mercoledì 30 luglio 2014

Mirafiori: inaugurati gli uffici di "Officina 82"


Radici. È il sindaco Fassino, per primo, a parlare di radici. Ma evidentemente il termine è giudicato appropriato perché lo ripeterà, assediato dai giornalisti, anche l’ad di Fiat e Chrysler, Sergio Marchionne. E il concetto sarà ribadito pure dal presidente John Elkann: «In questo decennio abbiamo realizzato diversi interventi per recuperare alcune aree del comprensorio di Mirafiori. Con un obiettivo chiaro: accompagnarne l’evoluzione, collocandoci altre attività industriali accanto a quelle tradizionalmente legate al mondo dell’automobile. Progetti diversi per finalità ed estensione, ma che sono uniti dallo stesso significato: confermano l’importanza che Torino ha avuto, ha e avrà per Fiat-Chrysler».
La vecchia sede - Radici, appunto. Ora, è vero che «verba volant» e solo «scripta manent», ma altri 42 mila mq all’interno dell’«antica» Officina Meccanica trasformati in uffici per accogliere oltre 1.500 persone fino a ieri ospitate nell’edificio di corso Ferrucci, e in affitto perché di proprietà di «Beni Stabili», qualcosa in più varrà, o no, di uno «scripta»? Marchionne, che come tutti gli umani suda pure lui per colpa del maglioncino nero di cotone che sfoggia nonostante il caldo pesante che tiranneggia il centinaio di persone accorse davanti alla Porta 30 di via Plava, ingresso della rinnovata «Officina 82», quasi sospira, ma di soddisfazione, quando deve rispondere all’ennesima domanda sulle «Cassandre che lanciano allarmi sul destino dello storico stabilimento».
«Cassandre smentite» - «Oggi queste Cassandre hanno avuto un’altra bella risposta - dice - e tutto il resto sono chiacchiere. Guardate mi sono persino dimenticato quanto abbiamo speso per tutta la parte rinnovata che oggi avete potuto visitare. Anzi, forse sono stati circa 40 milioni che non crescono sugli alberi. Vedete, tutte le facciate sono state rinnovate, c’è l’Abarth, la New Holland, adesso anche Officina 82, non ci dobbiamo vergognare. Ma ora c’è tantissimo lavoro da fare all’interno». Sull’esterno, il colpo d’occhio per chi da anni, diciamo decenni, non si avvicinava a Mirafiori dal lato Sud, è una sorpresa. Probabilmente anche per il sindaco Fassino che ha ricordato come Mirafiori sia stato «uno dei luoghi fondamentali» della sua «formazione politica».
«Torino è strategica» - Probabilmente nel 1980, durante la vertenza conclusasi con la «marcia dei 40 mila», anche lui c’era e aveva visto le barricate ai cancelli dove oggi svettano colonnine dove le «officine» di una volta sono chiamate «loft». «Ricordo com’era Mirafiori e vedo com’è cambiata - ha detto il sindaco al momento del taglio del nastro - spesso ci dimentichiamo che la forza di un luogo di produzione è quella di essere costantemente capace di evolversi con la società. Qui un tempo era solo un luogo di produzione mentre oggi incorpora molte attività di carattere tecnico amministrativo, intellettuale, di progettazione». Per il sindaco («Sono tra quelli che non ha mai ceduto all’idea che la Fiat voglia andarsene da qui») l’inaugurazione di ieri è un altro importante argomento di conferma «di quanto Torino sia strategica per la Fiat che, anche oggi che è diventata un player globale, una nuova cosa sul mercato mondiale, ha bisogno di radici e Torino è la sua radice forte».
La scultura all’ingresso - Parole che con quelle di Marchionne ed Elkann planano su un pubblico fondamentalmente in grisaglia formato principalmente dall’establishment Fiat e da una nutrita pattuglia arrivata da Palazzo Civico: dagli assessori Lubatti e Lo Russo a mega dirigenti come il city manager Montanari o Bertasio. Tra di loro ad aggirarsi, c’erano ex sindaci come Valentino Castellani; imprenditori istituzionali come Carbonato o Marsjai e, diciamo, più colorati come Marco Boglione con gli occhi spalancati sui colori pastello che rendono elegante la fabbrica - lui che vive sull’edificio che un tempo era la sua fabbrica - mentre sui muri interni dell’ex-officina campeggiano cubitali citazioni, da Anatole France a Blaise Pascal: «Dobbiamo conoscere i nostri limiti, siamo tutti qualcosa ma nessuno di noi è tutto». Mentre all’esterno, due enormi pugni in pietra, scolpiti da Bruno Martinazzi su commissione degli Agnelli 40 anni fa, adornano l’ingresso: «Opera simbolica - la definisce Marchionne - un legame con lo spirito originario con cui fu creata: l’idea dell’impresa che come sintesi delle forze che convergono verso lo stesso obiettivo».
(Fonte: www.lastampa.it - 24/7/2014)

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