane ancora un simbolo di sportività anche se al suo interno è essa stessa che ha abbattuto i suoi simboli, abbandonando prima il Portello, poi Arese e infine anche Pomigliano.
UN FUTURO PREMIUM - Di fronte alle famose 100 candeline, l’Alfa Romeo si chiede cos'è diventata, dove si trova e soprattutto che come si riscatterà sotto la guida di Harald Wester. In occasione dell’Investor Day tenutosi lo scorso 21 aprile a Torino, ad Alfa Romeo è dedicato in modo specifico il quarto dei 6 pilastri che recita così: impegno a sviluppare Alfa Romeo come marchio premium in tutta la sua gamma attraverso la crescita in Europa e il ritorno in Nordamerica. Parole non dissimili dal passato. Ma vediamo che cosa riserva il futuro nel dettaglio.
GIULIA - Cominciamo dalla fascia mediana dove la 159 lascerà lo spazio alla Giulia, nata stavolta da un pianale più leggero progettato in Italia e derivato dal Compact che ha debuttato sulla Giulietta. Su questa vettura, prodotta in Italia nello stabilimento di Mirafiori, Marchionne ha messo la bandierina a stelle e strisce perché sarà questo probabilmente il modello che segnerà il ritorno dell’Alfa negli Stati Uniti. Ci sarà ovviamente anche la versione Sportwagon (ma solo per l’Europa) e per i motori la gamma ruoterà intorno al nuovo 1750 con distribuzione MultiAir, ma ci sarà a disposizione anche il 2,4 litri di derivazione Chrysler al quale Fiat Power Train ha lavorato tanto per ridargli nuova linfa. Per il Diesel ci sarà il già noto 2 litri accanto alla possibilità che venga scongelato il già citato V6 3 litri. Quel che è sicuro è che il 5 cilindri 2.4 prodotto a Pratola Serra non è più in grado di reggere il passo in termini di prestazioni ed emissioni. Questo vuol dire che l’Alfa Romeo non solo non affiderà il proprio ritorno degli U.S.A. alla sua nuova ammiraglia, ma quest’ultima è addirittura sparita dai piani. Dunque la questione se avrà o no la trazione posteriore è tagliata alla radice. Un cambio di strategia radicale che i ben informati dicono dovuto all’arrivo di quella che nei piani viene definita Maserati E High End. Quindi non sarà una vettura col Biscione a sfidare le varie Audi A6/A7, BMW Serie 5 (e forse Serie 8) e Mercedes Classe E/CLS, ma una con il Tridente, più piccola della Quattroporte e che avrà pianale e motori di derivazione americana, visto che per il primo si prenderà la scocca della Chrysler 300C rivisitata e per i secondi si attingerà alla nuova famiglia dei V6 Phoenix per i quali sono previste varie configurazioni con potenze oltre 400 CV. Dovrebbe esserci anche un V8, ma non è certo che sia il solito di derivazione Ferrari. Anzi, ci si chiede se una Maserati pensata in questo modo abbia ancora senso produrla in Italia. Ma si tratta di una questione che non riguarda direttamente l’Alfa Romeo. Tuttavia la complementarietà sarà fondamentale a livello commerciale, soprattutto in Nordamerica e favorirà la costruzione di una rete di concessionari sul quale sarà issata la bandiera tricolore, in grado di vendere entrambi i marchi senza dare adito a sovrapposizioni di alcun genere.
UNA NUOVA SPIDER - L’Alfa Romeo andrà poi a eccitare la nostalgia degli americani con un nuova Spider il cui debutto è previsto nel 2013 e che il piano rappresenta in modo ambiguo perché la sagoma ha sia la colorazione che ne indica la derivazione da un progetto industriale italiano come la Giulia, sia la derivazione da un progetto americano come altri due nuovi modelli che vedremo tra poco. I ben informati dicono che sarà una due posti secca a trazione posteriore. Potrebbe essere dunque anche lei derivata dal pianale della LX della 300C opportunamente accorciato oppure prendere l’architettura della Dodge Viper che – vale la pena ricordarlo – ha dalla sua un struttura da vera sportiva, capace di ospitare il mastodontico V10 8.4 che trabocca di coppia e cavalli, garantendo leggerezza e compattezza tale da poter avere una vettura che oggi non supera i 4,5 metri di lunghezza e potrebbe essere facilmente accorciata. A questo proposito, i primi segni potrebbero essere quelli visti sul concept 2uettottanta presentato da Pininfarina all’ultimo Salone di Ginevra. Nessuna decisione infine sul sito produttivo.
UN'ALFA SUV - Ma il capitolo più innovativo sarà quello a ruote alte. Alfa Romeo infatti si prepara ad avere in gamma non uno, ma due SUV, entrambi derivati da piattaforme americane fornite da Jeep, con tutto il bagaglio di conoscenze che il marchio americano ha in questo campo. Il primo, previsto già nel 2012, sarà un crossover compatto dalle caratteristiche decisamente sportive che riprende nel concetto proprio quella Kamal le cui potenzialità non furono allora comprese. Il secondo è invece previsto per il 2014 e avrà dimensioni medio-grandi, dunque assimilabile alla nuova Grand Cherokee, ma con un’impostazione nettamente più stradale e motori più potenti. Qui torneranno utile le altre versioni del V6 Phoenix, alcune con MultiAir, iniezione diretta e doppio turbocompressore. Tralasciando quella 3 litri da oltre 400 CV destinata alle auto stradali, ce n’è un’altra da 370-380 CV che potrebbe fare proprio al caso del nuovo SUV Alfa, magari accoppiata con il cambio automatico 8 rapporti di origine ZF che Chrysler si appresta a produrre proprio dal 2013. È molto probabile che entrambi questi modelli vengano prodotti in Nordamerica.
SPORTIVA SI', MA SECONDO I DESIDERI DEL MERCATO - La sportività dunque rimarrà, ma sarà declinata secondo quelli che sono i desideri del mercato, in particolare quello americano dove l’Alfa da qui al 2014 si gioca davvero tutto e dove vuole portare tutto, compresa la MiTo rinnovata nel 2012 per la quale è prevista anche la versione a 5 porte, pensata proprio per il pubblico d’Oltreoceano e che sarà prodotta in Canada. Stessa sorte avrà la Giulietta in occasione del primo restyling previsto per ora nel 2014. Per quell’anno dunque tutta la gamma Alfa Romeo sarà disponibili sui due lati dell’Atlantico. Cosa succederà invece sui mercati emergenti è presto per dirlo. Gli accordi fatti con Chery e SAIC sono praticamente falliti o rimandati sine die, quello con la Gac (Guangzhou Automotive Company) partirà nella seconda metà del 2011, ma l’esperienza dimostra che mandare a regime un’alleanza con aziende cinesi presenta molti rischi e richiede tempo.
UN'ALFA ROMEO INTERNAZIONALE - Ma cosa rimarrà allora dell’italianità di Alfa Romeo? Di sicuro il brand ha perso la sua milanesità presente nel marchio stesso (il biscione è l’antico stemma dei Visconti e la croce quello della città di Milano): il Portello è un lontano ricordo, Arese offre una visione spettrale. Ma ha perso anche la sua napoletanità, dovuta alle origini partenopee del fondatore Nicola Romeo e allo stabilimento di Pomigliano, dove l’Alfa ha prodotto le sue auto a trazione anteriore dal 1971 fino alla fine del 2009, sul quale Fiat ha piani ambiziosi, ma la cui attuazione è quantomeno problematica per le note vicende che sono sulle prima pagine in questi giorni. Sarà dunque una Alfa Romeo più internazionale, sicuramente italiana agli occhi degli stranieri meno per quelli degli italiani, meno sportiva e tradizionalista con l’obiettivo categorico di guadagnare quel successo che, al di là dei consensi ottenuti per lo stile delle sue vetture, non c’è mai stato a livello commerciale in modo stabile e redditizio. Si tratta in definitiva di un ultimo appello che suona più o meno così: se vuoi mantenere il tuo passaporto italiano, devi dimostrare di essere capace di viaggiare nel mondo e portare i soldi a casa. Fuor di metafora: il momento di fare i numeri è questo, altrimenti vendita o addio al marchio. Il mondo dell’automobile non può più vivere di nostalgie e occorre avere un futuro. Questo vale anche per l’aristocrazia dell’auto della quale Alfa Romeo sicuramente fa parte, ma che non giustifica più l’esistenza di un marchio.
Auguri quindi Alfa Romeo per i tuoi 100 anni, ma soprattutto per questo importantissimo quinquennio che deciderà il tuo destino.
(Fonte: www.omniauto.it - 24/6/2010)

