venerdì 31 luglio 2009
Il piano B di Marchionne passa ancora per Opel
Il piano B per Fiat potrebbe assomigliare molto a quello vecchio che prevedeva l’integrazione con Opel. Sì perché la soluzione per Opel preferita dall'esecutivo di Angela Merkel, cioè la proposta della cordata russo-canadese guidata da Magna, è giudicata debole da tutti gli esperti del settore auto. Più passano i giorni e più cresce il malumore anche all’interno del governo di Berlino che apre nuovi spiragli per le ambizioni del Lingotto. Del resto, secondo gli accordi siglati per Opel, il gruppo di componentistica Magna non avrà l'intero capitale ma solo un 20%, mentre GM manterrà una quota del 35%, un altro 35% alla russa Sberbank e il 10% andrà ai dipendenti. Il fronte dei soci è tutt’altro che unito: GM non vuole più Magna e preferirebbe la proposta di RHJ-Ripplewood perché questa le promette che, tra quattro anni, la casa di Detroit potrà ricomprarsi Opel e Vauxhall. Fiat allora resta alla finestra, convinta che il suo piano industriale sia il migliore tra quelli presentati in quanto garantisce maggiori sinergie (circa 1,2 miliardi di Euro l'anno) e, come ha scritto il Financial Times, una visione industriale di maggior spessore. Al momento, Opel è in amministrazione fiduciaria, con un comitato nominato dal governo di Berlino, dai Länder che ospitano fabbriche Opel e da GM con il consenso di Washington, dal momento che lo Stato americano controlla la casa di Detroit. Ma di questi trustees nessuno vuole la soluzione Magna tanto che qualcuno vorrebbe una bancarotta controllata e poi una ricapitalizzazione. Il governo di Grosse Koalition tra la CDU-CSU e la SPD ha favorito la proposta Magna-Cremlino perché era politicamente più digeribile ma le possibili tensioni sui livelli occupazionali cominciano a farsi sentire. La nuova possibile alleanza tra Fiat e Opel, bocciata sul piano politico, potrebbe così riprendere il volo grazie al carburante economico-finanziario e rafforzare Fiat attraverso la condivisione di piattaforme per le auto piccole e medie. In particolare nel segmento B, quello delle utilitarie, si potrebbero generare economie di scala vantaggiose per la produzione della prossima generazione di Corsa e Punto. Interessante anche la maggiore forza sul segmento C, fondamentale in Europa. Fiat ha costruito 160.000 unità dei tre modelli che la casa torinese ha in questo segmento: Fiat Bravo, Lancia Delta e Alfa Romeo 147. Opel invece lo scorso anno ha costruito quasi 650.000 unità della famiglia Astra e del monovolume Zafira. Per competere in un mercato difficile come l'attuale Fiat deve crescere di peso e andare a coprire aree finora trascurate. La banca d'affari Lazard era stata scelta dal governo tedesco come consulente per valutare le proposte avanzate dai diversi interessati. Lo ha fatto. E ha detto che Opel (assieme alla britannica Vauxhall) è troppo piccola per sopravvivere da sola nel quadro competitivo del settore. È la posizione che aveva sostenuto Fiat quando avanzò la proposta di creare un gruppo integrato tra le sue operazioni italiane, quelle della Chrysler e quelle delle aziende controllate dalla GM in Europa. Ora la priorità dell’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, è quella di digerire l’integrazione di Chrysler, ma il dossier Opel, nonostante le smentite ufficiali, resta sul tavolo. Un dossier che sembra avere maggiori possibilità di riuscita rispetto a nuove alleanze sull’asse Torino-Parigi che proietterebbero Fiat sulla scia di Peugeot.
(Fonte: www.ilsussidiario.net - 30/7/2009)
giovedì 30 luglio 2009
Marchionne prepara la nuova Chrysler
L’era della nuova Chrysler con Sergio Marchionne alla guida si apre ufficialmente: al termine di una tre giorni di lavori si è tenuta ieri la prima vera e propria riunione del board, dopo due giorni trascorsi fra prove su strada e teoria per imparare a conoscere i modelli e i marchi del gruppo e studiarne le possibilità di rilancio. A tenere banco nella prima riunione del board sono stati gli aspetti burocratico-amministrativi e la corporate governance. Che ad Auburn-Hills soffiasse un vento nuovo si capiva ormai da giorni. Per compattare il gruppo al comando della nuova società, uscita dalla bancarotta e con Fiat al 20%, sono state volute delle giornate di incontri, utili anche per iniziare all’industria automobilistica alcuni dei nove componenti del consiglio di amministrazione, digiuni della materia. Solo Marchionne e Alfredo Altavilla vantano infatti una stretta conoscenza del settore. Gli altri sette componenti del board provengono invece da tutt’altre esperienze: Douglas Steenland, nominato dal Tesoro americano, arriva infatti dall’industria aerea, essendo stato amministratore delegato di Northwest. Dallo stesso comparto arriva Stephen Wolf, ex ad di United Airlines. Altri tre membri (Robert Kidder, Scott Staurt e George Gosbee) provengono da società di investimento o di capital management, uno (James Blanchard, nominato dal sindacato UAW) è un ex ambasciatore americano in Canada, mentre Ronald Thompson è il presidente della Teacher Insurance and Annuity Association.
(Fonte: www.corriere.com - 30/7/2009)
mercoledì 29 luglio 2009
British School of Motoring ordina 14 mila Fiat 500 per le proprie scuole guida
I britannici in fatto d’auto hanno cambiato mano: no, il posto di guida resta a destra, e la marcia a sinistra, ma hanno dato il benservito - dopo sedici anni - all’Opel-Vauxhall e d’ora in poi impareranno a guidare con la Fiat 500. La British School of Motoring (BSM), ovvero la più antica e più vasta scuola guida del Regno Unito, ha infatti deciso di non rinnovare il suo contratto con la Vauxhall, il ramo britannico del gruppo Opel-GM. E, al posto delle Corsa, ha scelto per rinnovare il suo parco macchine nei prossimi quattro anni 14 mila Fiat 500, la nuova «piccola» del Lingotto che, sulle orme del modello che mise l’Italia del boom economico dietro al volante, sta conquistando il mondo. «Abbiamo un’alta percentuale di studenti donna», ha detto Abu Shafi, amministratore delegato di BSM, «e le vetture che fanno per loro sono city-car, possibilmente "di tendenza"». «Mini e Peugeot sono molto popolari nelle scuole guida», ha confidato Shafi al Times. I dettagli dell’affare non sono stati resi pubblici, ma da Torino non nascondono la soddisfazione. «BSM ci permette di essere là dove vogliamo stare, nel cuore delle città britanniche, e dimostrare agli automobilisti le delizie di guidare una nuova Fiat», ha detto un portavoce al quotidiano di Londra. Le vetture, ad ogni modo, non saranno gratis. «Non concluderemmo mai un affare che non portasse margini». Non si tratta, dunque, per Fiat, di un mero colpo d’immagine. Oltretutto, stando ai dati della BSM, il 70% di chi passa il test di guida finisce per acquistare il modello d’auto su cui ha imparato. Considerato che la titolata scuola guida inglese, fondata nel 1919, ogni anno impartisce lezioni a 130 mila aspiranti automobilisti - garantendo una percentuale di promozioni molto più alta della media nazionale, ovvero il 43% -, non è certo un cattivo affare. Tanto che Fiat farà uno sconto di 500 sterline - in aggiunta a qualunque offerta praticata dai rivenditori britannici - agli studenti di BSM che vogliano acquistare una «500». Che, anche se è leggermente più cara della Corsa, fa notare ancora l’ad Shafi, «consuma meno, è più pulita ed è più sicura». Pensare che la ricerca di una nuova vettura è stata scatenata dalla stessa Vauxhall quando ha fatto sapere alla BSM di non essere più disposta a fornire auto «gratis». La scuola guida ha così trascorso tre mesi a negoziare con le case automobilistiche (17 quelle contattate) tra le quali, alla fine, l’ha spuntata Fiat. L’arrivo delle «500» in terra d’Albione sarà accompagnato da una campagna promozionale che punterà a mettere in rilievo «l’italianità» del marchio. «Abbiamo anche pensato di mandare in Italia i nostri istruttori a prendere le prime macchine e guidarle fino a qui».
