martedì 18 novembre 2014

Ferrari (2): per Mediobanca vale 7,8 miliardi di Euro


INTERROGATIVO D’ATTUALITA' - Il quotidiano Sole 24 Ore ha dedicato un articolo a un tema senz’altro all’ordine del giorno nel mondo economico-finanziario, ma anche parecchio vivo tra i semplici appassionati di auto e in particolare di quelle sportive. Il tema è il valore della Ferrari, cioè quanto può essere valutata. L’interesse per gli addetti ai lavori nasce dallo “scorporo” deciso dagli azionisti della FCA e dalla prospettiva della quotazione in borsa della casa del Cavallino. Per gli appassionati è un po’ una curiosità verso il marchio più coinvolgente del mondo delle auto.
PER MEDIOBANCA VALE QUASI 8 MILIARDI - L’articolo del Sole 24 Ore fa ampio riferimento a uno studio redatto pochi giorni fa dagli analisti di Mediobanca, appunto in vista dell’ingresso in Borsa della Ferrari. Il giudizio emesso mantiene qualche riserva legata alle politiche di gestione che la nuova dirigenza (Marchionne) vorrà attuare per la Ferrari, ma non si tira indietro e avanza comunque una valutazione di circa 7,8 miliardi di euro.
CHE COSA FA LA FERRARI - Al di là dei numeri, sono interessanti gli aspetti della Ferrari che l’analisi mette in evidenza e sottolinea come molto importanti. Anzitutto il fatto che una grossa fetta del fatturato della Ferrari deriva da attività esterne al mercato dell’automobile. Si tratta di ricambi, merchandising, parco a tema di Abu Dhabi, le attività sportive dei clienti, i musei di Maranello e Modena. Per gli analisti tale business rappresenta il 35% del totale, mentre l’articolo del Sole 24 Ore raccoglie fonti interne alla azienda stessa secondo cui sarebbero sotto il 33%. Comunque parecchio alto.
QUESTIONE DI PROFILO AZIENDALE - Tutte le attività non legate alla produzione e vendita di tipici dei marchi del lusso, come quelli della moda. E notoriamente questi ultimi sono marchi che godono di grandi fortune finanziarie (l’articolo cita il dato della capitalizzazione di Borsa di Prada, superiore a quella del gruppo Fiat Chrysler).
CAPITALI CONTENUTI, REDDITI ALTI - Tali fortune delle aziende del lusso e della moda non dipendono dal fascino del bello, o dalla loro capacità di fare sognare; tutt’altro. Tutto ciò dipende da questioni molto concrete come il basso investimento che richiedono (ovviamente rispetto a quello dell’industria automobilistica). E quest’ultima è una caratteristica anche della struttura finanziaria della Ferrari. E se non bastasse, la casa del Cavallino è in grado di produrre un notevole cash flow, cioè un giro di cassa che le mette a disposizione grandi quantitativi di denaro, così da poter finanziare in proprio le sue attività di progettazione, ricerca e sviluppo. Tutte cose che portano la Ferrari ad assomigliare molto alle aziende del lusso e della moda, più che a una azienda industriale automobilistica.
COME UNA “MAISON” DI MODA? - Questa realtà è importante nel momento che la Ferrari si accinge a porsi sul mercato azionario. Se il suo profilo accentuerà la componente luxury-moda è probabile che le valutazioni del suo valore saranno in sintonia con quelle relative alle “maison” della moda, cioè molto ricche; se invece l’immagine pubblica della Ferrari metterà l’accento sulla sua componente di casa automobilistica, probabilmente le stime in previsione della quotazione borsistica saranno più prudenti, anche se alla Ferrari non mancano le particolarità neanche sotto questo profilo.
GRANDE ASSEMBLATRICE - Per esempio, tutto ciò che costituisce la meccanica delle vetture - motori a parte - arriva dall’esterno, sia pure da una produzione particolarmente curata dalla Ferrari; ciò le risparmia non poca della problematica dell’organizzazione della produzione industriale. Quanto ai motori, da sempre fiore all’occhiello della casa di Maranello, essi sono sì prodotti internamente ma costituiscono anche un motivo di business dato che vengono forniti ad altre marche come Maserati.
L’ATTIVITA' DI FORMULA 1 - A rendere del tutta anomala la Ferrari c’è poi l’attività della Formula 1, che però finanziariamente in fondo incide poco, in quanto il bilancio relativo risulta sostanzialmente in pari: ciò che entra per sponsor e pubblicità è più o meno l’importo dei costi. E per di più i motori che vengono prodotti per la Scuderia, vengono anche noleggiati ad altri team. A voler essere pignoli, si potrebbe pensare che per sua natura la “Scuderia” potrebbe un giorno essere scorporata dall’intera Ferrari, in sintonia con la realtà operativa e merceologica di ciò di cui si occupa. Ma oggi è una divagazione.
TEMA DI DISCUSSIONE - In conclusione, quale sia il valore della Ferrari e quale sarà la sua capitalizzazione borsistica lo si saprà solo quando il processo di scorporo sarà ultimato e comincerà la quotazione in Borsa dei titoli Ferrari. Ma sicuramente se ne continuerà a parlare, in tutto il mondo. Finanziario e no.
(Fonte: www.alvolante.it - 10/11/2014)