mercoledì 23 giugno 2010

WSJ: Chrysler punta a rinnovare la gamma Dodge


Chrysler Group LLC sta puntando a rinnovare la sua gamma prodotti, in particolare per quanto riguarda i modelli più vecchi del marchio Dodge, che per almeno un altro anno non lancerà sul mercato nessuna nuova autovettura. Nell'ambito di questa strategia, secondo il Wall Street Journal, la casa di Auburn Hills, controllata dalla Fiat, sta lavorando a un piano per cercare di trasformare i cosiddetti minivan Soccer-Mom, cioè utilizzati dalle mamme per portare i bambini agli allenamenti, in modelli più mascolini. Alcuni concessionari hanno rivelato peraltro come tra pochi mesi sarà presentato "Man Van" Caravan, una versione speciale del Dodge Grand Caravan dotata di un aspetto più sportivo. Chrysler sta anche lavorando su una versione di lusso del Dodge Durango sport-utility, che dovrebbe uscire sul mercato alla fine dell'anno con il nome Citadel. I pacchetti di modifiche finalizzate a rinnovare vecchi prodotti sono il frutto della mente del Ceo di Dodge Ralph Gilles, entrato nel 1992 in Chrysler nel reparto design, che da sempre crede nella possibilità che i produttori di auto siano, con alcuni ritocchi, in grado di creare prodotti più interessanti senza la necessità di ricominciare tutto da capo. "Quando si innova, non è necessario reinventare completamente. Devi solo mettere una variazione su un prodotto", ha affermato Gilles in un discorso del 2007 a Traverse City. Tuttavia gli analisti sono scettici sul fatto che il "pacchetto innovazione" possa funzionare in un'economia in cui le persone sono sempre più prudenti nei loro acquisti. "I consumatori sono alla ricerca di qualcosa di diverso. Vogliono valore", ha detto IHS Automotive analista Rebecca Lindland. "Generare vendite apportando solo modifiche cosmetiche non funziona quando le vendite complessive sono basse e la concorrenza è spietata".
(Fonte: http://online.wsj.com - 23/6/2010)