(Fonte: www.lastampa.it - 29/7/2009)
martedì 28 luglio 2009
De Tomaso, ancora una volta asta deserta
E’ andata deserta la nuova asta per i marchi della casa automobilistica De Tomaso. Come già era accaduto un anno fa, entro la scadenza fissata non è arrivata nessuna offerta. Questo nonostante ci fossero state manifestazioni di interesse da parte di cinque investitori, due dei quali avevano anche fatto dei rilanci per aggiudicarsi i marchi della casa fondata dall’ex pilota argentino Alejandro De Tomaso, messa in liquidazione nel 2004. Anche se non è arrivata nessuna offerta, alcuni dei soggetti che avevano manifestato interesse hanno mantenuto dei contatti con il liquidatore della casa automobilistica. Alle 17 del 23 luglio scorso, però, data ultima per presentare le buste con le offerte, non ne è arrivata nessuna. La decisione di indire una nuova asta era stata presa dal liquidatore della società per garantire una completa trasparenza alla procedura, in accordo con il commissario giudiziale e con il comitato dei creditori. Il bando di gara riguardava i diritti di titolarità per l’utilizzo in esclusiva dei marchi registrati a nome della società De Tomaso Modena S.p.A., in particolare i marchi De Tomaso, T De Tomaso figurativo, Pantera, Guarà e altri marchi minori. Inoltre, erano compresi nel lotto alcuni modelli di stile, disegni tecnici ed eventuali stampi oltre a un telaio per autovettura «De Tomaso» e ad alcune giacenze di magazzino. La base d’asta era stata fissata in 1,602 milioni di euro, pari al 10% in meno della gara bandita nel giugno 2008. In particolare, il valore attribuito ai marchi è di 1,53 milioni, mentre al telaio è stato dato il valore di 72mila euro. Gli altri beni, come spiega l’avviso di gara, sono ceduti a titolo gratuito.
(Fonte: http://gazzettadimodena.gelocal.it - 23/7/2009)
lunedì 27 luglio 2009
Marchionne, obiettivo 5,5-6 mln vetture anche senza Opel. E il mancato acquisto della casa tedesca diventa un sollievo
Su Opel il discorso è chiuso. E Fiat è convinta di avere tutte le capacità per produrre, con le proprie forze e in tempi accettabili, i 5 milioni e mezzo di veicoli all’anno, indicati da Serio Marchionne come soglia minima di sopravvivenza. Se gli ultimi eventi, con le incertezze emerse nella trattativa tra GM e Magna, avevano riacceso la speculazione su un ritorno di fiamma con Fiat, chi ha potuto testarne gli umori consegna l’immagine di un Marchionne sollevato per aver portato l’azienda definitivamente fuori dalla vicenda. Anzi, convinto che sarà proprio Opel ad avere ora i problemi maggiori, andando verso un matrimonio con un partner finanziario. Le incomprensioni sarebbero sorte su un punto fondamentale, quello della «proprietà intellettuale» sui modelli Opel, che GM non sembra intenzionata a cedere. Tanto che alcuni hanno parlato non già di eventuale acquisto, ma di «affitto» di Opel da parte dei vari pretendenti. Impossibile per Marchionne concepire un’acquisizione che non gli garantisca totale capacità di manovra su ogni aspetto della controllata. Certo, Opel avrebbe proiettato rapidamente Fiat verso il traguardo dei 5,5-6 milioni di vetture. Ma già l’affare Chrysler porterà i volumi attorno quota quattro milioni. E c’è molta soddisfazione per il recente accordo con GAC che permetterà al Lingotto di tornare a produrre auto in Cina. Con accordi di questo tipo e con la crescita organica, si sottolinea negli ambienti torinesi, Marchionne conta già verso la fine del 2010 di intravedere concretamente il raggiungimento della soglia fatidica. D’altra parte è stato chiaro: Fiat continua a «valutare tutte le opzioni strategiche», ha detto l'amministratore delegato, ma non cerca a tutti i costi «nuovi fidanzati». A quel punto, quando Fiat sarà uno dei big player, verrà ritirato fuori dal cassetto il progetto di scissione dell’auto: «È una decisione inevitabile, anche se non è ancora arrivato il momento» ha ribadito il numero uno dell’azienda agli analisti.
(Fonte: www.ilgiornale.it - 23/7/2009)
venerdì 24 luglio 2009
Fiat ottiene il via libera della Commissione UE all'acquisizione di Chrysler
Disco verde della Commissione Europea all'accordo Fiat-Chrysler. In forza del regolamento sulle concentrazioni, la Commissione europea ha approvato l'acquisizione dell'impresa produttrice di automobili Chrysler Group LLC da parte dell'italiana Fiat S.p.A. Dall'esame dell'operazione, la Commissione ha concluso che la concentrazione non è tale da ostacolare in maniera significativa la concorrenza effettiva nello Spazio Economico Europeo (SEE) o in una sua parte sostanziale. Lo si legge in una nota. Il 30 aprile 2009 Chrysler ha chiesto la tutela dai creditori ai sensi del capo 11 del codice fallimentare americano e si è dichiarata disposta a concludere un'alleanza strategica globale con Fiat. Il 10 giugno 2009, al termine di un procedimento giudiziario, l'impresa già nota come Chrysler LLC ha ceduto la quasi totalità dei suoi attivi, ad esclusione di alcuni debiti e passività, a una nuova impresa che prenderà il nome di Chrysler Group LLC. Fiat ha acquisito una partecipazione iniziale del 20% e ha concluso con Chrysler diversi accordi per dotare quest'ultima di tecnologia, piattaforme e sistemi di propulsione Fiat. Nonostante abbia acquisito soltanto il 20% di Chrysler, quota che potrebbe essere incrementata in futuro, Fiat detiene diritti che le consentono di intervenire nel processo decisionale di Chrysler e che le permetteranno di esercitare su quest'ultima un controllo esclusivo. L'esame dell'operazione da parte della Commissione ha evidenziato sovrapposizioni orizzontali limitate tra le attività di Chrysler e Fiat. Pertanto, la concentrazione non inciderà in maniera significativa sulla struttura concorrenziale dei mercati della produzione e della fornitura di autovetture. La Commissione ha inoltre analizzato i possibili effetti verticali derivanti dall'acquisizione alla luce della presenza di Fiat su alcuni mercati, ad esempio il mercato dei dispositivi d'illuminazione per automobili e dei sistemi di trasmissione acquistati dai produttori di autovetture. L'esame della Commissione ha rilevato che l'operazione non solleverebbe problemi di concorrenza per due ragioni principali: in primo luogo, poiché Chrysler non è presente sui mercati a monte interessati, l'accordo non rafforzerebbe la posizione sul mercato dell'impresa derivante dalla concentrazione, né la portata della sua integrazione verticale; allo stesso modo, data la presenza relativamente limitata di Chrysler sul mercato delle autovetture all'interno del SEE, la concentrazione non comporterebbe un rafforzamento significativo della posizione sul mercato della nuova impresa, che non avrebbe né la capacità né l'incentivo per limitare l'accesso dei suoi concorrenti ai fattori necessari alla loro produzione di autoveicoli.
