lunedì 6 settembre 2010

Fiat è troppo "Marchionne-dipendente"?


I cacciatori di teste servono, per carità. Ma nella Fiat di oggi tutto deve passare dal filtro del capo. Anche in agosto Sergio Marchionne ha dedicato il sabato mattina a esaminare di persona (in inglese, of course) i candidati a rafforzare i ranghi della Fiat o a colmare i buchi lasciati da chi ha fatto le valigie. Ma la campagna acquisti si è rivelata difficile. Marchionne piace, ma solo da lontano. Sergio Marchionne ha la stoffa di un grande leader, compresa la simpatia che sa ispirare fin dal primo contatto. E non è facile trovare un nome di maggiore appeal per un manager voglioso di arricchire il curriculum. Ma perché tanti «No grazie»? I suoi ritmi di lavoro spaventerebbero Stakanov: 20 ore al giorno, 7 giorni su 7, viaggi Torino-Detroit compresi. La parola "holiday" cancellata dal vocabolario, al pari di business class per i trasferimenti aerei. Tranne per chi viaggia con il capo: riunione in volo e poi, al momento di dormicchiare, sfida a scopone contro SuperSergio. Anche a fare la tara all’aneddotica sul capo (riunioni improvvise a mezzanotte, magari concluse con un bel karaoke, o all’alba, sempre senza preavviso, o durante il weekend), c’è da pensarci prima di accettare. In questi anni Marchionne ha tritato come un rullo compressore i manager del gruppo, a partire da Herbert Demel fino all’ex fedelissimo Luca De Meo, e si è costruito la fama di accentratore: più di un centinaio di uffici, tra Torino e Detroit, riportano direttamente al capo supremo. Inoltre il manager italo-canadese è un feroce nemico delle burocrazie interne. Preferisce la sua squadra com’è oggi: snella, oberata di lavoro con doppi e tripli incarichi in Italia e in U.S.A. (basta sfruttare il fuso orario), pronta per l’integrazione tra Fiat e Chrysler. E, soprattutto, cresciuta nell’era Marchionne. Non a caso, il gossip che precede l’assemblea del 16 settembre dà per molto probabile l’uscita di Paolo Monferrino, attuale a. d. Iveco, uno dei pochi uomini di punta della Fiat del passato (assieme a Giovanni Coda, che opera sul delicato fronte degli acquisti, e Paolo Rebaudengo, responsabile delle relazioni sindacali) che ancora ricopre un ruolo di vertice. Al suo posto potrebbe andare Lorenzo Sistino (voce smentita in passato) o lo stesso Alfredo Altavilla, oggi alla guida di Powertrain, uomo dei grandi accordi internazionali e alter ego di Marchionne. Per l’auto si è fatto il nome di Andrea Formica, senior vice-president di Toyota Europe. Ma il nucleo duro sarà quello di sempre: Harald Wester, l’uomo dell’auto, Stefan Ketter, il profeta del World Class Manufacturing; Olivier François, responsabile del marchio di Detroit e della Lancia, e Clodovaldo Bellini, che tiene le chiavi del Brasile, il vero tesoro del gruppo. Alessandro Baldi, infine, l’unico manager che Marchionne ha portato con sé da Sgs. Una squadra ben affiatata. Ma questa Fiat, agli occhi degli investitori di lungo termine, rischia di essere troppo "Sergio-dipendente".
(Fonte: http://altrimondi.gazzetta.it - 6/9/2010)

Nessun commento:

Posta un commento