giovedì 30 settembre 2010
Marchionne: «Volkswagen vuole l'Alfa Romeo? Che aspetti»
«Volkswagen vuole l'Alfa Romeo? Che aspetti. Nel nostro radar di opzioni quella non c’è». Lo ha detto l'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, parlando con i giornalisti presso lo stand Ferrari al Salone dell'auto di Parigi. Marchionne ha ricordato che su Alfa «abbiamo preso un impegno» e che l’alleanza con Chrysler «dà una base forte, tecnica all’Alfa. Poi se si presentano con 100 miliardi... sto scherzando». Mercoledì sera, il management di Volkswagen aveva rilanciato l’offerta per l’Alfa, dicendosi disposta ad aspettare il tempo necessario, anche due anni. «Il terzo trimestre si chiuderà per la Fiat con conti positivi superiori alle attese. Alzeremo gli obiettivi del 2010 del Gruppo», ha aggiunto l'amministratore delegato del Lingotto.
LE PAROLE DI PIECH - In precedenza il presidente del consiglio di sorveglianza di Volkswagen, Ferdinand Piech, proprio su una possibile proposta di acquisizione del brand Alfa Romeo da parte della casa automobilistica tedesca aveva detto: «Osserviamo con attenzione a quello che sta facendo Fiat in Italia e all'estero. Siamo ancora interessati ad Alfa Romeo, che è uno dei brand con maggiore potenzialità di crescita e su questo argomento ne potremo riparlare tra un paio d'anni». Sollecitato sulle speculazioni riguardanti una possibile vendita di Seat per acquisire Alfa Romeo, Piech ha smentito categoricamente e ha anzi precisato: «Seat potrebbe essere per Alfa quello che Skoda è per Volkswagen». Una sottile osservazione che lascia intendere come nella possibile strategia del Gruppo vi sia un'area «emozionale e sportiva» in cui la Casa del Biscione potrebbe diventare il marchio leader e la Seat un brand satellite, che utilizza le stesse tecnologie e le stesse competenze progettuali per portare a un pubblico più vasto i valori Alfa Romeo.
FERRARI - Marchionne è poi intervenuto anche sul tema Ferrari: «Ci riprenderemo il 5% della Ferrari, il nostro obiettivo è di riportare il 90% a casa. E' un impegno che ho preso quando sono entrato nel gruppo nel 2004. La vendita è stata fatta in modo affrettato. Credo sia ora di riportare Ferrari a casa: appartiene alla Fiat». Il riferimento è alla trattativa con il fondo sovrano di Abu Dhabi, Mubadala. Marchionne ha aggiunto, che per quanto riguarda la quotazione della Ferrari «è una delle cose che può succedere, ma non c'è nessun piano immediato».
FABBRICA ITALIA - Il piano di investimenti del Gruppo Fiat in Italia, che è subordinato agli accordi con i sindacati, va realizzato entro l'anno ha poi spiegato Marchionne: «Se ci giochiamo un anno avremo un impatto disastroso sul piano sviluppo del prodotto e saremo costretti a guardare alternative. Stiamo arrivando ai limiti, entro fine anno dobbiamo decidere».
OUTLOOK NEGATIVO - L'ad della Fiat si è poi soffermato sugli aspetti finanziari relativi alla casa automobilistica. «Probabilmente le società di rating confermeranno l'outlook negativo di Fiat. Ormai - ha aggiunto Marchionne - ho imparato una cosa con le agenzie di rating, è inutile cercare di spingere. Hanno un certo percorso e lo devono fare, fino a quando non si rendono conto che la realtà è cambiata, ma non credo che siano le prime a chiamare veramente il problema per quello che è. Con tutto il dovuto rispetto verso di loro la realtà è un'altra. Lo abbiamo vissuto sulla pelle del sistema finanziario e nel caso della Fiat».
(Fonte: www.corriere.it - 30/9/2010)
mercoledì 29 settembre 2010
François: a Ginevra la nuova Ypsilon e le versioni Lancia di 300C e Grand Voyager
"Io oggi non ho nuove auto da farvi vedere, ma ho dei grandi risultati da mostrarvi". Olivier François parla chiaro a Parigi, presso il Motor Village di Fiat Group Automobiles che ha sede in 2 rond-point des Champs-Elysées. Alla vigilia del Salone dell'auto (2-17 ottobre), il manager francese che lo scorso autunno è stato nominato presidente e amministratore delegato della Chrysler con delega nel portafoglio prodotti, pur continuando a ricoprire il suo incarico per il marchio Lancia, sa che quello di oggi è un compito "unico", perché "Lancia inizia una seconda vita, dopo ben 104 anni".
NIENTE SPOT, SOLO FATTI - "Forse in queste occasioni si usa fare molto spettacolo, con spot di nuove auto, proclami, musiche....", dice Olivier François, ma a lui che è stato selezionato personalmente dall'ad del Lingotto e Chrysler, Sergio Marchionne, piacciono i fatti concreti, i numeri e "le basi solide su cui costruire e scrivere una pagina nuova". Riassumendo le tappe principali dell'Alleanza Fiat-Chrysler, che proprio sul marchio Lancia fa sentire di più il suo peso (perché l'immagine della Casa italiana sarà trasformata all'insegna di quella americana), il manager ha detto di aver costruito in questi ultimi mesi la Rete che fuori dall'Italia non c’era, "come voi sapete puoi avere il miglior prodotto del mondo, ma devi sapere dove venderlo, come venderlo e come assistere i tuoi clienti". Costruire una Rete nel settore automobilistico è sempre una sfida impegnativa: "In questo caso la sfida è partita con il piede giusto perché Lancia e Chrysler condividevano e condividono lo stesso modo di interpretare l’automobile".
LANCIA: IL SUO FUTURO E' INTERNAZIONALE - In quest'ottica le parole chiave "stile, sostanza e attitudine" valgono per una Musa come per una 300C, ma in termini economici in Italia l'obiettivo Lancia è di raggiungere un 7% di quota nel 2012, "quando avremo una gamma completa". Gli investimenti invece si faranno all'estero. Ed ecco allora che la nuova Y, che debutterà a Ginevra, "non sarà solo una nuova Lancia - dice il manager -. Sarà un prodotto europeo. E con lo stesso spirito presenteremo la versione Lancia derivata dalla nuova 300C e la Grand Voyager, che per la prima volta vestirà la livrea Lancia". Questa nuova gamma Lancia significa allargare il portafoglio clienti e per questo c'è bisogno di una rete all’altezza. "Infatti, rinforzare la rete all’estero oggi è possibile avendo in casa la rete Jeep-Chrysler che diventerà Jeep-Lancia. Come vedete, all’estero raddoppiamo il numero dei delears per ottenere una copertura finalmente davvero capillare". Una crescita dei punti vendita anche qualitativa, perchè "il 60% sono nuovi delears dedicati esclusivamente a Lancia e Jeep".
LANCIA + JEEP: LA SCELTA VINCENTE - Perché considerare totalmente dedicati a Lancia questi concessionari? "Perché Lancia + Jeep è una scelta vincente", dice Olivier François, che elenca tre buoni motivi per crederlo: perché Jeep crea auto diverse da Lancia, ma che vogliono parlare ad una clientela che pretende un certo stile, sostanza e che cerca auto con cui distinguersi; perché limita l’overlapping tra Lancia e Fiat, poichè entrambe propongono auto italiane negli stessi segmenti; perché i dealer Jeep vedranno Lancia come un’aggiuntività di business irripetibile con un basso investimento. Tecnicamente questa nuova rete forte all’estero sarà operativa e pronta a partire da giugno dell’anno prossimo. Inoltre è stato fatto in modo che per ogni grande città europea, in zona centrale, fosse garantita la presenza di Lancia. Riguardo al post-vendita, "Stiamo aumentando considerevolmente il numero di centri di assistenza".
LANCIA + CHRYSLER: UN BRAND CHE RACCHIUDE IL MEGLIO - La prossima integrazione del brand Lancia-Chrysler, secondo Olivier François, "racchiude il meglio di due culture automobilistiche con valori di prodotto ben chiari: la robustezza, la tecnologia e la potenza americana insieme all’artigianalità, l’handling e l’ecologia europea". Parlando di "robustezza americana", il nuovo Grand Cherokee è la "prima dimostrazione che questa nuova Chrysler è tornata a fare il meglio di ciò che l’America ha sempre saputo produrre". A questa qualità costruttiva verrà unita in Europa l’artigianalità e la cura dei dettagli che da 104 anni è la firma dei prodotti Lancia. Ma non è tutto: i nuovi prodotti nati dopo questa unione avranno il massimo dell’handling "all’europea". Inoltre Lancia-Chrysler significa disporre del "massimo delle tecnologie motoristiche europee" (come Twinair o Multiair) e del massimo della potenza "fuel efficient" della nuova Chrysler come il Pentastar V6, quasi 300 cavalli che consumano il 20% in meno. Il massimo dell’innovazione nel piccolo, il massimo dell’innovazione nel grande.