(Fonte: http://finanza.repubblica.it - 24/7/2009)
giovedì 23 luglio 2009
Marchionne: "Già dal 2010 i frutti delle sinergie tra Fiat e Chrysler"
Sergio Marchionne afferma che gli effetti delle sinergie tra Fiat e Chrysler si vedranno dalla seconda metà del 2010 ed è "sicuro che le misure che stiamo mettendo in atto spingeranno Chrysler fuori dalla crisi nella quale si è trovata". Il CEO di Fiat e Chrysler passa ormai la metà del suo tempo ad Auburn Hills e si sta facendo sempre più un'idea di quello che il versante americano ha da dare all'alleanza. A questo proposito, il manager italo-canadese ha detto che il patrimonio tecnologico di Chrysler è stato sottostimato e che la riluttanza a scambiare i rispettivi patrimoni conoscitivi è stata la principale ragione che ha portato al fallimento della fusione con Daimler. Marchionne si è detto poi assolutamente sicuro che Chrysler sarà profittevole, anche se non ha detto quando, e che le perdite accumulate dalla Casa americana non peseranno sul bilancio di Fiat poiché la Casa torinese ha assegnato un valore pari a zero al suo nuovo cespite. Intanto il manager di origine teatina vuole stringere i tempi e ha fissato per la prossima settimana una full-immersion di tre giorni con tutto il consiglio di amministrazione per stabilire le linee guida delle azioni che Chrysler andrà a compiere per il suo risanamento e rilancio. Quanto a Fiat, il CEO si è detto non preoccupato delle perdite per 168 milioni di Euro registrate nel secondo quadrimestre e spera ancora di poter ottenere un piccolo margine di profitto per la fine dell'anno. Quanto al futuro e all'eventualità di uno scorporo del ramo auto dal Gruppo Fiat, Marchionne ha affermato che "nella mia visione, si tratta di una mossa inevitabile", sottintendendo che è subordinata ad un'altra azione che l'italo-canadese vuole a tutti i costi: un'alleanza con un altro grande costruttore per raggiungere la massa critica di oltre 6 milioni di auto, definita da lui stesso ideale per rendere sostenibile il business dell’automobile nei prossimi anni.
(Fonte: www.omniauto.it - 23/7/2009)
mercoledì 22 luglio 2009
Marchionne ottimista su Bertone, ma non interessato al marchio. Spin-off di Fiat Auto non adesso. Per Opel assunta l'unica posizione giustificabile
Sulla Bertone "siamo molto ottimisti". Lo ha detto Sergio Marchionne, Ad della Fiat, a margine della presentazione di un libro su Umberto Agnelli all'Unione industriali a Torino. "Abbiamo fatto un'offerta onesta e razionale dal punto di vista industriale per cercare di rimettere in piedi l'azienda. Il marchio non ci interessa - ha aggiunto Marchionne - perche' a noi serve la capacità produttiva per realizzare vetture di nicchia. La differenza tra noi e gli altri (soggetti interessati all'acquisizione, ndr) è che abbiamo un sistema di distribuzione completamente diverso".
(Fonte: www.asca.it - 22/7/2009)
Lo spin-off dell'auto Fiat dal punto di vista strategico è un'operazione da realizzare, anche se ora non è il momento, e dipende da eventuali operazioni straordinarie ma anche dall'andamento del comparto dell'auto. Lo ha dichiarato l'Ad Sergio Marchionne. "Ho confermato che strategicamente è una cosa da fare. Lasciate a noi scegliere il tempo e le modalità ma il momento non è adesso". Alla domanda se lo spin-off possa dipendere da eventuali operazioni straordinarie, il manager ha risposto: "Sì, ma anche dallo sviluppo del settore e da come riusciremo a rafforzarci. Abbiamo chiaramente cercato il partner ideale per farlo ma le condizioni per arrivarci da soli già esistono". Fiat, inoltre, sta ragionando sul piano strategico: "Ci penso tutti i giorni al piano strategico della Fiat, ci stiamo pensando adesso, lo stiamo rifacendo, lo stiamo riguardando. Anche in relazione alla Chrysler è estremamente importante". Infine, una battuta sull'offerta presentata a suo tempo per la tedesca Opel: "Noi l'offerta l'avevamo fatta a certe condizioni, quella è una posizione che noi consideriamo l'unica posizione veramente giustificabile industrialmente per la Opel. Se non interessa non interessa".
(Fonte: http://it.reuters.com - 22/7/2009)
martedì 21 luglio 2009
Gara a tre per Opel. Fiat resta fuori
Nel lungo sprint per aggiudicarsi Opel - ormai trasformatosi in una gara di fondo - nei giorni scorsi era rispuntato prepotentemente il marchio RHJ, fondo belga controllato dall'americana Ripplewood. Delle concorrenti al controllo della casa automobilistica tedesca, la finanziaria di Bruxelles è la meno titolata sul piano industriale ma, proprio per questo, ben vista dalla casa madre General Motors, la quale accarezzerebbe l'idea di riprendere in futuro il controllo del brand acquisito nel lontano 1929. Ieri alle 18 si sono chiusi i termini per la presentazione dei piani dettagliati, come richiesto dal governo tedesco. Oltre al binomio austro-canadese e russo Magna-Sberbank (sin dall'inizio preferito dai Länder e dai sindacati tedeschi) e, appunto, al fondo belga RHJ, è rientrata in gioco anche BAIC, ovvero Beijing Auto, gruppo cinese leader in patria nella componentistica, che può vantare anche una lunga partnership con Daimler-Chrysler nella costruzione di modelli Mercedes e Jeep. L'offerta cinese sulla quota di rischio è risultata la più munifica (660 milioni di euro, contro i 275 di RHJ e i 100 di Magna, la quale ha anche messo sul tappeto 400 milioni di prestiti convertibili), ma il piano industriale non è ritenuto nel complesso al livello delle altre due contendenti. A favore di Magna-Sberbank pendono i giudizi positivi sin qui espressi dal governo tedesco - i cui finanziamenti - valutati intorno ai 4,5 miliardi - sono indispensabili per il rilancio della Opel - e quelli dei sindacati, i quali apprezzano il fatto che Magna si sia impegnata a tagliare "solo" 2.500 posti di lavoro in Germania (su oltre 11mila totali). Rispetto alle quote azionarie, il consorzio austro-canedese-russo ha modificato in "zona Cesarini" l'assetto proposto, con Magna e Sberbank, legate da un patto di sindacato, che avrebbero entrambe il 27,5% della nuova società, lasciando a GM una quota formale di maggioranza, pari al 35%. A favore di RHJ-Ripplewood, che punta invece al 50,1% del capitale della nuova impresa, pesa - come si diceva - il non tanto segreto intento della casa madre americana di ritornare al timone della Opel al termine di un periodo di riassetto. In ciò corroborata dal carattere più marcatamente finanziario dell'opzione belga. Benché il ministro dell'economia tedesco, Karl-Theodor Zu Guttenberg, continui a ripetere che con Magna "non c'è un accordo già fatto", la gara sembra dunque aver assunto un aspetto definito, con Magna in pole position, tallonata da RHJ, e BAIC come outsider. E la Fiat? Il lingotto, che aveva puntato tutte le sue carte proprio sul futuro assetto industriale della nuova Opel, vantando sinergie produttive e distributive che gli altri concorrenti neppure si sognavano, ha deciso di non rilanciare, preferendo stare alla finestra. Non è detto, infatti, che i giochi siano fatti completamente. Ora le offerte finali passeranno all'esame di GM, che conferirà le sue conclusioni a un tavolo di trattativa che si annuncia quanto mai affollato: oltre alla casa madre americana - oggi controllata, è bene ricordarlo, dal governo statunitense, che si è accollato l'onere di impedirne il totale fallimento - vi siederanno infatti il governo federale tedesco e i Länder coinvolti (fra i quali quello dell'Assia, dove ha sede la Opel); a far parte del tavolo ci sarà poi la Commissione europea - che sta vigilando sull'intera operazione al fine di evitare distorsioni del mercato o aggiramenti della normativa sulla concorrenza - e il Trust Board della Opel/Vauxhall, ovvero la fiduciaria alla quale nel mese di maggio è stata affidata la quota di controllo della casa tedesca, per consentirne la gestione in attesa degli sviluppi. Proprio al Trust competerà dunque assumere infine una decisione formale. Ma l'organismo si presenta in questo momento esattamente diviso a metà: da un lato i due rappresentanti nominati da Berlino, dall'altro i due scelti da GM. In mezzo, il presidente, capo della Camera di Commercio americana in Germania, che però non ha diritto di voto. Dunque, una situazione di possibile stasi si staglia all'orizzonte, con le elezioni politiche tedesche di settembre ormai imminenti. Forse anche per questo, la Fiat di Sergio Marchionne ha preferito tirarsi fuori da una partita che potrebbe richiedere tempi ben più lunghi di quelli immaginati dall'ad del Lingotto ai tempi del "blitz" ai primi di maggio, quando, appena concluso l'affaire Chrysler, volò nella capitale tedesca per esporre a grandi linee l'idea di un nuovo gruppo europeo da sei milioni di vetture-anno, in grado di competere con i colossi giapponesi - e quelli emergenti cinesi - ad armi pari. Oggi, di quella "visione", nessuno - almeno in apparenza - pare interessato a farsi carico.
