giovedì 22 ottobre 2009

Marchionne su Fiat: il peggio è passato, aumento di capitale non necessario


Che il nadir della crisi potesse essere alle spalle, grazie da un lato agli incentivi di stato dall’altro ai poderosi tagli dei costi operati dal management di Fiat, gli operatori l’avevano sospettato già stamattina leggendo di come nel terzo trimestre il giro d’affari di Fiat Group Automobiles (FGA) fosse calato solo dell’1,4% su base annua rispetto al -15,9% medio del gruppo e l’utile della gestione ordinaria del 18,4% contro il -61,6% a livello consolidato. Ma Sergio Marchionne non ha voluto sprecare l’occasione data dalla conference call con gli analisti per ribadirlo, sia pure mantenendo una certa prudenza. E’ difficile “fare previsioni per il 2010” ha risposto il manager, ma dopo che i risultati nel trimestre si sono rivelati “in linea con le nostre attese” si può ritenere che “il peggio è passato”. Marchionne ha anche confermato che il gruppo punta a chiudere l’anno con una quota di mercato del 33% in Italia (in settembre è risultata pari al 31,5%, ovvero al 33,2% nei primi nove mesi dell’anno) e del 9% in Europa Occidentale (alla fine del mese scorso il Lingotto era risalito all’8%). Risultati ottenibili a fronte di una previsione di sostanziale stabilità del mercato dell’auto in Italia nell’ultimo trimestre del 2009 e di un rallentamento della crescita del mercato brasiliano. Se poi gli incentivi al settore saranno rinnovati per un altro anno, consentendo al gruppo di mantenere i volumi di vendita sui livelli attuali, Marchionne prevede che Fiat possa raggiungere nel 2010 un utile della gestione ordinaria (trading profit) di 1,5 miliardi, mentre se ciò non dovesse accadere l’impatto negativo su tale grandezza sarebbe nell’ordine dei 300 milioni di euro. Meno brillanti le previsioni a breve per Cnh e Iveco: nel primo caso le previsioni per il 2009 parlano di un mercato in calo “in tutte le regioni” del 40%-45% rispetto al 2008, mentre per i mezzi pesanti in Europa Occidentale il fondo sembra toccato, ma la risalita si preannuncia faticosa tanto che il 2009 dovrebbe registrare complessivamente volumi in calo del 40%. Per quanto riguarda l’integrazione con Chrysler il numero uno del Lingotto ha confermato solo che “sta procedendo” e che il management del gruppo è “attivamente impegnato in questa operazione”. “E’ prematuro fare anticipazioni”, ha poi concluso, ribadendo come già si leggeva nella trimestrale diffusa stamane che i dettagli dell’operazione “li vedremo dopo la presentazione del piano quinquennale di Chrysler il 4 novembre”. Quanto alle ricorrenti voci di un aumento di capitale, il numero uno del gruppo ha ribadito come “non sia il caso” visto che “siamo fiduciosi che continueremo a generare cassa nel quarto trimestre” e che sul debito il gruppo, che nelle scorse settimane ha collocato con successo tre bond per oltre 3,2 miliardi di euro, “non ha scadenze a breve”. Mentre Marchionne parlava giungevano due ulteriori notizie. In Italia, Fiat Powertrain (1,25 miliardi di ricavi a fine settembre, in calo del 40,5% rispetto al precedente trimestre ma solo del 22,5% su base annua, con un trading profit di 19 milioni contro i -26 milioni segnati nei tre mesi precedenti) ha annunciato altre due settimane di cassa integrazione (dal 16 al 28 novembre), che dovrebbero riguardare in tutto 1.046 lavoratori (di cui 146 tra quadri e impiegati) della linea dei motori dello stabilimento di Torino Stura, che fornisce i camion di Iveco. Da oltre oceano Steve Rattner, banchiere d’affari a capo fino allo scorso luglio della task force nominata da Barack Obama per occuparsi della crisi dell’auto, ha riferito di come l’amministrazione fosse profondamente divisa al suo interno (con 4 membri a favore e 4 contrari) sull’opportunità di concedere finanziamenti per la ristrutturazione di Chrysler e sulla possibilità che il produttore di Detroit potesse sopravvivere per rimborsare gli aiuti. Lo stesso Rattner, messo sotto pressione dal consigliere economico capo di Obama, il 53 enne Larry Summers (economista nipote di due “mostri sacri” come Paul Samuelson e Kenneth Arrow, già segretario al Tesoro Usa sotto Clinton dal 1999 al 2001), stimò all’epoca le probabilità di sopravvivenza di Chrysler nei due anni successivi pari solo al 51%. Come dire che la fiducia in Sergio Marchionne, da alcuni commentatori paragonato ormai a Lee Iacocca, e nel know-how di Fiat nel settore delle city car ha significato molto nel momento in cui il presidente Usa optò per far entrare il gruppo italiano nel salvataggio di Chrysler, ma che tra le due società quella per cui l’accordo ha rappresentato sin dall’inizio un’intesa “vitale” è sempre stato l’ex colosso di Detroit.
(Fonte: www.affaritaliani.it - 21/10/2009)

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