"LA NUOVA LANCIA" - "Abbiamo parlato di un prodotto di carattere, di stile e di sostanza. Il cliente di questo prodotto - dice il manager - è un cliente che cerca e pretende il meglio, che vuole distinguersi, che ha la cultura della premiumness". Un cliente che si comprava una Lancia, ma ad un certo punto mollava per mancanza di un’offerta completa. Il tempo che ci separa dall'"ora X", come la chiamano gli addetti ai lavori, è pari a sei mesi. Questa è la timeline, studiata con quel senso di responsabilità che "ha portato me e i miei collaboratori a cercare con ogni mezzo di creare un moderno ed efficiente modello di business automobilistico. Quindi lasciatemi concludere - dice Olivier François -: non vi ho presentato nuove automobili, vi ho presentato una nuova, grande macchina. Una macchina che funziona, una macchina perfettamente oliata, pronta a partire e a portarci molto lontano. Questa macchina si chiama la nuova Lancia".
(Fonte: www.omniauto.it - 29/9/2010)
martedì 28 settembre 2010
La stampa estera commenta il ritorno di Fiat negli U.S.A.
Gran fermento per la Fiat negli Stati Uniti. La casa automobilistica italiana sta reclutando concessionari per vendere i suoi prodotti in 41 stati U.S.A., cominciando con la 500 in dicembre e con una sua versione decappottabile nel 2011. Il Chicago Tribune dà la notizia ma titola guardingo: «Fiat punta a lavare via il suo brutto passato nel mercato americano». Uno dei problemi da superare per la Fiat, secondo il Tribune, è il cattivo ricordo lasciato dalle sue ultime imprese americane. «Erano auto divertenti da guidare... ma tendevano ad arrugginirsi, erano complicate e costose da riparare». In realtà le cose sembrano mettersi bene: è notizia dei giorni scorsi che le prenotazioni delle Fiat hanno oltrepassato le attese. Nel reclutare i concessionari, gli attuali dealer Chrysler avranno la preferenza. Ma Fiat vuole personale di vendita separato per non mischiare i marchi. L’azienda spera di avere individuato almeno 200 dealer entro la fine di settembre. «La mossa di Marchionne – scrive Steven Cole Smith dei Tribune Newspapers – darà a Fiat una seconda occasione per vendere i suoi prodotti, dopo avere fallito negli anni ’60, ’70 e ‘80». L’ultima presenza “ufficiosa” di Fiat risale al 1992, quando fu ritirata la Yugo, fabbricata in Jugoslavia su una vecchia piattaforma 128 dalla Zastava, non dalla Fiat. Secondo la rivista specializzata Automotive News, Fiat spera di vendere tra le 50mila e le 100mila auto negli Stati Uniti nel 2011. Il Tribune cita un analista di True Car, Jesse Toprack, secondo cui sbaglia chi pensa che il ritorno di Fiat sarà un altro fiasco. «Fiat è un marchio dominante in Europa e in molti altri paesi.... Vedo solo lati positivi». Sul sito del New York Times compare la notizia secondo cui la Fiat starebbe pensando a una Ipo Ferrari per finanziare l’aumento della sua quota in Chrysler (attualmente 20%). Il Nyt fa riferimento a una Reuters che cita il Corriere della Sera: Fiat vorrebbe trovare liquidità per arrivare al 51% di Chrysler e quotare in Borsa la Ferrari sarebbe l’unico modo per raggiungere lo scopo. Fiat, che detiene l’85% di Ferrari, manterrebbe una maggioranza del 51% della casa di Maranello. Tuttavia la Reuters scrive che un portavoce Fiat ha smentito: “Non ci sono piani per una quotazione Ferrari”. Un punto a favore dell’immagine Fiat è la missione economica in Italia di una delegazione proveniente da Detroit. I lanci Ap trovano spazio sui siti di Chicago Tribune, Washington Post, Los Angeles Times e altri media statunitensi. Una delegazione di autorità locali, rappresentanti sindacali e altri leader della regione automobilistica U.S.A. sono arrivati a Torino domenica con l’intenzione di attirare fornitori Fiat nell’area di Detroit. Hanno previsto incontri con l’ad di Fiat Sergio Marchionne e con i fornitori della casa automobilistica italiana, prima di spostarsi giovedì in Francia per il Paris Motor Show. I delegati di Detroit hanno partecipato a un forum con una trentina di fornitori Fiat e hanno avuto un paio di incontri singoli con fornitori che hanno mostrato interesse nel Michigan sudorientale (l’area di Detroit), secondo quanto riferito da Robert Ficano, dirigente della Wayne County. La missione - scrive l’Ap - vuole far conoscere agli italiani «la forza lavoro qualificata del Michigan, le infrastrutture e gli altri asset della zona». «Chrysler sta cercando di costruire il marchio Fiat nel Nord America, noi proviamo a dare gli strumenti di cui hanno bisogno qualora decidessero di trasferirsi», ha detto la portavoce della contea Stephanie Baron.
(Fonte: www.ilsole24ore.com - 28/9/2010)
lunedì 27 settembre 2010
Razelli (ANFIA): l'automotive italiano vale 3.500 aziende e 1,2 milioni di addetti (il 5% degli occupati)
L'industria oggi si sta "mentalizzando per lavorare senza incentivi", ma il loro rinnovo per il 2011 rappresenta per l'ANFIA "l'unica finestra di opportunità a fronte di politiche rivolte a sviluppare la mobilità sostenibile (metano, GPL o ibrido)". Questo ha detto oggi il Presidente Eugenio Razelli, intervistato a margine dell'annuale Assemblea Pubblica dell'Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche. E per capire meglio di che opportunità si tratta è bene ricordare che ruolo gioca l'industria automobilistica nel nostro Paese. Quello che manca in Italia è infatti "la convinzione che la filiera automotive sia importante", come ha sottolineato Razelli, che vorrebbe dire a tutti gli italiani che qui uno dei principali "datori di lavoro" è proprio l'auto con circa 3.500 aziende e che, se si considerano anche gli indiretti, si contano oltre 1,2 milioni di addetti. "L’industria manifatturiera italiana è al quinto posto a livello mondiale in termini di PIL generato e in termini di pro-capite è al secondo posto dopo la Germania. Nel nostro Paese 1 lavoratore su 20 appartiene al settore automotive", ha aggiunto.
INCENTIVI SI', MA ALLA MOBILITA' SOSTENIBILE - Da questo punto di vista è chiaro come la crisi delle immatricolazioni (in base alle previsioni l'anno si chiuderà attorno le 1,9 milioni di unità, cioè molto al di sotto la media degli ultimi 10 anni) sia molto "dolorosa" non tanto per le fabbriche ("Che in qualche maniera possono contenerla", dice Razelli), ma per la rete di vendita. "Il crollo delle vendite è molto pesante nel senso che ci troviamo di fronte ad un numero di lavoratori molto importante - spesso si tratta di business familiari o non di grandi dimensioni - e quindi per loro c'è un crollo diretto che è difficile da compensare", aggiunge il Presidente dell'ANFIA. E l'Assemblea aperta che si è svolta oggi a Roma è stata proprio l’occasione per sottolineare come, di fronte ad uno scenario globale in cui si avvertono i primi segnali di ripresa, la filiera automotive italiana è chiamata a ridefinire, con tutti gli stakeholders del settore, il proprio ruolo. Per questo erano presenti Adolfo Urso, Vice Ministro allo Sviluppo Economico, Sergio Marchionne, CEO FIAT Group, Emanuele Bosio, CEO del Gruppo Sogefi e Bartolomeo Giachino, Sottosegretario del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Ed è in questo contesto che abbiamo chiesto a Razelli un parere sui bonus statali. Quelli 2009 hanno avuto un effetto positivo ed uno negativo (perché hanno sorretto il mercato in un momento di tremendo crollo, ma hanno anche anticipato la domanda di quanti avrebbero acquistato una vettura nell'arco di 6-12 mesi, contraendo le immatricolazioni 2010) ed ora per il 2011 l'ANFIA auspica manovre a sostegno della mobilità a basso impatto ambientale. D'accordo con l'ad Marchionne, anche Razelli sostiene che prima dell'auto elettrica c'è bisogno di sfruttare nell'immediato ciò che di più "pulito" offre l'industria dell'auto, ovvero il metano, il GPL o l'ibrido.
LA CARTA VINCENTE E' "IL MADE IN ITALY" - L'arma vincente per superare al meglio la crisi è produrre sempre più auto in Italia. In quest'ottica secondo Razelli la Fabbrica Italia prensata dal Lingotto è "un'occasione veramente unica da sfruttare". Fiducioso nella sua attuazione, il Presidente dice che, "se Fiat realizza Fabbrica Italia, ci sono tutta una serie di benefici anche per la componentistica che può tornare a crescere insieme agli investimenti esteri nel nostro Paese". In pratica grazie all'Alleanza Fiat-Chrysler le aziende italiane di componenti hanno un'ottima opportunità (entro il 2014, l'offerta Chrysler si baserà su 7 piattaforme di cui 3 verranno dalla Fiat). Come dimostra la visita del sindacato USA nelle fabbriche Fiat, ora che le vetture dei due Gruppi sono basate sulle stesse piattaforme i fornitori possono crescere. "Per i costruttori è importante avere un fornitore che sia in grado di distribuire gli stessi pezzi sia in Europa che in America - sottolinea Razelli -. Quindi è tassativo per i nostri componentisti cogliere questa opportunità".