(Fonte: http://delleconomia.it - 21/7/2009)
lunedì 20 luglio 2009
Zetsche: "Fiat miglior partner possibile per Chrysler"
Dieter Zetsche, il numero uno di Mercedes-Benz, ci mette la sua faccia per ribadire il primato tecnologico del marchio tedesco, per ricordare che è stato Karl Benz a inventare l’auto nel 1886. Lo fa passando dalla teoria alla pratica perché durante la giornata tecnologica dedicata al tema "On the Road to Emission-free Mobility" ("Sulla strada della mobilità ad Emissioni Zero") sfilano tutte le eccellenze tecnologiche del marchio tedesco, dalla city car Smart elettrica al possente camion Actros dotato di sistemi che riducono al minimo l’impatto sull’ambiente del suo potente motore diesel, a una gamma di Suv efficienti e puliti. E insieme l’ammiraglia ibrida prodotta in grande serie, la Classe S 400, il primo veicolo che usa le batterie al litio (7,9 litri di benzina per 100 km e 186 g di CO2 per km). Eppoi modelli a idrogeno facili da guidare come utilitarie, veicoli ibridi a vari livelli di tecnologia e con diverse tecnologie di ricarica delle batterie con autonomie da 200 a 600 km. In pratica una ghiotta anteprima di ciò che si vedrà in settembre al Salone di Francoforte. Zetsche parla a ruota libera. Dice che per Chrysler (è stato a capo del gruppo americano per alcuni anni e quindi ne conosce pregi e difetti) "la Fiat rappresenta il miglior matrimonio possibile" e riconosce a Sergio Marchionne doti manageriali ben al di sopra della media. Esamina con competenza l’affaire Opel e riconosce che tutti i concorrenti all’acquisto offrono soluzioni per alcuni aspetti interessanti e che per le sinergie produttive e per le capacità tecnologiche Fiat potrebbe essere un partner appropriato, ma ricorda che a dire l’ultima parola non sarà il governo tedesco bensì gli amministratori della Casa americana e che il loro obiettivo "è quello di fare cassa, di portare a casa più soldi possibile".
(Fonte: http://motori.corriere.it - 16/9/2009)
venerdì 17 luglio 2009
Cinque offerte per Bertone. Sportive di lusso nel piano Fiat
Alle 12.35 il notaio Andrea Ganelli occupa la sedia rimasta vuota tra i due commissari che seguono il caso Bertone. Posa sul tavolo una montagna di pacchi e comincia a dividerli. Ci sono le due voluminose buste gialle della «Fiat Group Automobiles», ci sono i due pacchi provenienti dal «notaio Musumeci» e presumibilmente spediti dall'industriale Gian Mario Rossignolo e c'è un pacco di provenienza «Cordoba España» che contiene la proposta di una cordata di componentisti iberici vicini al gruppo Lotus. Poco più in là ecco altri due incartamenti decisamente più smilzi: quello di una trentina di pagine con la grande scritta Keplero (dell'industriale Domenico Reviglio) e quello di poche cartelle del gruppo «Bertonecento», l'offerta della vedova di Nuccio, Lilli, per acquistare il marchio di famiglia e poter così promuovere iniziative in occasione del centenario della fondazione, nel 2012. Sul tavolo manca dunque la proposta del gruppo cinese che si era pur mostrato interessato all'acquisto. Dei cinque in gara ne rimangono in realtà solo quattro. Perché l'offerta della Keplero di Reviglio giunge incompleta, non in busta chiusa e integrata con un fax alle 12.38, fuori tempo massimo. Strano ritardo per una cordata che da anni lavora all'acquisizione della storica carrozzeria e che dunque non avrebbe dovuto avere problemi a presentare tutta la documentazione in ordine. Escludendo l'offerta della vedova che riguarda solo il marchio e che non ha concorrenti (nessuno degli altri quattro si è detto interessato alla griffe del design automobilistico), i veri concorrenti si riducono dunque a tre: il gruppo spagnolo, Rossignolo e la Fiat. Gli spagnoli offrono qualcosa di più dei 18-19 milioni proposti dagli altri due concorrenti. Ma dalla Spagna arriva la proposta di assumere solo una parte dei 1.100 dipendenti del gruppo. Così la gara vera si svolge, come previsto, tra Marchionne e Rossignolo. Che propongono di assumere tutti i dipendenti e di utilizzare le linee di Grugliasco per la produzione industriale. Rossignolo, com'è noto, vorrebbe realizzare i Suv utilizzando la fabbrica ex Delphi di Livorno e i suoi 170 dipendenti per produrre i motori. Nella busta della Fiat invece i commissari hanno trovato la proposta di costruire due nuovi modelli «nella gamma delle auto sportive» e di lusso. Probabilmente uno dei due modelli avrebbe un marchio del gruppo Chrysler e l'altro porterebbe sul cofano lo scudo della Lancia o il biscione dell'Alfa Romeo. Non c'è traccia invece della ventilata produzione di un Suv con il marchio Dodge di cui si era parlato nei giorni scorsi. Il Lingotto ritiene infatti che lo stabilimento di Grugliasco, più moderno delle linee di Mirafiori in alcune parti importanti, come la verniciatura, sia adatto per auto di particolare pregio più che per produrre veicoli di grandi dimensioni e con un mercato, al momento, assai incerto. La proposta Fiat prevede la graduale riassunzione in azienda di tutti i lavoratori oggi in cassa integrazione al termine di un processo di ripresa dell'attività produttiva che dovrebbe concludersi nella seconda metà del 2011 quando le linee dovrebbero tornare a funzionare a pieno ritmo.
