martedì 6 dicembre 2011

Marchionne: l'Italia ci sta a cuore


Ricordando la lunga storia di Fiat in Italia, l'amministratore delegato della società ha voluto ieri tranquillizzare chi teme un abbandono del Paese da parte della casa automobilistica. Ciò detto, Sergio Marchionne non ha esitato a puntare il dito contro la sovracapacità di questo settore in Europa, su cui pesano oltre alle grandi incertezze economiche del momento anche i costi di nuovi requisiti ambientali. «La cosa importante è continuare a produrre auto in Italia», ha detto Marchionne durante una visita a Bruxelles dove ha partecipato a un incontro con il commissario all'Industria e all'Imprenditoria Antonio Tajani. «È completamente impensabile arrivare alla conclusione che la Fiat non sia interessata agli 80mila dipendenti in Italia, Paese in cui è stata fondata 112 anni fa e che ci sta a cuore». Per il vicepresidente di Confindustria, Alberto Bombassei, «Fiat è un bene italiano, ma è anche un'azienda multinazionale con interessi in giro per il mondo e spero che l'Italia continui a rimanere una fetta molto importante di Fiat, ma sta a noi creare le condizioni affinché resti, nell'interesse suo e del Paese». La presa di posizione di Marchionne è giunta dopo che negli ultimi giorni il dirigente industriale aveva rilasciato dichiarazioni ambigue, lasciando immaginare una delocalizzazione degli stabilimenti italiani. Da tempo, Marchionne è convinto che lo statuto dei dipendenti nelle fabbriche Fiat in Italia sia troppo generoso rispetto alle regole prevalenti in altri Paesi e in un contesto nel quale la concorrenza mondiale è agguerritissima. «Noi continuiamo ad andare avanti e portare avanti la modernizzazione del sistema industriale, stiamo cercando di ottenere il consenso della maggior parte dei nostri lavoratori, che fino adesso siamo riusciti a ottenere», ha aggiunto Marchionne. «Quindi, i nostri piani non sono cambiati. Dopo il lancio della Panda (in dicembre, ndr) c'è lo sviluppo dello stabilimento di Grugliasco, quello di Mirafiori che è partito già». Le frasi di Marchionne sono il tentativo di mettere sotto pressione le parti sociali e in generale il Paese. Il dirigente di Fiat sa perfettamente che chiudere gli stabilimenti italiani sarebbe impopolare e controverso, ma sa anche che l'Italia è a un bivio, che la necessità di modernizzare l'economia è sempre più sentita, e vuole quindi cavalcare questa presa di coscienza, lasciando nel caso aleggiare decisioni drastiche. Accanto alle rassicurazioni, Marchionne ha ricordato che il settore automobilistico soffre di elevati livelli di sovracapacità. Riferendosi al desiderio della Commissione europea di introdurre nuove norme sulle emissioni di gas nocive, l'amministratore delegato ha sottolineato l'importanza che i costi di questi obiettivi siano distribuiti equamente e non imposti solamente all'industria automobilistica. Riferendosi alla crisi debitoria, l'attuale presidente dell'Acea, Dieter Zetsche, ha spiegato che il compito dell'industria è «di prepararsi al peggio, e lavorare per ottenere il meglio». L'amministratore di Fiat ha invece ammesso che una disintegrazione dell'euro è «un evento sismico» per cui è impossibile pianificare. Ha ammesso che proprio la diversificazione geografica di Fiat le permetterebbe comunque di difendersi. Lo stesso Marchionne, che tra poche settimane assumerà la presidenza dell'Acea, ha parlato del 2012 come di un «anno difficile», esortando la zona euro a dare una risposta efficace nel consiglio europeo dell'8-9 dicembre. L'associazione si aspetta che l'anno prossimo il mercato dell'auto segni «un piccolo calo», a meno di uno sconquasso dell'euro. In questo malaugurato caso la situazione sarebbe veramente drammatica. Diverso invece il caso del mercato americano «che va benissimo» e dove la Chrysler «ha guadagnato quote ed è cresciuta più di tutti i concorrenti americani». Al contrario, il mercato automobilistico europeo è in stagnazione. Ieri i dirigenti delle case automobilistiche si sono incontrati con il commissario Tajani per discutere del futuro di un'industria che in Europa continua ad avere un ruolo cruciale. In discussione ci sono norme sulle emissioni nocive. Marchionne ne ha approfittato per criticare nuovamente la Commissione per un accordo commerciale con la Corea, ai suoi occhi troppo generoso e sbilanciato a favore del Paese asiatico.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 3/12/2011)

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