(Fonte: www.omniauto.it - 27/9/2010)
venerdì 24 settembre 2010
Dopo lo spin-off, prime voci di rimpasto nel management Fiat
(Fonte: www.ilgiornale.it - 22/9/2010)
giovedì 23 settembre 2010
Prime anticipazioni sulle date di debutto dei modelli Lancia-Chrysler (e nel frattempo Dodge lascia l'Europa...)
Lancia e Chrysler, come annunciato a più riprese dal management del gruppo dopo l’acquisizione della casa americana da parte di Fiat, andranno incontro a un matrimonio che renderà i loro prodotti pressoché indistinguibili, se non per il marchio che portano sulla calandra. Quali siano le novità attese per il prossimo futuro lo sappiamo già: di seguito un quadro con i modelli che verranno e i relativi periodi in cui è programmato il loro debutto. Lancia, che sarà presente sui soli mercati europei ad eccezione della Gran Bretagna, fornirà alla sua controparte americana due modelli, che verranno commercializzati negli U.S.A. - e sugli altri mercati dove il marchio italiano non sarà presente - sotto l’egida Chrysler: la Delta e la futura, attesissima Ypsilon. La prima dovrebbe debuttare con il brand americano nel corso dell’estate 2011, la seconda invece dovrebbe essere presentata in anteprima mondiale al Salone di Ginevra del prossimo marzo e lanciata sui mercati durante l’autunno seguente. Per quanto riguarda invece gli scambi in direzione contraria, la nuova 300 C potrebbe presentarsi con il marchio Lancia già ai primi dell’anno prossimo e la nuova Phedra, che sarà la gemella della recentissima Grand Voyager restyling, dovrebbe essere presentata in anteprima mondiale al prossimo Salone di Ginevra, al fianco della già citata nuova Ypsilon.
(Fonte: www.autoblog.it - 23/9/2010)
L'uscita della Dodge dal mercato europeo verrà silenziosamente ufficializzata dalla non presenza del marchio americano al Salone di Parigi 2010 (2-17 ottobre). Si chiude così una parentesi “generalista” durata 6 anni, che ha visto i buoni risultati di Nitro e Caliber ma che è divenuta incompatibile con i piani della Fiat-Chrysler. Il ritiro di Dodge dal vecchio continente rientra, infatti, in una più ampia manovra strategica del gruppo italo-americano che prevede per l’ex marchio dell’ariete un progressivo rinnovamento della gamma imperniato sulle sinergie con i modelli Fiat. L’uscita di scena entro il 2012 di Nitro, Avenger, Caliber e Viper sarà infatti compensata dalla presentazione di vetture dei segmenti B, C e D su base Fiat e con marchio Dodge, la cui commercializzazione in Europa porterebbe a inutili “doppioni”. La fine "naturale" della Dodge europea, nata appena sei anni fa, arriverà nei prossimi mesi con l’esaurirsi delle scorte degli attuali modelli (Caliber, Nitro, Avenger e Journey). Per gli appassionati del marchio si aprirà quindi una stagione di vendite Dodge presso mercati e rivenditori selezionati di vetture speciali come Challenger e Charger.
(Fonte: www.omniauto.it - 22/9/2010)
mercoledì 22 settembre 2010
Daimler interessata a Fiat Industrial?
Tornano a incrociarsi i destini della Fiat, della Daimler e (sia pure indirettamente) della Chrysler. Una ventina d'anni dopo il primo tentativo del Lingotto di conquistare la più piccola delle big three americane dell'auto e il più recente fallimento della Daimler di rimetterla in carreggiata i tedeschi tornano in gioco. Da questa estate c'è una loro offerta di 9 miliardi di euro per la neonata Fiat Industrial. Il Lingotto ne chiede 10,5 e l'operazione, per il momento, è ferma, anche perché essa dovrebbe concludersi di fatto dopo la quotazione in Borsa della società scissa del Lingotto prevista per fine anno. Se così sarà, al "momento storico", come l'ad del Lingotto una settimana fa ha definito il via dell'assemblea allo scorporo dell'auto, ne seguirà un altro e di più lungo effetto: quello di una Fiat che, dopo oltre un secolo, diventerà un'azienda unicamente automobilistica. L'arrivo in Borsa di FI, società che raggruppa CNH, Iveco e alcune attività di FPT, è previsto per il 3 gennaio. Della sua cessione si parlerà soltanto dopo questa data. E dunque sia Marchionne che i tedeschi avranno tempo per studiare attentamente il percorso da seguire tenuto conto delle ricadute che questa mossa potrebbe avere sulle rispettive attività. Intanto Marchionne, come sta facendo in questi giorni, si dedica alla preparazione del documento per la quotazione da presentare entro fine mese. I tedeschi hanno interesse a rafforzarsi sul fronte dei camion e dei trattori e macchine movimento terra: le due società del Lingotto dispongono di buone tecnologie e di sostanziose quote di mercato distribuite nel mondo ed è questa la ragione per la quale si essi sono fatti avanti. Per ragioni diverse la posta in gioco è importante anche per Marchionne. La massa di danaro che recupererebbe dalla vendita di FI potrebbe permettergli di consolidare i debiti di Fiat auto e di concentrarsi sull'unica società, andando a caccia di nuove acquisizioni e di nuove alleanze in modo da raggiungere assieme a Chrysler la soglia dei sei milioni di vetture che, con la grande crisi, è diventata più problematica rispetto a quando meno di due anni fa egli mise in cantiere l'operazione con gli americani. Proprio ieri si è avuta notizia del lancio di un bond Chrysler da due miliardi di dollari. In questa partita, probabilmente, ci sta anche il ritorno di Fiat a quota 90% di Ferrari dall'attuale 85, esercitando l'opzione sul 5% attualmente in mano alla società di Abu Dhabi Mubadala. E' questo un recupero al quale l'ad del Lingotto tiene molto anche se potrebbe procurargli qualche dissapore con l'ex presidente Montezemolo. In questo autunno la sua attenzione sarà concentrata sullo sbarco di FI in Borsa. La riunione dell'ultimo week-end a Torino ha messo in luce uno stato di salute più che soddisfacente per la CNH. Più difficile e più lenta la risalita di Iveco anche se i risultati sono stati sinora migliori delle previsioni. I conti del terzo trimestre che il cda del Lingotto esaminerà il 21 ottobre dovrebbero confermarlo. Intanto la nuova società, che ha già un presidente nella persona di Marchionne, provvederà a decidere sull'ad o meglio sugli ad visto che dovrebbero essere due: Harold Boyanovsky, oggi ad di CNH, e Alfredo Altavilla che prenderebbe il posto di Paolo Monferino che, da pensionato, andrebbe a ricoprire il ruolo di general manager della sanità piemontese.
(Fonte: www.repubblica.it - 22/9/2010)
martedì 21 settembre 2010
Delegazione UAW in Italia la prossima settimana per incontrare Marchionne
Gli alti funzionari del sindacato United Auto Workers si recheranno in Italia la prossima settimana per incontrare l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne e cercare di portare posti di lavoro negli Stati Uniti. Il presidente UAW Bob King visiterà gli stabilimenti Fiat per vedere il sistema di produzione che la casa automobilistica italiana ha iniziato a introdurre negli impianti di Chrysler negli Stati Uniti, ha detto King a Reuters in un'intervista. Allo stesso tempo, il sindacato spera di convincere i fornitori di Fiat a spostare i servizi nelle aziende rappresentate da UAW in Nord America per una maggiore integrazione Fiat-Chrysler. "Abbiamo intenzione di chiedere ai fornitori di venire qui a trasferirsi nel Michigan" ha detto King. Chrysler, che è stata ristrutturata dopo il fallimento dall'amministrazione Obama, ha operato sotto la gestione di Marchionne negli ultimi 16 mesi. Un fondo fiduciario istituito per pagare i costi di assistenza sanitaria per i pensionati rappresentati da UAW-Chrysler detiene il 55% della casa automobilistica. King, che ha preso l'incarico della UAW in giugno, ha detto che è stato colpito dai piani di Fiat per rilanciare la linea di veicoli di Chrysler e il suo approccio collaborativo con il sindacato. "E' tutta una questione di prodotto. I piani di Sergio sono veramente positivi" ha detto King. "Questo è il suo atteggiamento di 'facciamo insieme' ".
(Fonte: http://it.reuters.com - 21/9/2010)
lunedì 20 settembre 2010
E' ufficiale: Andrea Formica è il nuovo responsabile del brand Fiat
Andrea Formica, manager di grande esperienza nel settore auto sia in Italia che all’estero, con importanti esperienze in Ford e Toyota, è il nuovo responsabile del brand Fiat di Fiat Group Automobiles. Subentra a Lorenzo Sistino che dirigerà la funzione International Operations mantenendo la responsabilità di Fiat Professional. Toccherà a Sistino sviluppare il business nei mercati emergenti di tutto il mondo, tra cui Cina, India e Russia, dove Fiat Group Automobiles si sta espandendo e punta a conquistare posizioni di assoluto rilievo. Formica assume anche la responsabilità della funzione Commercial per la gestione delle attività di vendita per i brand Fiat, Alfa Romeo e Lancia, ai quali si aggiungono per l’Europa i brand di Chrysler LLC.