(Fonte: www.repubblica.it - 17/7/2009)
giovedì 16 luglio 2009
La contesa per Opel: ecco perché Magna è un gigante dai piedi d'argilla
Negli anni '50, quando poco più che ventenne si era trasferito dalla natìa Weiz in Austria a Montreal in Canada, Frank Stronach non possedeva altro se non la sua voglia di sfondare. «Il successo nella vita – ha confidato tempo fa in un'intervista – può essere misurato solo dal livello di felicità che si raggiunge. Ma lasciatemi dire che è molto più facile essere felici con un po' di soldi in tasca». E di quattrino, questo self-made man oggi 77enne che controlla con Magna un impero nella componentistica auto, ne ha fatto parecchio. Il suo reddito lo scorso anno è stato di 10.779.630 dollari. E non è il suo record personale. Perchè il 2008, soprattutto sul finire quando la crisi è precipitata, è stato duro per tutti. I nodi sono venuti al pettine quest'anno. Dopo aver dedicato gli ultimi dieci anni ad affermarsi come allevatore di cavalli da corsa, gestore di ippodromi e di scommesse, il 5 marzo scorso è stato costretto a portare in Tribunale i libri della sua società Magna Entertainment Corporation (MEC), con la quale aveva conquistato la leadership nel Nord America. Diciamo che Stronach ci ha messo del suo, con i prestiti infragruppo concessi alla MEC a condizioni stratosferiche e tassi via via più elevati: Libor più 6,50% nel 2005 (con un minimo garantito del 9%), per finire, pochi mesi prima del default, a Libor più 12% (e 2% di commissioni in aggiunta) su un finanziamento da 125 milioni finalizzato al rimborso dei debiti contratti in precedenza con la capogruppo. Ma poco male, l'attività ippica fruttava meno di 600 milioni di dollari di ricavi e comunque Stronach, attraverso la sua immobiliare Magna International Development (MID), che controllava la società finita in bancarotta, si è già rimesso in moto per rilevare dal Chapter 11 le proprietà di MEC alle quali non voleva comunque rinunciare. Ma la preoccupazione maggiore è che la sua macchina da soldi, la Magna International, un gruppo con un fatturato da 24 miliardi di dollari nella componentistica auto che fino al 2007 aveva conosciuto una crescita esponenziale, per la prima volta è finita in rosso. Con una perdita di 200 milioni di dollari nel primo trimestre del 2009 rispetto ai 207 milioni di utili dello stesso periodo precedente in presenza di ricavi quasi dimezzati, dai 6,6 miliardi dello scorso anno ai 3,6 di quest'anno. L'industria dell'auto si consoliderà con sette grandi produttori mondiali, ma i 3 big di Detroit saranno sempre lì, aveva sentenziato Stronach una dozzina di anni fa. Improvvidamente, si potrebbe dire col senno di poi, perchè allora nessuno avrebbe immaginato che tutte le grandi case a stelle e strisce sarebbero implose in contemporanea. La fede cieca nel sogno americano, che tanto lo aveva gratificato, lo ha portato così a un passo falso che potrebbe rivelarsi fatale. Concentrarsi troppo su Detroit, la piazza che nel 2004 movimentava il 60% del giro d'affari di Magna, ma che ancora lo scorso anno rappresentava quasi la metà dei ricavi: 21% Gm, 14% Ford, 12,1% Chrysler. Così, dopo essersi visto soffiare sotto il naso la Chrysler da Fiat, che non è tra i suoi principali clienti (nell'elenco c'è BMW, che rappresenta il 19% dei ricavi, e c'è Daimler con il 10%, ma non la casa di Torino), si comprende perchè non sia rimasto ad aspettare con le mani in mano il bis su Opel. Nell'avventura, che replica un precedente tentativo proprio su Chrysler, imbarca anche l'amico Oleg Deripaska, uno dei paperoni della Confederazione russa che nella fattispecie è anche titolare del gruppo automobilistico Gaz. Nella cordata che ha firmato il memorandum of understanding per Opel, Gaz ha il ruolo di puro partner industriale, ma si porta dietro il suo principale finanziatore, la banca statale russa Sberbank. Disponibile, almeno temporaneamente, ad acquistare il 35% della casa tedesca – che le difficoltà di Gm hanno costretto a mettere in vendita – a fianco di Magna che rileverebbe il 20%. Si potrebbe discutere se per un fornitore la via della salvezza sia proprio quella di comprarsi il cliente. Ma ancora più incomprensibile è il motivo per cui Deripaska, che già lo scorso anno è rimasto scottato con Magna, si sia convinto ad esser di nuovo della partita. Nel settembre 2007, infatti, Deripaska aveva versato nelle casse di Magna 1,54 miliardi di dollari attraverso un aumento di capitale riservato finanziato quasi interamente dalla banca francese BNP-Paribas. Stronach gli cede non le azioni speciali da 300 voti l'una con cui, schermato da un trust, controlla al 66% il gruppo della componentistica, bensì le azioni dei comuni mortali che investono in Borsa e che portano ciascuna un solo diritto di voto, al prezzo unitario di 76,83 dollari. Ma dopo l'estate, come molti altri ciclici, il titolo è travolto dalla crisi, sprofondando fino al minimo di 19,36 dollari, toccato il 9 marzo scorso. I finanziatori però non aspettano tanto e già a inizio ottobre Deripaska è costretto a liquidare la quota rimettendoci, occhio e croce, qualcosa come 670 milioni di dollari. I rapporti con Magna comunque non si interrompono. Non c'è evidenza che, in parallelo con il disimpegno dal gruppo della componentistica, sia stato dimesso anche il 50% che sulla base degli accordi del 2007 Deripaska avrebbe dovuto rilevare nella società di consulenza Stronach & Co. per 150 milioni di dollari. Consulenze che il patron di Magna fattura regolarmente anche al suo gruppo industriale: 27 milioni di dollari nel 2006, 40 nel 2007 e 10 ancora nel 2008. Quanto all'offerta Opel, Deripaska avrebbe avuto qualche difficoltà logistica a trattare con il vertice GM, dal momento che due anni fa, per motivi imprecisati, le autorità federali gli hanno revocato il visto per gli U.S.A. . Ma l'oligarca russo ha mille risorse e, per superare l'impasse, non ha esitato ad assumere direttamente in Gaz il direttore degli acquisti di GM: Bo Andersson, per una strana coincidenza anche lui svedese come Erik Eberhardson che aveva spedito a rappresentarlo nel board di Magna. La cordata austro-russo-canadese è ancora in pista su Opel, ma il termine del 15 luglio che si era prefissata per apporre la firma finale è trascorso invano. E nel frattempo si è fatto avanti il fondo di private equity U.S.A. Ripplewood tramite la sua holding belga RHJ.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 16/7/2009)
mercoledì 15 luglio 2009
FiatChryslerBlog lancia l'idea: dopo Bertone, Fiat ora acquisti De Tomaso
Dopo aver "lasciato", negli anni Novanta, Lamborghini e Bugatti a Volkswagen, Fiat ha ancora la possibilità - acquistando il marchio De Tomaso - di creare il più completo polo automobilistico di alta gamma al mondo.
Ma occorre fare presto, molto presto: l'asta avrà luogo il 23 luglio 2009 (www.detomaso.it/it/index.html).