martedì 22 giugno 2010

Buon compleanno Alfa Romeo. Giovedì il Biscione compie 100 anni


Dal primo modello, la 24 Hp del 1910 che viaggiava ai mitici cento all'ora e da cui derivarono le prime auto da competizione, fino alla nuova Giulietta. Giovedì l'Alfa Romeo compie cent'anni e per festeggiare questo avvenimento gli alfisti di tutto il mondo si mobiliteranno in un maxiraduno che animerà le principali piazze milanesi il prossimo week-end. Proprio a Milano, l'Alfa, acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, avviò i primi passi il 24 giugno 1910. Il cognome dell'ingegner Nicola Romeo, nuovo proprietario dell'azienda, venne aggiunto cinque anni dopo. E ciò coincise con la prima conversione dell'azienda a produzioni belliche. Negli Anni '20 l'ingegner Romeo uscì dalla compagine societaria e dopo varie vicissitudini il marchio nel '33 divenne statale con il passaggio all'Iri. Nel Dopoguerra arriva il momento di massimo splendore per l'Alfa, con modelli che sono divenuti veri miti nella storia stessa dell'automobile e grandi risultati anche nelle competizioni. Nel 1972 l'inaugurazione dello stabilimento di Pomigliano d'Arco e l'avvio della controversa operazione Alfasud. Nel 1983 viene avviata una joint venture con Nissan, che porta alla nascita di un modello - l'Arna - che segna l'inizio di una parabola discendente. Nell'86 l'Iri cede la proprietà dell'Alfa Romeo al gruppo Fiat, avviando così la fase «moderna» della storia di questo marchio. La tecnologia e lo sport, forse più delle vicendecommerciali, ha fatto grande in questi cento anni il marchio del Biscione: i bolidi Alfa Romeo hanno vissuto momenti esaltanti sulle piste di tutto il mondo, cogliendo trionfi indimenticabili e alimentando il mito. Come quando Henry Ford, al passaggio dell' Alfa Romeo 8c Monza nel 1933, disse: «Signori giù il cappello». O come nel Gran Premio di Germania del 1935 dove Tazio Nuvolari con Alfa Romeo P3 vinse la corsa dopo una furibonda rimonta per via di un ritardo nelle operazioni di rifornimento a dispetto dello squadrone tedesco formato da Mercedes e Auto Union per cui tifavano i massimi gerarchi nazisti. Ma se dici Alfa Romeo non puoi non dire Giulietta, la fidanzata d'Italia, declinata come spider, come coupè e come berlina, sogno segreto di tanti appassionati. Negli ultimi anni Alfa Romeo ha vissuto momenti complessi ma ha comunque proposto modelli di razza, ultimo dei quali la nuova Giulietta con cui si punta all'espansione del marchio, compreso quel ritorno negli Usa ormai tappa consolidata del piano Marchionne per la nuova Chrysler Fiat. L'ingegner Orazio Satta Puliga, capo della progettazione, definì così le sue automobili nel 1974. Parole che erano valide cento anni fa e che probabilmente lo saranno anche per i prossimi cento. «L'Alfa Romeo non è una semplice fabbrica di automobili: le sue auto sono qualche cosa di più che automobili costruite in maniera convenzionale. Ci sono molte marche di automobili, e tra esse l'Alfa occupa un posto a parte. È una specie di malattia, l'entusiasmo per un mezzo di trasporto. È un modo di vivere, un modo tutto particolare di concepire un veicolo a motore».
(Fonte: www.ilgiornale.it - 20/6/2010)

lunedì 21 giugno 2010

Wester pronto al gran rientro in Ferrari?


Harald Wester, l’ingegnere capo del gruppo Fiat, braccio destro di Sergio Marchionne, sia a Torino sia a Detroit (Chrysler) per tutte le questioni tecniche legate allo sviluppo del prodotto, potrebbe avere un futuro ancora (e anche) a Maranello. Nel momento in cui l’attuale amministratore delegato della Ferrari, Amedeo Felisa, andrà in pensione, Wester potrebbe prenderne il posto. Per il tedesco (ora alla guida anche di Alfa, Abarth e Maserati) sarebbe un ritorno al Cavallino, visto che vi ha lavorato dal 1999 al 2002 come capo dello sviluppo prodotto. Il suo nome, comunque, resterebbe sempre tra quelli candidati a un upgrade in Fiat, quando e se Marchionne deciderà di mettere ordine alla società «spinoffate».
(Fonte: www.ilgiornale.it - 19/6/2010)

venerdì 18 giugno 2010

MF: Marchionne accelera sullo spin-off delle attività estranee al business dell'auto


Sergio Marchionne accelera sull'operazione che al 31 dicembre separerà le attività auto da quelle di CNH, Iveco e Powertrain Industrial&Marine. Entro fine mese, si legge in MF, l'a.d. della Fiat dovrebbe comunicare alle banche creditrici del Lingotto la proposta per la ripartizione del debito tra la futura Fiat Industrial e Fiat S.p.A., che invece si concentrerà sul business dell'auto. Nel frattempo a Torino si sta lavorando alacremente per definire la nuova struttura societaria. Secondo i documenti che MF ha potuto consultare, Fiat Industrial non nascerà da una newco, ma da una società già esistente: l'attuale Iveco S.p.A., che assumerà la nuova denominazione dal prossimo primo ottobre. Questa società avrà funzioni di holding, mentre le attività industriali legate alla produzioni di camion e veicoli commerciali pesanti dovrebbero confluire in un'altra scatola societaria, che contestualmente assumerà il nome di Iveco.
(Fonte: www.milanofinanza.it - 18/6/2010)

giovedì 17 giugno 2010

Marchionne, il profeta del World Class Manufacturing (seconda parte)