(Fonte: www.fiatgroup.com - 17/9/2010)
venerdì 17 settembre 2010
U.S.A., boom di vendite della 500 sul web
La passione degli americani per la 500 sembra confermare le previsioni di successo per il marchio Fiat nel mercato U.S.A. . In meno di due ore la prevendita aperta da Chrysler su Internet ha letteralmente esaurito i 500 esemplari disponibili della Serie Limitata che celebra il debutto della compatta torinese nel mercato a stelle e strisce. Per l'operazione di prenotazione occorreva versare una cauzione di 500 dollari. Uno dei clienti registrati, A.J. Hughes, ha raccontato al sito Allpar.com di aver ricevuto alle 20.42 del 16 settembre la mail che lo avvisava dell'apertura della prevendita. Ma alle 22.20 dello stesso giorno una seconda mail del sistema lo ha avvisato che non era più possibile prenotare la Fiat Cinquecento e che eventuali richieste sarebbero state inserite nella "waiting list".
(Fonte: www.tgcom.mediaset.it - 17/9/2010)
giovedì 16 settembre 2010
Fiat approva la scissione tra Fiat Auto e Fiat Industrial. Marchionne: "Un grande giorno per l'Auto, ora libera di scegliere"
L'assemblea degli azionisti di Fiat ha approvato a larga maggioranza la scissione tra Fiat Auto e Fiat Industrial. "L'Auto da oggi avrà finalmente la possibilità di scegliere il suo destino, senza preoccuparsi dell'impatto sull'Iveco e su CNH" - ha sottolineato l'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne. "I tempi sono cambiati - ha aggiunto - e l'Auto deve avere totale libertà di scegliere. E' un grandissimo giorno per l'Auto libera di scegliere". "E' un'assemblea storica per Fiat. Siamo chiamati a dar vita a due Fiat, una legata all'auto, che con Chrysler si è molto rafforzata, e l'altra Fiat Industrial, meno conosciuta, ma una delle società più grandi al mondo con 60mila dipendenti e 30 miliardi di euro di fatturato", ha detto all'inizio dell'assemblea straordinaria di Fiat al Lingotto il presidente John Elkann ricordando che "negli ultimi 10 anni" del suo lavoro nel gruppo, "iniziati in modo estremamente difficile" ci sono anche stati "momenti bui". "Molte cose sono cambiate - ha aggiunto - non perché sono cambiati i problemi ma il modo di affrontarli. Non si può più vivere nel mondo delle favole, ma nella realtà: bisogna risolvere i problemi. In Fiat non abbiamo paura del futuro, quello che ci interessa è costruirlo". La scissione "permetterà all'azienda di iniziare un nuovo capitolo della sua storia", ha detto Marchionne, intervenuto subito dopo. "La scissione - ha detto tra l'altro - permetterà di risolvere una questione strategica, in questi anni spina nel fianco per la Fiat". Questo è "il momento giusto" per questa operazione, ha affermato l'Ad. "Finora non lo avevamo fatto per il semplice motivo che dal 2004 abbiamo voluto mantenere inalterato l'assetto del gruppo perché era in corso un processo di ricostruzione della sua capacità di generare profitti. Ora il processo è completato e il business dell'auto, grazie alla partnership con Chrysler, ha raggiunto una massa critica per muoversi in modo autonomo". All'assemblea non ha partecipato l'ex presidente del gruppo, Luca Cordero di Montezemolo, tuttora membro del consiglio di amministrazione. La situazione nell'azionariato vede Exor con una quota del 30,42%, Capital Research al 4,77%, Blackrock al 2,83%, Norges Bank al 2,02%. Le azioni proprie detenute dal gruppo sono pari al 3,23%. L'annuncio della scissione, pur se ampiamente prevista, ha prodotto un peggioramento delle azioni Fiat a Piazza Affari: dopo le 14 perdevano oltre il 2 per cento. "Grazie a quello che è stato fatto in questi anni, grazie agli sviluppi tecnologici che ha raggiunto e grazie all'accordo con Chrysler, Fiat non ha più bisogno di stampelle e può essere lei stessa artefice del proprio destino. Oggi portiamo le lancette avanti nel tempo. La nostra azienda, o meglio le nostre aziende, potranno muoversi ad una velocità notevolmente più rapida di quanto non abbiano mai fatto", ha detto ancora l'Ad. "Nella vita ci sono momenti in cui tutti compiamo salti evolutivi, sono i momenti più importanti perché costringono a crescere, danno forza per cambiare e migliorare. La giornata di oggi è per Fiat uno di quei salti evolutivi, questa è un'operazione che parla di impegno e di ambizione. Vi abbiamo presentato la formazione di due aziende che avranno finalmente la piena libertà di muoversi per conto proprio, due aziende che hanno la capacità e la determinazione per competere a livello internazionale". "Mi rendo conto che scelte del genere, che presentano implicazioni di così ampia portata, non sono facili da compiere - ha detto ancora l'Ad del Lingotto - penso soprattutto alla reazione emotiva che ci può essere all'idea di perdere l'identità di un gruppo che ha operato come un tutt'uno per più di un secolo. Ma come i leader della Fiat che ci hanno preceduti hanno avuto la lungimiranza e la tenacia di sviluppare questi business, anticipando i cambiamenti del mercato, anche noi abbiamo l'obbligo di fare lo stesso. Di fronte alle trasformazioni nel mercato non possiamo più permetterci il lusso di guardare alle nostre attività riducendo la prospettiva ai confini storici o ai domicili legali". Il gruppo Fiat dopo la scissione da Fiat Industrial avrà un indebitamento netto industriale di circa 2,5 miliardi di euro, mentre la liquidità sarà di circa 10 miliardi. L'indebitamento netto industriale - ha precisato Marchionne - sarà ripartito in misura uguale tra i due gruppi. Considerando il target di 5 miliardi per il 2010, entrambi i gruppi inizieranno a operare con un debito di 2,5 miliardi di euro. La liquidità sarà "forte e commisurata alle rispettive necessità finanziarie", pari a 10 miliardi per Fiat e 3 miliardi per Fiat Industrial. I bond rimarranno in capo alle società che li hanno emessi, che non rientrano nel perimetro oggetto dell'operazione; Fiat sarà così titolare di bond per 9 miliardi, Fiat Industrial per 2 miliardi. Sul fronte dei servizi finanziari Fiat avrà un indebitamento netto consolidato di 1,5 miliardi, Fiat Industrial di 10 miliardi. Le tre classi di azioni Fiat Industrial inizieranno ad essere negoziate alla Borsa di Milano dal 3 gennaio 2011. "Entro la fine del mese di settembre verrà richiesta l'ammissione alla quotazione. L'attesa è che sia approvata prima della fine di novembre: questo permetterà di stipulare l'atto di scissione a metà dicembre e di rendere efficace l'operazione a partire dal primo gennaio 2011", ha spiegato Marchionne. Il progetto, ha concluso Marchionne, rappresenterà "un porto molto più sicuro" per quanti lavorano nel gruppo. "Alla fine di tutto, l'obbligo che hanno i leader di un'azienda non è solo verso il patrimonio che gestiscono, ma soprattutto verso le persone che vi lavorano. Questo progetto è un modo per assicurare loro, nel medio e nel lungo termine, un porto più sicuro".
(Fonte: www.repubblica.it - 16/9/2010)
mercoledì 15 settembre 2010
Marchionne incontra i concessionari Chrysler alla convention di Orlando (Florida)
Sergio Marchionne, amministratore delegato di Chrysler è volato a Orlando, in Florida, per incontrare per la prima volta i concessionari del marchio. "Il nostro management è impegnato a ripristinare la grandezza del gruppo Chrysler - ha esordito il manager italo-canadese - e la linea di modelli non sarà seconda a nessuno sul mercato. Dobbiamo essere pronti a sfruttare questo momento".
Dealer da tutto il mondo - Ad ascoltare le sue parole c'era una platea affollatissima, composta da un numero record di rivenditori: circa 1.700 statunitensi (il 75% del totale) e altri 700 giunti da Messico e Canada, ma anche da oltreoceano, come Mosca, Il Cairo, Shanghai, Dubai.
Progetti e strategie - Ai concessionari, Marchionne ha illustrato i 16 modelli in arrivo sul mercato statunitense entro la fine dell'anno e le modifiche che verranno introdotte in numerosi esemplari della gamma. In tutto 37 veicoli dei marchi Chrysler, Jeep, Dodge, Ram e Fiat, fra i quali la nuova Cinquecento per gli U.S.A., che sarà presentata al salone di Los Angeles e che sarà commercializzata da novembre, e la Dodge Durango, grossa e potente Suv a sette posti.
L'Alfa negli U.S.A. nel 2012 - "Non basta la pubblicità creativa o lo splendido design dei veicoli - ha poi concluso Marchionne, affiancato sul palco dai top manager degli altri marchi - perché questo da solo non sarà sufficiente per raggiungere i nostri ambiziosi obiettivi di vendita. Avremo bisogno di personale addestrato e dedicato, strutture di classe mondiale e, soprattutto, della vostra leadership". Infine, l'a.d. ha annunciato l'intenzione di introdurre negli U.S.A., entro il 2012, modelli con il marchio Alfa Romeo.
