mercoledì 8 settembre 2010

Lo "zar dell'auto" di Obama svela in un libro i retroscena del salvataggio di GM e Chrysler


Un Sergio Marchionne da mal di testa, un Ron Gettelfinger deluso, i creditori infuriati e Fritz Henderson silurato da una General Motors spaccata. Sono alcuni dei retroscena dell’imponente piano di salvataggio messo a punto dal governo americano a metà dello scorso anno per evitare il collasso dell’industria dell’auto. A raccontare particolari inediti di quel doppio progetto da 85 miliardi di dollari, che ha visto anche il coinvolgimento di Fiat nel capitolo Chrysler, è Steve Rattner, lo zar dell’auto designato da Barack Obama a sovrintendere l’amministrazione controllata di Detroit. «Marchionne e JP Morgan Chase si sono rivelati i nostri peggiori mal di testa», scrive Rattner nel suo «Overhaul: un racconto dall’interno del piano di salvataggio dell’auto voluto dall’amministrazione Obama». Il saggio di 320 pagine pubblicato da Houghton Mifflin - la cui uscita è prevista per metà ottobre ma di cui alcuni media U.S.A. hanno ottenuto una copia - è un racconto di particolari inediti e pungenti di quella delicata fase che ha coinvolto due delle «Big Three» di Detroit. Nell’aprile del 2009, durante l’ultima fase dei negoziati tra Marchionne e la task force dell’auto, «avevamo davanti un dottor Jekyll e un mister Hyde - racconta Rattner - perché c’era un Sergio seduttore, ma c’era anche qualcun altro». L’ex zar dell’auto si riferisce in particolare a una riunione durante la quale il braccio destro di Marchionne, Alfredo Altavilla, gli ricordò di un termine di accordo controverso. La reazione dell’amministratore delegato di Fiat fu talmente dura e inattesa che «Ron Bloom e altri della task force si alzarono in silenzio e se ne andarono». In un altro episodio Marchionne si confrontò in maniera accesa col presidente del sindacato (UAW), Ron Gettelfinger. Il manager italo-canadese aveva appena finito di spiegare perché i lavoratori avrebbero dovuto adeguarsi a una «cultura della povertà» al posto di «una cultura dei diritti», quando Gettelfinger gli rispose: «Perché non vieni a spiegare a questa vedova di 75 anni che non può essere sottoposta all’intervento di cui ha bisogno e che tu hai ucciso suo marito?». Ma alcune pagine dopo Rattner stesso mette in luce i meriti negoziali e di leadership di Marchionne, in particolare durante un «premuroso discorso» al personale di Auburn Hills nel quale risalta la sua «leggendaria etica professionale». L’ex zar racconta anche i dissidi nati nelle riunioni a porte chiuse che hanno visto banchieri, concessionari e leader sindacali mettersi in aperto contrasto con la nuova Amministrazione democratica. I creditori sono rimasti sbalorditi nel capire che più di altri avrebbero perso nell’operazione del Chapter 11 di Chrysler, mentre il sindacato UAW ne sarebbe uscito come il principale vincitore. «Jimmy diventò furibondo», racconta Rattner, riferendosi al rappresentate degli obbligazionisti, il vicedirettore di JP Morgan, James Bainbridge Lee Junior. A tenergli testa fu Ron Bloom, ex consigliere di sindacato e uomo chiave della task force dell’auto che rispose: «Abbiamo bisogno di lavoratori in grado di produrre auto, non di prestatori». Sul versante GM, Rattner, già reporter del New York Times e banchiere di investimento, racconta di non aver avuto nessun dubbio sul fatto che Rick Wagoner doveva lasciare il suo posto di CEO. «Henderson era il suo naturale sostituto - racconta - era pronto, energico e aperto al cambiamento». Tanto che lo stesso ex zar dell’auto, durato in carica sei mesi prima dello scoppio di uno scandalo che ha visto coinvolta la sua ex società d’affari, esprime serie perplessità sulla stessa sostituzione di Henderson dopo appena 247 giorni al timone di GM, voluta da un Cda lacerato tra correnti: «Peccato, lui era un vero Detroit auto guy». L’ex zar rivela anche di avere offerto all’ad di Renault-Nissan Carlos Ghosn il posto di Wagoner, ma questi rifiutò.
(Fonte: www.lastampa.it - 8/9/2010)

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