martedì 30 settembre 2014

Mirafiori: al via il "piano Maserati Levante"


Mirafiori si prepara a una nuova vita. Settantacinque anni dopo l'inaugurazione, la fabbrica d'auto più vecchia d'Europa, cambia di nuovo pelle. Fiat ha avviato la procedura per il rinnovo della cassa integrazione ordinaria nel polo produttivo torinese che comprende Mirafiori e Grugliasco, per un anno, quindi fino al 28 settembre 2015. La nuova cassa è finalizzata alla "riorganizzazione aziendale" e consentirà di preparare lo stabilimento di Mirafiori al nuovo investimento per il suv Levante previsto entro fine 2015. Nei prossimi giorni ci sarà l'esame congiunto con i sindacati sia in sede aziendale sia in Regione. nel fattempo è partita la riorganizzazione della produzione alla Maserati di Grugliasco, con turno anche al sabato. Decisione che ha consentito di assorbire nell'ex Bertone 500 operai di Mirafiori ora in cassa. ma sul rinnovo della cassa arrivano le prime precisazioni sindacali. "Ok al rinnovo, ma avvio produzioni Mirafiori sia tempestivo" ammoniscono i vertici nazionali dell'Ugl Maria Antonietta Vicaro e Antonio Spera. E anche la Fim ammonisce i vertici del Lingotto: "La proroga della cassa integrazione è un atto formale, dovuto. Era necessario però che Fiat questa volta fornisse dettagli più specifici anche alla luce delle dichiarazioni dell'ad Sergio Marchionne che ha confermato l'avvio della produzione del suv Levante entro la fine del 2015" dichiara Claudio Chiarle, segretario generale della Fim torinese. La proroga della cassa integrazione straordinaria sarà chiesta per tutti i 6.270 lavoratori del sito torinese (5.717 operai, 443 impiegati e 110 quadri). Durante questo nuovo anno di cigs andrà avanti la produzione della Mito a Mirafiori, delle Maserati Quattroporte e Ghibli a Grugliasco e delle scocche per i modelli Maserati GranTurismo e GranCabrio nell'Unità Sottogruppi Lastratura. Nel testo inviato alle Rsa Fiat Chrysler Automobiles ricorda che è stato annunciato "un piano finalizzato all'avvio degli investimenti necessari per assicurare il futuro produttivo e occupazionale del 'Polo Produttivo Torino'". Gli interventi previsti dal piano di riorganizzazione "saranno rivolti all'ampliamento e alla rivisitazione delle aree dedicate ai siti produttivi" di Mirafiori e Grugliasco, al miglioramento degli standard di sicurezza nelle aree che verranno risistemate, all'ampliamento delle mense aziendali, degli spogliatoi, dei parcheggi della Maserati con un ulteriore incremento del personale proveniente da Mirafiori, al potenziamento delle infrastrutture informatiche e alla riorganizzazione "dei flussi operativi e tecnologici delle diverse unità operative". Sono anche previste attività di formazione professionale.
(Fonte: http://torino.repubblica.it - 2/9/2014)

lunedì 29 settembre 2014

Marchionne: "Appoggiamo Renzi". Il premier ricambia: "Fiat esempio per l'Italia"


Un feeling mai così evidente. Nella sede americana di Chrysler il premier Matteo Renzi e l’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, si sono scambiati cortesie e affettuosità senza precedenti. In un siparietto che Diego Della Valle, patron di Tod’s, commenta in diretta parlando di “incontro tra due grandissimi sòla, due chiacchieroni”. Il presidente del Consiglio, all’ultimo giorno di visita in terra statunitense, ha definito “straordinaria, eccitante ed esaltante” la “scommessa” di Marchionne su Fiat e Chrysler (che erano “bollite”) e indicato l’azienda di Detroit come esempio da seguire per l’Italia: “Come ce l’hanno fatta i 15.000 dipendenti Chrysler in questo edificio, l’obiettivo è poter dire che così ce la faremo anche in Italia”, sconfiggendo i “gufi che dicono che le cose vanno male” e i “pregiudizi” di chi ritiene che il Paese sia “finito”. Dal canto suo il manager artefice della fusione che porterà la sede della nascitura Fca ad Amsterdam ha garantito: “Continuiamo ad appoggiare il presidente per l’agenda di riforme che sta portando avanti. E’ essenziale avere un indirizzo chiaro e penso che ce lo stia dando”. Non solo: lui e l’ex sindaco di Firenze, ha spiegato Marchionne, hanno in comune il fatto che anche Renzi “non ha paura”. D’altronde solo due giorni fa, a margine di un incontro al Council on Foreign Relations di New York, il manager ne aveva elogiato il coraggio scaricando contestualmente il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, autore di un editoriale al veleno contro il governo. “Il reintegro crea lavoratori di serie A e di serie B” – Poi, di nuovo, il consiglio di “andare avanti senza farsi intimidire e senza farsi impressionare dagli altri”. E qui è Marchionne stesso che si propone come esempio: “Io sono stato molto criticato in Italia e me ne sono fregato. Spero che Renzi faccia altrettanto”. E faccia “le cose giuste per il Paese” dal punto di vista “dell’equità e della giustizia”. “Cose” tra cui, ovviamente, la riforma del mercato del lavoro. Su cui il premier, mentre in Italia continua la battaglia sul Jobs Act e sull’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto, non ha mancato di tornare, affrontando con una serie di domande retoriche il nodo più discusso, quello che riguarda il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento senza giusta causa. E concentrandosi proprio su “equità e giustizia” di quella possibilità. “Se è una scelta politica, che rispetto, mi domando: è la scelta migliore per il sistema italiano? E’ una scelta che assicura la riduzione della disoccupazione? E’ una scelta che garantisce i diritti? Perché qualcuno ha diritti di serie A se sta in un’azienda di 15 dipendenti e di serie B se i dipendenti sono 14”. Gelida la risposta alla Conferenza episcopale, che venerdì gli ha chiesto di smetterla con gli slogan pur invitando subito dopo anche i sindacati a “guardare oltre” rispetto all’articolo 18: “L’aver visto macchine su macchine e dover rispondere sulla Cei mi sembra un po’ fuori luogo, come se andassimo in Vaticano a parlare del nuovo Voyager. Rispetto ogni tipo di valutazione che venga dalla Cei o da altri. Ma parliamo di altro... ”. Il premier cita Draghi: “Tutto il necessario” contro la disoccupazione – Dopo l’usuale stoccata ai “poteri forti” (“In Italia vedo pensieri deboli... Ci fossero in Italia poteri forti che ci possano aiutare... ”) e alle correnti (“Non mi interessa cosa pensa questo o quell’esponente del mio partito“), da Renzi è arrivata anche l’ennesima promessa: “Faremo tutto il necessario per ridurre la disoccupazione. E sto facendo una citazione che spero mi porti la stessa fortuna”. Parole simili, infatti, le aveva usate da Mario Draghi quando si disse pronto a fare “whatever il takes”, cioè appunto “tutto il necessario”, per salvare l’euro. “La mia unica, grande e straordinaria preoccupazione è solo ridurre il numero di disoccupati in Italia”, la conclusione. “Lo spostamento della sede ad Amsterdam? Non è importante” – “L’agenda che ha davanti il premier Matteo Renzi è enorme: il Paese è veramente da ricostruire. Bisogno ricominciare oggi a farlo”, ha detto poi Marchionne. Aggiungendo che da parte di Fiat “l’impegno c’è” a sviluppare attività in Italia. Impegno che Renzi, fresco di visita al quartier generale di Auburn Hills, al Centro Stile e alla linea di montaggio dei nuovi modelli, subito ha ricambiato definendo “una grande opportunità” l’Ipo di Fiat-Chrysler a Wall Street, prevista per il 13 ottobre. Dicendosi “orgoglioso che ci sia Fca”, perchè “porterà expertise statunitense”. E lo spostamento della sede legale in Olanda, nonchè di quella fiscale a Londra? “Per me non è importante dove si trova il quartiere generale finanziario e delle attività. Per me la cosa importante è mantenere il made in Italy. Non è importante se a Wall Street o a Amsterdam. Quello che è assolutamente importante è l’aumento dei posti di lavoro in Italia”. Ma per Della Valle “Renzi ha fatto tilt” – Nel frattempo Della Valle, ospite a Otto e Mezzo su La7, esprimeva delusione per l’operato di Renzi: “Fino a qualche anno fa pensavo potesse essere una risorsa per il Paese e quando mi ha chiesto consiglio mi sono sempre messo a disposizione, ma i miei consigli erano sostenere Letta, farsi esperienza, farsi un’agenda internazionale e fare una buona squadra”. Tutto sfumato, evidentemente. Così ora il giudizio è tranchant: l’ex sindaco della città di cui Della Valle possiede la squadra di calcio “non ha mai lavorato quindi non può parlare di lavoro come noi, secondo me ha fatto tilt”. Lui e Marchionne, che poche settimane fa l’imprenditore marchigiano aveva accusato di fare “promesse a vuoto agli italiani” chiedendogli di “pagare le tasse in Italia” prima di “dare lezioni”, “sono due persone che non attendono a quello che dicono”.
(Fonte: www.ilfattoquotidiano.it - 26/9/2014)