(Fonte: www.quattroruote.it - 15/9/2010)
martedì 14 settembre 2010
Yes, Sergio can
Una prova dell'amore americano per Sergio Marchionne, in particolare dell'amministrazione di Washington? Eccola, in due tempi distanti tra loro 15 mesi. Il 30 aprile 2009, nel pieno della crisi economica che per il settore auto metteva in conto il fallimento di Chrysler e General Motors, Barack Obama parlò così: "Per troppo tempo, la Chrysler si è mossa troppo lentamente e senza guardare al futuro, progettando e costruendo auto meno popolari, meno affidabili e meno efficienti quanto ai consumi dei concorrenti stranieri... La Fiat ha dimostrato invece di poter costruire quelle macchine con motori puliti e a basso consumo che sono il futuro dell'industria dell'auto e ha già accettato di trasferire miliardi di dollari in tecnologia alla Chrysler per aiutarla a raggiungere lo stesso risultato". Due malati che si sorreggono a vicenda. Quel giorno Obama parlava come parla un uomo che ha la sensazione di aver trovato la compagna della sua vita senza però averne la prova concreta. Un anno e tre mesi dopo, il presidente U.S.A. ha certificato che si tratta di vero amore. Il 30 luglio, nello stabilimento Chrysler di Jefferson North dove si costruisce la Jeep, ha reso omaggio a Marchionne e alla Fiat: "Il solo fatto che oggi siamo in questo magnifico impianto testimonia la scelta dei sacrifici che voi e tutti gli azionisti avete deciso di fare, con il risultato che oggi questa industria sta crescendo più forte, sta creando nuovi posti di lavoro, sta producendo auto e camion con motori efficienti che ci porteranno in un futuro più indipendente dalle fonti di energia". Un discorso, quello di Obama, cadenzato da applausi che i presenti all'incontro giudicarono un boato (il filmato è sul sito della Casa Bianca e della Chrysler) al momento di ringraziare Sergio Marchionne. "Sergio fa il modesto, non si fa vedere alzandosi in piedi", rise Obama indicandolo con il dito puntato in mezzo ai dirigenti Chrysler, ai politici e ai sindacalisti. Per il presidente americano, per il segretario al Tesoro Timothy Geithner, per il capo dei consiglieri economici Larry Summers, Sergio (loro lo chiamano semplicemente per nome) è la fata turchina che con la sua bacchetta magica aiuta a dissolvere (almeno per adesso) uno spaventoso incubo. Quale? Così lo ha dipinto Obama: "Stime indipendenti suggerivano che più di un milione di posti di lavoro sarebbero andati persi se Chrysler e General Motors fossero fallite. Nel mezzo di una profonda recessione sarebbe stato un brutale, irreversibile choc non solo per Detroit, non solo per il Midwest, ma per l'intera economia americana". Insomma, l'Hiroshima dell'auto made in U.S.A., una distruzione tale che ci sarebbero voluti decenni per ricostruire un sano ambiente economico e produttivo. Come sarebbe successo per la Fiat senza l'accordo con la Chrysler. Ma come il salvagente è arrivato dalla Fiat, da una industria che non viveva in quei giorni una situazione di felicità economica, finanziaria, sindacale? Marchionne aveva nel cassetto il sogno della campagna elettorale di Obama che aveva promesso indipendenza dai combustibili fossili, tecnologie pulite, risparmi e modernità tecnologica. Marchionne aveva da dare alla Chrysler esattamente quello che Obama aveva disegnato nel futuro americano: tecnologia e motori piccoli, puliti, a basso consumo (e Obama poteva aprirgli un mercato). Così, è stato più facile per l'amministratore della Fiat, oggi numero uno anche di Chrysler, farsi desiderare, farsi amare da subito, soprattutto dai democratici, mentre i repubblicani che avevano per primi detto sì a finanziamenti a pioggia al momento della crisi restarono a guardare e ancora oggi con la politica del no per principio a Obama sostengono che non bisognava aiutare Chrysler e lasciar invece fare alle "forze naturali di equilibrio del mercato". Marchionne ha fatto come quel gatto paziente che aspetta che i topolini si avvicinino al formaggio per prendere in un boccone solo topolini e formaggio. In questo caso le prede avevano le sembianze di Steven Rattner e Ron Bloom, numero uno e due dell'Auto Task Force creata da Obama (sono, rispettivamente, capo di un hedge fund e banchiere convertitosi alle trattative sindacali per i lavoratori dell'acciaio) e che hanno portato alla Casa Bianca gli elementi pro e contro le tre ipotesi che erano sul tavolo: riunire in una sola società Chrysler e GM creando il mostro "too big to fail", troppo grande per fallire; imbottire di soldi pubblici le due industrie sapendo che il corso delle cose non sarebbe cambiato; scommettere per quanto riguarda la Chrysler su una nuova avventura, un partner capace di dare quello di cui la società di Detroit aveva bisogno. L'ex presidente e amministratore di Chrysler Thomas La Sorda aveva dato alla Auto Task Force e al segretario al tesoro Geithner ampi particolari tecnici per far nascere i primi desideri nell'amministrazione Obama visto che aveva trattato con Marchionne e con il numero uno di Fiat Powertrain Alfredo Altavilla la cessione di una fabbrica in Brasile della Chrysler per la costruzione di motori. Ma la parola di La Sorda da sola non bastava per convincere la Casa Bianca che la "terza via", come l'ha poi definita Obama, era percorribile e poteva far nascere l'amore. Le assicurazioni di Ron Gettelfinger, in quei giorni ancora il gran capo del sindacato dell'auto, sono state decisive. Il potere di Gettelfinger non era riposto solo nella rappresentanza di decine di migliaia di lavoratori, ma nel possesso della maggioranza delle azioni della Chrysler e nella gestione di due colossi finanziari come i fondi pensione e sanitario degli iscritti alla UAW, Union Auto Workers. E le decisioni del sindacalista hanno fatto la differenza fin dall'inizio per creare fiducia intorno a Marchionne e alla Fiat. Da una parte c'era il tavolo dove il gran capo della UAW discuteva con l'Auto Task Force quello che i lavoratori erano disposti a fare per evitare il fallimento di Chrysler. Dall'altra c'era un secondo tavolo dove Marchionne, assistito quasi sempre o da Altavilla o da Andrew Horrocks, a quel tempo alla banca UBS, descrivevano la dote tecnologica di Fiat. Gettelfinger accettava sacrifici salariali importanti, come i nuovi assunti pagati non 29 dollari l'ora, ma solo 14, per allineare il salario a quello corrisposto negli stabilimenti americani delle case giapponesi, in cambio della maggioranza delle azioni Chrysler, della difesa del fondo pensione e di quello sanitario. Marchionne, invece, spiegava che l'apporto dell'azienda italiana valeva tra i 7 e gli 8 miliardi di dollari, mentre la Chrysler, se avesse dovuto sviluppare le stesse tecnologie, avrebbe dovuto aspettare anni, un tempo che non avrebbe salvato l'industria americana. Marchionne fece anche sapere che la maggioranza delle azioni nelle mani del sindacato non avrebbe creato problemi se la direzione dell'azienda fosse poi stata sua e dei collaboratori scelti da lui. Giorno dopo giorno la fiducia nei confronti dell'amministratore Fiat si è consolidata, dando vita a vere manifestazioni di amore, come quando - ad accordo fatto, management rinnovato, piano industriale presentato - Marchionne annunciò che entro il 2014 i 7 miliardi di prestito dati alla Chrysler dal Tesoro U.S.A. sarebbero stati restituiti. Obama ha discusso a lungo con i suoi collaboratori, ma quando ha detto sì ne era pienamente convinto. Anche se, come racconta il giornalista Jonathan Alter nell'appena uscito "The Promise: Barack Obama one year later", nell'ultima, decisiva riunione nello Studio Ovale, quando uno dei presenti affermò che l'accordo con Marchionne avrebbe funzionato, il presidente disse sorridendo: "Avevo una Fiat quando ero all'università. Stava sempre dal meccanico".
(Fonte: http://espresso.repubblica.it - 14/9/2010)
lunedì 13 settembre 2010
De Tomaso interessata a Termini Imerese?
Padiglione 5.1, stand 135: queste le coordinate dove si celebreranno al Salone di Parigi i 50 anni del marchio De Tomaso e i 25 anni della Pantera, il modello più rappresentativo nella storia della Casa fondata più di mezzo secolo fa da Alejandro De Tomaso e messa in liquidazione nel 2003. Non si tratta però di un ritorno ufficiale, ma è l'iniziativa della "De Tomaso France", la società dell'ex importatore transalpino Stephan Poux, che dagli anni '90 porta caparbiamente il marchio modenese in giro per i saloni. Un ritorno ufficiale è previsto davvero però: a marzo del 2011 al Salone di Ginevra e sarà il debutto ufficiale della De Tomaso Automobili S.p.A., ovvero la "nuova" De Tomaso acquisita dal noto imprenditore Gian Mario Rossignolo. Intanto, dopo gli annunci, si è già cominciato a lavorare e può darsi, se il progetto si rivelerà effettivamente solido, che la futura De Tomaso possa salvare tre dei più importanti poli dell'auto che non ce l'hanno fatta a sopravvivere alla crisi.