1 commento:

  1. Salve. Leggo sempre con interesse i vostri articoli, e questa volta ho deciso di scrivere un commento, per la prima volta, per porre un quesito alla redazione. Un quesito che nasce da una valutazione delle mosse finanziarie compiute dal Gruppo FCA negli ultimi anni.
    Da ormai diversi anni, voci molto ben informate, vorrebbero gli Agnelli-Elkann alla ricerca di una exit-strategy dal settore automotive, giudicato ormai poco interessante e remunerativo.
    Analisti del settore, e giornalisti, ormai lo danno quasi come un fatto acquisito.
    Alla luce di simili intenzioni, direi che la prospettiva del cosiddetto “piano B” stia assumendo contorni sempre più netti, definiti, come le mosse finanziarie del gruppo lascerebbero intuire.
    Le voci di vendita (inizialmente della sola Alfa Romeo) si rincorrono da anni, tra smentite ed accordi quasi firmati; le dichiarazioni di Marchionne di quale anno fa (“Alfa deve dimostrare di poter camminare con le sue gambe, altrimenti il solo blasone non potrebbe salvarla da un’eventuale chiusura”); lo scorporo della stessa Alfa Romeo dal resto di FCA; le nuove voci di fusione con VAG; lo spin-off Ferrari in borsa (escamotage per ricavare liquidi e consegnare in mano agli Agnelli il marchio, in vista di un’eventuale cessione del resto di FCA); le dichiarazioni di Marchionne riguardo al “ruolo completamente diverso” che avrà il suo successore dopo il 2018; l’insistenza di VAG circa l’acquisizione di Alfa, poi stemperata dietro la necessità di dedicarsi ad una “ristrutturazione interna”; la mancanza di adeguate coperture finanziarie per un vero rilancio del marchio Alfa Romeo (5 miliardi di € per realizzare ex-novo ben otto modelli di alta gamma, comprese le spese di ingegnerizzazione, arrivando a 400.000 auto vendute nel 2018 pur abbandonando il segmento MiTo, dove invece i tedeschi sono ben presenti).
    Tutto questo lascia presagire che la strategia sia forse un’altra, ben diversa da quella “ufficiale” proposta agli azionisti ed al grande pubblico.
    Il piano Alfa sembrerebbe essere del tipo “do-or-die”, quindi da realizzare passo-passo, se le vendite dovessero sostenere il progetto, finanziariamente.
    A mio avviso, il piano di rilancio del Gruppo FCA, irrealizzabile nei fatti per la mancanza di liquidità derivante dall’acquisizione di Chrysler, serve per “gonfiare” il valore del gruppo in fase di trattativa: gettando sul tavolo dei marchi con prospettive di crescita (reali o fittizie che siano), permetterebbe di giocare al rialzo con un eventuale interlocutore.
    Alla luce di tutto quanto quello che si è detto, pensate che sia effettivamente possibile l’ipotesi di fusione o vendita del Gruppo FCA a VAG (per citarne uno)?
    Tra l’altro, da una simile operazione otterrebbe risultati piuttosto interessanti: rafforzerebbe la sua presenza in Nord America, divenendo al contempo il principale attore sul mercato latinoamericano. Riuscirebbe ad ottenere la tanto sospirata Alfa Romeo. Potrebbe utilizzare le sinergie con Jeep per la produzione di SUV destinati al mercato nordamericano. Potrebbe chiudere la Seat, ad oggi in costante crisi di vendite, in perenne affanno economico.
    Gli Agnelli-Elkann, al termine di una tale operazione, si ritroverebbero con la maggioranza assoluta della Ferrari, fuori dal business dell’automobile “commerciale”.
    Una exit-strategy che, da qui al 2018, potrebbe compiersi nei giusti tempi e modi, permettendo il raggiungimento di un accordo soddisfacente per entrambe le parti.
    Le fughe di notizie non sono casuali, ma pilotate, al fine di sondare il mercato, gli azionisti, e vagliare la posizione dei governi, coinvolti nel bene o nel male in un’operazione di tale portata.
    Senza contare che, una fusione del genere, avrebbe una risonanza epocale anche sull’opinione pubblica, che andrebbe comunque gestita.
    Le fughe di notizie servono a preparare il terreno, affinché l’ipotetico annuncio non giunga come un fulmine a ciel sereno, riducendo al minimo la destabilizzazione conseguente.
    Pensate che sia solo fanta-finanza, o che sia effettivamente possibile?

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