Alla Fiat di Pomigliano, con l'applicazione congiunta del World Class Manufacturing e del sistema Ergo-Uas, tutte le volte che prenderà un componente per montarlo sulla nuova Panda l'operaio Gigi non dovrà fare più di dieci passi. Invece negli stabilimenti della Porsche, a Stoccarda, l'applicazione di questi principi è stata così coerente con la rigidità dello spirito tedesco che, di passi, il suo collega Hans non ne fa più di tre. Hans non è più bravo di Gigi. Semplicemente il World Class Manufacturing, declinazione occidentalizzata dei principi del toyotismo, si adatta in maniera plastica agli ambienti e alle fabbriche in cui viene applicato. Sergio Marchionne ha scelto di adottarlo negli stabilimenti del gruppo Fiat e lo sta estendendo gradualmente alla Chrysler, con una decina di tecnici torinesi impegnati a Auburn Hills. E anche i 5.500 uomini e donne di Pomigliano cambieranno il loro modo di stare in fabbrica.
La linea produttiva - Con il connubio fra World Class Manufacturing e Ergo-Uas, la vita in linea, per Gigi e i suoi colleghi, diventa una cosa diversa. A Pomigliano, dove l'investimento complessivo prospettato dal management della Fiat dovrebbe attestarsi intorno ai 700 milioni di euro, la riorganizzazione della linea partirà dalla postazione. E la riduzione degli spazi permetterà all'operaio Gigi, per alcune operazioni, di non muoversi da una parte all'altra, ma di torcere semplicemente il busto. Il rischio di procurarsi un malanno per la ripetitività dei movimenti dovrebbe ridursi della metà.
Le attrezzature - Di sicuro gli operai di Pomigliano non arriveranno alla condizione estrema sperimentata dalle tute blu della Johnson Controls che, in uno degli stabilimenti di Detroit diventato un caso di studio, hanno visto "spacchettare" negli anni 90 le vecchie linee fordiste. E, nemmeno, proveranno l'ebbrezza anti-organizzativa dei loro "avi delle fabbriche", alle prese negli anni 70 con l'utopia mai pienamente realizzata delle isole, in cui la ripetitività alla Chaplin cedeva il passo a una organizzazione circolare che tutelava e non umiliava le capacità del singolo. Ma, di certo, molto cambia: per esempio, l'operaio standard di Pomigliano non terrà a fianco della linea produttiva i suoi attrezzi e i componenti, ma li prenderà da carrelli che di volta in volta glieli porteranno. Gigi non lo sa ancora, ma secondo la letteratura economica dovrebbe ridurre fino a un massimo del 57% i tempi delle sue operazioni di montaggio.
Gli spazi - Il World Class Manufacturing è fondato sulla razionalizzazione degli spazi, come primo antidoto all'estensione dei tempi improduttivi. Oggi l'operaio napoletano cammina per chilometri. Succede anche ai suoi colleghi di Torino. Pomigliano d'Arco e Mirafiori sono cattedrali vuote dell'industria del secolo scorso, scenografie di un tempo in cui la produzione verticalizzata richiedeva che tutto, dalle lamiere ai pneumatici, fosse accumulato in spazi contigui. Magari non capiterà a Gigi quello che è successo ai suoi colleghi di Curitiba, in Brasile, dove la Volvo ha ridotto di un terzo lo stabilimento aumentando l'efficienza del 50%. Ma, di certo, camminerà meno.
Le scorte - La filosofia Toyota, sotto il profilo teorico, propina il "just in time". La produzione in funzione diretta della domanda. L'utopia delle scorte zero, però, nei sistemi industriali occidentali di rado ha attecchito. Di sicuro, però, sul versante della gestione del magazzino, a Pomigliano Gigi potrà stare tranquillo: pezzi e componenti non saranno lasciati a prendere polvere nei magazzini. Ci saranno, anche se verranno trattati con perizia, per ottimizzare la produzione delle nuove Panda e per ridurre al massimo la capitalizzazione dei costi, uno degli obiettivi del World Class Manufacturing.
Processi decisionali - La competizione fra sistemi industriali non è una barzelletta. Ma è vero che un italiano non è un giapponese e che uno di Napoli non è uno di Stoccarda. Al Sud, dove restano molti insediamenti di grandi gruppi privati e pubblici, si può fare manifattura. E l'industria, con la filosofia Marchionne, ha bisogno sia di creatività che di disciplina. Un operaio di Nagoya, secondo l'ortodossia del toyotismo, ha un grado di coinvolgimento molto elevato, partecipa al processo industriale e, quando arriva il momento della decisione, sa chi dovrà prenderla e rispetta la gerarchia. Nelle imprese tedesche che adottano il World Class Manufacturing di solito si costituiscono gruppi informali di teste pensanti che elaborano le strategie, eseguite con precisione quasi religiosa dall'operaio Hans. Tutto da costruire quello che farà Gigi, per il suo futuro e per quello di Pomigliano.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 17/6/2010)

mercoledì 16 giugno 2010

Marchionne, il profeta del World Class Manufacturing (prima parte)