L'ASSE GRUGLIASCO-LIVORNO - Con l'acquisizione (in affitto dalla Finpiemonte, società partecipata della Regione) dello stabilimento ex Pininfarina di Grugliasco e quello Delphi a Livorno da parte della Innovation in Auto Industry S.p.A., la società che fa capo alla famiglia Rossignolo ha fatto le prime mosse di quello che sul finire del 2009 il nuovo patron della De Tomaso, affiancato dai figli Edoardo e Gianluca, ha definito "il secondo polo produttivo automobilistico italiano". In Piemonte è da poco partito il riassetto dell'impianto dopo lo stop alla produzione di Alfa Brera e Spider e, una volta ottenuto il sì dal Governo che con fondi pubblici sosterrà l'iniziativa, dovrebbero partire anche i corsi per la riqualificazione dei primi 460 lavoratori che si occuperanno di assemblare e svolgere le lavorazioni di verniciatura, assemblaggio e finizione del primo modello, per poi arrivare a regime ad impiegare 900 unità. Idem a Livorno, dove lo stabilimento ex Delphi di Guasticce effettuerà le lavorazioni meccaniche e di assemblaggio dei sottogruppi impiegando 154 lavoratori.
DE TOMASO... DE LUXE - Che marchio sarà la futura De Tomaso? Tutta lusso e "Made in Italy", con modelli realizzati a mano, veloci e destinati ad una clientela facoltosa. Il piano dei Rossignolo prevede infatti una produzione a regime di 8.000 vetture all'anno, suddivise in tre modelli: 3.000 crossover, 3.000 limousine e 2.000 coupé, in ordine di realizzazione. La "road map" verso il primo crossover De Tomaso è già passata attraverso la realizzazione di un prototipo statico, da cui ne deriverà uno marciante pronto per i primi di ottobre. Dopo la presentazione a Ginevra, da giugno 2011 le nuove De Tomaso saranno nei concessionari. I mercati di riferimento saranno Europa ed Emirati Arabi, mentre nell'estate del 2012 la nuova De Tomaso sbarcherà negli U.S.A., a cui sarebbe destinata metà della produzione. L’investimento complessivo sarebbe pari a 116 milioni di euro nei prossimi 4 anni, con 1.500 unità previste il primo anno e 2.500 il secondo, per arrivare a regime a 3.000 crossover prima di dare il via ai nuovi modelli. Il prezzo della prima De Tomaso del nuovo corso dovrebbe aggirarsi tra 85.000 e 125.000 euro, con due motorizzazioni a benzina e una diesel da circa 300 cavalli.
UN NUOVO LOGO - Intanto è stato creato il nuovo logo, che sostituirà l'originaria "T" che era poi il simbolo con il quale la famiglia di Alejandro marchiava il bestiame nei propri possedimenti argentini. Il restyling è stato affidato a Peter Arnell 51enne americano architetto esperto in comunicazione visiva e soprattutto brand: è la persona che sta dietro il logo della Pepsi ed ha lavorato per Alessi, Fila, Samsung, Donna Karan, Reebok, oltre ad avere un passato nella Chrysler "pre bancarotta" (dove firmò la abbandonata Peapod). Adesso siede nel CdA ed è responsabile del marketing e del design. A lui è affidato il compito di fare di De Tomaso un brand "chic". Alle auto si affiancheranno dunque accessori di lusso, come borse, magliette, profumi ed orologi.
L'INTERESSE PER TERMINI IMERESE - Il 15 settembre Invitalia, l'advisor che gestisce per conto del Governo la cessione dell'impianto di Termini Imerese che Fiat vorrebbe chiudere a dicembre del 2011, farà una prima scrematura della "short list" dei candidati a rilevare lo stabilimento siciliano. Fra questi c'è anche la De Tomaso, "avvicinata" dal Governo a presentare un piano industriale per la riconversione di Termini Imerese che ha già ricevuto il gradimento del presidente della Regione Raffaele Lombardo. In Sicilia la nuova De Tomaso vorrebbe produrre una compatta premium da contrapporre alle ultime proposte di Audi e MINI. La futura De Tomaso "compact" dovrebbe comunque essere un bijoux piuttosto costoso: da 30 a 50.000 euro. Chiuso il bando di Invitalia il 31 luglio, sono stati ritenuti affidabili i progetti di De Tomaso, del finanziere Simone Cimino che vorrebbe produrre auto elettriche, della Einstein, la società che produce la fiction "Agrodolce" per la Rai che vorrebbe realizzare studi cinematografici, quella dell'azienda torinese di lamierati Map Engineering e c'è da sciogiere la riserva su un'azienda vivaistica del Nord Italia che, oltre a coltivare fiori, produrrebbe energia fotovoltaica. Al 40% dunque a Termini Imerese si continuerà a produrre auto. Chissà che non saranno davvero delle De Tomaso.
(Fonte: www.omniauto.it - 13/9/2010)
venerdì 10 settembre 2010
Fiat, tutti i numeri dello spin-off
Le due date chiave sono le seguenti: giovedì prossimo, 16 settembre, si riunirà l'assemblea straordinaria degli azionisti per dare il via libera definitivo allo spin-off. E il primo gennaio 2011 la scissione sarà operativa a tutti gli effetti. Ma se Fiat continuerà a essere scambiata anche su alcuni mercati esteri, la nuova Fiat Industrial (in cui saranno contenute Iveco, Cnh e la parte "Industrial & Marine" di Powertrain Technologies) sarà trattata solo a Piazza Affari. In questi giorni, Fiat ha pubblicato il documento informativo in vista dell'assemblea, con tutte le caratteristiche della scissione annunciata dall'amministratore delegato Sergio Marchionne in sede di presentazione del piano industriale, e poi deliberata dal consiglio di amministrazione nello scorso mese di luglio. Come è noto, nella Fiat post scissione resteranno, oltre all'auto, Magneti Marelli, Teksid, Comau, e una parte di Fpt. A tutti gli azionisti Fiat, che come si legge nel documento sono circa 250mila, verrà data una azione ordinaria, di risparmio o privilegiata di Fiat Industrial, per ogni analogo titolo Fiat posseduto, senza alcun conguaglio in denaro e senza diritto di recesso. Dunque, l'assetto di controllo di Industrial sarà proporzionalmente suddisivo nello stesso modo di quello Fiat, così composto: Exor (controllata dall'accomandita di famiglia degli Agnelli) detiene il 30,45% delle ordinarie e il 30,09% delle privilegiate (complessivamente, il 30,42% dei diritti di voto), Capital Research and Management Company ha il 5,22% delle azioni ordinarie, BlackRock il 3,1%, Norges Bank il 2,22%, FMR LLC il 2,20%. C'è poi un 3,02% di azioni proprie che Fiat detiene (la compagnia post scissione sarà dunque azionista di Industrial con questa analoga percentuale), mentre nessun'altra azienda del gruppo possiede titoli Fiat. Una novità riguarda la clausola anti-scalata, che vale per Fiat e anche per la futura Industrial. Con riferimento al consolidamento di Chrysler, che potrebbe diluire la quota della famiglia Agnelli fino a rendere la società vulnerabile a eventuali opa ostili, il consiglio di amministrazione potrà compiere, senza passaggi in assemblea, i passi necessari a contrastare possibili attacchi, e lo stessa clausola sarà inserita anche nello statuto di Fiat Industrial. L'operazione, per quanto ormai definita in tutti i suoi dettagli, resta complessa dal punto di vista organizzativo, per esempio dal punto di vista del trasferimento di parte del debito che, si legge nel documento, renderà necessario un finanziamento ponte da parte di alcune banche, italiane e internazionali. Quanto ai conti il prospetto contiene un pro-forma relativo al 2009, ovvero un calcolo del tutto teorico di come sarebbe stato il bilancio dello scorso anno delle due società post-scissione: Fiat avrebbe registrato un fatturato di 32,7 miliardi e un passivo di 277 milioni, Industrial avrebbe segnato ricavi di 17,96 miliardi e perdite per 564 milioni. Il bilancio reale del 2009, ha registrato un fatturato consolidato di gruppo di 50,102 miliardi e un rosso di 838 milioni. Fiat avrebbe avuto un indebitamento netto totale (derivante dalla somma dell'indebitamento delle attività finanziarie e di quelle industriali) di 2,25 miliardi, Industrial di 13,6 miliardi (il dato reale del bilancio di gruppo 2009 era pari a 15,898 miliardi). Il documento puntualizza che questo non riflette il reale indebitamente delle due società post-scissione, perché per quanto riguarda la sola parte industriale, l'indebitamento netto al momento dello spin-off sarà distribuito in modo paritetico fra le due società. L'indebitamento netto delle attività industriali del pro-forma, invece, vede Fiat con un debito di 741 milioni e Industrial di 3,67 miliardi.