(Lo Staff di FiatChryslerBlog - 15/7/2009)
martedì 14 luglio 2009
Fiat presenta un'offerta d'acquisto per Bertone
Fiat presenta un'offerta per acquisire la carrozzeria Bertone. Dopo un tira e molla durato più di un anno si conclude così una delle più intricate vicende sindacali italiane. Alla fine, prima del colpo di scena Fiat, erano state quattro le manifestazioni d'interesse presentate per la Carrozzeria Bertone, due le offerte vere e proprie. Le offerte era state presentate da Lilli Bertone, moglie del fondatore dell'azienda Nuccio, per il solo marchio e dal finanziere torinese Domenico Reviglio sia per il complesso industriale sia per il marchio. Complessivamente le offerte sono state così presentate dall'ex manager Telecom e Zanussi Giandomenico Rossignolo, la stessa Lilli Bertone e due gruppi stranieri, uno cinese e l'altro spagnolo. Una storia complicata perché la "Carrozzerie Bertone" (questo il suo nome ufficiale) è di grandi dimensioni (ha ancora 1.137 dipendenti) ed in crisi da tempo, per la precisione dalla fine del 2005. Non solo: Bertone è un nome "importante" perché ha fatto davvero la storia dell'auto. E non solo dal punto di vista del design (alla sua scuola sono nati Giugiaro e molti altri, senza contare che portano la firma Bertone macchine come la Miura...) ma anche industriale visto che questa Carrozzeria ha prodotto tante auto, dalla Fiat X1/9 alla Punto Cabrio, ma anche le Opel Cabrio e Coupé. Positive le prime reazioni: "Una notizia estremamente buona - spiega l'assessore piemontese all'industria e alla innovazione Andrea Bairati - che dimostra come l'interesse della Fiat non sia soltanto rivolto all'estero, ma si concentra anche sul fronte interno e in particolare sul territorio torinese". "Adesso i commissari della Bertone, che completeranno entro il 16 la valutazione delle offerte, hanno davanti una scelta più ampia di soluzioni affidabili industrialmente". Non solo: la notizia di una manifestazione di interesse della Fiat per la storica carrozzeria Bertone è accolta positivamente dal segretario provinciale della Fiom, Giorgio Airaudo che tuttavia sollecita il gruppo torinese a chiarire le sue intenzioni sul futuro produttivo e occupazionale in Italia. "E' una buona notizia per una storica azienda che in questi anni è stata difesa quasi esclusivamente dai lavoratori che vi sia una manifestazione di interesse da parte della Fiat - osserva Airaudo - è certo che se Fiat trasformerà la sua manifestazione in una offerta vincolante, tanto il gruppo torinese come il governo che oggi è garante per l'amministrazione controllata di Bertone, dovranno chiarire cosa Fiat intende fare in Italia". "Vorremmo evitare che si contrapponesse la Bertone agli stabilimenti Fiat del Sud e soprattutto vorremmo sapere come possono convinvere nella medesima area territoriale due siti che potenzialmente possono produrre lo stesso numero di vetture", prosegue Airaudo ricordando che la capacità produttiva teorica di Bertone è di circa 150mila vetture all'anno mentre Mirafiori lo scorso anno ne ha prodotte 140mila. "Fiat pertanto - osserva ancora l'esponente sindacale - dovrà spiegare ai sindacati nel caso venisse indicata dal governo quali nuovi prodotti farà a Mirafiori e come manterrà il sito di Grugliasco e con quale specificità. L'ultimo prodotto importante per la Bertone riguardava la produzione di Astra per Opel, pertanto sarebbe interessante capire se questo è da mettere in relazione con il proseguimento delle trattative tra questa e il gruppo torinese. Certamente è indispensabile tutelare tutta l'occupazione della Bertone così come quella di Fiat e sapere quanto tempo passerà per l'avvio di un nuovo prodotto e come si sosterrà il reddito dei lavoratori Bertone che da cinque anni sono in cassa. Richieste queste - conclude Airaudo - che formuleremo a qualsiasi sarà l'acquirente".
(Fonte: www.repubblica.it - 14/7/2009)
lunedì 13 luglio 2009
L'arrivo di Fiat salva la Dodge Viper
In America gli uomini di marketing le chiamano "halo cars", per indicare quelle automobili che non fanno grossi volumi e sono dispendiose da costruire, ma ripagano gli investimenti soprattutto con il ritorno di immagine. La Dodge Viper è la "halo car" per eccellenza: nata in un altro momento di crisi per Chrysler, alla fine degli anni '80, quando arrivò Bob Lutz al posto di Lee Iacocca per risollevare l'immagine deficitaria del Marchio, è da circa 20 anni una delle auto più esagerate e forse per questo più affascinanti in circolazione. E' l'unica infatti a portarsi appresso un motore V10 da 8400 cc, derivato da quello dei truck Dodge, che vomita circa mezzo chilo di anidride carbonica al chilometro, cioè quanto di più "tecnicamente scorretto" suggerisce la tendenza motoristica di oggi. Eppure, nonostante i moniti di Obama, la produzione della Viper SRT10, quella di quarta generazione, continuerà anche oltre il dicembre 2010, data nella quale era stata fissata la fine del suo ciclo oppure la cessione dei diritti di produzione. Risale infatti ad un anno fa la decisione del Gruppo di Auburn Hills di affidare ai consulenti finanziari newyorkesi della Lazard Ltd. la ricerca di possibili compratori per la supercar americana, che viene costruita artigianalmente da oltre 110 addetti presso lo stabilimento di Conner Avenue a Detroit. Adesso la decisione: "La Viper ha catturato i cuori e l'immaginazione degli appassionati delle alte prestazioni in tutto il mondo. Siamo estremamente orgogliosi che la auto sportiva americana per definizione vivrà ancora come icona leader del Marchio Dodge", ha dichiarato Mike Accavitti, Presidente e CEO di Dodge. Con l'arrivo di Fiat Conner Avenue era stato il primo impianto a riprendere l'attività e, pur se le linee produttive impianto e tutti gli assets relativi alla Viper non hanno fatto parte della transazione fra il Gruppo torinese e quello americano, pare che si punterà ancora per qualche tempo sulla roadster/coupé da 600 CV, a causa anche delle poche e timide offerte, mantenute sempre riservate, arrivate ancor prima della dichiarazione di bancarotta.
(Fonte: www.motori.it - 13/7/2009)
venerdì 10 luglio 2009
PwC stima la produzione 2009 di Fiat-Chrysler a 3,199 milioni di unità
La societa' di consulenza PriceWaterhouseCoopers stima per il gruppo Fiat, comprensivo della Chrysler, una produzione di 3.199.265 automobili e veicoli commerciali leggeri nel 2009, a fronte dei 4.366.151 del 2008. E' quanto emerge dal report trimestrale degli analisti del PwC Automotive Institute, secondo i quali negli impianti del gruppo italiano nel 2010 saranno assemblati 3.212.800 veicoli, nel 2011 3.738.476, nel 2012 4.251.384 e nel 2013 4.534.245. Nel 2013 quindi la produzione aumentera' rispetto al 2008 del 3,8%. La crescita media ponderata nel quinquennio sara' pari allo 0,8%.
(Fonte: www.borsaitaliana.it - 9/7/2009)
giovedì 9 luglio 2009
Fuchs (CDU) alla Bild: valutare nuovamente tutte le offerte per Opel
Il governo tedesco dovrebbe prendere più tempo per l'operazione Opel. A chiederlo sono i responsabili economici della CDU. "Il governo farebbe bene a prendere tempo nelle trattative con Magna", ha detto alla Bild il responsabile della CDU per le questioni economiche, Michael Fuchs, sottolineando l'importanza di scegliere l'opzione più "vantaggiosa" per la Germania: "Dovrebbe valutare attentamente l'offerta di Baic, così come le offerte di Fiat e Ripplewood".
(Fonte: www.bild.de - 9/7/2009)
mercoledì 8 luglio 2009
La 500 sarà "Made in U.S.A.". La fabbrica nello Stato di Obama
Sarà in Illinois, nello stato di Barack Obama, lo stabilimento che produrrà la prima 500 made in U.S.A. . L'indiscrezione, diffusa nei giorni scorsi dal sito americano Edmund.com, non trova conferma ufficiale perché, dicono le fonti del Lingotto, "la nuova Chrysler è stata costituita a giugno e le decisioni operative verranno prese solo dopo la metà di agosto. Finora, dunque, si tratta solo di speculazioni". La "speculazione" di Edmund.com mette comunque fine all'ipotesi che l'utilitaria destinata ad aprire la strada al marchio Fiat negli U.S.A. venga prodotta nello stabilimento messicano di Toluca. Secondo le indiscrezioni lo stabilimento scelto è invece quello Chrysler di Belvidere, dove fino ad oggi si producevano fuoristrada con i marchi Jeep e Dodge. In alternativa alla 500, che dovrebbe cominciare la produzione nel 2011, a Belvidere si realizzerebbero la nuova Alfa "Milano" e un fuoristrada con il marchio del Biscione.