Tra i tanti meriti della «Marchion-ship», c'è anche quello di mantenere fede agli impegni presi. Un paio d'anni fa, al forum Confindustria di Torino sulla competitività, il Ceo Fiat aveva esplicitamente dichiarato: «In Italia si parla molto. Ma, poi, c'è il momento di agire. Abbiamo ancora due o tre anni per completare la ristrutturazione basata sulla filosofia Toyota del World Class Manufacturing», in sigla WCM. Ecco quindi che dietro la decisione - che tutti si augurano vada in porto - di rilanciare Pomigliano investendo 700 milioni di euro portando in Italia la produzione della Panda, oggi costruita a Tychy, c'è appunto la strategia del World Class Manufacturing. L'impianto polacco è infatti quello che ha raggiunto il miglior livello di produttività. Da tener conto che non si parla di salari, ma di livelli qualitativi. Ma che cosa si nasconde dietro questa sigla? Un processo industriale e organizzativo complesso che tiene conto della "lean production" inventata dalla Toyota. E che Marchionne, per rendere questo concetto meno complicato e un po' più simpatico, preferisce chiamare «benchmark competitivi internazionali», in sostanza un "rating" per ogni stabilimento. Che, in sostanza, sono poi anche i principi che si è cominciato ad applicare (almeno in parte) alla Fiat di Melfi con le UTE (Unità tecnologica elementare). Il Ceo del Lingotto ha dichiarato più volte che si ispira alla Toyota, un sistema basato sul coinvolgimento delle persone che ha fatto scuola in tutto il mondo, mandando in pensione il fordismo. Il tema era già tornato d'attualità prima della grande crisi, verso la fine del 2007, proprio per la ristrutturazione di Pomigliano dove una parte consistente degli investimenti erano allora stati dedicati alla formazione. Ma che cosa si intende, al di là delle sigle, per World Class Manufacturing? Secondo gli esperti, è una metodologia di derivazione giapponese che ha già dimostrato di consentire livelli di qualità e di affidabilità più elevati, ma con costi inferiori. Che cosa consente questa apparente contraddizione? Riuscire a convogliare tutta l'intelligenza dei lavoratori, dall'ingegnere all'operaio, verso processi produttivi più efficienti. In effetti dietro la sigla WCM c'è un metodo di lavoro in grado di interiorizzare, adattandolo alla cultura occidentale e italiana, un sistema di produzione mondiale che mette insieme le eccellenze manifatturiere internazionali e il miglior stato dell'arte esistente a livello mondiale. Insomma, una filosofia giapponese integrata con le migliori pratiche del mercato: dal "kaizen", il miglioramento continuo, al "just in time", la minimizzazione delle scorte con i cartellini del "kanban". Del resto la Fiat di Marchionne ha già dimostrato di saper integrare nel proprio Dna tecniche sofisticate come ad esempio il Sei Sigma, scoperto dalla Motorola e reso famoso dalla General Electric di Jack Welch. Non è infatti un caso che al Motor Village di Torino, proprio alle spalle di Mirafiori, siano già stati premiati i migliori manager che hanno partecipato al «Six Sigma Day» Fiat, un incontro voluto dal top management per sottolineare i cambiamenti strategici che la società deve realizzare.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 13/6/2010)

martedì 15 giugno 2010

Wester: entro il 2013 Abarth sarà presente nei cinque continenti


"Entro il 2013" il marchio Abarth sarà "presente in tutti i 5 continenti". Lo ha affermato Harald Wester, responsabile del marchio dello Scorpione, attualmente presente in Europa, Asia e Africa. Quanto al Nord America, Wester, pur ricordando l'obiettivo del gruppo Fiat di lanciare entro fine anno la 500 negli Stati Uniti "con gli amici della Chrysler", ha precisato che l'Abarth "non è ancora preparata per sbarcare negli U.S.A." e peraltro "ancora non abbiamo preso una decisione definitiva: ci sono investimenti significativi da fare e bisogna vedere quanto concreto sarà l'interesse" per il marchio. Wester ha inoltre espresso soddisfazione per il mercato della Gran Bretagna che "sta andando molto bene sia per la Abarth che per l'Alfa Romeo, anche se oggi il problema è la sterlina".
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 15/6/2010)

lunedì 14 giugno 2010

Il segreto del piano Marchionne: l'export verso l'America


Il rilancio di Pomigliano è solo il primo dei tasselli del piano “Fabbrica Italia” che l’amministratore delegato di Fiat (e Chrysler) Sergio Marchionne ha lanciato lo scorso 21 aprile. Com’è noto il progetto complessivo prevede, in cinque anni, qualcosa di più del raddoppio della produzione di veicoli (auto e furgoni) in Italia con il passaggio dai 768 mila pezzi sfornati l’anno scorso a 1.630.000. Ogni stabilimento ha ricevuto missioni e traguardi. Stupore e scetticismo espressi da molti osservatori sono un po’ scemati quando Marchionne ha fatto notare che il livello di produzione previsto per il 2014 non sarebbe lontano dai quelli già raggiunti in Italia una quindicina d’anni fa. E comunque anche se Fiat-Chrysler tagliasse tutti i traguardi fissati, l’Italia rimarrebbe un Paese che importa più auto di quante ne produce poiché il nostro mercato assorbe fra 1,7 e 2,5 milioni di vetture a seconda dell’annata. Tuttavia è proprio l’export uno dei “segreti” di Fabbrica Italia, poiché l’aumento dell’esportazione è uno dei tre anelli in grado di coniugare i due estremi della riduzione dei costi e dell’aumento della produzione. Con il controllo del gruppo Chrysler, infatti, Marchionne ha a disposizione una imponente rete commerciale di 2.392 concessionari disseminati negli Stati Uniti e ha pianificato la più classica delle sinergie: la distribuzione in America anche di automobili fatte in Italia al 100% ma vendute con il marchio Chrysler. L’operazione - che prevede a regime la partenza dai porti italiani per il mercato U.S.A. di circa 100 mila auto l’anno - dovrebbe decollare a cavallo fra il 2012 e il 2013. Il modello individuato è la già collaudata Lancia Delta che sarà sottoposta ad un apposito restyling. Sarà dunque la Delta/Chrysler - e non la ”500”, che sarà fabbricata in Messico da dicembre di quest’anno - a far tornare in America, dopo 25 anni, auto ”autenticamente” made in Italy. La ripresa dell’export di auto italiane verso gli U.S.A. è concatenata al secondo anello del piano Fiat di taglio dei costi: la saturazione degli stabilimenti, ovvero l’utilizzazione dei macchinari a livelli vicini al 100%. Le centomila Delta/Chrysler destinate all’America assicurerebbero, infatti, il raddoppio della produzione della fabbrica di Cassino dalla quale l’anno scorso sono uscite solo 105 mila Croma, Bravo e Delta. La fabbrica laziale dovrebbe lavorare di più già da quest’anno, visto che ai modelli in produzione (ma la Croma è a fine corsa) si sta aggiungendo l’Alfa Romeo Giulietta, di cui è prevista la vendita di 40 mila esemplari nel 2010. Nei piani Fiat, però, Cassino è destinata a raggiungere le 400 mila vetture nel 2014 passando ai tre turni, notte compresa, esattamente sul modello della Pomigliano futura. Basterà tutto questo a ridurre i costi aumentando la produzione? Manca ancora il terzo anello: una maggiore razionalità produttiva. Marchionne ha destinato ad ogni fabbrica italiana la costruzione di auto diverse sulla base di una sola piattaforma, ovvero di componenti simili come il pianale, i motori, la trasmissione. Se Pomigliano costruirà solo Panda, ovvero un’auto costruita sulla piattaforma A, Melfi sfornerà solo vetture di piattaforma B e Cassino solo di piattaforma C anche se di ben quattro marchi: Fiat, Alfa, Lancia e Chrysler.
(Fonte: www.ilmessaggero.it - 14/6/2010)