(Fonte: www.manageronline.it - 10/9/2010)
giovedì 9 settembre 2010
La versione Lancia della nuova Chrysler Sebring si chiamerà Flavia?
La nuova vettura di Lancia che segnerà il ritorno nel segmento D si chiamerà Flavia. Si tratterà delle gemella europea della nuova Chrysler Sebring, di cui vi mostriamo una nuova foto spia. L’auto dovrebbe rappresentare la versione di serie della concept 200C, caratterizzata dai fari a led anteriori e posteriori. La nuova Chrysler Sebring è attesa al prossimo Salone di Los Angeles, in programma a novembre. La Lancia Flavia, invece, dovrebbe debuttare ufficialmente al Salone di Francoforte che si terrà a settembre 2011. L’arco di tempo tra la presentazione della Sebring e quella della Flavia servirà a Fiat per decidere se produrre la nuova berlina negli U.S.A. o in Italia a Mirafiori. La Lancia Flavia sarà l’erede delle berline Prisma, Dedra e Lybra, avrà la trazione anteriore e potrà contare su una gamma composta dalle motorizzazioni 2.0 MultiJet da 170 CV, più i benzina 3.6 V6 Pentastar e le unità 2.0 e 2.4 a quattro cilindri con tecnologia MultiAir.
(Fonte: www.autointernationaal.nl - 8/9/2010)
mercoledì 8 settembre 2010
Lo "zar dell'auto" di Obama svela in un libro i retroscena del salvataggio di GM e Chrysler
Un Sergio Marchionne da mal di testa, un Ron Gettelfinger deluso, i creditori infuriati e Fritz Henderson silurato da una General Motors spaccata. Sono alcuni dei retroscena dell’imponente piano di salvataggio messo a punto dal governo americano a metà dello scorso anno per evitare il collasso dell’industria dell’auto. A raccontare particolari inediti di quel doppio progetto da 85 miliardi di dollari, che ha visto anche il coinvolgimento di Fiat nel capitolo Chrysler, è Steve Rattner, lo zar dell’auto designato da Barack Obama a sovrintendere l’amministrazione controllata di Detroit. «Marchionne e JP Morgan Chase si sono rivelati i nostri peggiori mal di testa», scrive Rattner nel suo «Overhaul: un racconto dall’interno del piano di salvataggio dell’auto voluto dall’amministrazione Obama». Il saggio di 320 pagine pubblicato da Houghton Mifflin - la cui uscita è prevista per metà ottobre ma di cui alcuni media U.S.A. hanno ottenuto una copia - è un racconto di particolari inediti e pungenti di quella delicata fase che ha coinvolto due delle «Big Three» di Detroit. Nell’aprile del 2009, durante l’ultima fase dei negoziati tra Marchionne e la task force dell’auto, «avevamo davanti un dottor Jekyll e un mister Hyde - racconta Rattner - perché c’era un Sergio seduttore, ma c’era anche qualcun altro». L’ex zar dell’auto si riferisce in particolare a una riunione durante la quale il braccio destro di Marchionne, Alfredo Altavilla, gli ricordò di un termine di accordo controverso. La reazione dell’amministratore delegato di Fiat fu talmente dura e inattesa che «Ron Bloom e altri della task force si alzarono in silenzio e se ne andarono». In un altro episodio Marchionne si confrontò in maniera accesa col presidente del sindacato (UAW), Ron Gettelfinger. Il manager italo-canadese aveva appena finito di spiegare perché i lavoratori avrebbero dovuto adeguarsi a una «cultura della povertà» al posto di «una cultura dei diritti», quando Gettelfinger gli rispose: «Perché non vieni a spiegare a questa vedova di 75 anni che non può essere sottoposta all’intervento di cui ha bisogno e che tu hai ucciso suo marito?». Ma alcune pagine dopo Rattner stesso mette in luce i meriti negoziali e di leadership di Marchionne, in particolare durante un «premuroso discorso» al personale di Auburn Hills nel quale risalta la sua «leggendaria etica professionale». L’ex zar racconta anche i dissidi nati nelle riunioni a porte chiuse che hanno visto banchieri, concessionari e leader sindacali mettersi in aperto contrasto con la nuova Amministrazione democratica. I creditori sono rimasti sbalorditi nel capire che più di altri avrebbero perso nell’operazione del Chapter 11 di Chrysler, mentre il sindacato UAW ne sarebbe uscito come il principale vincitore. «Jimmy diventò furibondo», racconta Rattner, riferendosi al rappresentate degli obbligazionisti, il vicedirettore di JP Morgan, James Bainbridge Lee Junior. A tenergli testa fu Ron Bloom, ex consigliere di sindacato e uomo chiave della task force dell’auto che rispose: «Abbiamo bisogno di lavoratori in grado di produrre auto, non di prestatori». Sul versante GM, Rattner, già reporter del New York Times e banchiere di investimento, racconta di non aver avuto nessun dubbio sul fatto che Rick Wagoner doveva lasciare il suo posto di CEO. «Henderson era il suo naturale sostituto - racconta - era pronto, energico e aperto al cambiamento». Tanto che lo stesso ex zar dell’auto, durato in carica sei mesi prima dello scoppio di uno scandalo che ha visto coinvolta la sua ex società d’affari, esprime serie perplessità sulla stessa sostituzione di Henderson dopo appena 247 giorni al timone di GM, voluta da un Cda lacerato tra correnti: «Peccato, lui era un vero Detroit auto guy». L’ex zar rivela anche di avere offerto all’ad di Renault-Nissan Carlos Ghosn il posto di Wagoner, ma questi rifiutò.
(Fonte: www.lastampa.it - 8/9/2010)
martedì 7 settembre 2010
Automotive News: Andrea Formica sostituirà Lorenzo Sistino come responsabile vendite di Fiat
"Cervelli" in fuga, ma anche cervelli di ritorno. Come i ricercatori delle università, anche per i manager italiani del settore auto sembra che negli ultimi tempi ci sia stata una diaspora verso l'estero, verso altri marchi che apprezzano la capacità italiana di adattarsi a ogni situazione. Ogni tanto c'è però l'eccezione, anzi, potrebbe esserci: secondo Automotive News il Gruppo Fiat starebbe per affidare la responsabilità delle vendite dei quattro marchi ad Andrea Formica, ex senior vice president vendite e marketing di Toyota Europa, dimessosi da poche ore. Secondo le indiscrezioni, Formica subentrerebbe in questo ruolo a Lorenzo Sistino, che ha assunto la responsabilità per le vendite dei marchi Alfa Romeo, Lancia, Fiat e Fiat Professional nel gennaio 2009 ed è CEO di Fiat e Fiat Professional. L'obiettivo sarebbe naturalmente quello di risollevare i volumi di vendita del gruppo che secondo gli analisti di Jato Dynamics in Europa sono scesi del 12,1% a 708.378 unità nei primi 7 mesi del 2010. Formica ha trascorso 13 anni con Ford Europa, prima di passare a Toyota Europa nel 2002 e sarebbe uno dei pochi manager "di ritorno" in Italia, dopo le partenze in direzione Volkswagen di Luca De Meo, seguito di recente da Giovanni Perosino, mentre insieme all'ex ferrarista Deny Bahar sono approdati in Lotus Claudio Berro e Donato Coco.
(Fonte: www.autonews.com - 6/9/2010)
lunedì 6 settembre 2010
Fiat è troppo "Marchionne-dipendente"?
I cacciatori di teste servono, per carità. Ma nella Fiat di oggi tutto deve passare dal filtro del capo. Anche in agosto Sergio Marchionne ha dedicato il sabato mattina a esaminare di persona (in inglese, of course) i candidati a rafforzare i ranghi della Fiat o a colmare i buchi lasciati da chi ha fatto le valigie. Ma la campagna acquisti si è rivelata difficile. Marchionne piace, ma solo da lontano. Sergio Marchionne ha la stoffa di un grande leader, compresa la simpatia che sa ispirare fin dal primo contatto. E non è facile trovare un nome di maggiore appeal per un manager voglioso di arricchire il curriculum. Ma perché tanti «No grazie»? I suoi ritmi di lavoro spaventerebbero Stakanov: 20 ore al giorno, 7 giorni su 7, viaggi Torino-Detroit compresi. La parola "holiday" cancellata dal vocabolario, al pari di business class per i trasferimenti aerei. Tranne per chi viaggia con il capo: riunione in volo e poi, al momento di dormicchiare, sfida a scopone contro SuperSergio. Anche a fare la tara all’aneddotica sul capo (riunioni improvvise a mezzanotte, magari concluse con un bel karaoke, o all’alba, sempre senza preavviso, o durante il weekend), c’è da pensarci prima di accettare. In questi anni Marchionne ha tritato come un rullo compressore i manager del gruppo, a partire da Herbert Demel fino all’ex fedelissimo Luca De Meo, e si è costruito la fama di accentratore: più di un centinaio di uffici, tra Torino e Detroit, riportano direttamente al capo supremo. Inoltre il manager italo-canadese è un feroce nemico delle burocrazie interne. Preferisce la sua squadra com’è oggi: snella, oberata di lavoro con doppi e tripli incarichi in Italia e in U.S.A. (basta sfruttare il fuso orario), pronta per l’integrazione tra Fiat e Chrysler. E, soprattutto, cresciuta nell’era Marchionne. Non a caso, il gossip che precede l’assemblea del 16 settembre dà per molto probabile l’uscita di Paolo Monferrino, attuale a. d. Iveco, uno dei pochi uomini di punta della Fiat del passato (assieme a Giovanni Coda, che opera sul delicato fronte degli acquisti, e Paolo Rebaudengo, responsabile delle relazioni sindacali) che ancora ricopre un ruolo di vertice. Al suo posto potrebbe andare Lorenzo Sistino (voce smentita in passato) o lo stesso Alfredo Altavilla, oggi alla guida di Powertrain, uomo dei grandi accordi internazionali e alter ego di Marchionne. Per l’auto si è fatto il nome di Andrea Formica, senior vice-president di Toyota Europe. Ma il nucleo duro sarà quello di sempre: Harald Wester, l’uomo dell’auto, Stefan Ketter, il profeta del World Class Manufacturing; Olivier François, responsabile del marchio di Detroit e della Lancia, e Clodovaldo Bellini, che tiene le chiavi del Brasile, il vero tesoro del gruppo. Alessandro Baldi, infine, l’unico manager che Marchionne ha portato con sé da Sgs. Una squadra ben affiatata. Ma questa Fiat, agli occhi degli investitori di lungo termine, rischia di essere troppo "Sergio-dipendente".