domenica 28 settembre 2014

Jeep: la storia del mito dei 4x4


Il ruolo di Jeep nella storia delle fuoristrada è fondamentale: non è un caso, infatti, che molte persone poco esperte di automobili associno questo marchio a tutte le 4x4 in commercio. Impossibile trovare in listino un brand di veicoli “off-road” più significativo, difficile rintracciare in commercio marchi che rispecchino meglio una filosofia di vita. Di seguito troverete l’evoluzione dei modelli della Casa statunitense, tutti capaci di affrontare qualsiasi superficie senza difficoltà. Dalla Willys MB alla Renegade passando per altre 4WD che hanno permesso a questa azienda - attualmente nelle mani del Gruppo Fiat - di entrare nel mito.
Jeep: la storia - La Jeep come la conosciamo oggi nasce ufficialmente durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l’esercito statunitense invita 135 costruttori a partecipare ad una gara d’appalto finalizzata alla realizzazione di un mezzo di ricognizione dotato di trazione integrale. Solo tre aziende (American Bantam, Ford e Willys) accettano la sfida: l’offerta più vantaggiosa arriva da quest’ultima ma è la prima a vincere la commessa in quanto è l’unica che riesce a rispettare i tempi di consegna (domanda di partecipazione entro 11 giorni, un prototipo prodotto entro 49 e 70 esemplari costruiti in 75 giorni). Bantam, però, non è in grado da sola di far fronte alle necessità del Dipartimento della Guerra U.S.A. e per questa ragione i suoi progetti vengono rivelati alle due aziende rivali, che subito allestiscono modelli simili. All’inizio degli anni ’40 i tre mezzi (Bantam BRC-40, Ford GP e Willys MA) vengono ordinati in 1.500 esemplari ciascuno ma nel 1941 viene deciso di puntare esclusivamente sulla Willys MB (più potente e più economica da produrre), che viene assemblata su licenza anche dalla Ford.
Uso civile - Nel 1944 gli Alleati - in procinto di vincere la Seconda Guerra Mondiale - permettono alla Willys di progettare una Jeep (l’origine del nome dovrebbe essere legata alla pronuncia della sigla GP, “general purpose”, usata per identificare i veicoli destinati ad impieghi multipli) per uso civile. La CJ -2A (Civilian Jeep) entra in commercio nel 1945 e si distingue dalla versione militare per i fari più grandi, per il portellone posteriore, per la ruota di scorta montata lateralmente e per il serbatoio esterno. L’anno successivo è la volta della Jeep Station Wagon, una spaziosa familiare a sette posti che diventa disponibile a trazione integrale nel 1949.
L’era Kaiser - Nel 1953 la Willys viene venduta alla Kaiser Motors, che due anni più tardi lancia la Jeep CJ-5 (versione destinata al pubblico del veicolo M38 - evoluzione dell’MB - usato durante la Guerra di Corea). Più grande, più spaziosa, più affidabile e con un design più moderno, impiega pochissimo tempo a conquistare gli appassionati di fuoristrada. Il modello più rilevante degli anni Sessanta è invece la Wagoneer del 1962, antesignana delle moderne SUV di lusso e dotata di sospensioni anteriori a ruote indipendenti e del cambio automatico.
Gli anni Settanta - La Kaiser-Jeep, in crisi economica, viene acquistata dalla AMC (American Motors Corporation) nel 1970. I nuovi proprietari migliorano la gamma riducendo i costi di produzione e incrementando il comfort su asfalto delle 4x4 “yankee”.  Nel 1973 debutta il primo sistema automatico di trazione integrale permanente - il Quadra-Trac - e tre anni più tardi tocca alla CJ-7, più spaziosa della CJ-5 e progettata in modo da poter accogliere un cambio automatico.
Gli anni Ottanta - Nel 1979 Renault diventa partner di AMC e inizia a progettare - insieme ai tecnici statunitensi - una SUV compatta che vede la luce cinque anni dopo: la Cherokee XJ, dotata anche di propulsori francesi. La prima Wrangler - più confortevole delle CJ - vede invece la luce nel 1987, pochi mesi prima dell’acquisto di American Motors da parte di Chrysler. In quello stesso anno Jeep diventa ufficialmente un brand.
L’era Chrysler - Sotto Chrysler, Jeep amplia la propria gamma con la Grand Cherokee, un’ingombrante Sport Utility nata nel 1993 per rubare clienti alla Range Rover. Nel 1997 la Wrangler TJ abbandona le balestre per le più moderne molle. Nel 1998 il colosso americano si fonde con il gruppo Daimler: le 4x4 statunitensi iniziano ad adottare motori e componentistica Mercedes ma il modello che meglio simboleggia questa fusione - la Grand Cherokee WK2 del 2007 sviluppata su una piattaforma con molti elementi in comune con quella della classe M W164 - vede la luce nello stesso anno in cui termina l’accordo tra le due multinazionali. Con l’acquisto di Chrysler da parte di Fiat nel 2009 iniziano le sinergie tra il colosso torinese e Jeep. La Cherokee KL del 2014, ad esempio, sfrutta la stessa piattaforma dell’Alfa Romeo Giulietta mentre la Renegade dello stesso anno ha diversi elementi in comune con la 500L.
(Fonte: www.panorama-auto.it - 24/9/2014)

sabato 27 settembre 2014

Jeep Renegade (2): lo spot televisivo


E' in onda sulle maggiori emittenti TV e sul sito www.jeep-official.it lo spot dedicato al lancio della nuova Jeep Renegade, la prima vettura di Fiat Chrysler Automobiles che segna l’ingresso del brand nel segmento dei Small SUV. Nato da un’idea creativa dell’agenzia Frame Communication e finalizzato dall’agenzia Leo Burnett, il filmato è un susseguirsi di immagini evocative di paesaggi e volti che attraversano i confini territoriali. Il punto di partenza sono i versi di una poesia composta per l’occasione e interpretata da Victor Chissano, un giovane cantante. Tramite immagini e raffigurazioni suggestive, Victor racconta in prima persona il suo mondo in cui lui è un albero con le radici nell’acqua, è un uccello che atterra sulle rive di un lago, in un viaggio senza barriere e senza limiti, in cui l’unico confine è il cielo e l’unico orizzonte è lo skyline di fronte a lui. Ecco come Victor si immedesima nello spirito di Renegade: “Io sono colui che trasforma l’ordinario in straordinario. La mia musica è il vento, la mia luce è il fuoco, io sono il Game Changer, colui che cambia le regole del gioco, il protagonista che trasforma il mondo in una storia vera, fatta di forza, di coraggio, di nuovo, di voglia di cambiare. Io sono un Renegade”. Il nuovo spot, che ha esordito con la messa in onda di un’esclusiva versione extended da 1’45″ in prime time, è parte integrante di un’importante campagna media TV, digital, stampa a supporto del lancio della nuova Jeep Renegade. Contattato quest’estate dal brand Jeep, il giovane artista ha accettato la sfida di creare questo pezzo dedicato alla nuova Renegade condividendone lo spirito libero, la sua capacità di cambiare le regole del gioco e di trasformare l’ordinario in straordinario. Sono proprio questi concetti che escono con forza dalla poesia in musica di Victor, un testo che ha scritto in occasione del suo ultimo viaggio estivo: dieci, venti parole ogni giorno e sempre in un posto diverso, seguendo quell’istinto – che è anche di Jeep – della scoperta e dell’avventura, ovunque essa si celi. Così, in modo naturale, è nato un testo che esprime ciò che provava Victor in questo suo viaggio emozionante a stretto contatto con la natura. Da questo luogo dell’anima si riparte con maggiore energia per tornare alla “giungla di cemento” che è il suo regno, il posto in cui ama vivere e che canta nel suo brulicare di luci e suoni. Queste parole con una forza straordinaria sintetizzano anche l’anima del nuovo Renegade, una vettura Jeep più giovane, per un target più giovane che vive la sua vita in modo “wild and wired” e che vuole esprimersi in un modo non conformista. Con la mamma italiana e papà del Mozambico, Victor è cresciuto in Africa per i primi anni della sua vita, per poi trasferirsi in Francia e successivamente in Italia: un “cittadino del mondo”, come ama definirsi, che oggi risiede a Roma e domani chissà. Libertà, autenticità, passione e voglia di esplorare nuovi orizzonti cambiando le regole precostituite: sono le stesse qualità della nuova Jeep Renegade, la piccola globe-trotter che cambia le regole e certamente contribuirà ad aumentare la fase di forte crescita del marchio in Europa: +48,1 per cento in luglio e +45,2 per cento in agosto. Inoltre, nei primi otto mesi del 2014 Jeep ha immatricolato oltre 21.700 vetture, il 44,7 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2013. Prodotta nel rinnovato stabilimento SATA di Melfi, in Basilicata, e commercializzata in oltre 100 nazioni nel mondo, inclusi gli Stati Uniti, la nuova Jeep Renegade è caratterizzata da una grande personalità stilistica e presenta proporzioni adatte sia all’utilizzo in città sia su tracciati off-road. Vanta capacità fuoristradistiche di riferimento nella categoria, un’eccellente dinamica di guida su strada, un esclusivo cambio automatico a 9 rapporti, due sistemi di trazione, propulsori dai consumi efficienti e una vasta gamma di dispositivi per la sicurezza. In Italia, la gamma motori Jeep Renegade offre cinque combinazioni di motopropulsore a basso consumo: il propulsore Turbo MultiAir2 a benzina da 1,4 litri e 140 CV con Stop&Start, cambio manuale a 6 rapporti e configurazione 4×2; il motore MultiJet II diesel da 1,6 litri e 120 CV con Stop&Start, cambio manuale a 6 rapporti e configurazione 4×2; il motore MultiJet II diesel da 2,0 litri da 140 CV con Stop&Start, cambio manuale a 6 rapporti e configurazione 4×4; e il motore MultiJet II diesel da 2,0 litri e 140 o 170 CV con Stop&Start, cambio automatico a 9 rapporti e configurazione 4×4. Nei giorni 27 e 28 settembre gli showroom Jeep presenti in Italia dedicheranno il primo “porte aperte” al nuovo modello Jeep. Prezzi di listino a partire da 23.500 euro per l’allestimento Longitude equipaggiato con il propulsore 1.4 Multiair Turbo da 140 cavalli e cambio manuale a sei rapporti. La gamma Renegade si amplierà nel corso del 2015 grazie all’introduzione dell’allestimento Sport che, abbinato al motore alimentato a benzina 1.6 E-Torq da 110 cavalli, sarà offerto con un prezzo sotto i 20.000 euro. Al lancio è disponibile l’esclusiva “Opening Edition”, una versione a tiratura limitata che offre un rapporto vantaggioso tra pezzi e contenuti ai primi clienti che ordineranno la vettura. Nata sul top di gamma Limited, la “Opening Edition” è equipaggiata con il 1.6 o il 2.0, entrambi MultiJet II, e dotata di trazione 4×4 e livrea bicolore Alpine White o Omaha Orange con tetto nero. Completano il look cerchi in lega da 18″ Black e il badge identificativo. All’interno, spiccano i sedili in pelle nera con cuciture a contrasto, il sistema di navigazione Uconnect® e schermo da 6,5″ e mappe 3D, il climatizzatore automatico bi-zona, il dispositivo Passive entry con Keyless-Go, i sensori di parcheggio posteriori e il Cruise control. Inoltre, la Jeep Renegade Opening Edition sarà commercializzata con un’importante offerta di lancio che prevede il navigatore Uconnect® con schermo da 6,5″ e i sedili in pelle in omaggio.
I’m a Renegade
(original lyrics by Victor Chissano)

Here we are
another story, another journey,
today, tomorrow on the flashlights tourney
A sand dune made of gold,
passion assault
time to forgive and never forget,
together, whatever in a golden jet set
Landing on the shores of a lake
and what i give is what i take.
Over the green my thoughts run so free
straight as an arrow and strong as a tree
i’ve got roots growing down the water
Hard steps are not alibi and it does’t matter.
Across a river and through a island
sky is the limit but skyline is my horizon.
I’m true, you are true, we are true,
It’s the rebel rendezvous.
My music is the wind
and my light is a fire
A never-ending path is what i desire.
As a King in a Castle my wheel is my muscle
Better run faster
power in a tunnel
I’m the lion and the master in my concrete jungle.
You may say i’m a gambler
but you are wrong I’m the gamechanger.
Not a magician neither a wizard
thousand of skins more than a lizard
I don’t need a flag to be revolutionary
transforming the ordinary into something Extraordinary
Made for sharing without no compromise
I’m connected to my freedom
from sunset to sunrise
I draw my own lines with
no regrets and no lies
creativity never sleeps
so neither do I.
Now concentrate time to elevate
dont hesitate
Me, myself and I
it’s in my blood, i’m a Renegade.

