Fiat-Chrysler aumenta le vendite negli Stati Uniti del 21% annuo, per un totale di 1,65 milioni di veicoli venduti, conseguendo il migliore risultato dal 2007. A dicembre l’andamento negli U.S.A. è pari a un +10% e anche in Brasile il Lingotto si conferma al primo posto nel mercato dell’auto nazionale, con 838mila veicoli immatricolati nel corso dell’anno appena concluso. La quota di mercato di Fiat in Brasile aumenta passando dal 22% al 23,1%. Dati positivi che abbiamo chiesto di commentare a Stefano Cingolani, giornalista, scrittore ed editorialista de Il Foglio.
Come valuta i dati di Fiat-Chrysler negli Stati Uniti?
Sono un ottimo risultato, frutto del fatto che evidentemente Marchionne è stato molto bravo a ristrutturare l’azienda e i suoi prodotti. Numeri molto incoraggianti sono anche quelli che riguardano la 500, di cui quest’anno sono state vendute 50mila unità, più o meno l’obiettivo che si era prefisso Marchionne per quest’anno. Si tratta di un prodotto di nicchia, in grado però di fare concorrenza alle Smart in California, e quindi quella delle 500 ha dimostrato di essere una scommessa vincente. Fiat tiene bene anche in Brasile, dove si conferma come leader.
Nel frattempo però il Lingotto non dimostra di andare ugualmente bene nel Vecchio Continente...
Il fattore mercato in Europa si conferma determinante, in un settore che nell’UE sta andando male per tutti tranne per Volkswagen e Bmw. Peugeot sta andando decisamente male, ma non c’è dubbio che i dati sulla Fiat in Italia siano i peggiori da molto tempo. Questo dualismo tra i risultati negativi di Fiat in Italia e in Europa e i numeri positivi di Chrysler negli U.S.A. è il problema che Marchionne dovrà affrontare nel corso di quest’anno. Non si può andare avanti così, anche perché i dati dei primi tre trimestri dell’anno mostrano che è cresciuto l’indebitamento di Fiat, e quindi c’è una debolezza anche finanziaria di cui tenere conto.
Come andrà a finire il contenzioso in corso tra Fiat e Veba sulle azioni Chrysler?
Marchionne ha annunciato che eserciterà l’opzione per un’altra quota, quella in mano a Veba, arrivando così al 65,17% di Chrysler. Se il grande progetto è arrivare alla fusione tra Fiat e Chrysler nel 2014, ci si chiede se l’azienda italiana abbia il denaro per compiere questa operazione fino in fondo. Fiat e Chrysler hanno entrambe debiti piuttosto consistenti, e il loro merito di credito o rating varia tra B e B+. Ciò significa che ogni volta in cui Fiat e Chrysler emettono obbligazioni, devono farlo a interessi molto alti. Fiat paga interessi del 3% sul suo attuale debito e del 6% su ogni bond di nuova emissione. Ciò la dice lunga su quanto sia costoso per Fiat indebitarsi e rappresenta un dato di fatto con cui fare i conti. Immagino che Marchionne, che è uomo di finanza ancora più che di prodotto, sappia bene tutte queste cose.
L’obiettivo di Marchionne dunque è “mettere le mani” sulla cassa di Chrysler, per utilizzarla per investire in Europa?
Fiat non può prendere la liquidità di Chrysler in quanto quest’ultima è una sussidiaria. Marchionne non può quindi finanziare la casa madre in Italia con i profitti U.S.A.: esistono regole che lo vietano in modo evidente. La condizione perché ciò avvenga è che Chrysler diventi una branca della Fiat. C’è inoltre un terzo punto interrogativo, cui Marchionne non ha mai voluto fornire risposte convincenti.
Quale?
Ciò che non si comprende è perché Fiat, che ha 50 miliardi di euro di debiti, nello stesso tempo dichiari di avere 20 miliardi di liquidità. Perché si tiene questo cuscinetto? Marchionne ha sempre spiegato che nel momento in cui scoppiasse un’altra crisi come quella del 2008, Fiat avrebbe comunque i soldi per pagare stipendi e fornitori.
Secondo lei invece qual è il vero motivo?