(Fonte: www.repubblica.it - 5/7/2009)
martedì 7 luglio 2009
Automotive News: Marchionne, star dell'anno
Sergio Marchionne, il CEO della Fiat e della nuova Chrysler, è il leader industriale dell'anno, visti i risultati ottenuti sia in l'Europa sia negli Stati Uniti. Lo ha stabilito Automotive News (AutoNews), la "bibbia" dell'industria automobilistica, mettendo il manager italo-canadese in testa alla classifica delle "Automotive News All Stars". Secondo il settimanale specializzato, Marchionne - che ha appena (17 giugno) compiuto 57 anni - in pochi mesi «ha trasformato il paesaggio dei mercati automobilistici dagli Stati Uniti all'Europa, passando per il Brasile». «Lo scorso anno - scrive in particolare AutoNews - Marchionne è stato il più schietto, visibile agente di cambiamento all'interno dell'industria dell'auto, ottenendo un grandissimo successo». Marchionne fa anche parte della lista delle "Eurostar", quella dedicata ai protagonisti in Europa, insieme con Alfredo Altavilla (Supplier CEO dell'anno) di Fiat Powertrain, neo-eletto consigliere della nuova Chrysler.
(Fonte: www.autonews.com - 6/7/2009)
lunedì 6 luglio 2009
Fiat ottiene tre consiglieri in Chrysler e firma un accordo con GAC per produrre in Cina
Il Gruppo Chrysler, risorto dopo la fase di amministrazione controllata, ha completato la lista del consiglio di amministrazione presieduto da Robert Kidder, con Sergio Marchionne, come annunciato da tempo, nel ruolo di amministratore delegato. Del board Chrysler fanno parte: Alfredo Altavilla (Fiat Powertrain Technologies, nomina Fiat), James Blanchard (ex governatore del Michigan, nomina del fondo previdenziale Veba), George Gosbee (Tristone Capital, nomina canadese), Douglas Steenland (ex di Northwest Airlines), Scott Stuart (Sageview Capital), Ronald Thompson (Tiaa) e Stephan Wolf (a capo di R.R. Donnelley & Sons, nomina Fiat). La prima riunione del board è prevista per il 29 luglio ad Auburn Hills, quando si discuterà anche del futuro programma relativo ai nuovi prodotti.
Nel frattempo pare che Fiat abbia, finalmente, trovato il suo partner cinese. Dopo i burrascosi rapporti con Nanjing e le trattative con Chery, il cui progetto per la produzione delle Alfa 159 in Cina, con lo scoppio della crisi internazionale, non è mai stato perfezionato, il Lingotto ha stretto un accordo quadro con la GAC, o Guangzhou Automobile Group, per dar vita a una joint-venture paritetica che produrrà auto e motori per il mercato cinese. L'intesa prevede la costruzione di un nuovo stabilimento nella città di Changsha, capitale della provincia dello Hunan, con una superficie produttiva di oltre 700 mila metri quadrati, che richiederà un investimento pari a oltre 400 milioni di euro. La capacità iniziale sarà di 140 mila auto e 220 mila motori all'anno e potrà essere successivamente aumentata fino a 250 mila auto e 300 mila motori. L'avvio della produzione è atteso nel 2011. Il primo modello che sarà assemblato dalla joint-venture sarà la Fiat Linea (nella foto), equipaggiata da motori Fire 1.4 T-Jet, a iniezione diretta di benzina, da 120 e da 150 CV. GAC è uno dei principali produttori cinesi controllati dal governo (oltre mezzo milione di auto vendute nel 2008) e ha già cooperazioni storiche con altri costruttori stranieri, fra cui Honda e Toyota.
(Fonte: www.quattroruote.com - 6/7/2009)
venerdì 3 luglio 2009
Chrysler, Marchionne potrebbe tagliare modelli a breve
L'Ad Fiat, Sergio Marchionne, intende mettere ordine nei diversi modelli di auto di Chrysler in due settimane e questo, secondo gli esperti industriali, vorrà dire mettere da parte alcuni modelli per lanciarne altri nel giro di due anni. Marchionne ha preso le redini della società U.S.A. a giugno, a seguito di un accordo che ha portato la società italiana a detenere il 20% di Chrysler, con l'obiettivo di usare la propria tecnologia per riportare in salute il gruppo americano finito in fallimento. Secondo gli esperti del settore, nel breve termine Marchionne potrà solo scartare alcuni modelli o realizzare alcuni cambiamenti sulla performance e sui prezzi dei modelli esistenti, ma nel lungo termine il manager italiano ha l'opportunità di dare smalto ai brand Chrysler introducendo nuovi modelli con design più attraenti. "Marchionne potrebbe dovere prendere decisioni molto difficili su quali modelli eliminare nel breve termine", dice Adam Jonas, analista a Morgan Stanley. "Dovrà parlare con i suoi concessionari sopravvissuti". Il numero uno del Lingotto ha detto venerdì scorso che punta ad avere "almeno una roadmap dal punto di vista dei prodotti" in 14 giorni e oggi a Bloomberg ha aggiunto che intende decidere che cosa fare con i marchi Dodge e Alfa Romeo per la fine del mese. "Il punto in cui Chrysler si trova in questo momento è di completo stallo. Ha bisogno di una spinta", sottolinea Giuseppe Berta, docente di Storia contemporanea all'Università Bocconi di Milano. Il gruppo auto U.S.A. potrebbe vendere meno di un milione di veicoli negli U.S.A. quest'anno - aggiunge Brenta - rispetto agli oltre 2 milioni del 2007, prima dello scoppio della crisi economica. Gli sforzi di riconquistare la clientela si scontrano, tuttavia, con le linee vecchie e con i problemi finanziari del gruppo, che hanno portato a un taglio dei concessionari e danneggiato la fiducia nel marchio. Fiat, da parte sua, conta di produrre e vendere la Cinquecento negli Stati Uniti a partire dal 2011, così come il modello MiTo dell'Alfa e un nuovo modello che sarà annunciato a marzo. La Cinquecento dovrà però fare fronte alla concorrenza della Mini in città quali New York nella costa Est e anche nella costa Ovest degli Stati Uniti. Mini ha venduto circa 54mila auto negli U.S.A. l'anno scorso e, secondo gli analisti, con una rete di vendite pià vasta e un prezzo più contenuto, Fiat potrebbe raggiungere l'obiettivo di 80mila vetture. "I modelli Chrysler sono vecchi e hanno poco appeal sul mercato", aggiunge Brenta. "Marchionne dovrà lavorare a una soluzione ponte in estate che gli consenta di arrivare al 2011". Per realizzare nuovi modelli di auto Chrysler occorrono almeno due anni, dicono gli analisti. I modelli che potrebbero essere sospesi nel breve termine includono Sebring e Pt Cruiser, la Jeep Compass e Patriot, mentre il Dodge Caliber potrebbe essere accantonato o ripensato. Nel lungo termine, Marchionne ha bisogno di introdurre nuovi modelli e gli analisti sostengono che una possibile ripresa del mercato delle auto negli U.S.A. e la ristrutturazione del gruppo potrebbero dargli lo spazio vitale necessario a raggiungere questi obiettivi.