(Fonte: http://altrimondi.gazzetta.it - 6/9/2010)
venerdì 3 settembre 2010
Dodge rivela nuovi dettagli della Durango 2011
Dodge ha rivelato nuovi dettagli della Durango MY 2011, grande Suv a 7 posti destinata al mercato statunitense. Si tratta di uno dei modelli di punta che rientra nel piano di rilancio del marchio voluto da Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat-Chrysler. Realizzata nello stabilimento Jefferson North Assembly di Detroit, la Durango dovrebbe arrivare negli showroom americani nel corso del quarto trimestre 2010. La vettura si presenta completamente rinnovata rispetto alla versione precedente. Gli interni sono stati realizzati dallo stesso studio di design che ha progettato quelli della nuova Jeep Grand Cherokee e appaiono molto confortevoli e curati nei dettagli. Il punto di forza della Dodge Durango, tuttavia, è la flessibilità e il grande spazio a disposizione sia per i passeggeri sia per gli oggetti, che è possibile riporre in numerosi vani presenti dell'abitacolo. Ricca la dotazione di bordo e i sistemi di sicurezza, che includono airbag laterali, protezioni attive per la testa, radar anti-collisione, controllo elettronico della stabilità, sistema di avviamento keyless. La nuova Durango My 2011 è disponibile con due potenti motorizzazioni a benzina: il V6 Pentastar da 3.6 litri e un V8 da 5.7 litri, entrambi con valvole a fasatura variabile. La trazione è integrale.
(Fonte: www.quattroruote.it - 3/9/2010)
giovedì 2 settembre 2010
Sfuggite le prime immagini del nuovo crossover Jeep su base Fiat. Vero scoop o semplice esercizio di stile?
Dopo le indiscrezioni e le chiacchiere fatte sull’aspetto e sulle caratteristiche che avrebbe avuto un crossover Jeep basato sulla piattaforma Fiat C-Evo, annunciato da entrambe le case costruttrici, ecco che appare un video sul canale Youtube ufficiale dell’azienda americana. Nel filmato si vedono diversi bozzetti e un modello in cera di quella che potrebbe essere la prima immagine di questa nuova vettura. La casa costruttrice ha velocemente comunicato che si tratterebbe di modelli e progetti passati, mostrati a scopo didattico. Ma l’interesse generato dal video resta molto alto. Seguendo le indiscrezioni, potremmo immaginare che la piattaforma C-Evo - che ha fatto il suo debutto sulla Alfa Romeo Giulietta - venga applicata ad un crossover dai chiari tratti Jeep come, ad esempio, i passaruota squadrati e la griglia frontale. In ogni caso, non si sa ancora quanto di Fiat e quanto di Jeep ci sarà nella nuova auto. Questa la dichiarazione di Chrysler: «Apprezziamo molto l’interesse suscitato dal modello in cera e dai bozzetti in questo video, ma questi rappresentano studi passati, non il futuro del design Jeep. Questo e altri video simili hanno lo scopo di raggiungere i più giovani per generare interesse intorno al nostro marchio, oltre a fornire uno sguardo su alcuni dei nostri processi produttivi». Dando per buone le parole della casa costruttrice, non è comunque un segreto che Chrysler abbia in programma la produzione di un SUV basato sulla piattaforma Fiat C-Evo. Sarebbe stata anche già decisa la struttura che ne prenderà in carico la produzione, anche se non è ancora stata annunciata.
(Fonte: www.autoblog.com - 1/9/2010)
mercoledì 1 settembre 2010
Fortune: la velocità decisionale di Marchionne è la chiave del rilancio di Chrysler
"A prima vista" può sembrare un professore di materie umanistiche in una piccola facoltà di lettere: veste in modo casual, fuma sigarette e sciorina citazioni storiche. Ma la prima impressione può essere "fuorviante". È l'immagine con cui la rivista Fortune, uscita oggi in Italia e anticipata dai media nei giorni scorsi, inizia un ampio reportage su Sergio Marchionne, amministratore delegato dei gruppi Fiat e Chrysler. Il magazine descrive il manager e la strategia con cui sta rilanciando Chrysler dopo avere riportato in attivo la casa torinese. Marchionne è veloce nelle decisioni, lavora in continuazione, è reperibile 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana e, senza falsa modestia, mostra "un'incrollabile fiducia nelle proprie capacità". Il "velocista" del risanamento Chrysler – nota il magazine - "non è un bohèmien": colleziona orologi svizzeri e possiede diverse Ferrari. Dietro la sua cultura umanistica c'è l'uomo d'affari: egli "combina il fascino del venditore con la capacità analitica dello statistico". Ed è convinto che il suo vantaggio competitivo sia la velocità. "Spazzando via strati di management e prendendo decisioni in fretta si avvicina al mercato e sforna nuovi modelli più rapidamente dei suoi più lenti rivali". Il "personale approccio alla velocità" di Marchionne, sottolinea Fortune, è stato messo in evidenza quando nel giugno 2009 Fiat ha acquisito il 20% della Chrysler post-bancarotta e lui è diventato CEO di entrambi i gruppi. Ha spezzato la vecchia catena di comando di Chrysler e l'ha sostituita con un'organizzazione orizzontale con lui in cima. I suoi 25 massimi dirigenti fanno rapporto direttamente a lui. Ha riorganizzato non solo il management, ma anche lo staff: ha setacciato l'azienda per valorizzare i giovani manager che vogliono "assumersi più responsabilità, essere disponibili in ogni momento, mettere l'azienda al di sopra dei propri interessi". La nuova collezione Chrysler, che sarà svelata al pubblico nei prossimi tre mesi, dimostra "quello che la velocità può fare": entro la fine dell'anno conta di rinnovare 16 modelli, il 75% dell'offerta. Ma il gran colpo Marchionne lo tiene in serbo per dicembre, quando porterà la nuova Fiat 500 negli Stati Uniti. Secondo Fortune, il successo o il fallimento della versione americana della Cinquecento, costruita in Messico, sarà decisivo nel delineare l'immagine futura dei prodotti Chrysler. Con il suo stile di manager "non ortodosso", Marchionne ha ristrutturato la Fiat ed è riuscito a restare a galla nell'affollato mercato automobilistico europeo. "Se un tipico a.d. italiano fosse stato sulla mia poltrona, l'azienda non sarebbe dov'è ora", dice "immodestamente". Chrysler ora è in condizioni migliori della Fiat nel 2004: "Mentre il mercato automobilistico U.S.A. rimane debole, Chrysler ha registrato un piccolo utile operativo nel primo e secondo trimestre" e dovrebbe riuscire a cavarsela fino all'arrivo dei nuovi modelli. Le ambizioni di Marchionne negli U.S.A. "vanno al di là di Chrysler", scrive Fortune. Vuole portare negli Stati Uniti ("un pezzetto d'Italia") oltre a lanciare la nuova 500: "ha promesso di riportare l'Alfa Romeo di Fiat in America dopo 18 anni di assenza". C'è però il nodo della qualità: "Il maggiore punto interrogativo che pende sull'intera impresa Fiat-Chrysler è la qualità del prodotto", sottolinea la rivista U.S.A., ricordando la scarsa reputazione di Fiat quando lasciò il mercato americano nel 1985. Marchionne è "categorico": afferma che la qualità di Chrysler "non deve essere seconda a nessuno" ed è soddisfatto dei progressi fatti finora ("Chrysler ha fatto in 12 mesi quello che Fiat ha fatto in 5 anni"). Fortune conclude osservando che nell'alleanza Fiat-Chrysler costruita da Marchionne manca una rete di sicurezza: "Marchionne non ha pubblicamente designato un numero 2 né alla Fiat né alla Chrysler". "E non ci sono molti che sceglierebbero di seguire il suo esempio".
(Fonte: http://money.cnn.com - 26/8/2010)
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