I’m a Renegade
(traduzione dall’inglese)
 
Eccomi
un’altra storia, un altro viaggio
oggi, domani, su un vortice di luci.
Una duna di sabbia d’oro,
un assalto di passioni
tempo di perdonare e mai dimenticare
insieme, ogni cosa, in un aureo jet set
Atterrando sulle sponde di un lago,
e ciò che do è ciò che prendo.
Sul verde i miei pensieri corrono liberi,
diritti come una freccia e forti come un albero
Le mie radici crescono fino a raggiungere l’acqua
I passi più duri non sono un alibi e non importa.
Oltre un fiume, e attraverso un’isola
Il cielo è il confine, ma lo skyline è il mio orizzonte.
Io sono reale, tu sei reale, noi siamo reali,
è il rendez-vous dei ribelli.
La mia musica è il vento
e la mia luce è un fuoco.
Ciò che desidero è un percorso senza fine.
Come un Re in un Castello,
il mio volante sono i muscoli
Meglio correre più veloci
la potenza in un tunnel,
sono il leone e sono il padrone
nella mia giungla di cemento.
Direte che sono uno che gioca d’azzardo.
Ma vi sbagliate: sono quello che cambia le regole del gioco.
Ne’ un prestigiatore, ne’ un mago
Migliaia di pelli, più di una lucertola
Non ho bisogno di una bandiera per fare il rivoluzionario
E trasformare l’ordinario in qualcosa di straordinario
Fatto per condividere, senza compromessi,
Sono connesso alla mia libertà, dal tramonto all’alba
Traccio le mie strade
senza rimpianti, e senza bugie,
la creatività non dorme mai, e nemmeno io.
Ora concentrati, è tempo di elevarsi
Non esitare
Io, me stesso e me
è nel mio sangue, io sono Renegade.
(Fonte: www.blogmotori.com - 21/9/2014)

venerdì 26 settembre 2014

Jeep Renegade (1): porte aperte nel weekend con la Opening Edition


La Jeep Renegade arriva in concessionaria. Sabato 27 e domenica 28 settembre c’è il primo porte aperte e per il lancio viene proposta in tiratura limitata la Opening Edition. Nata sul top di gamma Limited, con 28.000 euro la si può avere con il 1.6 MultiJet da 120 CV e 320 Nm, abbinato al cambio manuale a sei marce e alla trazione anteriore, che consuma (stando ai dati dichiarati) 4,6 l/100 km (120 g/km di CO2); e con 30.800 euro è equipaggiata con il 2.0 MultiJet da 140 CV e 350 Nm, abbinato al cambio manuale e alla trazione integrale (5,1 l/100 km, 134 g/km di CO2). Come ogni versione speciale la Opening Edition ha un badge identificativo e colori ad hoc (la livrea si può scegliere Alpine White o Omaha Orange con tetto nero). All'interno i sedili in pelle, il navigatore Uconnect con schermo da 6,5" e le mappe 3D sono in omaggio. Poi ci sono il climatizzatore automatico bi-zona, il dispositivo Passive entry con Keyless-Go, i sensori di parcheggio posteriori ed il Cruise control. Ricordiamo che in Italia la gamma motori Jeep Renegade comprende il Turbo MultiAir2 a benzina da 1,4 litri e 140 CV con Stop&Start, cambio manuale a 6 rapporti e configurazione 4x2; il MultiJet II diesel da 1,6 litri e 120 CV con Stop&Start, cambio manuale a 6 rapporti e configurazione 4x2; il motore MultiJet II diesel da 2,0 litri da 140 CV con Stop&Start, cambio manuale e 4x4; e il motore MultiJet II diesel da 2,0 litri e 140 o 170 CV con Stop&Start, 4x4, cambio automatico a 9 rapporti. Il listino parte da 23.500 euro per l'allestimento Longitude equipaggiato con il propulsore 1.4 Multiair Turbo da 140 cavalli e cambio manuale a sei rapporti.
(Fonte: www.omniauto.it - 23/9/2014)

giovedì 25 settembre 2014

FCA: priorità a nuovi modelli e partnership


Riduzione del debito, realizzazione del piano industriale e ricerca di un partner: questi i tre dossier più rilevanti che il consiglio d'amministrazione e il management della Fiat Chrysler Automobiles dovranno affrontare fin dalla riunione del mese prossimo a Londra, dopo la formalizzazione della nascita della nuova holding e il debutto a Wall Street. I primi due nodi sono strettamente legati e dovranno essere affrontati comunque prima della (possibile ma non certa) individuazione di un compratore o di un socio forte. Il tema della ricapitalizzazione è stato più volte affrontato dallo stesso Marchionne, secondo il quale un aumento di capitale potrebbe servire ora ma non essere più necessario di qui a due anni, quando il gruppo produrrà cassa (secondo i piani) in misura significativa. Il problema è che per generare cassa, soprattutto con la parte Fiat, FCA dovrà disporre di nuovi modelli, e per averli dovrà prima o poi investire. Ecco quindi che il tema del piano industriale e quello dei fondi si intrecciano. Fiat è ora parte di un gruppo globale con Chrysler, ma non può ancora utilizzare interamente la liquidità che Chrysler produce; e in ogni caso anche i marchi americani, primo fra tutti la Jeep, hanno piani ambiziosi che dovranno essere finanziati. Non solo: fra un anno esatto Chrysler, così come General Motors e Ford, dovrà rinnovare il contratto di lavoro con la Uaw. Per il sindacato americano sarà il primo rinnovo del dopo crisi, il primo in cui potrà nuovamente usare l'arma dello sciopero; con una Chrysler in attivo non c'è dubbio che punterà a strappare concessioni salariali e il maggior volume possibile di nuovi prodotti. L'attuale situazione dei mercati finanziari sta dando una mano al Lingotto, che non a caso proprio nei giorni scorsi è tornato sul mercato obbligazionario; ma i due miliardi di euro di oneri finanziari netti l'anno sono uno svantaggio competitivo importante rispetto al grosso della concorrenza. E nella prima metà dell'anno il gruppo ha investito un po' meno che nel 2013. Qualcuno pensa che una riproposizione del cosiddetto polo del lusso, o meglio dei marchi premium, possa essere una soluzione ad entrambi i problemi: creare una società a parte, scorporandola da FCA, e chiamare il mercato a investire a fianco della Exor. Tale ipotesi è stata smentita ieri da Marchionne, che ha lasciato aperto solo uno spiraglio («toccherà al cda occuparsene»). Il fatto è che Alfa Romeo, nelle condizioni in cui è, rischierebbe di essere una palla al piede del Cavallino, sia per le perdite che genera che per gli investimenti (5 miliardi di euro tra il 2014 e il 2018) che richiederà il suo rilancio. Qualche anno fa, il miglioramento dei conti fu favorito anche dallo spostamento della Maserati (quando ancora era in rosso) sotto l'ombrello Fiat. Adesso l'azienda di Modena e Grugliasco viaggia a tutto gas, e ha un potenziale di sinergie con Ferrari maggiore rispetto all'Alfa; guardando a quest'ultima, le sinergie per Maranello potrebbero non valere lo svantaggio derivante dalla diluizione del brand. Il marchio Alfa Romeo ha sì grandi potenzialità - tutti lo ammettono, a partire dagli amici tedeschi di Marchionne - ma con le sue poco più di 70mila vetture vendute all'anno è per ora come un affascinante castello diroccato che necessita per il restauro di somme colossali; per questo non mancano consulenti e analisti che consigliano di venderlo a qualche miliardario in vena di follie. Marchionne, che pure ha più volte accarezzato l'idea in passato, ora non ne vuol sentir parlare e ha anzi messo il marchio del Biscione al centro della strategia di rilancio del gruppo in Italia. Questo è forse il punto chiave. Di tutti i dossier aperti, quello della «fabbrica Italia» è quello che più interessa all'italiano medio ma che più conta anche per il Paese: i successi globali servirebbero solo agli azionisti, se per l'Italia il saldo finale fosse in rosso. Il top manager del Lingotto ha più volte rivendicato il fatto che Fiat ha chiuso meno fabbriche dei concorrenti europei nonostante una crisi più profonda del mercato dell'auto. È vero, anche se un aiuto importante lo ha avuto dagli italiani con il finanziamento della Cassa integrazione. La strategia di ridare lavoro con modelli Maserati e Alfa Romeo, presentata a fine 2012 e confermata a maggio a Detroit, è stata giudicata positivamente da tutti gli osservatori, anche come un modo per smarcarsi da una crisi del mercato italiano che non sembra avere fine (anche i segnali di agosto sono negativi). La parte Alfa del piano resta però ancora al palo: per nessuno dei modelli c'è ancora un via libera ufficiale e l'assegnazione di uno stabilimento. Allargare la coperta dei mezzi finanziari per arrivare a coprire gli investimenti promessi: questa la prima sfida della nuova FCA.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 11/9/2014)

mercoledì 24 settembre 2014

Confermato l'accordo FCA-Mitsubishi per un pick-up medio su base L200


Con una breve nota stampa congiunta, FCA e Mitsubishi Motors Corporation hanno annunciato la sigla di un memorandum d'intesa non vincolante per lo sviluppo e la produzione di un pick-up medio che nascerà sulla base dell'L200 di prossima generazione.
Confermate le voci dei mesi scorsi - La notizia odierna non fa che confermare alcune anticipazioni di cui avevamo dato conto all'inizio di giugno: secondo le informazioni, il pick-up di ascendenza giapponese sarebbe destinato ai mercati europeo e latino-americano, sui quali verrebbe commercializzato sotto le insegne di Fiat Professional a partire dal 2016.
L'ipotesi Fiat Professional - La scelta - ancora non confermata - di puntare sul marchio dei veicoli commerciali non è casuale, ma riflette l'intenzione di spingere su un fronte che sta portando risultati interessanti, anche in Europa, dove invece i brand automobilistici del Gruppo sono da anni in sofferenza.
Il successo (e le ambizioni) del ramo LCV - Fiat Professional ha chiuso il 2013 con 431.000 veicoli venduti nel mondo: l'introduzione del pick-up avrà un ruolo chiave per realizzare l'ulteriore crescita programmata da piano industriale: il target della dirigenza sono le 600.000 unità l'anno entro il 2018.
Viene da lontano l'idea del pick-up - Già da tempo Marchionne e soci accarezzano l'idea di un pick-up più grande del Fiat Strada (venduto in 134.000 unità l'anno scorso): nel piano industriale del 2006 era prevista l'introduzione (a partire dal 2008) di un derivato del Tata Xenon. Sfumata quell'operazione, nel 2010 (e dunque già in era Fiat-Chrysler) si tornò a parlare dell'ipotesi di un mezzo simile prodotto sulla base del Dodge Dakota, ma anche in quel caso non se ne fece nulla.
I possibili sviluppi dell'alleanza - Va peraltro ricordato che l'intesa sul pick-up potrebbe anticipare ulteriori sviluppi nella collaborazione con il Costruttore nipponico: secondo quanto riportato dal quotidiano finanziario Nikkei all'inizio dell'estate, la Mitsubishi potrebbe fornire a FCA anche la Attrage, una piccola berlina di recente presentazione destinata ai mercati emergenti, che verrebbe commercializzata anche con il marchio Chrysler.
Due modelli, una fabbrica - Il Gruppo italo-americano si servirebbe di questa tre volumi (che poi è la Mirage con la coda) per espandere la propria presenza sui mercati asiatici, ancora evanescente. Anche questo secondo punto dell'intesa è in via di definizione, e un annuncio al riguardo potrebbe arrivare entro fine anno: Attrage e L200, del resto, sono prodotte nella stessa fabbrica di Laem Chabang, in Thailandia, e un accordo su entrambi i modelli sarebbe agevolato dalla circostanza.
(Fonte: www.quattroruote.it -19/9/2014)

martedì 23 settembre 2014

Fiat-Piaggio: le banche d’affari fanno il tifo per l’unione tra la 500 e la Vespa