venerdì 11 giugno 2010

Marchionne ai dipendenti Chrysler: l'alleanza si sta radicando


L'alleanza tra la Fiat e la Chrysler "si sta radicando" e genera liquidità, grazie anche alla ripresa delle vendite. Lo sostiene, in una e-mail agli addetti della compagnia automobilistica U.S.A., l'amministratore delegato di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne. Chrysler è uscita dalla bancarotta nel giugno 2009 e la Fiat è il suo principale azionista con una partecipazione del 20%. "Stiamo generando la liquidità necessaria per rafforzare i nostri marchi e investire in nuovi prodotti" scrive Marchionne. "Le nostre vendite - aggiunge - stanno registrando un'impennata, con sostanziali incrementi annuali negli ultimi due mesi". "C'è ancora - prosegue Marchionne - una strada molto lunga davanti a noi nello sforzo di ricostruire il nostro business e per rispettare il nostro impegno di rimborsare i contribuenti americani e canadesi, che ci hanno concesso una seconda chance".
(Fonte: www.agi.it - 11/6/2010)

giovedì 10 giugno 2010

Chrysler vara nuove iniziative di marketing per rifarsi il look


Chrysler sta preparando azioni di marketing sostenute per "rivitalizzare" i concessionari e riconquistare i clienti americani dopo la riorganizzazione avviata circa un anno fa. Verso fine mese la casa di Detroit, gestita da Fiat, lancerà una nuova campagna pubblicitaria a livello nazionale per promuovere il lancio della Jeep Grand Cherokee, il primo veicolo nuovo di Chrysler sotto l'era Fiat che sta arrivando nei saloni dei dealer. "Con il lancio della Jeep Grand Cherokee inizieremo a fare qualcosa (di importante)", ha detto l'a.d. di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne, senza fare però ulteriori precisazioni sulla campagna. Il manager italo-canadese ha anche respinto l'idea di una costosa campagna pubblicitaria finché non ci saranno nuovi veicoli e la società accusa perdite nette. "Non è necessaria" una campagna per dire che Chrysler è tornata in gara, ha detto Marchionne, per il quale "si vede dai numeri (del mercato dell'auto americano) che le persone stanno comprando macchine. Sanno che siamo tornati". A fine estate, dopo l'inizio della campagna per la Jeep Grand Cherokee, Chrysler riunirà i propri concessionari a Las Vegas per mostrare loro una decina di restyling che intende lanciare a fine 2010 o inizio 2011. Tra questi un facelift delle grandi berline Chrysler 300 e Dodge Charger, un Suv Dodge Durango con un nuovo design, il minivan Chrysler Town & Country 2011 e la Fiat 500, che sarà prodotta in Messico e venduta da alcuni concessionari Chrysler. Saranno presentati inoltre anche restyling dei modelli Dodge Avenger e Chrysler Sebring, quest'ultima sarà ribattezzata tra l'altro Nassau. Alcuni concessionari si dicono preoccupati del basso profilo tenuto da Chrysler a livello di marketing. Il presidente di Chrysler, Robert Kidder, getta acqua sul fuoco di tali timori, ma ammette che la percezione dei clienti resta un ostacolo e che "la strada da percorrere è ancora lunga". Nei primi cinque mesi dell'anno le vendite di Chrysler sono salite dell'8% negli U.S.A. su un mercato cresciuto del 17%. Fonti industriali affermano che l'aumento segnato dalla casa americana è legato a vendite alle flotte più che a privati. Chrysler replica che le sue vendite alle flotte "sono in linea con il mercato", ma non precisa cifre.
(Fonte: http://archivio-radiocor.ilsole24ore.com - 9/6/2010)

mercoledì 9 giugno 2010

Chrysler investirà 300 milioni di dollari per modernizzare l'impianto di Kokomo (Indiana)


Chrysler Group investirà 300 milioni di dollari nell'impianto per la produzione di sistemi di trasmissione sito a Kokomo, nello stato dell'Indiana. L'obiettivo, informa una nota, è ammodernare lo stabilimento in modo da poter produrre nuovi impianti di trasmissione automatici a otto marce per i nuovi veicoli del gruppo statunitense. L'impegno della Chrysler a Kokomo rappresenta il più grande investimento realizzato negli Stati Uniti da quando è nato il nuovo gruppo dall'alleanza con la Fiat ed è stato possibile grazie all'approvazione da parte dell'amministrazione cittadina di un abbattimento delle imposte locali. L'investimento riguarderà l'installazione di nuovi macchinari e dispositivi speciali per ammodernare l'Indiana Transmission Plant I e il Kokomo Casting Plant. Il progetto prolungherà la vita dei due stabilimenti e consentirà di mantenere circa 1.200 posti di lavoro. Chrysler Group produrrà a partire dal 2013 i nuovi cambi a 8 marce su licenza della tedesca Zf. Nell'accordo di licenza è previsto anche l'acquisto di sistemi di trasmissione prodotti dalla stessa Zf.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 9/6/2010)

