mercoledì 19 agosto 2009

Detroit in piena "Fiat-mania": le hanno anche intitolato una strada


Fiat Drive, Royal Oak, Detroit. Sembra l'indirizzo di un gioco di società invece è la strada che è stata inaugurata martedì sera nel pieno centro di un sobborgo di Detroit dove il matrimonio Fiat Chrysler è cosa fatta e tanto attesa. Cartina alla mano, quello che fino a ieri era l'angolo tra La Fayette Avenue e Fourth Street oggi è l’incrocio di Fiat Drive. Va' pensiero, sull’ali dorate. I tempi di «Lost your job? Sleep in your foreign car», adesivo che l’anno scorso tappezzava i vetri posteriori delle auto americane, sono finiti. Ora la Cinquecento è la moda, tutti ne parlano, tutti la cercano e «tutti la vogliono» racconta Domenica Pierette Simpson, piemontese emigrata per miracolo in America a bordo dell'Andrea Doria, la nave che naufragò nel 1956. «Nel passato questa era la Terra Promessa - racconta eccitata a fianco dell’auto esposta come un gioiello all’angolo della strada - ora è l’opposto: l’Italia ha salvato la nostra economia, per questo dobbiamo accoglierla nel migliore dei modi». Detto fatto. Eliminato lo spauracchio della chiusura del consolato italiano a Detroit, il sobborgo del Michigan si sta preparando per far sentire a casa le quattrocento famiglie italiane che andranno a vivere Oltreoceano. Con tanto di festa in pompa magna: «C’era un tenore che cantava il Nabucco e un megaschermo che proiettava immagini del Belpaese» racconta Pierette. Nel frattempo, tra panini, chiacchiere, gelati e pop corn il sindaco Donald E. Johnson invitava tutti i presenti a «comprare la Cinquecento, che aiuta anche le nostre tasche». Inutile specificare che sono finiti anche i tempi di «Fix it again Tony» (aggiustala di nuovo Tony) acronimo inventato dagli americani per descrivere la Fiat. «Qualcuno ha paura di non riuscire a entrarci - scherza Giorgio Donini, general manager di Fata Aluminium, casa fornitrice di Chrysler -, ma sono sicuro che nelle grandi città funzionerà: il prestigio della Ferrari ha tranquillizzato molti americani. Qui business is business, la gente fa i conti a fine mese e i consumi della Cinquecento sono un sogno per molti». Tra la folla si aggirava anche Richard Haskin, americano figlio di un operaio della Ford, cresciuto nel villaggio della Ford e impiegato della Ford per una vita intera. Da un paio di anni è in pensione e collabora con la Dante Alighieri, associazione italoamericana che promuove «la vostra cultura nel mio paese». E l’aria di Nabucco torna a farsi sentire. «Non credo - dice Haskin - che l’accordo sarebbe stato così felice se la Fiat fosse stata una casa cinese o giapponese. Qui tutti dicono meno male. Stiamo riscoprendo l’Italia autentica: basta spaghetti con polpette, ci sentiamo stupidi. Quando l’onda s’inverte può cancellare anni interi di pregiudizi. Questa è l’America». E allora, Va’ pensiero, sull’ali dorate.
(Fonte: www.lastampa.it - 17/8/2009)

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