Tra le tante indiscrezioni circolate in questi giorni di grande fermento per Fiat, c’è anche quella di un possibile ingresso del Lingotto nel mercato delle due ruote. Si tratterebbe, più che altro, di una previsione di addetti ai lavori e di banchieri d’affari che hanno notato come Fiat-Chrysler, con un proprio marchio nelle moto, potrebbe colmare un gap che ha verso alcuni suoi concorrenti come Daimler-Mercedes, Bmw e Volkswagen. Tutte queste case automobilistiche sono infatti entrate nel mercato delle due ruote: Bmw ha una propria divisione nel settore, Volkswagen ha invece acquistato lo scorso anno tramite Audi la Ducati dal fondo Investindustrial. Infine c’è Daimler-Mercedes che sarebbe interessata ad entrare (tramite il suo marchio sportivo Amg) nel capitale dell’italiana Mv Agusta, una delle aziende italiane storiche delle due ruote di recente rilanciata da Giovanni Castiglioni. Fonti vicine al Lingotto non commentano le indiscrezioni, ma fanno notare che un ingresso nelle due ruote non avrebbe alcun senso, tanto più in un momento come questo in cui il gruppo Fiat-Chrysler è impegnato (anche finanziariamente) su ben altri fronti. Tuttavia gli addetti ai lavori continuano a “tifare” una strategia di questo tipo. Ieri il servizio «Deal Reporter» ha riportato le opinioni di diversi addetti ai lavori che indicavano in Piaggio il marchio migliore per generare sinergie con Fiat: con il binomio fra la Fiat 500 e la Vespa capace di creare grande valore.
(Fonte: http://carlofesta.blog.ilsole24ore.com - 15/9/2014)

lunedì 22 settembre 2014

Marchionne: "Maserati non sarà un gigante, ma semplicemente la migliore"


Maserati "non sarà mai un gigante, non sarà mai la Casa che costruirà il maggior numero di automobili al mondo ma sarà, semplicemente, la migliore". Lo ha detto Sergio Marchionne, Ceo del Gruppo Fiat-Chrysler e presidente di Maserati, nel salutare gli ospiti della cena di gala organizzata venerdì alla Reggia della Venaria Reale per la tappa torinese - l'ultima - delle celebrazioni del centenario Maserati. Marchionne, che ha partecipato alla cena, insieme al presidente del Gruppo Fiat-Chrysler John Elkann e a collezionisti, clienti e ospiti Maserati, ha confermato l'obiettivo di produrre 79mila auto con il marchio del Tridente entro il 2018.
TAPPE - Dopo Bologna (la città dove la marca è nata) e Modena (la città dove si è sviluppata e consolidata) l'evento conclusivo per le celebrazioni del Centenario Maserati si è infatti trasferito nel capoluogo piemontese, la città dove vengono costruite le odierne Quattroporte e Ghibli - cardini dell'attuale successo del brand - e dove dal prossimo anno verrà fabbricato Levante, primo suv nella storia del Tridente.
ORGOGLIO - "Il Raduno internazionale del Centenario - ha detto Harald Wester, Ceo di Maserati - ci sta facendo vivere bellissime emozioni. Vedere tutte queste Maserati di ogni epoca, collezionisti arrivati da tutto il mondo, addirittura clienti e giornalisti cinesi arrivati in macchina da Pechino guidando per 13mila chilometri senza il minimo inconveniente sono cose che ti inorgogliscono. E poi l'affetto della gente: a Bologna, a Modena, a Torino. Una tre-giorni che celebra i primi 100 anni della nostra storia e che di fatto apre i prossimi 100".
SFILATA - Sabato, i partecipanti hanno concluso la gara di regolarità con la salita alla Basilica di Superga. A seguire, visita al secondo sito produttivo Maserati, la Fabbrica Avv. Giovanni Agnelli a Grugliasco, dove vengono prodotte le odierne Quattroporte e Ghibli. Nel pomeriggio le Maserati si sono ritrovate nella centralissima Piazza San Carlo per il Concours d'Elegance, atto conclusivo della tre giorni del Centenario Maserati. Tra i giudici del concorso l'ingegner Lorenzo Ramaciotti, chief design officer del Gruppo Fiat Chrysler e, quindi, responsabile anche dello stile di Maserati. Il premio Best of Show è andato alla Maserati Mexico 4200 Prototipo Frua. La Maserati A6 GCS/53 della collezione Panini che ha ricevuto un premio speciale e si è classificata terza di classe nella gara di regolarità. La vettura fa parte della storica collezione di Maserati che Umberto Panini aveva salvato nei primi anni ’90 riportandola a Modena.
(Fonte: www.gazzetta.it - 21/9/2014)

domenica 21 settembre 2014

Ferrari 2.0 (2): Wall Street "benedice" l'arrivo di Marchionne


Un Cavallino rampante nel "motore" di Fiat e Chrysler, a Wall Street, è parsa la proverbiale ciliegina sulla torta d'una nuova FCA quotata al New York Stock Exchange. La decisione dell'amministratore delegato di Fiat Chrysler Automobiles, Sergio Marchionne, di prendere in prima persona la guida di Ferrari, storico marchio della Formula Uno e del super-lusso "Made in Italy" finora separato in casa, appare come un regalo per un gruppo che ha già in grandi processi di integrazione, quelli tra Chrysler e Fiat, il suo fulcro competitivo. «Prendere il volante di Ferrari offre a Marchionne molta più libertà nel valutare tutte le diverse opzioni che Fiat ha davanti a sé per la divisione di super-car», ha detto George Galliers, analista di International Strategy & Investment, broker dealer di New York. Un'articolata attività nelle auto di lusso, che vede in pole position, oltre alla Rossa di Maranello, marchi come Maserati e una rilanciata Alfa Romeo e che alza il profilo di tutta FCA. Anche un eventuale spin-off o quotazione separata di Ferrari desterebbe sicuramente interesse: non potrebbe essere altrimenti con valutazioni comprese tra i 5,2 e i 6,5 miliardi di dollari, riconoscibilità globale e robuste performance finanziarie se non in gara (margini operativi di profitto del 15,6% l'anno scorso, profitti saliti del 10% e entrate del 14,5% nei primi sei mesi del 2014). Ma nessun operatore la ritiene al momento una strada plausibile o auspicabile, sbarrata da smentite che danno credito al disegno dei vertici di FCA di far leva proprio sul Cavallino rampante per generare maggior entusiasmo nel giorno dall'initial public offering di Fiat-Chrysler, il 13 ottobre al Nyse. Che coinciderà con l'ingresso ufficiale di Marchionne in Ferrari da presidente. L'attenzione di Wall Street, così, è piuttosto dominata dai piani e dagli interrogativi per il futuro più vicino e probabile: dalle affermazioni di Marchionne di voler considerare aumenti graduali della produzione annuale, rispetto alle circa settemila vetture attuali, al fine di sfruttare una crescita della domanda. Fino ai dubbi sulla sua gestione: gli osservatori americani si domandano se il manager, che non ha esperienza diretta nei marchi di super lusso, saprà davvero garantire lustro alla Ferrari. La svolta al volante di Ferrari con le sue ripercussioni, tuttavia, non mette in secondo piano i traguardi e le sfide dell'integrazione Fiat-Chrysler tra gli investitori americani, che hanno cominciato il conto alla rovescia verso un collocamento iniziale atteso il 13 ottobre e quindi verso un road show che potrebbe partire nelle prossime settimane. Ha trovato eco nelle ultime ore il miglioramento del giudizio sull'outlook del gruppo da "negativo" a "stabile" da parte della società di valutazione del credito Fitch. Dovuto, appunto, ai passi avanti nella combinazione che «rafforzano» la nuova azienda. «Ci aspettiamo che l'integrazione si approfondisca ulteriormente e permetta maggiori sinergie nel medio termine», ha aggiunto Fitch. Chrysler, di certo, ha messo in mostra continui incrementi delle vendite dai furgoni alle Jeep, altro marchio sul quale Marchionne punta molto a livello internazionale, sostenendo i risultati dell'intero gruppo mentre Fiat soffre in Europa. E secondo gli analisti la quotazione a Wall Street di FCA dovrebbe tradursi in un ulteriore rafforzamento sia della sua immagine che delle sue prospettive. Accanto ai continui progressi testimoniati dalla cifre, analisti e investitori aspettano nella fase post-Ipo anche nuovi e concreti chiarimenti sulle strategie per il domani del gruppo nel mercato globale dell'auto. In particolare su come FCA, settima casa automobilistica mondiale, cercherà di finanziare gli ambizioni piani di sviluppo quinquennale che ha adottato e che prevedono profitti moltiplicati per cinque e vendite in crescita del 60 per cento.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 12/9/2014)

sabato 20 settembre 2014

Ferrari 2.0 (1): vincere in pista è un passo necessario per la corsa agli U.S.A.