(Fonte: http://it.reuters.com - 1/7/2009)
giovedì 2 luglio 2009
2009, anno della Fiat?
Come verrà ricordato tra dieci anni il 2009 dell'auto? L'anno del grande crollo del mercato? L'anno del fallimento dell'auto americana? O l'anno in cui Fiat comprò la Chrysler? Le tre possibili risposte si intrecciano: la crisi delle vendite di auto in America, scese dagli oltre 16 milioni del 2007 ai probabili meno di dieci quest'anno, ha dato il colpo di grazia a General Motors e Chrysler, che hanno dovuto portare i libri in tribunale. Ed è per salvare quest'ultima che Obama ha accettato l'offerta Fiat. Per gli osservatori italiani questo è certamente un evento di portata storica, nonostante l'ultima acquisizione all'estero da parte della Fiat (la serba Zastava) risalga a meno di un anno fa. Marchionne ha condotto le trattative per l'operazione Chrysler con la consueta perizia, ma il difficile arriva adesso: rilanciare un'azienda che ha bruciato nel 2008 oltre 16 miliardi di dollari, depauperata dopo gli anni di gestione Daimler e Cerberus, con una gamma sbilanciata su Suv e minivan, ma carente nelle auto vere e proprie. Come ha sottolineato un recente report dell'agenzia di rating Fitch, i rischi non sono tanto finanziari quanto di «esecuzione» dell'operazione. Ovvero stanno nella difficoltà di farla funzionare. La squadra di Marchionne è già al lavoro da qualche settimana: «hit the ground running», dicono gli americani, ovvero «ha iniziato a correre appena atterrata». Il numero uno ha clonato oltre oceano la struttura Fiat del Group Executive Council (GEC) con una ventina di manager che rispondono direttamente a lui e un numero relativamente ristretto di uomini Fiat. Il rilancio industriale è stato reso un po' più complesso dal fatto di aver perso per strada un pezzo – quello di Opel – che sarebbe stato molto utile nella fase iniziale della ristrutturazione: al di là delle auto piccole a basso consumo, che possono appassionare Obama ma non corrispondono per ora ai gusti dei consumatori Usa, le vetture made in Germany sarebbero state utili per rinnovare la gamma delle berline medie dell'azienda U.S.A. . Al di là dei significati simbolici – il gruppo italiano dato per spacciato cinque anni fa che fa shopping sul più grande mercato mondiale – quanto pesa per Fiat l'operazione Chrysler? Dal punto di vista strategico, molto. Nel breve periodo, però, più sul tempo dei manager che sui conti. Per quanto importante, comunque, l'avventura americana è solo uno dei dossier sulla scrivania di Marchionne, il quale deve gestire un gruppo da 50 miliardi di fatturato i cui tre principali settori – auto, camion e veicoli industriali – sono tutti in profonda crisi. I costruttori tagliano ovunque per tenere i conti in nero (non molti ci riusciranno, e Fiat spera di essere tra questi). A Torino come altrove molti progetti restano bloccati: dopo l'Alfa Milano tra un anno e la Lancia Ypsilon tra due, non ci sono esordi di peso per cui sia stata fissata una data, e lo stesso Marchionne ha presentato al tavolo con Governo e sindacati un piano molto più generico che nei due incontri romani precedenti. Proprio il tema dell'occupazione sarà uno dei più caldi nella seconda metà dell'anno: le fermate produttive per far fronte al calo di vendite potrebbero esaurire i periodi di cassa integrazione ordinaria concessi dalla legge. Sarà davvero un anno "darwiniano", di selezione dei più forti, come ha detto il numero uno di Daimler, Dieter Zetsche? Vedremo un consolidamento a tappe forzate, come predice Sergio Marchionne? L'intervento dei Governi sulle due sponde dell'Atlantico sta frenando sicuramente la "selezione naturale": nessun politico vuol lasciare i posti di lavoro del settore auto (e dell'indotto) alla sola regolazione del mercato, soprattutto in tempi così difficili. Per ora sono le aziende in crisi come Chrysler o GM a fornire materiale per fusioni e acquisizioni: l'ex numero uno mondiale ha annunciato in poche settimane la vendita di Saab, Saturn e Hummer. A frenare le concentrazioni contribuisce la prudenza dettata dagli insuccessi passati, mentre sta venendo meno la resistenza delle grandi famiglie a cedere i loro imperi: gli Agnelli hanno detto di essere pronti a far scendere la loro quota nella divisione auto, e lo stesso hanno fatto i Peugeot (che hanno da pochi mesi cambiato il management). Proprio PSA Peugeot-Citroën, ma anche BMW e persino i giapponesi della Suzuki, sono stati inseriti (con vario grado di attendibilità) nel novero dei candidati per una nuova alleanza con il Lingotto. Una maxifusione europea, «sfumata» con Fiat-Opel, è forse solo questione di tempo.
(Fonte: www.motori24.ilsole24ore.com - 2/7/2009)
mercoledì 1 luglio 2009
Marchionne: per ora niente spin-off di Fiat Auto
La Fiat non ha bisogno di liquidità nel secondo trimestre ha raggiunto gli obiettivi prefissati in termini di utile operativo, afferma Sergio Marchionne. "L'obiettivo - spiega l'Ad - era di migliorare nel secondo trimestre e cosi è. Siamo ok con l'utile operativo e abbiamo fiducia che genereremo il livello di cash flow richiesto". L'eventualità di uno scorporo di Fiat Auto con relativa quotazione in Borsa è sospesa dal momento che non è andata in porto l'offerta per Opel. "Abbiamo bisogno - aggiunge l'Ad - di un piano industriale chiaro per farlo. Opel sarebbe stata un'opportunità reale, che ci avrebbe permesso di raggiungere una produzione di 6 milioni di vetture, ma non ci siamo ancora". Il cda di Fiat, lo scorso 3 maggio, aveva annunciato che se la fusione con Opel fosse andata in porto, il gruppo sarebbe stato pronto a valutare varie operazioni societarie, compreso lo spin-off di Fiat Group Automobiles. Quanto alle alleanze, Marchionne ha spiegato che la Fiat non è alla ricerca di un altro partner in Europa o Asia. Il gruppo Chrysler - ha aggiunto - ha rallentato il ritmo con il quale utilizza la liquidità dopo il 10 giugno, giorno dell'accordo con Fiat. Marchionne, diventato Ad di Chrysler, ha anche annunciato l'intenzione, sebbene la casa statunitense non sia quotata su alcun mercato, di diffonderne i dati finanziari: "Sarebbe molto utile per il pubblico, e per le persone che hanno creduto in noi, inclusi i contribuenti, sapere quello che stiamo facendo", ha affermato il manager in un'intervista a Bloomberg. Per quanto riguarda la gestione dei brand Dodge e Alfa Romeo, Marchionne ha sottolineato che "il livello di concorrenza tra questi due marchi è tremendo perché si rivolgono entrambi agli stessi consumatori. Dodge è la 'muscle car' americana, mentre Alfa è la 'muscle car' europea. E' molto importante la modalità con cui incastreremo i due marchi". Una soluzione potrebbe essere vendere modelli dell'Alfa Romeo sotto il marchio Dodge in U.S.A. e veicoli Dodge come Alfa Romeo in Europa. Tra l'altro manager delle due case hanno sostenuto la possibilità di costruire una nuova auto negli Stati Uniti sulla base della piattaforma della nuova Alfa 149. Contestualmente Marchionne ha aggiunto che la Chrysler dovrebbe essere capace di prendere il controllo della sua rete di distribuzione europea per settembre, visto che determinate attività sono ancora controllate dalla Daimler, la casa tedesca proprietaria della casa di Auburn Hills dal 1998 al 2006.
(Fonte: www.repubblica.it - 1/7/2009)
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