martedì 8 giugno 2010

Fiat: in arrivo una piccola ibrida da 80 g/km di CO2


Fiat è al lavoro su un piccolo motore ibrido le cui emissioni di CO2 saranno contenute entro gli 80 g/km. L’unità, destinata ai modelli più piccoli dell’offerta è chiaramente quella che nascerà sulla base del piccolo bicilindrico 900 TwinAir e di cui si parla già da tempo. Il gruppo propulsore termico-elettrico, sarà sovralimentato con un turbo e verrà abbinato al nuovo cambio a doppia frizione. Ed è proprio all’interno della trasmissione che il motore elettrico troverà il suo posto. Questa interessantissima novità tecnica è prevista per la 500, la prossima generazione della Panda, che verrà lanciata l’anno venturo, e per la prossima segmento B, l’erede della Punto Evo.
(Fonte: www.autocar.co.uk - 4/6/2010)

lunedì 7 giugno 2010

Confermato: in Europa (tranne UK e Irlanda) Chrysler si chiamerà Lancia


L’accordo tra il Gruppo Fiat e Chrysler è storia recente. Tutti sanno che una delle più importanti operazioni nell’ambito di questa joint venture sarà la commercializzazione nella terra dei SUV e dei pick-up della compatta Fiat 500, che è già diventata un successo anche oltreoceano. Un altro frutto della fusione tra i due colossi automobilistici sarà la scomparsa del marchio Chrysler in Europa. Con l’eccezione di Inghilterra e Irlanda, infatti, nel vecchio continente le auto del gruppo saranno commercializzate sotto il marchio Lancia, a partire dal 2011. «Il nostro obiettivo – ha spiegato l’amministratore delegato di Lancia e Chrysler, Olivier Francois, ad Automotive News Europe – è di creare entro maggio 2011 una rete integrata Chrysler/Lancia che comprenda 800 rivenditori ed oltre 1000 concessionarie». Nell’ambito dell’operazione sono state cancellate le convenzioni con 1150 rivenditori dei due brand. Attualmente Lancia ha 595 centri vendita autorizzati con 785 showroom sul territorio europeo ed ha venduto 121.000 auto nuove in tutto il continente nel 2009, 102.000 delle quali solo in Italia. Dal 1991 la casa costruttrice semi-premium del Gruppo Fiat ha smesso di vendere i propri modelli in Gran Bretagna e Irlanda. Le vendite europee di Chrysler nello stesso periodo sono state solo 11.500. Ma quali saranno i vantaggi del nuovo accordo? Secondo Lorenzo Sistino, direttore vendite di Fiat, le concessionarie saranno avvantaggiate dalla possibilità di offrire ai propri clienti un parco auto più ampio e completo. Il marchio Dodge di Chrysler, ha aggiunto, potrebbe avere un buon successo di vendite in Europa. Inoltre i rivenditori Fiat, Alfa Romeo e Lancia avranno un franchise Jeep.
(Fonte: http://europe.autonews.com - 4/6/2010)

venerdì 4 giugno 2010

Gettelfinger (UAW): Marchionne sta facendo bene, il sindacato collaborerà


«Marchionne sta facendo molto bene. La sua impronta ha reso Chrysler redditizia già nel primo trimestre di quest'anno. Quando è arrivato non c'erano nuovi prodotti. Lui è stato rapido e aggressivo. Ha migliorato le macchine di vecchia concezione e ha cominciato a pensare ai nuovi modelli». Ron Gettelfinger, 66 anni, è il presidente dello Uaw, il sindacato americano che raduna i lavoratori dell'auto. Mezzo milione d'iscritti fra i lavoratori in attività, qualcosa di più fra quelli in pensione. Non è più il grande sindacato degli anni '60 e '70, dato che è stato messo nell'angolo dal reaganismo e dalla crisi della manifattura americana. Ma, nella complessa partita della ristrutturazione delle Big Three, resta una delle parti in causa. Per Marchionne, Gettelfinger è una sponda sicura. «Noi dello Uaw - dice - siamo rimasti subito favorevolmente colpiti dalle fabbriche della Fiat che abbiamo visitato in Polonia e in Italia». Poi, il lavoro in azienda per risollevare la disperata situazione di Chrysler: «Adesso stiamo collaborando con la sua prima linea manageriale per applicare il World Class Manufacturing, il modello organizzativo importato dalla Fiat. Questa impostazione rafforza la spinta dello Uaw verso la sicurezza sul lavoro, la qualità e la produttività». Nel rapporto con il sindacato, il profilo del manager italo-canadese ha un ruolo essenziale. «Marchionne - nota - ha trascorso gran parte della sua carriera in Nord America ed è, sotto molti aspetti, un manager americano. La sua personalità e il suo stile sono contagiosi. Ci piace la sua personalità diretta e alla mano». In caso di quotazione a Wall Street della nuova Chrysler, si porrà la questione delle scelte dello Uaw che, tramite Veba (Voluntary Employee Beneficiary Association), detiene il 55% del capitale. «Veba - ricorda Gettelfinger - ha già un rappresentante nel board. Una volta che andrà in Borsa, la gestione dei titoli sarà regolata da una fiduciaria indipendente. La strategia di medio lungo termine di Veba, con i pacchetti azionari che detiene, è sempre quella: garantire il futuro dei pensionati e la loro copertura sanitaria».
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 4/6/2010)