Ha appena vinto il Gran Premio più importante della sua carriera, quello che ha visto Fiat-Chrysler tagliare il traguardo di una fusione che completa dieci anni di lavoro. Ma adesso, invece di festeggiare ai box, Sergio Marchionne prende la guida della Ferrari e si rimette in gioco con un messaggio chiaro: «Vincere in pista fa parte del DNA della casa; lavoreremo come dannati per questo». Dunque la vittoria «in pista» è ciò che il Ceo del gruppo vuole ottenere dalla Ferrari. Perché, se non è un caso che il Cavallino sia oggi il brand più forte del mondo, l’oggetto del desiderio per il quale tycoon, principi e miliardari si mettono disciplinati in fila dal concessionario, questo avviene in buona parte per la sua reputazione sportiva. E se un Gran Premio perso o vinto non fa certo la differenza in termini di vendite, sei anni di fila senza strappare un titolo, rischiano alla lunga di appannare il marchio che si nutre anche di una lunga serie di successi. Purtroppo passati. È questo il ragionamento che sta dietro le dichiarazioni di ieri di Marchionne; è questo il principale motivo - condito da qualche frizione personale di cui anche nella conferenza stampa congiunta, seppure tra i sorrisi, si è avuta conferma e che pare adesso superata - che porta al cambio della guardia a Maranello, i cui risultati finanziari vengono invece considerati soddisfacenti. Ma l’arrivo del Ceo di Fiat-Chrysler ha come obiettivo una rivoluzione in Ferrari anche fuori dai circuiti di gara? I primi segnali non paiono indicarlo. Marchionne ha confermato la fiducia nella prima linea dell’azienda - in testa l’amministratore delegato Amedeo Felisa - ed ha indicato anche che nulla cambia nella strategia industriale di FCA illustrata ai mercati finanziari lo scorso maggio ad Auburn Hills - un grande gruppo globale da 7 milioni di auto entro il 2018 - sottolineando più volte la specificità del Cavallino e mandando in archivio i rumors più o meno fantasiosi su possibili novità che spaziavano dalla quotazione separata a una Ferrari «Made in U.S.A.». Che la Rossa sotto la nuova gestione possa diventare «americana» non è proprio un tema all’ordine del giorno; diciamo che lo spettro di un Cavallino a stelle strisce è un argomento polemico usato nelle ore passate, quando la tensione sull’asse Maranello-Torino era più alta e i colpi più bassi. Ma come è ovvio in casa Fiat-Chrysler tutti, a partire dal presidente John Elkann e dallo stesso Marchionne, hanno ben chiaro il valore aggiunto della Ferrari sta anche e soprattutto nel suo essere un marchio unico e preziosissimo, che esprime il meglio dell’italianità. Sarebbe «osceno» - Marchionne dixit - solo pensare di produrne una negli Stati Uniti, sebbene proprio gli U.S.A. siano il primo mercato di Maranello. Dunque la questione di un ipotetico sfregio all’identità nazionale di Ferrari, anche se all’interno di un gruppo che è ormai pienamente globale come FCA, si chiude prima ancora di essere aperta. Né il gioiello più prezioso del gruppo automobilistico verrà fagocitato in qualche modo dagli altri marchi. «Ferrari - ha ribadito ieri Marchionne - non può appoggiarsi al sistema Fiat-Chrylser nè per le tecnologie nè per l’accesso ai mercati». Se un travaso di competenze e tecnologie avverrà, sarà sempre mettendo Maranello a monte e il resto del gruppo sotto, in modo da raccogliere competenze e innovazione anche nei modelli che dal lusso purissimo della Rossa entrano in quel territorio - su cui il piano industriale di FCA scommette molto - del «lusso accessibile». Accade già con i motori Maserati, che sono «Made in Ferrari», non è detto che non possa accadere in futuro per la stessa Maserati o magari per i nuovi modelli Alfa Romeo ai quali dall’anno prossimo spetta uno dei compiti più difficili nella strategia di Marchionne: rompere il predominio dei concorrenti tedeschi nella fascia alta del mercato. Del resto, anche in questo caso ha ricordato il Ceo, qualche figura di Maranello è già stata precettata proprio per aiutare i marchi appena citati nell’evoluzione verso fasce sempre più alte di mercato. Insomma, il Marchionne che aggiunge alla lista dei suoi uffici a Torino, Londra ed Auburn Hills anche quello a Maranello, porterà qualche rivoluzione in Ferrari e - almeno la sua speranza è questa - sui circuiti di tutto il mondo, ma non sarà certo il nuovo passaggio a rivoluzionare l’intero assetto del piano di FCA per i prossimi cinque anni. Ma certo la chiarezza nella nuova scelta è stata premiata anche ieri dalla Borsa - il titolo va su dell’1,8% - ed è probabile che agli azionisti e al Ceo non dispiaccia presentarsi sul mercato di Wall Street dove FCA sarà quotata da metà ottobre, con tutte le stanze delle grande casa automobilistica messe in ordine. Anche con una governance che attribuisca direttamente a Marchionne onori ed oneri nella gestione del gioiello Ferrari.
(Fonte: www.lastampa.it - 11/9/2014)

venerdì 19 settembre 2014

Fiat 500X: diffusa la prima foto "rubata"


Ecco la Fiat 500X. A sorpresa è spuntata in rete la prima foto senza veli del mini-SUV del Lingotto che arriverà sul mercato nel 2015 e che sarà presentata ufficialmente ad ottobre al Salone di Parigi. Si tratterebbe - sembra - di una immagine "sfuggita" durante le riprese di uno spot pubblicitario. La foto è stata scattata con un obiettivo particolare, probabilmente un grandangolo, che allunga e abbassa la silouhette della 500X, vettura che pur ricordando il profilo del mitico cinquino in realtà è compatta (circa 4,25 metri di lunghezza) e piuttosto alta (circa 1,70). La collocazione dell'immagine è quella di una città poiché la Fiat 500X punta a conquistare proprio un pubblico "modaiolo", di target medio-alto, desideroso di usare un'auto pratica per i fine settimana ma anche gradevole e "stilosa" quanto adatta a dominare il traffico cittadino. La 500X inoltre è il terzo modello Fiat con marchio "500" e quindi contribuirà a riposizionare in una fascia più alta e sofisticata del mercato marchio e produzione Fiat. La 500X è la sorella dell'altro mini-SUV appena varato da Fiat Chrysler, la Jeep Renegade, che proprio oggi è entrata nella fase di produzione vera e propria nello stabilimento di Melfi, in Basilicata. Entrambe le auto, pur molto diverse fra loro, sono state sviluppate sulla piattaforma della "500L" che viene assemblata in Serbia, e rappresentano un salto di qualità strategico nei piani di sviluppo di Fiat Chrysler Automobiles. Con la "Renegade" e la "500X" FCA entra a pieno titolo nel settore dei SUV compatti che sta registrando un boom commerciale su tutti i mercati. Quest'anno nel mondo dovrebbero essere venduti circa 2.000.000 di mini-SUV e Fiat-Chrysler punta a conquistare una discreta fetta di questa torta in continua espansione. Le due vetture rappresentano anche una svolta storica per l'industria italiana dell'auto che - seguendo il successo globale delle Maserati Quattroporte e Ghibli prodotte nella nuova fabbrica di Grugliasco, vicino Torino - torna a rivolgersi non più solo ai 500 milioni di consumatori europei ma a tre miliardi di automobilisti che abitano anche in Cina, Nord America, Australia, Sud Africa, Turchia. Per raggiungerli con modelli il più possibile affidabili e competitivi, Fiat ha completamente ristrutturato lo stabilimento di Melfi dove tutt'ora si produce la Punto. Con un miliardo di investimento (la metà proveniente dalle casse della Jeep e quindi con il più importante investimento estero nel Mezzogiorno), sono stati installati 600 robot nuovi di zecca e sono state rifatte dalla base tutte le stazioni di montaggio. Alla cui progettazione, per la prima volta nella storia di Fiat, hanno partecipato gruppi di operai scelti fra gli oltre 5.000 dipendenti della fabbrica lucana in modo da snellire e rendere meno faticoso e più veloce il processo di lavoro secondo le modalità previste del World Class Manufacturing, il sistema produttivo di stampo nipponico adottato per tutte le fabbriche di Fiat e Chrysler. A Melfi tutti gli operai "dialogheranno" con i computer collocati in ogni stazione di montaggio. Esattamente come gli impiegati, gli operai avranno a disposizione "touch screen" dell'ultima generazione collegati in rete sui quali comunicherano le operazioni compiute, leggeranno dati e informazioni sui modelli da assemblare e faranno proposte di miglioramento della produzione. In caso di problemi, come accade negli stabilimenti mondiali di più alta qualità, il capo squadra (team leader) che governa il lavoro e i permessi dei sei colleghi della sua postazione avrà il potere di fermare la linea. E il giorno dopo errori e stop verranno esaminati in una riunione collettiva fra dirigenti e operai con l'obiettivo di migliorare il lavoro giorno dopo giorno secondo il nuovo modello di fabbrica-rete che Melfi si avvia ad applicare.
(Fonte: http://motori.ilmessaggero.it - 16/9/2014)

giovedì 18 settembre 2014

Marchionne: "L'Italia ce la farà. A Renzi mostrerò la realtà di Fiat-Chrysler"


Sergio Marchionne è convinto che l'Italia ce la farà, ma aggiunge: "Quando non lo so: non vedo le cose migliorare nel breve termine". E dagli U.S.A., dove ritira un premio dell'Institute of International Education, sottolinea che "l'unica cosa per creare crescita sono gli investimenti. Non riusciamo ad attirare abbastanza capitali esteri". Intervenendo poco dopo la gelata dell'Ocse che ha tagliato la stima sul pil dell'Italia a -0,4% nel 2014, l'amministratore delegato di FCA si dice "più che disposto a far vedere" al presidente del Consiglio Matteo Renzi la realtà di Fiat-Chrysler durante la sua prossima visita a Detroit, a illustrargli il processo di risanamento dell'azienda e anche a presentargli i sindacalisti americani. Marchionne insiste sulle differenze tra il nostro Paese e gli Stati Uniti, che sono tornati a crescere dopo la crisi del 2008, e cita l'esempio delle start-up: "Il concetto di start up in Italia non mi piace molto, vengono imposti limiti. Qui invece si riescono a creare le cose dal nulla". Questo per quanto riguarda l'Italia. Per Fiat-Chrysler, Marchionne conferma l'obiettivo del 13 ottobre per il debutto a Wall Street. E a chi gli chiede come arriverà fisicamente a Wall Street, risponde sorridendo: "In Maserati, non in Ferrari". Quindi precisa che non è previsto nessun roadshow per gli investitori prima della quotazione. "Inizieremo il processo di educare i mercati finanziari dopo ottobre". L'ipo di Fiat-Chrysler non è minimamente paragonabile a quella di Alibaba, che si appresta a un'initial public offering da record, con una raccolta superiore ai 21 miliardi di dollari. "Che Dio li benedica", afferma Marchionne che poi sottolinea la strada percorsa dal gruppo negli ultimi cinque anni: "Bisogna ricordarsi da dove siamo partiti". Non potevano mancare le domande sulla Ferrari, dopo che l'ad di Fiat-Chrysler ha preso il posto di Luca Cordero di Montezemolo alla guida della casa di Maranello (anche l'avvicendamento avverrà il 13 ottobre). "Non ci sarà cambiamento nell'esclusività del marchio - ribadisce Marchionne - Bisogna migliorare la performance sportiva". E a chi chiede quando la "rossa" tornerà sul podio della Formula 1, risponde: "Se lo sapessi... Luca ha provato, ha fatto un gran lavoro. Dobbiamo riorganizzarci, chiediamo un po' di tempo". E tempo serve anche ad Alfa Romeo. Se Fiat sta "ripartendo un po' alla volta" in un mercato debole, Alfa Romeo "è tutta da rifare, lasciamo stare il prodotto", afferma Marchionne. Il rilancio dell'Alfa Romeo è un tassello importante del piano industriale di Fiat Chrysler, che prevede miliardi di dollari di investimenti nei prossimi cinque anni, molti dei quali destinati proprio al Biscione.
(Fonte: www.repubblica.it - 16/9/2014)

mercoledì 17 settembre 2014

Jeep Renegade (3): gli accessori Mopar


La Jeep Renegade non è solo la più piccola del marchio americano o la prima ad essere costruita in Italia, per l’esattezza a Melfi (PZ), ma è anche un SUV compatto con tutte le doti offroad e premium delle sorelle più grandi. A dimostrarlo c’è un listino che va dai 23.500 a 32.800 euro, equipaggiamenti esclusivi come l’automatico 9 marce o la trazione integrale 4WD Active Low, ma anche un ricco catalogo di accessori Mopar che permettono di personalizzare a piacere la Renegade. La lista di 100 accessori Mopar comprende gli adesivi da applicare sul cofano, le portiere e il 3/4 posteriore che le danno un tocco avventuroso e persino militare, come ad esempio la "US Army Star", la stella che fa tanto Jeep Willys. Allo stesso modo il cliente che vuole personalizzare la sua Renegade può scegliere le calotte degli specchi e la griglia frontale in quattro diversi colori, gli esclusivi cerchi Mopar da 17" colorati, i proiettori ausiliari sul tetto e i sistemi di trasporto e portapacchi che includono box sul tetto, e supporto per bici, surf, snowboard e altro, anche sul gancio di traino. La Jeep Renegade firmata Mopar può essere dotata anche di tappetini personalizzati, protezioni per il vano bagagli, sensori di parcheggio e del "Mopar Wi-Fi" che crea un hotspot per la navigazione Internet su dispositivi mobili.
(Fonte: www.omniauto.it - 9/9/2014)