Esiste un’altra possibile spiegazione, e cioè che Fiat si tenga questa somma per completare l’operazione Chrysler senza dovere fare aumenti di capitale o indebitarsi a costi troppo elevati. Stiamo parlando comunque di somme enormi, che potrebbero essere utilizzate per abbattere l’indebitamento. Ricordo che a dicembre era circolata un’indiscrezione su un aumento di capitale di Fiat da due miliardi di euro e il Lingotto non aveva commentato. E’ quindi qualcosa intorno a cui sui mercati finanziari ci sono continuamente indiscrezioni.
Come valuta i dati di Fiat-Chrysler negli Stati Uniti?
Sono un ottimo risultato, frutto del fatto che evidentemente Marchionne è stato molto bravo a ristrutturare l’azienda e i suoi prodotti. Numeri molto incoraggianti sono anche quelli che riguardano la 500, di cui quest’anno sono state vendute 50mila unità, più o meno l’obiettivo che si era prefisso Marchionne per quest’anno. Si tratta di un prodotto di nicchia, in grado però di fare concorrenza alle Smart in California, e quindi quella delle 500 ha dimostrato di essere una scommessa vincente. Fiat tiene bene anche in Brasile, dove si conferma come leader.
Nel frattempo però il Lingotto non dimostra di andare ugualmente bene nel Vecchio Continente...
Il fattore mercato in Europa si conferma determinante, in un settore che nell’UE sta andando male per tutti tranne per Volkswagen e Bmw. Peugeot sta andando decisamente male, ma non c’è dubbio che i dati sulla Fiat in Italia siano i peggiori da molto tempo. Questo dualismo tra i risultati negativi di Fiat in Italia e in Europa e i numeri positivi di Chrysler negli U.S.A. è il problema che Marchionne dovrà affrontare nel corso di quest’anno. Non si può andare avanti così, anche perché i dati dei primi tre trimestri dell’anno mostrano che è cresciuto l’indebitamento di Fiat, e quindi c’è una debolezza anche finanziaria di cui tenere conto.
Come andrà a finire il contenzioso in corso tra Fiat e Veba sulle azioni Chrysler?
Marchionne ha annunciato che eserciterà l’opzione per un’altra quota, quella in mano a Veba, arrivando così al 65,17% di Chrysler. Se il grande progetto è arrivare alla fusione tra Fiat e Chrysler nel 2014, ci si chiede se l’azienda italiana abbia il denaro per compiere questa operazione fino in fondo. Fiat e Chrysler hanno entrambe debiti piuttosto consistenti, e il loro merito di credito o rating varia tra B e B+. Ciò significa che ogni volta in cui Fiat e Chrysler emettono obbligazioni, devono farlo a interessi molto alti. Fiat paga interessi del 3% sul suo attuale debito e del 6% su ogni bond di nuova emissione. Ciò la dice lunga su quanto sia costoso per Fiat indebitarsi e rappresenta un dato di fatto con cui fare i conti. Immagino che Marchionne, che è uomo di finanza ancora più che di prodotto, sappia bene tutte queste cose.
L’obiettivo di Marchionne dunque è “mettere le mani” sulla cassa di Chrysler, per utilizzarla per investire in Europa?
Fiat non può prendere la liquidità di Chrysler in quanto quest’ultima è una sussidiaria. Marchionne non può quindi finanziare la casa madre in Italia con i profitti U.S.A.: esistono regole che lo vietano in modo evidente. La condizione perché ciò avvenga è che Chrysler diventi una branca della Fiat. C’è inoltre un terzo punto interrogativo, cui Marchionne non ha mai voluto fornire risposte convincenti.
Quale?
Ciò che non si comprende è perché Fiat, che ha 50 miliardi di euro di debiti, nello stesso tempo dichiari di avere 20 miliardi di liquidità. Perché si tiene questo cuscinetto? Marchionne ha sempre spiegato che nel momento in cui scoppiasse un’altra crisi come quella del 2008, Fiat avrebbe comunque i soldi per pagare stipendi e fornitori.
Secondo lei invece qual è il vero motivo?
Esiste un’altra possibile spiegazione, e cioè che Fiat si tenga questa somma per completare l’operazione Chrysler senza dovere fare aumenti di capitale o indebitarsi a costi troppo elevati. Stiamo parlando comunque di somme enormi, che potrebbero essere utilizzate per abbattere l’indebitamento. Ricordo che a dicembre era circolata un’indiscrezione su un aumento di capitale di Fiat da due miliardi di euro e il Lingotto non aveva commentato. E’ quindi qualcosa intorno a cui sui mercati finanziari ci sono continuamente indiscrezioni.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 5/1/2013)
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