«Agli scettici, ai detrattori, agli antagonisti per professione rispondiamo con i fatti. Per chi invece ci ha creduto, per chi ci ha sostenuto, per chi ha lavorato con noi per realizzare questo progetto, i fatti sono la migliore soddisfazione». Arriva a passo di carica Sergio Marchionne nel cuore dello stabilimento di Pomigliano d’Arco intitolato al filosofo Giambattista Vico. Insieme al presidente John Elkann, l’amministratore delegato della Fiat passa fra due ali di operai e tecnici che battono le mani e rilancia la sua sfida. Una sfida che oggi si chiama Panda. «Sono i fatti, come questi, che ci permettono di costruire una Fiat forte e competitiva». Ai giornalisti italiani e stranieri il manager italo-canadese si rivolge con un tono incalzante. «Chi ancora dubita che in questo stabilimento si possano fare le cose e farle bene, non ha che da venire qui, vedere i reparti della fabbrica e parlare con la gente che ci lavora. Chi ancora dubita che a Pomigliano e nel Sud Italia si possa creare una nuova cultura industriale, che si possano cambiare le cose, migliorando quello che c’è di positivo ma anche cancellando quanto c’è di negativo, non ha che da venire qui. Chi ancora dubita che gli impegni della Fiat siano seri e fondati, non ha che da venire qui. Abbiamo mantenuto le nostre promesse. Abbiamo sempre abbracciato le sfide più alte, forse anche le più difficili, ma proprio per questo degne di essere seguite». Concetti espressi e condivisi da Elkann: «Ribadisco qui l’impegno mio e della mia famiglia a sostenere gli sforzi di Sergio Marchionne che hanno l’obiettivo di fare Fiat-Chrysler un grande gruppo che fa grandi automobili ». C’è l’applauso degli operai schierati, avanguardia dei primi 600 rientrati in fabbrica, quando l’amministratore delegato dice che «Pomigliano smentisce il luogo comune che nel Mezzogiorno non si voglia lavorare, non è vero». Altro messaggio di Marchionne, che proprio non riesce a sorvolare sulle ripetute accuse di «antitalianità» che gli vengono rivolte: «Il nostro dovere è privilegiare il Paese in cui la Fiat ha le proprie radici. La nostra scelta di fare qui la Panda non è basata su principi economici e razionali. Lo abbiamo fatto considerando la storia di Fiat in Italia, il rapporto privilegiato con il Paese». Insiste l’ad del Lingotto: «Questo è oggi lo stabilimento numero uno al mondo del gruppo Fiat-Chrysler. E’ una cosa eccezionale. Dovremmo esserne orgogliosi come italiani. Non comprenderlo, anzi arrivare a denigrarlo, è incredibile». Quindi, con aria di sfida: «Siamo il gruppo che costruisce i motori con le più basse emissioni inquinanti in Europa e nessuno ne parla. Così come nessuno dice contro chi si è schierata Greenpeace» (ogni riferimento a Volkswagen è puramente voluto...). Arrivato a Napoli da Detroit, Marchionne trova uno stabilimento pronto per una presentazione tutta «American style». Sulla facciata della palazzina uffici un enorme telone accoglie dipendenti e visitatori con lo slogan: «Noi siamo quello che facciamo». Di buon mattino presidente e ad ricevono la visita in fabbrica dei ministri Corrado Passera ed Elsa Fornero. Per loro un rapido giro in Panda (con autisti d’eccezione proprio Elkann e Marchionne), una passeggiata fra le linee di allestimento della vettura e un incontro con le maestranze. Il tono di Marchionne si fa duro e deciso quando si arriva ai nodi sindacali, come la richiesta della Cgil di modificare l’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori. «Non voglio entrare nel merito - dice - noi facciamo auto. Abbiamo firmato un contratto portando a conclusione un accordo per il quale abbiamo lavorato molto tempo per creare una realtà industriale valida nel Paese. Alcuni si sono rifiutati di partecipare, non è nostra responsabilità, non è una nostra scelta. Ho fatto di tutto perché nessuno rimanesse indietro, ci siamo impegnati per trovare un punto d’accordo, ma il discorso è diventato ideologico. Sul fronte dell’occupazione a Pomigliano finora Fiat ha riassunto 600 dei 4.300 lavoratori di Pomigliano. «L’impegno che abbiamo preso - spiega Marchionne - è di impiegare il massimo numero di persone necessario per la capacità produttiva di questo stabilimento che è di 1.050 auto al giorno. Più di questo non possiamo farlo. Ma non abbiamoannunciato eccedenze». E alla fine una parola di speranza. Il Paese si salverà? Marchionne non ha dubbi: «Sì, l’Italia ce la può fare».
(Fonte: www3.lastampa.it - 15/12/2011)
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