martedì 16 settembre 2014

Jeep Renegade (2): i segreti di Melfi


Una Jeep costruita in una fabbrica Fiat. In Italia. Anzi, nel Sud. Ne scrivi e avverti subito lo strappo o, se preferite, l’effetto “game changer”. Il fatto suona strano persino in questi giorni del lancio globale della Jeep Renegade, il minisuv che sta rivoluzionando la vita della vecchia fabbrica di Melfi, in Basilicata. Uno stabilimento finora monoprodotto, per 21 anni dedicato alla Punto, e che fra tre mesi inizierà a produrre anche la Fiat 500X. Un altro strappo. Ci sarà tempo per analizzare qualità e manchevolezze del modello italo-americano. Per ora concentriamoci sulla novità più immediata: la rottura che Renegade segna sul piano industriale. Infatti, a 30 anni dalla Ritmo-Strada che fu venduta anche negli U.S.A., un’auto pop made in Italy torna a confrontarsi con un mercato di 3 miliardi di automobilisti globali e non più solo con i 500 milioni europei. “Game changer”, poi, la Renegade lo è fin dai bulloni, per come viene costruita. Ne so qualcosa perché, per via di un piccolo saggio che sto scrivendo, sono fra i pochi ”esterni” che ha potuto “studiare” la fabbrica di Melfi nel corso della sua ristrutturazione. Durante la quale ho potuto toccare con mano tre fattori di forte rottura. Primo: nella storia della Fiat, Melfi è la prima fabbrica ad essere stata (ri)progettata assieme a gruppi di operai. Fin dai primi disegni tecnici della Renegade, piccoli gruppi di team leader (operai che gestiscono le squadre di sei colleghi che ruotano intorno ad ogni stazione di montaggio) sono stati spediti a Torino per discutere con gli ingegneri modifiche ai macchinari. In una seconda fase, oltre 300 operai hanno lavorato per mesi nel WPI (Work Place Integration), ovvero in un apposito capannone dedicato allo studio ossessivo di ogni movimento del montaggio con l’obiettivo di eliminare tutti i tempi morti secondo il sistema di misurazione del lavoro Ergo-Uas condiviso con una buona parte dei sindacati. Migliaia di proposte sono state provate e riprovate lavorando su schermi a tre dimensioni che riproducono operai “veri” per risparmiare ogni secondo e talvolta centesimi di secondo di lavoro. Secondo “salto”: a Melfi il lavoro lungo le linee è duro, ma il vero compagno di viaggio dei 5.400 operai è lo stress. Come accade per i colleghi quadri o impiegati, con la Renegade anche l’operaio lavora al computer. Ogni stazione di montaggio è dotata di un touch screen sul quale ogni operatore “firma” le proprie operazioni effettuate in rotazione con i cinque colleghi del team, riceve disposizioni, legge le informazioni, scrive propri suggerimenti. Terzo: Melfi - fra milioni di problemi - ha dedicato primavera ed estate alla cementificazione di una “cultura di squadra” (ricordate il video degli operai che ballavano in fabbrica?) che ha strappato – anche qui – antiche consuetudini militariste della gerarchia Fiat. La Renegade è stata presentata in anteprima ai dipendenti con una festa. Lo stabilimento ha provato ad acquisire il valore aggiunto di un centro culturale sul territorio ospitando conferenze sulla leadership di Antonio Conte e di Stefano Domenicali (all’epoca ancora in Ferrari), uno speech sull’America tenuto da Beppe Severgnini, esibizioni di gruppo (una persino di un operaio trombettista accompagnato da un coro di colleghi). Il cambio di passo ha sbriciolato i caposaldi della fabbrica-caserma: il direttore ora veste una tuta identica a quella di tutti gli altri dipendenti; gli impiegati lavorano in uffici anti-imboscamento separati dagli operai da un semplice cristallo; i quadri di “controllo” hanno perso potere a favore dei team leader e dei molti “professionals” impiegati nei due nuovi settori di punta, la logistica e la qualità, in un contesto di catena di comando cortissima.  “Tutta un’ammuina”, direte in molti. Ma intanto il lavoro in fabbrica è davvero cambiato in profondità. A Melfi (dopo Pomigliano) non c’è più traccia di lavorazioni scomode, stile Tempi Moderni di Charlie Chaplin, che pure hanno segnato la linea Punto. Non perché la Fiat e Sergio Marchionne siano dei filantropi o perché il popolo della fabbrica abbia smesso di trottare (di sudare, si, però). La ragione è semplice: alla Fiat conviene.  Grazie alla paziente opera di Stefan Ketter, l’ingegnere tedesco strappato 12 anni fa alla Volkswagen brasiliana e da allora a capo del Fiat Manufacturing, il Lingotto ha scoperto che lavorare bene “funziona”. Rendere meno faticoso il lavoro operaio significa produrre di più con meno persone e con costi e sprechi sotto disciplina. All’azienda conviene anche un lavoro di qualità più alta. La Renegade, legata anche a motori e componenti made in U.S.A., ha bisogno di lavorazioni molto qualificate e profondamente condivise per tentare di essere competitiva.  Un ultimo esempio aiuta a capire come e quanto è cambiata la fabbrica. A Pomigliano l’Ergo-Uas assegna agli operai un tempo di riposo supplementare (si chiama fattore di maggiorazione) per recuperare la fatica delle lavorazioni più pesanti. Il recupero medio ammonta al 3% del tempo totale. Pochissimo. Ma a Melfi l’obiettivo di recupero è pari a zero. Un bel trampolino per il gioco del “game changer” proiettato nel 2015 sull’Alfa Romeo di Cassino.
(Fonte: www.carblogger.it - 6/9/2014)

lunedì 15 settembre 2014

Jeep Renegade (1): presentazione ufficiale


É sempre una vera Jeep, ma è costruita negli stabilimenti Fiat di Melfi. I progressi della tecnologia hanno permesso che si realizzasse questo “miracolo”, un prodotto che riesce ad avere l'aspetto di una Jeep classica, i puristi del marchio ricorderanno senza dubbio la Renegade, versione particolare della CJ, ben coniugato con capacità tecniche su strada e fuori, che nulla hanno da invidiare a quelle dei modelli più classici del marchio. Il tutto, inoltre, a costi di acquisto e gestione molto più contenuti e commisurati a tempi economicamente più severi. Partendo dal pianale della 500L profondamente rivisitato – l'assenza del telaio fa risparmiare peso – una vasta scelta di versioni a due o 4 ruote motrici, sono state condite con motorizzazioni benzina e diesel che permetteranno a tutti di trovare la propria Renegade personale. Del resto il modello punta ha traguardi ambiziosi – il marchio vorrebbe tagliare il traguardo del milione di unità complessive - anche grazie alla distribuzione su molti mercati mondiali. Disponibile in tre allestimenti, Longitude, Limited e il più caratterizzato offroad Trailhawk, la Renegade è frutto di un intenso interscambio con Jeep in America, da cui è stato mutuato il prezioso bagaglio di esperienza specifica nel settore. Vasto il panorama delle motorizzazioni, con un 1400 benzina (cui si aggiungerà un 1600 da 140 cavalli a inizio 2015, futuro entry level a 20.000 euro) e con un diesel di due litri, coniugato nelle versioni da 120, 140 e 170 cavalli. Disponibili per tutte le versioni un cambio manuale a 6 marce e l'automatico a 9 rapporti. Trazione anteriore o integrale, con una variante hard che comprende anche una modalità “Rock” che fa salire a 5 le possibilità di aderenza al terreno selezionabili attraverso il pulsante “Terrain Select”. La modalità Rock attiva anche automaticamente il bloccaggio del differenziale posteriore e ripartisce la coppia tra i due assali. Sulla Trailhawk, inoltre, l’altezza da terra è maggiorata di 20 mm, per un totale di 210, con piastre di protezione, gancio di traino anteriore di colore rosso, angoli di attacco di 30 gradi, di superamento dossi di 23,5 e di uscita di 34. A seconda della versione scelta poi si possono avere cerchi di diametro diverso (16, 17 o 18 pollici). La personalizzazione continua poi con 9 colori esterni e 6 combinazioni di allestimenti interni. Al lancio, infine, sarà disponibile anche una “Opening Edition” (tiratura di soli 1.500 unità), basata sulla versione top di gamma Limited e disponibile con trazione anteriore o integrale, abbinando il tutto a due abbinamenti bicolore: Alpine White o Omaha Orange con tetto verniciato nero. La Opening Edition è dotata di serie del sistema di navigazione Uconnect con touchscreen da 6,5″, climatizzatore automatico bizona, passive entry con Keyless-Go, sensori di parcheggio posteriori, Cruise control, fendinebbia e specchietti retrovisori ripiegabili elettricamente. Dinamicamente il nuovo modello voluto da Fiat e Jeep insieme riesce a raccogliere sia le buone capacità stradali tipiche dei modelli Fiat, sia la “bravura” in fuoristrada che da sempre è nel DNA delle Jeep. I prezzi, dicevamo, partono da 20.000 euro per la 1600 benzina e superano di poco i 30.000 per la Trailhawk.
(Fonte: www.repubblica.it - 11/9/2014)