giovedì 3 giugno 2010

Pomigliano, i piani A e B di Marchionne


C’è sempre un piano B. Perché non si sa mai, perché una exit strategy fa parte della vita, perché nessuno vuole perdere. Ma in genere lo si tiene in tasca, facendo tutto al più sospettare che è lì, finché non serve. Su Pomigliano, l’amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne ha fatto il suo piano B e lo ha agitato a mo’ di clava contro tutti, dicendo che «non è uno scherzo», che «è pronto» e che in realtà è una specie di piano Marshall al contrario: senza una risposta affermativa dei sindacati, la Fiat è pronta a spostare la produzione (la «baracca») all’estero. Il piano B è naturalmente fatto di numeri, oltre che di soldi da investire e di politica industriale che in Italia non c’è e altrove sì. A Pomigliano nel 2009 sono state prodotte soltanto 36.000 vetture (tutte Alfa Romeo) a fronte di una capacità produttiva di 240.000 unità. La colpa sarà stata pure un po’ degli operai, ma molta anche dell’azienda, perché se i prodotti non vengono richiesti dal mercato, vuol dire che non hanno abbastanza appeal. Per dire: nel 2005, l’Alfa 159 berlina e station, la coupé e la spider Brera erano state lanciate da Pomigliano con un obiettivo di vendita annua di 120.000 unità, mai raggiunto e certo non a causa di chi le ha costruite. L’anno scorso, a Pomigliano le due 159, la 147 a fine corsa (sostituita dalla Giulietta che si fa a Cassino) e la GT si sono praticamente fermate. Ma il problema capitale è che le vendite complessive di Alfa Romeo nel mondo sono state 102.000 nel 2009, poco meno che nel 1970 tanto per dare un’idea di quanto questo magnifico marchio – che si appresta a compiere cent’anni il 24 giugno – costi al gruppo in termini di perdite. Mentre il futuro dell’Alfa Romeo, con nuovi obiettivi di vendita di 120.000 unità entro la fine del 2010 e di 500.000 entro il 2014, non parlerà più campano, ma molto americano. Due nuove Alfa che sui mercati vanno per la maggiore, crossover e SUV, saranno costruite negli stabilimenti Chrysler a partire dal 2012 e poi dal 2014. Per Pomigliano, nel piano A di Marchionne c’è scritto che verrà portata entro il 2011 una sola linea, quella della nuova Fiat Panda, macchina di successo prodotta in 290.000 unità nel 2009. L’obiettivo è riempire la capacità produttiva della fabbrica, portandola dal 14% dell’anno scorso al 90% nel 2014. La linea verrà spostata dalla fabbrica polacca di Tychy, centro d’eccellenza produttivo secondo gli standard europei, dove sempre nel 2009 sono state prodotte 600.000 vetture (di cui 290.000 Panda) con 6.100 addetti. A Pomigliano gli addetti erano 5.200 e saranno 4.700 secondo il piano concordato di mobilità e prepensionamenti. Ma nel confronto con Tychy, la partita occupazionale rischia di essere ancora da piano B, cioè brutta. Gli obiettivi di vendita di Marchionne per la nuova Panda (come per il resto, ricordiamolo: 3,8 milioni di vetture vendute entro il 2014 dalle 2,3 del 2009) sono appesi a un mercato in discesa per quel che riguarda l’Europa. In maggio in Germania, dove l’anno scorso il governo dava 5.000 euro per l’acquisto di un’auto piccola e dai bassi consumi come la Panda, la Fiat è crollata del 49,3%, l’Alfa del 65,6% e la Lancia del 61,3%. Gli incentivi alla rottamazione sono finiti quasi ovunque in Europa e domani, se i governi avranno qualche euro per l’auto, li metteranno sull’elettrica, cioè su poche macchine per almeno un lustro. La borsa di Milano ieri mattina premiava il titolo Fiat sulla scia delle vendite brillanti di maggio della sua controllata Chrysler in America (+32,7%), ma è un segno che con Pomigliano non c’entra nulla. Anche perché la borsa dovrebbe sapere che negli Stati Uniti i dati della ripresa delle vendite sono ancora molto oscillanti (le proiezioni annuali sono scese sotto quelle fatte in marzo) e che le strozzature del credito al consumo sono ancora forti. Nel piano B di Marchionne c’è scritto che «la baracca» produttiva all’estero è quella – a oggi – con un futuro migliore. Se in Brasile va a gonfie vele e a Torino prevedono soddisfazioni dalla fabbrica serba di Kragujevac, la Fiat punta su tre joint venture nei tre mercati che più rapidamente stanno lasciandosi alle spalle la crisi: una in Cina, una in Russia e una in India. Un piano C non esiste, se non volgarizzandolo un po’ e tradurlo liberamente in piano della fortuna. Per Pomigliano e non solo.
(Fonte: http://blog.ilmanifesto.it - 3/6/2010)

mercoledì 2 giugno 2010

Chrysler, vendite U.S.A. cresciute a maggio del 33% su base annua


Le vendite negli U.S.A. di Chrysler, di cui Fiat è azionista di riferimento, a maggio sono cresciute del 33% su anno, superando le 100.000 unità. Lo rende noto la casa automobilistica, precisando che le vendite sono ammontate a 104.819 auto. I dati forniti da Chrysler confermano sostanzialmente quanto anticipato da una fonte vicina alla casa americana, che aveva anche sottolineato come si trattasse del miglior risultato dell'anno. Sempre secondo la fonte, le vendite totali del settore auto negli U.S.A. a maggio dovrebbero raggiungere, su basi destagionalizzate, quota 11,9 milioni di veicoli.
(Fonte: http://it.reuters.com - 2/6/2010)

martedì 1 giugno 2010

Dodge e RAM: i nuovi loghi


Dodge e RAM presentano i nuovi loghi. Il caratteristico Ariete, da sempre simbolo Dodge, lascia il posto ad una semplice scritta con due barre laterali riprese dai modelli sportivi SRT, mentre l’inedito brand dedicato a pick-up e SUV si fregerà dello storico logo "animalesco". La prima vettura a sfoggiare il nuovo look sarà la Dodge Charger nel 2011.
(Fonte: www.autoblog.it - 27/5/2010)