Sergio Marchionne torna a spronare Matteo Renzi. «Il governo scelga tre cose - ha detto l’amministratore delegato di Fiat-Chrysler intervenendo al Workshop Ambrosetti a Cernobbio sul lago di Como - ma poi le faccia. Io indico questi problemi: mercato del lavoro, la mancanza di certezza del diritto e la burocrazia». L’ad del Lingotto usa toni decisi. «Noi italiani da sempre siamo il paese dei gattopardi: vogliamo che tutto cambi perché tutto rimanga com’è. Se non cambiamo atteggiamento tutti quanti andremo sempre più in basso». Poi ha aggiunto, scandendo bene le parole. «Oggi, in questa sala, possiamo raccontarci ancora una volta quanto le riforme siano cruciali per uscire da questa situazione di stallo. E anch’io, come mi è stato chiesto, farò la mia parte e mi concentrerò su alcune poche cose che, a mio parere, sono le più importanti. Ma il punto è che se non cambiamo atteggiamento, tutti quanti - collettivamente e ognuno come singolo - andremo sempre più in basso. Ognuno di noi, ogni individuo, deve farsi un esame di coscienza e decidere qual è il tipo di cambiamento che vuole: il proprio o quello degli altri. Nel farlo, dobbiamo essere consapevoli che il primo richiede sacrifici, coraggio e senso di responsabilità nel costruire l’Italia che vogliamo. L’altro, invece, ci relega al ruolo di spettatori e condanna la società italiana e il futuro del Paese a quello di vittima». I nodi che l’Italia deve affrontare, ha spiegato, sono «la mancanza di occupazione e la carenza di capitali, soprattutto dall’estero». Ed è qui che il manager con il maglioncino nero dice di essersi scontrato nei suoi 10 anni di attività al vertice della Fiat: il mercato del lavoro, la mancanza di certezza del diritto e la burocrazia. «Ci troviamo a operare in un contesto nel quale serve migliorare l’occupazione, noi abbiamo l’Irap che invece si paga di più al crescere dei posti di lavoro». Marchionne torna quindi su un tema a lui particolarmente caro: il mercato del lavoro. «In Italia è anomalo e non esiste in nessun altro Paese. E’ inutile innamorarsi del sistema tedesco, impossibile adottare il sistema anglosassone». Quindi l’affondo: «Non è più accettabile la tirannia della minoranza nel mondo dei sindacati. Manca la certezza del diritto, soprattutto in materia di lavoro. Vi porto la nostra esperienza pura e semplice. Alla fine del 2011 abbiamo fatto un contratto specifico che la Fiom non ha firmato. In base a una norma di legge di una chiarezza cristallina chi non firma non ha diritto a rappresentanze sindacali. Ci siamo visti intentare 62 cause, di queste 46 chiuse a nostro favore, 7 contro, 7 con rinvio alla Corte costituzionale e 2 rimaste in sospeso. Dopo un anno e mezzo la Corte costituzionale ha ribaltato l’indirizzo, dichiarando l’articolo 19 non conforme alla Costituzione italiana. Marchionne ha quindi spiegato che così è stato cancellato uno dei parametri certi. «Non esiste alcun parametro certo. Mi chiedo se è modo per dare certezza alle aziende. Dobbiamo semplificare l’apparato normativo e non cumulare leggi su leggi. Servono regole chiare per la rappresentanza dei lavoratori e devono essere efficaci per la comunità aziendale e rispettate da tutti». Detto questo, Marchionne precisa polemicamente: «Mi chiedo quando il Paese capirà che noi non vogliamo lavoratori usa e getta, ma persone coinvolte, che si sentano parte di un progetto per il futuro». L’ad del Lingotto e di Auburn Hills cita l’esempio di Fiat. «In Italia abbiamo una grande storia alle spalle, una tradizione secolare che è parte della nostra natura e che è importante proteggere. Su questa eccellenza, ad esempio, abbiamo centrato la nostra nuova strategia, per valorizzare l’alto di gamma con i marchi Alfa Romeo e Maserati, e per trasformare i nostri impianti italiani in una base di produzione per le esportazioni sui mercati di tutto il mondo. Non si può aspettare all’infinito che sia il sistema politico a muoversi. In tutti questi anni, ho visto cambiare poco o nulla nel sistema-Paese. E’ da tempo, ad esempio, che Fiat solleva il problema dell’export e la necessità di facilitare i processi per le esportazioni. Non è successo nulla, finora. Quello che ho detto al Meeting di Rimini, la scorsa settimana, invitando tutti a fare il primo passo, è esattamente ciò che ha fatto la Fiat. Ci siamo mossi da soli. Abbiamo fatto scelte coraggiose e di rottura con il passato per compensare in parte i gap strutturali del Paese, compreso uscire da Confindustria, per riacquistare una libertà di contrattazione con i nostri collaboratori». E ancora: «Se fossimo rimasti fermi saremmo probabilmente falliti. O, nella migliore delle ipotesi, avremmo dovuto prendere decisioni impopolari. Noi, invece, abbiamo cercato da soli di introdurre elementi di modernità nel contesto in cui operiamo. Ma il nostro cerchio d’azione è comunque limitato. E mi rendo conto che non si può chiedere a tutti di fare la stessa cosa, o perlomeno nella stessa misura». Appassionato di citazioni, Marchionne a Cernobbio sciorina una poesia di Charles Osgood, un anchorman della CBS America, per spiegare come in Italia si parla tanto di riforme, ma poi nessuno le fa. Parafrasata la poesia racconta la storia di quattro persone, chiamate Ognuno, Qualcuno, Ciascuno e Nessuno. «C’era un lavoro importante da fare - racconta Marchionne - e a Ognuno fu chiesto di farlo. Ognuno era sicuro che Qualcuno lo avrebbe fatto. Ciascuno poteva farlo, ma Nessuno lo fece. Qualcuno si arrabbiò, perché era il lavoro di Ognuno. Ognuno pensò che Ciascuno poteva farlo, ma Nessuno capì che Qualcuno non l’avrebbe fatto. Finì che Ognuno incolpò Qualcuno perché Nessuno fece ciò che Qualcuno avrebbe potuto fare». Siamo o non siamo il Paese dei Gattopardi?
(Fonte: www.lastampa.it - 7/9/2014)
Veramente ieri ha detto qualcosa di grave, che spero, per le conseguenze che ha generato, che voglia al più presto rettificare. Siamo o non siamo il Paese che ama le automobili e rispettiamo Chi le valorizza?
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