domenica 14 settembre 2014

Ferrari: alle origini del mito


Un mito, sette lettere. La Ferrari oggi è il brand più famoso al mondo, una marca che sfocia nella leggenda, dove realtà e finzione si miscelano in tutt'uno. Una fabbrica che produce sogni, non automobili e che per questo rende difficile, molto difficile, ricostruire come si possa essere arrivati a tanto. Come sia stato possibile che un'azienda in un paese povero, uscito a pezzi dalla guerra, sia diventata così famosa producendo macchine da corsa e Gt costosissime. Tutto si deve ovviamente ad Enzo Ferrari. E in parte alle sue manie. Si sa, i geni spesso sono pieni di manie. Ma il Drake era una cosa a parte anche in questo: non prendeva mai l’ascensore, l’aereo o il treno, non andava mai in vacanza, non viaggiava mai e negli ultimi quarant’anni della sua vita non si è spostato dalle sue piccole isole felici di Modena e Maranello. In realtà, nonostante i successi planetari, Enzo Ferrari viveva nella più totale solitudine. E, questo suo distacco dal resto del mondo ha contribuito non poco a creare l’immagine del mito, dell’uomo irraggiungibile, del costruttore di auto invincibili. Ma una bella definizione del mito, parlando di Tazio Nuvolari, ce la regala lo stesso Commendatore che era, si sa, letteralmente stregato da Tazio Nuvolari, in particolare dal suo incredibile modo di guidare: erano gli anni in cui lo stesso Ferrari era un pilota e anche per questo “Nivola” lo aveva stregato: «Sul famoso stile di guida di Tazio Nuvolari», scrisse Ferrari, «se ne sono dette di tutti i colori. Succede del resto sempre così, quando un uomo arriva ai limiti dell’impossibile: si impadronisce di lui il mito e, allora, se faceva il pugile, si racconta che sapeva uccidere un toro con un pugno, e se faceva il pilota, che percorreva le curve su due ruote». Ecco, lo stesso è successo alla Ferrari, una volta che il mito si è impadronito delle Rosse, tutto diventava possibile. Vincere senza volante o a fari spenti nella notte, persino senza una ruota. Ardimento e passione. Ma nella ricerca dei tanti perché del mito Ferrari non si può trascurare un aspetto fondamentale: Enzo Ferrari fu un precursore delle moderne leggi di marketing, quando questa disciplina non era stata ancora inventata... Quando ad esempio il Drake realizza la sua prima auto da corsa, la vuole a 12 cilindri. Una complicazione assurda e inutile, che però, dopo la prima vittoria della famosa 125 Sport – al Gran Premio di Roma – fa spalancare le porte del successo grazie ai finanziamenti di banche e creditori. Dodici cilindri voleva dire esclusività, altra tecnologia, raffinatezza meccanica. Enzo Ferrari approfitta subito della situazione: la 125 viene messa in vendita. E chi vuole correre con quella vettura, può anche avere il supporto logistico nelle varie competizioni. Tra l’altro, caso unico all’epoca, Ferrari realizza anche un piccolo libretto per pubblicizzare la 125: otto pagine di colore giallino dal titolo Programma di fabbricazione. Il marketing come dicevamo a quel tempo non esisteva ancora, ma Ferrari ne conosceva bene già tutti i segreti. Sulla copertina e sulla seconda pagina c’erano stampati due enormi cavallini rampanti, il simbolo della scuderia che voleva imporre come marchio. E, a proposito di marchio, anche il carattere ferrari era scritto in modo insolito e assolutamente personale, con lettere bianche contornate da una grande ombra nera. Differenziarsi significava emergere. Ed emergere significava vincere. Ossia sopravvivere in quegli anni difficili del dopoguerra. Ecco cosa raccontava Ferrari nel depliant: Realizzando questo limitato gruppo di piccole automobili sportive, che denomineremo 125 Sport, Competizione o Gran Premio, abbiamo inteso costruire una nuova macchina frutto di nostri studi e precedenti costruzioni. La nostra ventennale esperienza di automobilismo agonistico, la dettagliata conoscenza delle numerose esigenze che sorgono dall’uso della macchina spinta o destinata alle competizioni sportive, ci hanno guidati nel realizzare i tipi 125. Queste macchine vi offrono, con le loro particolarissime caratteristiche che non trovano riscontro nelle note costruzioni di serie, la sicura possibilità di soddisfare i diversi gradi della vostra passione sportiva. La semplicità estrema delle soluzioni adottate, l’accelerazione fulminea, la velocità, la frenatura, il peso ridottissimo, la stabilità perfetta, il limitato consumo, sono la sintesi dell’auto 125. Prima di fare il vostro programma per la futura attività sportiva, prima di acquistare una autovettura per le vostre esigenze, compiacetevi ricordare la Scuderia Ferrari e scriveteci. Grazie Non è tutto: come se non fosse già abbastanza, la lettera finiva con la sua firma autentica e ogni volta il nome “125” era stampato in rosso, a caratteri cubitali. Insomma sembrava che quel depliant fosse scritto da Henry Ford in persona per l’effetto che faceva sul pubblico dell’epoca. In più, poi, c’erano anche tre dettagliatissime schede tecniche delle tre diverse versioni di 125, Sport, Competizione e Gran premio. Schede che, con una dovizia di particolari mai vista prima, spiegavano ai possibili acquirenti come era fatta quella vettura. All’epoca bastava avere tra le mani quel piccolo libretto per sentirsi già vicini alla Ferrari, vicini al mondo delle corse, vicini al mito. Insomma, il Drake fu il primo a lavorare sull’immagine di marca, sul brand come si direbbe oggi. Ma fu anche un vero pioniere delle sponsorizzazioni, riuscendo, caso unico al mondo all’epoca, a guadagnare soldi dalle corse mentre tutti i suoi concorrenti ne perdevano per far gareggiare le macchine. È lo stesso Drake a raccontare la sua strategia: «Una delle prime volte che incontrai Valletta questi mi rivolse una domanda curiosa: “Ferrari, mi dicono che lei riesce a fare le corse d’auto e a guadagnare dei soldi, mentre noi, Fiat, ci siamo stancati per le eccessive spese che esse comportano”. Gli spiegai che quelle scritte che avevo sui camion della mia scuderia erano dei fornitori che sovvenzionavano la mia attività. A quei tempi non si chiamavano ancora sponsor. E aggiunsi che dalla Shell, ad esempio, prendevo 120.000 lire al mese. Valletta rimase scioccato». Oggi in Formula1 gli sponsor sono alla portata di tutti ma nessuna scuderia riesce a organizzarli e a gestirli con tanta maestria. Accanto agli sponsor classici, che a volte collaborano anche con la fabbrica, la Ferrari ha poi un gruppo di fornitori molto importanti, partner che collaborano direttamente a fare grande la Ferrari. Insomma in totale una cinquantina di aziende che “spingono” letteralmente la casa di Maranello. Di tempo, da quando la Shell dava a Ferrari 120.000 lire al mese, e da quando Valletta rimase scioccato per questa esorbitante cifra ne è passato davvero tanto...
(Fonte: www.repubblica.it - 10/9/2014)

sabato 13 settembre 2014

Ferrari FF e Apple CarPlay: via alle consegne


Per i patiti del “melafonino” è uno strumento irrinunciabile. L’utilizzo del proprio smartphone in auto è ormai diventato uno standard ma per utilizzarne appieno le funzioni e le applicazioni del gioiello di Cupertino lo strumento più idoneo si chiama CarPlay. Tra le prime case ad adottare questa tecnologia della Apple c’è anche la Ferrari che ha appena consegnato a un cliente italiano la prima FF equipaggiata con il sistema CarPlay. Le vetture della casa del cavallino rampante che offrono anche l’ultimo gadget integrato sono in consegna in questi giorni e stanno raggiungendo le loro destinazioni in tutto il mondo. Sul mercato del Vecchio Continente le “rosse” dotate di CarPlay stanno arrivando in Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera, mentre altri esemplari raggiungeranno presto gli Stati Uniti e il Giappone. Secondo la casa il dispositivo CarPlay di Apple è il sistema più semplice, sicuro e divertente per usare il proprio iPhone in vettura. CarPlay permette infatti un utilizzo incredibilmente intuitivo per effettuare chiamate, usare le mappe, ascoltare la musica e accedere ai messaggi, semplicemente con una parola o con un tocco del display centrale. Insomma una vera manna per chi proprio non vuole fare a meno di continuare a interagire con il proprio smartphone nemmeno quando sfreccia a tutta velocità (nel rispetto dei limiti del Cds), su strada o in pista. La casa di maranello ha reso disponibile il sistema CarPlay anche sulla Ferrari California T, il modello equipaggiato con il propulsore V8 Turbo collocato in posizione anteriore centrale che ha ammaliato il pubblico dello scorso salone di Ginevra dove è stata presentata.
(Fonte: www.repubblica.it - 9/9/2014)

venerdì 12 settembre 2014

Fiat 500X: anticipata da un video-teaser


In attesa della presentazione ufficiale della Fiat 500X, che ormai è certo debutterà tra poco meno di un mese sul palcoscenico internazionale del Salone di Parigi, Fiat ha pubblicato un video-teaser dell'inedita crossover compatta.
Linee in rilievo - Nella breve clip si scorge in rilievo il profilo del nuovo modello che entrerà a far parte della famiglia 500, nascosto dietro a uno scenografico drappo rosso. Le linee della vettura sono abilmente sottolineate da una riga bianca luminosa che appare sullo schermo, pur senza svelare troppo. Una piccola anticipazione che lascia volutamente ancora un alone di suspense e di mistero.
Anticipazioni - In realtà, va detto che della 500X qualche dettaglio già lo conosciamo, anche grazie alla foto spia pubblicate nei giorni scorsi. La piattaforma è condivisa con la Jeep Renegade e il design sarà molto personale e fortemente caratterizzato. In particolare, i gruppi ottici, gli specchietti laterali e il taglio di cofano e cristalli – almeno secondo quanto evidenziano i vari muletti – saranno vicini a quelli della 500, con cinque porte e una maggiore altezza da terra che ne caratterizzeranno il DNA di Suv urbana.
Motori e trasmissioni - Secondo le nostre informazioni dovrebbe arrivare nelle concessionarie del Gruppo entro la fine dell’anno e potrà essere ordinata con trasmissione a due e quattro ruote motrici abbinata a propulsori 1.600 turbodiesel e 1.400 turbo a benzina, entrambi da 120 CV.
(Fonte: www.quattroruote.it - 5/9/2014)

giovedì 11 settembre 2014

Ferrari: via Montezemolo, arriva Marchionne


«Si chiude un’epoca». Ma Ferrari non si ferma, «ci sono le premesse per una ulteriore crescita». Durante una conferenza stampa congiunta, mercoledì a Maranello, con a fianco Sergio Marchionne, Luca Cordero di Montezemolo ha annunciato le sue dimissioni dalla presidenza di Ferrari. Montezemolo lascerà su sua richiesta, il 13 ottobre, a conclusione del festeggiamenti per i 60 anni di Ferrari in America. La presidenza sarà assunta dall’ad di Fiat, Sergio Marchionne. A Montezemolo spetterà una liquidazione di 27 milioni di euro. Fiat spiega in una nota che all’ex presidente della rossa sarà corrisposta un’indennità di fine mandato pari a 13 milioni e 710 mila euro. In aggiunta saranno a lui corrisposti altri 13 milioni e 253 mila euro a fronte dell’impegno di Montezemolo a «non svolgere attività in concorrenza con il Gruppo Fiat». La decisione è arrivata dopo un lungo vertice a Maranello. «É un giorno importante - ha detto Montezemolo - perché dopo 23 anni, passati molto in fretta, oggi rassegno le dimissioni da Ferrari. Obiettivamente credo che sia finita un’epoca e un ciclo dell’azienda. Grazie ai risultati e alla forza di Ferrari, se ne apre un’altra che spero, penso e auguro possa essere una cosa nuova e più importante». Nel «programma professionale e familiare», ha aggiunto Montezemolo, «pensavo di andare via alla fine dell’anno prossimo, ma l’inizio di una fase nuova mi ha convinto a presentare le dimissioni». E il riferimento è allo sbarco di Fiat Chrysler (FCA) sulla Borsa americana previsto proprio per il 13 ottobre. Ora, ha rilanciato Montezemolo, «bisogna guardare avanti».
«FERRARI AVRÀ ANCORA PIÙ FORZA» - Resta da «fare, tanto - ha proseguito Montezemolo - Ferrari avrà ancora più forza, si tratta di lavorare sodo ancora da parte mia fino al 13 ottobre». Il presidente uscente di Ferrari si è detto «contento di aver fatto il mio dovere fino in fondo e sono contento di aver gestito questa azienda straordinaria e penso di uscire nel momento giusto. Quando divenni presidente di Fiat, solo io e Sergio sappiamo quanto Fiat aveva le gambe nel baratro». Il titolo Fiat ha accelerato in Borsa sulle novità in Ferrari guadagnando il 2,14% a 7,86 (alle 10,50) euro. E intanto Federico Ghizzoni, ad di Unicredit dice che Montezemolo sarebbe un «buon nome» per la presidenza di Alitalia. «É una possibilità - ha detto Montezemolo - ma fino al 13 ottobre sono concentratissimo su Ferrari e voglio occuparmi anche un po’ della scuola di mio figlio».
MARCHIONNE: «UN SUV CON IL CAVALLINO NON LO VEDO» - Tra sorrisi, qualche battuta e tanti ricordi, Montezemolo ha chiuso il suo intervento passando la parola all’ad di Fiat Marchionne: «Sergio ha cominciato a polemizzare con me dal 2002, quando ascoltavo con un po’ di irritazione le lezioni in cda che faceva Morchio e ho visto arrivare questo signore». Sergio Marchionne ha tenuto a sottolineare che «la mia amicizia con Luca continua, non è stata intaccata dalle polemiche di questi giorni» («Marchionne a Montezemolo: “Nessuno è indispensabile”»). Per l’ad del gruppo Fiat, «è importante proteggere quanto è stato creato qui. Luca ha fatto un grande lavoro». L’impegno in Ferrari, ha continuato Marchionne, «è duraturo»: «Ferrari è di un’importanza da non sottovalutare e il fatto che sia io presidente significa molto». L’ad di Fiat, poi, va dritto al punto: «Non c’è nessuna intenzione di integrare Ferrari nel sistema Fiat-Chrysler. L’indipendenza operativa e strategica della Ferrari non sarà mai messa in discussione». In sintesi: «Un Suv con il Cavallino - ha commentato Marchionne - non lo vedo». A domanda diretta, risposta diretta: Ferrari americana? «Inconcepibile - ha rilanciato il prossimo presidente Ferrari - Luca non ha mai detto che l’azienda sarebbe diventata americana. Il concetto della società americana lo trovo strano. L’azienda non ha niente a che fare con l’America, avrà accesso ai mercati americani. L’idea che Ferrari potrà essere prodotta fuori da questo posto è oscena».
«BUONUSCITA? FIAT SAPPIA CHE È SEMPRE TROPPO POCO» - Bisognerà attendere ancora un po’ per conoscere l’entità della buonuscita di Montezemolo: «Lo dirà Fiat, al momento giusto», ha risposto Marchionne. Probabile che il Lingotto comunicherà qualcosa «già oggi». E Montezemolo ci scherza su: «Fiat sappia che è sempre troppo poco». Sergio Marchionne, dal canto suo, ha spiegato che Ferrari non è una società quotata e dunque non è tenuta a rendere note questo tipo di informazioni.
«IN FORMULA 1 NON SARÀ UNA GRANDE STAGIONE» - Non è mancato un punto sulla Formula 1: «Per il 2014 mettiamoci l’anima in pace, non sarà una grande stagione ma un anno difficile perché avremo problema a digerire il non vincere», è il secco commento di Marchionne. Bisogna «dare credibilità alla Ferrari in pista, sono fissato. Bisogna tornare lì - conclude l’ad del gruppo Fiat - Questo darebbe un sostegno al resto della Ferrari e va oltre ad ogni altro tipo di vettura che possiamo fare. Vincere in pista non è negoziabile. Bisogna ritornarci». Anche per Montezemolo «esistono tutte le premesse per un rilancio della Ferrari in Formula Uno». Il tema vero, ha aggiunto, «è avere una macchina competitiva»: «Da Kimi Raikkonen ci aspettiamo un finale di stagione forte. Alonso è il pilota più forte in gara. Bisogna sfruttare le opportunità che si pongono nei Gran Premi. Il resto sono solo parole».
«FINISCE UN’EPOCA, 23 ANNI MERAVIGLIOSI» - Luca Cordero di Montezemolo, in un comunicato, aveva già annunciato: «Ferrari avrà un ruolo importante all’interno del Gruppo FCA nella prossima quotazione a Wall Street e si aprirà quindi una fase nuova e diversa che credo giusto debba essere guidata dall’amministratore delegato del Gruppo». «Il mio ringraziamento va innanzitutto a donne e uomini eccezionali in fabbrica, negli uffici, nei campi di gara, sui mercati di tutto il mondo che sono stati i veri artefici in questi anni della grande crescita dell’azienda, delle tante memorabili vittorie e del successo del marchio diventato grazie a loro uno dei più forti al mondo», aggiunge Montezemolo. Che poi conclude: «Ferrari è la più bella azienda del mondo e per me è stato un grande privilegio e onore esserne stato il leader. Le ho dedicato tutto il mio impegno ed entusiasmo e insieme alla mia famiglia ha rappresentato e rappresenta la cosa più importante della mia vita».
I RINGRAZIAMENTI DI ELKANN - Il presidente di Fiat John Elkann ha ringraziato Montezemolo per il lavoro svolto. «A Luca vanno i miei auguri per il suo futuro professionale e imprenditoriale, con la speranza, certamente condivisa, di vedere presto la Ferrari tornare a vincere». Montezemolo «ha ricoperto diverse posizioni di responsabilità, a partire dalla presidenza di Fiat dal 2004 al 2010, condividendo con me momenti di difficoltà, ma anche di grande soddisfazione».
(Fonte: www.corriere.it - 10/9/2014)

mercoledì 10 settembre 2014

Torna l’appuntamento con il "Camp Jeep"


Torna l’appuntamento con il “Camp Jeep”. Il raduno internazionale organizzato dal Jeep Owners Group si svolgerà dal 12 al 14 settembre prossimi presso la Riserva Oppici, a pochi chilometri dal circuito di Varano de’ Melegari. Saranno tre giorni dedicati all’offroad, all’avventura e al divertimento con tanti eventi e tre circuiti di diversa difficoltà (facile, medio, difficile), per un totale di 25 km di piste fuoristrada. In linea con la filosofia di libertà, propria del brand, l’evento parmense sarà aperto a tutti e non solo ai possessori delle leggendarie fuoristrada americane e proporrà, tra l’altro, esposizioni di vetture storiche, spettacoli, barbecue, caccia al tesoro, tiro-alla-Jeep, attività per i più piccoli e concerti di musica dal vivo. Il Camp Jeep si estende su una superficie di oltre diecimila metri quadri dove saranno allestiti un villaggio, un campeggio attrezzato per pernottare e diverse aree tematiche per vivere appieno l’esperienza chiamata “brand experience” grazie all’SRT bar, il Trailhawk Grill e il CJ Stage, con le loro attività di intrattenimento. Ovviamente non mancherà nemmeno lo Store dove acquistare il merchandising dedicato al club “Jeep Owners Group” e l’area Mopar con i celebri accessori originali e i consigli degli specialisti di prodotto. Per fornire un esempio delle possibilità offerte all’ampio catalogo Mopar saranno presenti due esemplari customizzati della Wrangler Rubicon (a 2 e 4 porte): la versione Unlimited, in configurazione street-legal, ricca di accessori che ne esaltano la funzionalità e l’estetica, mentre il modello a 2 porte bianco presenta un allestimento da fuoristrada estremo (lift kit, gomme maggiorate, paraurti rinforzati con verricello integrato). Per l’occasione sarà possibile toccare con mano e provare l’intera gamma Jeep, dalla Grand Cherokee alla rinnovata Cherokee, dall’iconica Wrangler all’ultima nata della famiglia, la compatta Renegade. Presente, in veste di brand ambassador, il pilota di rally Miki Biasion, che accompagnerà gli ospiti dalla Jeep Academy nei diversi percorsi. Infine nel corso dell’evento sarà lanciato il “Jeep Owners Group”, un club dedicato a chi ama i veicoli Jeep che oltre ai proprietari dei vari modelli, passati o attuali, accoglie gli appassionati del marchio (iscrizioni online su https://ownersgroup.jeep.com, gratuite fino al 31 marzo 2015), riservandogli dei vantaggi esclusivi.
(Fonte: www.repubblica.it - 9/9/2014)

martedì 9 settembre 2014

Fiat: un mese alla fusione con Chrysler


Fiat pagherà agli azionisti che hanno esercitato il diritto di recesso, in quanto contrari alla fusione con Chrysler, 463,6 milioni, sotto la soglia di mezzo miliardo che, se superata, avrebbe allungato i tempi dell'operazione. Complessivamente ammontano a circa 60 milioni le azioni restituite con un valore di liquidazione di 7,727 euro. A questo punto rimangono 30 giorni di tempo, da oggi fino al 6 ottobre, per offrirle in opzione agli altri soci. Formalmente c'è ancora un piccolo passo da fare per completare la procedura verso la fusione: è fissato per il 4 ottobre, infatti, il termine per le eventuali richieste dei creditori (il tetto di 500 milioni comprende anche queste, ma il Lingotto ha già detto che «non sussiste alcun rischio»). Ma sarà anche interessante vedere come si comporterà la holding di casa Agnelli, Exor, che detiene una quota in Fiat del 30%, e a cui teoricamente potrebbe toccare un impegno pari a circa 150 milioni. Trattandosi, però, di azioni attualmente circolanti e non di un aumento di capitale, anche se la finanziaria del gruppo Agnelli dovesse rinunciare al diritto di prelazione, la sua quota insieme ai diritti di voto non saranno in alcun modo modificati. Se invece Exor deciderà di investire, per il mercato sarà un segnale importante di fiducia nella nuova realtà automobilistica italoamericana. In ogni caso, qualsiasi decisione verrà presa a Torino non sarà ininfluente. La fusione è dunque sempre più vicina: entro metà ottobre nascerà Fiat Chrysler Automobiles, la sede legale verrà trasferita in Olanda, quella fiscale a Londra (nel palazzo della City che ospita l'Economist) e la nuova società sarà quotata a New York, a partire dal 13 ottobre. E ieri Piazza Affari ha risposto bene, seppur in una giornata in generale con il vento in poppa (+2,82%) per le notizie arrivate dalla Bce, facendo avanzare il titolo del Lingotto dell'1,3%. Il gruppo guidato da Marchionne ha anche incrementato il prestito obbligazionario da 850 milioni, con cedola fissa al 4,75% e scadenza luglio 2022, emesso il 15 luglio dalla controllata Fiat Finance and Trade. Fin qui la cronaca di ieri. Sono intanto riprese le voci di un possibile addio da parte di Luca di Montezemolo, ex numero uno e consigliere del board Fiat, dalla presidenza di Ferrari. A riportarle, ieri, è stato anche il Corriere della Sera di cui Fiat è primo azionista. Particolare che non è passato inosservato. E anche se da Maranello si continua a gettare acqua sul fuoco, ecco spuntare un possibile «piano B» che entrerebbe in vigore nel caso Montezemolo, sempre in predicato di approdare alla presidenza di Alitalia e alle prese con i guai della società di treni veloci Ntv, di cui è co-fondatore, dovesse effettivamente lasciare. Caduta, come sembra, l'ipotesi di una presidenza di John Elkann anche in Ferrari, nonché quelle del fratello Lapo e del cugino Andrea Agnelli, super impegnato nella Juventus, il possibile successore pro tempore di Montezemolo potrebbe essere Amedeo Felisa, 68 anni, attuale ad del Cavallino che unirebbe, quindi, i due incarichi. L'ipotesi circola e troverebbe il gradimento di Torino, vista l'esperienza dell'ingegnere e la sua conoscenza dell'intero mondo Ferrari, una realtà non facile da governare.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 5/9/2014)